Un “ti voglio bene”, o perfino un “ti amo” detto all’istante ti-con-zero col massimo del trasporto, della sincerità e della profondità di cui si è capaci, nessuno può garantirlo dopo cinquant’anni, dopo dieci, dopo due mesi e finanche dopo cinque minuti. Neanche quando siamo noi stessi a dirlo. Per altre vie misteriosissime fatte di passione, di condivisione, di sesso, di quotidiana consuetudine, di affetto, di familiarità, di momenti belli oppure difficilissimi vissuti insieme e (non ultima!) di complicità, passa il perdurare di un rapporto.
Fatta salva la scelta personalissima di ciascuno nell’organizzarsi come crede, come più sembra consono alla sua natura, al suo sentire nonché a quello della persona amata, non credo ci siano ricette possibili che aggiungano nemmeno un epsilon piccolo così alle certezze che vorremmo avere, alla sete (desiderio? Speranza?) di “per sempre” che sempre impregna l’incipit di un rapporto profondo e vero. Vorremo che non finisse mai.
Da questo punto di vista, aumentare la probabilità del perdurare, o meglio, di un felice perdurare, la convivenza preventiva, o quella permanente, o lo sposarsi in qualsiasi forma lo si faccia, in tutta franchezza credo siano delle invarianti.
A volte una storia importante finisce malissimo nonostante (il meglio di) noi.
Oppure dura con felicità vera, per sempre, nonostante (il peggio di) noi. E questo è sorprendente davvero.