“Una buona occasione nella vita si presenta sempre. Il problema è saperla riconoscere e a volte non è facile.”
Nel mio caso l’occasione si è presentata sotto forma di libro, ma riconoscerla è stato facilissimo: Terzani per me è una garanzia, e – volendomi dare una scossa in un momento un po’ stagnante dal punto di vista letterario – prendere in mano l’ultimo suo libro ancora da leggere è stata una scelta naturale. E azzeccatissima.
Non è certo il suo capolavoro: di lui preferisco i libri dedicati a una sola nazione (La porta proibita, Buonanotte signor Lenin, Fantasmi...), quei vibranti ritratti che sono in realtà mosaici della vita di un popolo, a partire dalle storie dei suoi abitanti . Ma il messaggio che percorre questo libro è rappresentativo forse di tutto il suo modo di scrivere: un susseguirsi di verità a cui siamo ormai talmente avvezzi (purtroppo) da esserci dimenticati quanto sono vere. E dolorose. Allora piuttosto che soffrire meglio dire che sono banalità.
Ma andiamo con ordine. La trama credo la sappiate: nel 1976 un indovino di Hong Kong predice a Terzani che, nel 1993, ben 17 anni dopo, sarebbe morto in un incidente aereo. Lui, occidentale al 100% nonostante il suo amore per il continente asiatico, non si dà pensiero: sono solo superstizioni, o peggio ancora vere e proprie truffe ad opera di ciarlatani. Però, in fin dei conti... perchè no? Perchè non cogliere questa infausta maledizione come occasione per “aggiungere un pizzico di poesia alla propria vita, di guardare al mondo con occhi nuovi”? E decide di trasformare la maledizione in benedizione: per un anno non volerà, ma viaggerà via terra, per riscoprire “il senso della vastità del mondo” e la ricchezza della sua diversità, ad esempio quella delle frontiere, “segnate dalla natura e dalla storia e radicate nella coscienza dei popoli che ci vivono dentro.”
É un’occasione davvero straordinaria, e ne diventiamo partecipi anche noi, accompagnandolo nelle sue pregrinazioni in Laos, Thailandia, Cambogia, Vietnam, Malesia, Birmania... e poi Cina, Mongolia. E questo incredibile viaggio, lungo, faticoso – non solo perchè viaggiare via terra e via mare è decisamente più stancante che non farlo seduti comodamente in aereo, ma soprattutto perchè il “rifiuto” dell’aereo, il mezzo di trasporto più “globalizzato” che esista, genera diffidenza e diventa spesso un ostacolo persino nella concessione dei visti – segue due fili rossi fra loro strettamente intrecciati. Uno è quello di incontrare, per ogni città in cui gli capita di sostare, gli indovini più famosi, per farsi profetizzare il futuro ma soprattutto per capire se non si nasconda una qualche verità dietro alla loro millenaria “scienza”, ora spazzata via dal “progresso”; l’altro è quello di verificare se una diversità al giorno d’oggi sia ancora possibile, se l’Asia, che lui tanto ama, è ancora capace di costituire un’efficace alternativa alla sfrenata modernizzazione proposta dall’Occidente. In parole povere, all’arida logica del profitto e del materialismo.
Le risposte non sono molto incoraggianti, e infatti devo ammettere che, per quanto ami questo autore, i suoi libri mi mettono addosso sempre una gran tristezza... É la tristezza che deriva dal constatare che... no, sembra che non ci sia più nulla capace di opporsi a ciò che – essendo rimasta come unica alternativa possibile – non viene neanche più messa in discussione. Al di là di ogni retorica, non è forse vero che stiamo perdendo tutta la bellezza della nostra diversità, nella cultura, negli usi, persino nei sogni e nei desideri di felicità, ora che corriamo tutti come dei forsennati verso un’unica sterile meta? Non è forse vero che persino la “magia”, che è stata da sempre una componente fondamentale di moltissime culture (e che paradossalmente continua ad esserlo), racchiude in sè un valore, una ricchezza, che sta irrimediabilmente scomparendo? E soprattutto, una volta scomparsa, da che cosa verrà sostituita? Siamo proprio certi che il nostro razionalismo, la nostra cultura modernista e progressista, abbia una risposta a tutte le nostre domande, ai nostri bisogni più profondi? “L’aver messo la scienza su un piedistallo ha fatto sì che tutto ciò che non è scientifico ci appaia ridicolo e spregevole...”
Questi e tanti altri interrogativi si pone Terzani. Come dicevo, a molti potranno sembrare scontati; a me hanno scosso profondamente, come ogni volta che leggo i resoconti dei suoi viaggi, come ogni volta che io stessa viaggio e provo queste stesse emozioni e queste stesse paure sulla mia pelle.
Ma dopo tutto questo, resta qualcosa di positivo, un barlume di ottimismo in questo lungo reportage che sembra raccogliere le testimonianze di un mondo agonizzante? Certamente sì: resta il “viaggio” (metaforico e non), che alla fine è ciò che conta davvero. Resta l’occasione, colta da Terzani nel 1993, e a noi rivolta come invito, di saperci fermare ogni tanto, di prenderci tempo, di fare uno sforzo (anche fisico... perchè “tutto è diventato così facile oggi che non si prova più piacere per nulla”) per riscoprire la bellezza della vita e del mondo che viviamo. Sarà anche una banalità... ma quanto è vera.