Sia questo il verso
Ammetto la mia ignoranza, non conosco questo autore, quindi mi baso semplicemente su quanto letto in questa poesia, e mi rendo conto che forse un'interpretazione del genere possa risultare riduttiva.
Comunque, mi pare ci sia una presa di posizione estrema, ma l'estremismo a me sembra arrivare solamente negli ultimi versi, con questa esortazione ad abbandonare il prima possibile questa vita e a non gettarci altri esseri. Per il resto, mi sembra una visione certo non particolarmente rosea, ma del resto anche abbastanza realistica (o, forse, vicina al mio modo di vedere). Devo fare le stesse premesse di Cocci, ossia che sono giovane e fortunatamente non ho mai subito traumi terribilmente dolorosi, e tuttavia mi trovo ad arrivare a considerazioni diverse su questa poesia.
Del restro trovo difficile negare che "le difficoltà" (passatemi il termine) dei genitori si riflettano sui figli: mi pare impossibile negare che nessuno è perfetto, e anche con le migliori intenzioni, un genitore non sarà mai perfetto nei confronti di un figlio, e non per cattiveria, per incapacità sua o altro, ma perché purtropppo succede, e i nostri traumi, le nostre difficoltà (grandi o piccole che siano) si riflettono sul nostro modo di rapportarci a tutti gli altri, e inevitabilmente anche nei confronti di un figlio. Questo poi non significa che tutti i genitori indiscriminatamente saranno per forza di cose cattivi genitori, o che questi "errori" se così vogliamo chiamarli condizioneranno a tal punto la vita dei propri figli da far preferire loro non essere mai nati, sarebbe decisamente estremo affermare una cosa del genere e mi rendo benissimo conto che questo è costantemente smentito dall'esperienza, però credo che in qualche modo il poeta vglia sottolineare l'incredibile responsabilità che comporta decidere di creare una nuova vita: il mondo
può essere qualcosa di atroce, è inutile raccontarsi che non sia così (non per forza lo deve essere, per carità, ma può benissimo darsi che lo sia), e dobbiamo credo fare i conti con il fatto che potremmo non essere dei bravi genitori, che le nostre difficoltà influenzeranno in maniera inimmaginabile la vita di un nostro figlio. Forse è sbagliato concentrarsi solo su questo, probabilmente il poeta intendeva mettere l'accento anche su altro, concentrarsi più su quanto di negativo ci sia nel mondo, ma forse per una mia sensibilità, che ultimamente mi sta portanto spesso a riflettere su questi temi e credo (sarà colpa della mia giovane età, delle insicurezze di ora che poi passeranno, sarà immaturità o voglia di scappare dalle responsabilità, non lo so) che, ora come ora,
io (ci tengo a sottolineare che, al contrario della poesia, non voglio generalizzare o esortare altri a fare lo stesso, ma sto parlando solamente della mia personalissima condizione) non vorrei mai avere dei figli, perché sento che non ne sarei all'altezza, sento di avere troppi "problemi con me stessa" e che questo rischierebbe di influenzare troppo in maniera negativa la vita di qualcun altro (e questo non vuole dire che mi sottrarrei a priori ad ogni responsabilità, ma finché posso scegliere...
).
Insomma, mi rendo conto dell'estremismo di questo messaggio, ma non posso nemmeno negare che mi tocchi molto da vicino, e che, per la mia sensibilità, non suoni nemmeno così estrema :wink:.