Cosaaa????
Ma se persino l'editore di Dante gliela respinse subito!!! E con quale commento!!!
"Il lavoro dell'Alighieri, pur essendo di un tipico autore della domenica, che nella vita corporativa è associato all'ordine dei farmacisti, dimostra indubbiamente un certo talento tecnico e un notevole "fiato" narrativo.
Il lavoro — in volgare fiorentino — si compone di circa cento cantiche in terza rima e in non pochi passi si fa leggere con interesse. Particolarmente gustose mi paiono le descrizioni di astronomia e certi concisi e pregnanti giudizi teologici.
Più leggibile e popolare la terza parte del libro, che tocca argomenti più vicini al gusto dei più, e concerne interessi quotidiani di un possibile lettore, quali la Salvezza, la Visione Beatifica, le preghiere alla Vergine.
Oscura e velleitaria la prima parte, con inserzioni di basso erotismo, truculenze e veri e propri brani scurrili. Questa è una delle non poche controindicazioni, perché mi domando come il lettore potrà superare questa prima "cantica" che, quanto a invenzione, non dice più di quanto non abbia già detto una serie di manuali sull'oltretomba, di trattatelli morali sul peccato, o la Leggenda aurea di fra Jacopo da Varagine.
Ma la controindicazione maggiore è la scelta, dettata da confuse velleità avanguardistiche, del dialetto toscano. Che il latino corrente vada innovato è ormai richiesta generale e non solo dei gruppuscoli di avanguardia letteraria, ma c'è un limite, se non nelle leggi del linguaggio, almeno nelle capacità di accettazione del pubblico.
Abbiamo visto cosa è successo con l'operazione dei cosiddetti "poeti siciliani", che il loro editore doveva distribuire girando in bicicletta per le varie librerie, e che sono finiti poi ai remainders.
D'altra parte se si comincia a pubblicare un poema in toscano, poi bisognerà pubblicarne uno in ferrarese e l'altro in friulano, e così via, se si vuole controllare tutto il mercato. Sono imprese da plaquette di avanguardia, ma non ci si può buttare per un libro monstre come questo.
Personalmente non ho nulla contro la rima, ma la metrica quantitativa è ancora la più popolare presso i lettori di poesia, e mi chiedo come un lettore normale possa sorbir si questa sequela di terzine traendone diletto, specie se sia nato, poniamo, a Milano o a Venezia.
Quindi, è ancora più oculato pensare a una buona collana popolare che riproponga a prezzi modici la Mosella di Decimo Magno Ausonio e il Canto delle scolte modenesi. Lasciamo alle rivistuole d'avanguardia le edizioni numerate della Carta Capuana: «sao ko kelle terre...».
Bella roba, l'impasto linguistico dei supermodernisti."
:xaaa