Murgia, Michela - Accabadora

GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
Membro dello Staff
Ho letto questo libro tra stamani e oggi pomeriggio, non perchè sia particolarmente scorrevole o perchè tenga incollato alle pagine - la scrittura della Murgia anzi un paio di volte costringe a soffermarsi e rileggere due volte per coglierne la profondità e il senso - ma perchè questo è un libro che fa star male. Si può dire male con la M maiuscola?
Credo di non aver mai letto in vent'anni pagine più pregne, struggenti, dolorose di quelle in cui Maria assiste Tzia Bonaria bloccata nel letto e poi in coma.
Non c'è buonismo o sentimentalismo spiccio della Murgia in queste pagine, nè tantomento una morale spiattellata da un piedistallo. L'autrice non si pronuncia se sia giusto o sbagliato il ruolo dell'accabadora. A mio parere, si limita a ritrarcela magistralmente con tutto il suo dolore e lotta interiori. E a disegnare l'ineluttabile fatalità, predestinazione di quel ruolo.
Premio meritatissimo e libro da leggere assolutamente
 

mame

The Fool on the Hill
Questo libro è una storia. Non sono riuscita a trovarci altro. I rapporti tra i personaggi sono fatti di silenzi che però non parlano. A volte il silenzio può essere più loquace di tante parole, ma non è questo il caso. I personaggi non raggiungono una profondità che colpisce il lettore. Sembrano muoversi in una convivenza di quotidianità che non li lega veramente, torri d’avorio isolate l’una dall’altra. Al contrario di quel che è scritto nella quarta di copertina, sono solitudini che si affiancano senza toccarsi, senza compensarsi. Non lo sconsiglio, ma neanche penso che possa diventare una pietra miliare per il lettore.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
non avevo inserito la recensione di un gdl

Onore alla Murgia di aver trattato un tema difficile come la morte e di averlo fatto mantenendo un tono piano, e calandolo in una realtà che ha degli accenti particolari, molto interessanti a livello sociale e culturale. Ho apprezzato poco la parte relativa a Torino, quasi fosse un capitolo cresciuto in modo non armonico con il resto. Ho trovato spunti di riflessione e trovo molto bella l'idea della molteplicità delle madri e del ruolo della "madre" tra nascita, vita e morte.
 

isola74

Lonely member
Mi è piaciuto molto questo libro che tratta un tema delicato e duro senza farlo apparire mai pesante. E mi è piaciuta la prosa della Murgia, semplice e profonda al tempo stesso. Unici appunti: la parentesi torinese rimasta "appesa" e la fine che mi è sembrata un po' "frettolosa" e scontata.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Bello, bello, bello! Mi ha appassionato molto! Stupendo il personaggio di Bonaria e la sua contrapposizione con la madre naturale di Maria... Non sono sarda, ma tradizioni simili a questa sono ancora vive nel ricordo dei miei nonni... nel mio paese ancora oggi quando qualcuno muore si fa la veglia funebre e lo si va a visitare anche se non lo si conosceva bene. Non ci sono più le prefiche (che da noi si chiamano significativamente chiancimorti), ma spesso le signore anziane si lasciano andare ad esternazioni lamentose e di pianto che sembra litania! Ma tornando al libro, che è molto più profondo di queste mie digressioni, lo consiglio a tutti perchè è fluido, intimo ed evocativo. Belllissimo!
 

Nefertari

Active member
Pochi, anzi pochissimi libri mi hanno trasmesso le sensazioni/emozioni provate leggendo le pagine di questo libro. A momenti lo stomaco si irrigidiva e avevo quasi paura di proseguire perchè temevo quello che avrei letto e poi invece l'intensità della scrittura mi portava a non posare il libro e a continuare. Le vite di Maria e Bonaria sono legate nel profondo fino alla fine, che immaginavo così come è stata scritta, non poteva essere altrimenti per me.
E' il primo libro che leggo della Murgia e devo dire che mi è piaciuta moltissimo. Lo consiglio
 

