Mi ha sempre colpito il distacco con cui Levi ha ricordato Auschwitz e la guerra in generale. Ad esempio il titolo del suo libro più famoso “Se questo è un uomo” mette sullo stesso piano vittime e carnefici. Non c’è giudizio in Levi. Mai. Ed è questo a renderci l’uomo ancora più straordinario.
Ricordiamoci che “Se questo è un uomo” è una sorta di diario dal vivo, nonostante questo sfido chiunque a trovare parole di odio. E sfido chiunque a dire che noi, al suo posto, non avremmo approfittato di una pubblicazione posteriore per “vendicarci” con parole di fuoco nei confronti dei nostri torturatori.
Levi si chiede se la vittima di un campo di concentramento, ridotto ad una bestia in cerca di cibo, possa essere considerato un “uomo”, che nella sua essenza è fatto di scelte, di idee, non solo di istinti legati alle funzioni vitali.
Ma, nella stessa misura, si chiede se anche i boia possano essere considerati uomini. Ma la domanda è posta senza quella enfasi morale che avrebbe tentato la maggior parte delle persone che si fossero trovati nelle condizioni dello scrittore. In sostanza, Levi è convinto che quella totale mancanza di lucidità danneggiasse anche i gerarchi nazisti, nella loro essenza di uomini.
La stessa disumanizzazione che vede nei deportati, Levi la ritrova, per certi versi rovesciata, nei funzionari tedeschi.
Ad aver perso, ad Auschwitz, è stata l’umanità intera. E se ce lo dice uno che c’è stato, possiamo credergli.
Ho trovato una frase emblematica di questa sorta di “self control”. In “Se non ora quando” ad un certo punto capita che in una radura russa, un convoglio tedesco finisca vittima di un’imboscata. I sopravvissuti nazisti riescono a catturare alcuni dei sabotatori e li rinchiudono all’interno del monastero della città.
Il lettore attende di sapere i modi della vendetta, con quella bramosia tipica di chi vuole un po’ d’azione.
Levi ci dice soltanto:
"[...]quanto avvenne nel cortile del monastero di Novoselki non verrà narrato.
Non è per descrivere stragi che questa storia sta raccontando se
stessa."
Solo un grande uomo poteva essere tanto razionale a fronte di tutto ciò che ha subito. Per ciò le pagine che ci ha lasciato assumono un’importanza documentale enorme, proprio perché scevri da quell’odio accecante che avrebbe reso le sue parole involontariamente falsate dall’enorme dolore provato.