Critici guastafeste

Vladimir

New member
Ultimamente mi è capitato di riflettere molto su questo argomento: scrivere la critica di un libro significa in parte guastare la magia che sprigiona? Il critico è il bambino che per curiosità rompe la lanterna magica che lo affascinava tanto, e dopo averlo fatto piange inconsolabile? Un po' si: smascherare gli artifici, i meccanismi, i trucchi, è come farsi spiegare i segreti da un prestigiatore: seguiremo sempre con piacere il suo spettacolo, ma senza quell'entusiasmo infantile che spesso ci fa innamorare di uno scrittore o di un libro. Per la mia esperienza personale non leggerò mai più con lo stesso trasporto la poesia, dopo questa frase: "La poesia è un particolare procedimento cognitivo, in particolare un procedimento cognitivo per immagini; questo processo porta un grosso risparmio di forze intellettive, la cosidetta "sensazione di facilità relativa del processo [mentale]", e il sentimento estetico è il riflesso di questa economia." (V. Šklovskij) Dove finisce la magia del poeta, quando in maniera così netta si delinenano i mezzi con cui agisce la poesia?
E ancora: "Noi non vogliamo distruggere i classici, ma svitarli per l'analisi." (Ju. Tynjanov) Se smontiamo totalmente un opera, non rischiamo di perdere la sua belleza intrinseca?
 

Sir

New member
Con me sfondi una porta aperta.
Non ho tempo per entrare nei dettagli, potrò farlo in seguito, ma in linea generale, pur approvando e condividendo l'interesse che muove la critica e la teoria della letteratura, credo che tali discipline si siano spinte troppo avanti, al punto da risultarmi difficilmente sopportabili in quasi tutte le loro produzioni novecentesche.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
secondo me ci vorrebbero critici come Claudio Magris, che non scompongono l'opera letteraria come fosse un gioco del Lego ma leggono l'opera collocandola nella realtà, dandoci qualcosa in più con le sue grandi capacità, anche di tipo comparativo, oltre che con la sensibilità culturale e le conoscenze approfondite. Un critico completo. :)
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
pensando a quello che hai scritto Vladimir non poteva che venirmi in mente questa scena del film L'attimo fuggente

 

Mizar

Alfaheimr
Per me una lettura critica non è affatto fastidiosa, tutt'altro.
Letteratura è modo di far arte con le parole. Dunque è modo di tessitura di parole. Per questi ed altri motivi io ho in gran considerazione i fantasmi o spettri 'formali' di un'opera ed amo leggere saggi o scritti critici (quando di qualità).
Il fascino, il piacere estetico mai hanno per me subito detrimento per ciò solo.
Se prendo come esempio la proposizione di Šklovskij, mi convinco tanto più. Essa riflette il mio modo di vedere l'opera artistico letteraria, esaltandola, restituendole la propria dignità ed, in certo modo, rendendola tanto più affascinante.
 

Sir

New member
Per me una lettura critica non è affatto fastidiosa, tutt'altro.
[...]
Il fascino, il piacere estetico mai hanno per me subito detrimento per ciò solo.

Su questo sono molto d'accordo.
In parole povere, si tratta di vedere un'opera come disposta su più piani che sicuramente si toccano ma non necessariamente si sovrappongono o si influenzano l'un l'altro. Dunque, generalmente la critica non nuoce ed anzi può fare del bene, perchè nasce da un sincero desiderio di conoscere; mi ritrovo molto nell'approccio, anche se non nei metodi, dello strutturalismo.
Tuttavia mi chiedo (e ti chiedo, in questo caso) se un certo atteggiamento della critica, soprattutto novecentesca, non abbia dimenticato l'umiltà necessaria per accostarsi all'arte in favore di una scientificità spesso proclamata ma mai veramente realizzata; mi riferisco ad esempio alla discussione, che ha percorso tutto il secolo con toni spesso eccessivi, sull'importanza del ricercare l'intenzione dell'autore piuttosto che valorizzare l'interpretazione del lettore, che ci ha portato a pasticci strumentalisti per me inconcepibili come l'identificazione dello scrittore con il "borghese" in senso lato.
 

Mizar

Alfaheimr
Su questo sono molto d'accordo.
In parole povere, si tratta di vedere un'opera come disposta su più piani che sicuramente si toccano ma non necessariamente si sovrappongono o si influenzano l'un l'altro. Dunque, generalmente la critica non nuoce ed anzi può fare del bene, perchè nasce da un sincero desiderio di conoscere; mi ritrovo molto nell'approccio, anche se non nei metodi, dello strutturalismo.
D'accordo

Tuttavia mi chiedo (e ti chiedo, in questo caso) se un certo atteggiamento della critica, soprattutto novecentesca, non abbia dimenticato l'umiltà necessaria per accostarsi all'arte in favore di una scientificità spesso proclamata ma mai veramente realizzata; mi riferisco ad esempio alla discussione, che ha percorso tutto il secolo con toni spesso eccessivi, sull'importanza del ricercare l'intenzione dell'autore piuttosto che valorizzare l'interpretazione del lettore, che ci ha portato a pasticci strumentalisti per me inconcepibili come l'identificazione dello scrittore con il "borghese" in senso lato.
Qui, Sir, lei trvova ampio spazio di discussione e di accordo con me. Infatti la mia non voleva essere difesa aprioristica di ogni atteggiamento, di ogni ramo della critica.
Piuttosto concordo con gli argomenti dubbiosi circa certi sviluppi di alcuna critica dell'ultimo secolo. Per quanto mi riguarda, l'elemento dell'intenzonalità è ben lontano da quella che definisco (da ignorante, da non addetto, da semplice lettore) una disamina pulita e seria di un' opera. Non solo di un'opera in lemmi e fonemi, né di un'opera d'arte, ma di un'opera umana. Tant'è vero che simili questioni di teoria interpretativa hanno investito negli ultimi centoventi anni anche scultura, pittura, musica (qui potrei infierire su Celi, ma non lo farò :mrgreen:), diritto, testi biblici ed altro.
In una parola, Sir, io credo e confido nella ermeneutica e nella sua circolarità heideggerian-gadamerian-habermasiana.

P.S. Quando leggo di borghesismi o roba simile poi...chiudo e passo ad altro:wink:
 
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