Sto leggendo il libro proprio in questi giorni. Ancora non l’ho finito, ma vorrei scrivere due righe dopo aver sentito molti che lo giudicano esclusivamente in base alle proprie posizioni politiche. Non mi riferisco agli interventi qui sopra, quelli sono commenti “di striscio” e non relative al cuore dell’opera. Ed è chiaro che vien da parlarne, di fascismo e di anti fascismo, ma un altro conto è valutare il libro solo perché nel titolo c'è il nome di un tiranno.
Vedo che, generalmente, la sinistra valuta il libro pessimo, mentre la destra lo esalta. E magari non tutti quelli che lo giudicano l'hanno letto. Che noia quest’Italia che ancora va in giro con la falce e il martello o fa il saluto romano come se il mondo si esaurisse in quei gesti, e solo in quelli.
Pennacchi, dice lui, racconta solo ciò che sa. Non è un inventore di storie ed essendo di Latina parla di bonifiche, perché quello è ciò che ha sentito dai suoi parenti. Lui, gli anni ’30 e le storie relative alla bonifica latina non le ha vissute direttamente, questo no. Sono racconti tramandati quelli che ci propone. Tutti veri, anche se la storia di fondo è inventata. La famiglia Peruzzi non esiste, non è mai esistita. Sono invece esistite migliaia di famiglie simili ai Peruzzi e i cui aneddoti l’autore ha riassunto in un’unica, lunga, esperienza narrativa. Con un linguaggio meraviglioso. Grandissima penna.
Personalmente sono affranto quando leggo recensioni basate unicamente sull’ideologia e sulla parte. Il valore letterario, per chi vede tutto rosso o tutto nero, passa in secondo piano, così come passano in secondo piano il racconto, la storia, il "come" ci sono state presentate le vicende. Chissenefrega se Pennacchi è mezzo fascista, mezzo comunista, fasciocomunista o anti qualcosa. Leggiamo il suo libro e valutiamo quello. Oppure lasciamo perdere.
Lui racconta qualcosa e lo fa, senz'altro, attraverso la propria esperienza intellettuale e attraverso il filtro della propria opinione, questo si. Nessuno può essere oggettivo. Non fa mistero delle sue idee, Pennacchi. Anche se non è fascista. Vota Partito Democratico e lo dice apertamente. Ma dice che Mussolini, fino al 1938, ha fatto cose buone. Ma il fatto è che non lo dice in questo libro, mai, in nessuna pagina. Qui racconta unicamente le esperienze dei suoi avi. Degli anni '30, quando ancora le leggi razziali dovevano venire. Non dà giudizi, né storici, né politici, si limita a fare un affresco, riuscitissimo, di un'Italia che non c'è più. Come solo il grande cinema neo realista ha saputo fare.
Invece di stare a leggere con il cuore in mano e il cervello acceso, i fascisti gongolano e gli anti fascisti innorridiscono. Quando invece questo è un libro stupendo che racconta una storia bellissima. Se poi vogliamo prendere questo libro solo per parlare delle bonifiche del fascismo, delle pensioni tarate in modo equo, delle leggi razziali, delle critiche di Mussolini a Hitler, della sua alleanza con Hitler, del fatto che ha mandato centinaia di migliaia di italiani al macello con le scarpe di cartone, del fatto di aver creato l’Inps, l’Inail, la previdenza, dell’aver posto un tetto all’orario lavorativo, dell’aver fatto l’Iri, dell’aver fatto fucilare il genero, del fatto che trattasse male le donne, del fatto che avesse ridato slancio all’economia italiana, così come Hitler aveva fatto in Germania, in un periodo in cui, Unione Sovietica a parte, tutti andavano a rotoli, ecco, voglio dire, sarebbe meglio prendere un libro di storia e parlare di quelle pagine.
Questo non è un libro di storia, è, piuttosto, un libro che racconta una storia.
Pennacchi si è rifiutato di togliere la parola “Mussolini” dal titolo. Come invece gli aveva consigliato di fare l’editore. C’è chi ha visto in questo rifiuto, un autore pronto a morire per il Duce, col braccio alzato e la mano tesa, e a difendere l’orgoglio nero. In realtà ha voluto chiamarlo così per non far torto alla storia, alla sua storia.
Quello era, per tutti, il “Canale Mussolini”. Così si chiamava e così, Pennacchi, ha chiamato il libro che ne parla.