Vladimir
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Ultimamente mi è capitato di riflettere molto su questo argomento: scrivere la critica di un libro significa in parte guastare la magia che sprigiona? Il critico è il bambino che per curiosità rompe la lanterna magica che lo affascinava tanto, e dopo averlo fatto piange inconsolabile? Un po' si: smascherare gli artifici, i meccanismi, i trucchi, è come farsi spiegare i segreti da un prestigiatore: seguiremo sempre con piacere il suo spettacolo, ma senza quell'entusiasmo infantile che spesso ci fa innamorare di uno scrittore o di un libro. Per la mia esperienza personale non leggerò mai più con lo stesso trasporto la poesia, dopo questa frase: "La poesia è un particolare procedimento cognitivo, in particolare un procedimento cognitivo per immagini; questo processo porta un grosso risparmio di forze intellettive, la cosidetta "sensazione di facilità relativa del processo [mentale]", e il sentimento estetico è il riflesso di questa economia." (V. Šklovskij) Dove finisce la magia del poeta, quando in maniera così netta si delinenano i mezzi con cui agisce la poesia?
E ancora: "Noi non vogliamo distruggere i classici, ma svitarli per l'analisi." (Ju. Tynjanov) Se smontiamo totalmente un opera, non rischiamo di perdere la sua belleza intrinseca?
E ancora: "Noi non vogliamo distruggere i classici, ma svitarli per l'analisi." (Ju. Tynjanov) Se smontiamo totalmente un opera, non rischiamo di perdere la sua belleza intrinseca?