Jessamine

Well-known member
Ci sono romanzi che ci colpiscono all'improvviso, senza alcun preavviso, romanzi che iniziano come letture scelte per caso e di cui non si sapeva quasi niente, da cui non ci si aspettava niente, e che pure sanno aprire una breccia nell'apatia e nella stanchezza di un periodo strano, andando a sollecitare proprio quelle aree che avevano bisogno d'essere sollecitate.
"Accabadora" è uno di questi romanzi: di Michela Murgia avevo letto soltanto le sue interessantissime riflessioni su "Le nebbie di Avalon", ma non mi ero mai avvicinata alla Murgia romanziera, e l'ho fatto ora senza aspettarmi minimamente di essere colpita in questo modo da una scrittura fluida, caratterizzata da immagini lampanti e raffinate, incisive, che non risultano mai retoriche. La Murgia racconta una fiaba che ha il sapore concreto delle tradizioni solide, di quelle tradizioni che affondano le proprie radici nella terra da coltivare e nel sudore della fronte e delle piccole storie raccontate a mezza voce per trovare il coraggio di andare avanti. "Accabadora" è un romanzo nostalgico, che però non indugia mai nel costruire un passato più fiabesco di quanto non fosse: "Accabadora" è un romanzo concreto, concreto quanto possono esserlo gli uomini saggi che a scuola non ci sono andati, ma la vita hanno imparato a conoscerla e a misurarla in palmo di mano.
Questo romanzo parla d'amore, di quell'amore che non è mai raccontato, non è mai neanche pronunciato, ma si mostra con chiarezza in ogni gesto, in ogni sguardo, nella concretezza tangibile del rosso di una manciata di ciliegie che tingono il bianco della tasca di un vestitino d'una bambina invisibile.
L'Accabadora è una figura interessantissima, una figura che ha una saggezza e un senso di giustizia interno che saprebbe con uno sguardo mettere a tacere tantissimi dibattiti etici moderni.
"Accabadora" è un romanzo che parla di maternità, della maternità che viene scelta, una maternità concreta e fondata su qualcosa di più importante del legame di sangue. E parla della figura dell'ultima madre, quella che accompagna per l'ultima volta un figlio bisognoso di sostegno, con una limpida delicatezza che mi ha molto commossa.

"Accabadora" forse non è un romanzo perfetto, ma è un romanzo in cui è necessario immergersi, un romanzo da bere in un lungo, placido, unico sorso.
Le sue atmosfere difficilmente scompariranno dalla mia retina.
 

greenintro

Active member
L'autrice riesce a esprimere in modo delicato ed efficace temi di grande complessità etico-filosofica, come quello del fine vita, nonché a evocare gli stati d'animo dei personaggi in modo molto concreto e vivido, tramite parole e gestualità. Ho in particolare apprezzato la consapevolezza della complessità del tema del fine vita per come viene vissuto dai personaggi. Per Tzia Bonaria ogni rapporto con le persone che chiedono il suo intervento non è mai una situazione in cui applicare in modo inerziale e dogmatico le sue convinzioni e la sua attività, ogni volta vive il conflitto etico, i dubbi relativamente alla singola persona che si trova di fronte, valorizzando l'individualità e il mistero della personalità, senza aderire a modus operandi prefabbricati. E credo che la stesso discorso si possa allargare alla sua "figlia di anima" Maria, che dopo un'iniziale muro di incomprensione appare intraprendere un seppur faticoso e tormentato cammino di consapevolezza della variabilità dei contesti entro cui compiere le nostre scelte.
 

MonicaSo

Well-known member
Dicessi che questo libro mi è piaciuto... direi una bugia, ma in realtà non mi è neanche dispiaciuto.
L'ho trovato superficiale. Fino alla fine mi sono aspettata di trovare qualche approfondimento sulle motivazioni per cui Tzia Bonaria è diventata accabadora ma non ne ho trovate. Ho capito molto bene invece il desiderio di essere madre ed è apprezzabile... mio nonno è stato cresciuto dagli zii che non avevano avuto figli... non si usava solo in Sardegna.
La parte centrale, ambientata a Torino, l'ho trovata proprio inutile... un'altra storia con altri personaggi. E mi ha dato fastidio tutto il discorso sulle strade torinesi: meglio se ognuno pensa alle strade sue! Torino è bellissima con bellissimi viali dritti anche se sabaudi.
Il finale? L'ho letto molto volte ma non sono arrivata alla certezza: come muore la Tzia?
Lascio perdere il discorso "eutanasia", per me è un argomento talmente complesso e personale che non penso sia possibile affrontarlo a cuor leggero.
 
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