XXXIII G.L. - La recita di Bolzano di Sandor Marai

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Nikki

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Concluso.

Come dire, quando il destino si presenta, non rimane altro da fare che recitare la propria parte. Non esiste altra scelta. Salvo poi trasformare l'energia e la forza di un sentimento nella corrispondente vendetta. La vita è un grande incidente.

L'importanza e funzione del contratto... questo libro lo metterei come lettura obbligatoria nei corsi universitari di Diritto Civile. Il destino procede per contratti. Come è commovente la ingenuità di volere stipulare contratti alle spalle del destino. Lo dice Francesca: niente e nessuno può salvare il conte.

La risata di Balbi è l'azzeccata teatrale conclusione dello spettatore che rende omaggio all'ultimo atto a cui ha assistito. Soltanto-te-per-sempre in effetti fa un po' ridere, pensateci bene. Ma il destino non ha bisogno di giustificarsi, né di rendersi serio o rispettabile. Ci ha in pugno e fa di noi ciò che vuole. Anche attoruncoli da commedia rosa messicana, se è così che è scritto.

Un romanzo potente, personaggi tremendi (nel senso di straordinari), e la fine è solo un altro inizio. (Questo riassuntino è per te , Elisa :) )
 
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~ Patrizia ~

Guest
... Soltanto-te-per-sempre in effetti fa un po' ridere, pensateci bene. Ma il destino non ha bisogno di giustificarsi, né di rendersi serio o rispettabile. Ci ha in pugno e fa di noi ciò che vuole. Anche attoruncoli da commedia rosa messicana, se è così che è scritto.

Nikki, complimenti!!!
Il tuo commento mi ha emozionata, per quanto è intenso e vero. :ABBB
 

Nikki

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Nikki, complimenti!!!
Il tuo commento mi ha emozionata, per quanto è intenso e vero. :ABBB

I complimenti vanno tutti a Marai! ;)

Certo, il destino va riconosciuto, non frainteso, non deve essere una giustificazione per le nostre debolezze e pigrizie o pavidità. Come dice Marai, è nostro dovere riconoscere il destino e scoprire la nostra vera natura. Imprescindibile nobile obbligo di esseri umani. :ad:
 

Zefiro

da sudovest
XXXIII GdL: colonna sonora

Secondo me, con le sue maschere, con quel suo sapore veneto e barocco, la colonna sonora del XXXIII GdL è questa:

http://www.youtube.com/watch?v=FjL5hyYe2mE

Immagino queste note risuonare nel palazzo del Conte che indossa la testa d'asino nel bel mezzo della festa, mentre nella locanda la recita si consuma.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
grazie Nikki :)

darida: maestro della parola, affascinata e completamente avvoltolata nella vicenda

ValeG:
Una scrittura magistrale, poetica, voto 5/5

skitty: apprezzato moltissimo, molto profondi i contenuti, 5/5

~ Patrizia ~: avvincente, leggetelo perchè merita, 5/5

dallolio: uno stile coinvolgente e affascinante, uno stile che colpisce, 8/10

Nikki: Un romanzo potente, personaggi tremendi (nel senso di straordinari), e la fine è solo un altro inizio
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Oggi ho finito di leggere questo libro che devo definire notevole sotto diversi aspetti.
Prima di tutto lo stile di scrittura, inconfondibile, molto ricco e sempre interlocutorio, si dipana per aggiunte e nella prima parte riesce a tenere anche con il fiato in sospeso, proprio come se si fosse a teatro e si aspettasse lo svolgersi della storia, per Marai siamo spettatori oltre che lettori, forse una certa ripetitività in alcuni passaggi ma peccato veniale per una scrittura avviluppante.
La storia è indubbiamente interessante, un Giacomo Casanova innamorato in una cittadina tra Venezia e l'Austria, come a cavallo tra due vite, tra due mondi, tra due scelte, non succede nulla se non nell'animo dei personaggi, dove succede invece tutto, leggerla da innamorati questa storia la fa sentire ancor più vera e profonda.
L'analisi dei sentimenti è fin troppo cerebrale a volte, quasi rientrasse in uno schema che Marai applica ai suoi romanzi, anche nelle Braci c'è un continuo interlocutorio e un'analisi minuziosa dei moti dell'animo, certe volte la passione è fredda, controllata, ma questa è la filosofia dello scrittore che diventa la filosofia di Casanova, l'amore assoluto alla fine è quello che non viene consumato, che non viene bruciato, che non lascia cenere.
Per come mi ha preso direi 5/5
 

darida

Well-known member
Ottimo questo GdL, il godimento continua con la lettura dei vostri commenti,per non parlare della colonna sonora proposta da Zef :wink: :)

bene bene, me gusta tutto questo :)
 

skitty

Cat Member
Che meraviglia questa discussione!
Se ci è dispiaciuto aver terminato un libro così intenso, eccoci qui a prolungarne il piacere!
Bellissimi i vostri commenti... e anche la colonna sonora! :)
Non so voi, ma io provo sempre un "piccolo dispiacere" quando si conclude la lettura di un libro... e con questi bei messaggi invece è presto superato! :ABBB
 

Zefiro

da sudovest
la sete disperata

Giacomo Casanova fugge dal carcere dei Piombi a Venezia, e trova rifugio a Bolzano, dove per qualche giorno sosta presso una locanda. Ha in programma di rimettersi in sesto dopo la lunga prigionia, le maggiori corti europee lo aspettano, dovrebbe riprendere la sua vita di libertino. Ma non riparte subito. In città vive Francesca, suo amore passato, o meglio, sospeso, forse l’unico vero amore della sua vita, ora moglie del Conte di Parma che in passato l’aveva, a causa proprio di Francesca, sfidato e sconfitto a duello lasciandolo gravemente ferito.

Prima sospensione temporale in una struttura di romanzo dove nulla sembra accadere, dove tutto si svolge in riflessione introspettiva e profondissima, dove interminabili monologhi si muovono su quel piano invisibile e concreto del vissuto vero: non siamo mai lì dove siamo, ma sempre un po’ dove sono i nostri pensieri e il nostro cuore. Spettacolare mestiere di Marai da questo punto di vista: ci porta a teatro, questo il registro del libro, un libretto teatrale barocco, per assistere alla rappresentazione di ciò che accade dentro e non si vede. Perché la storia con Francesca si è conclusa si, con il duello a fil di lama, ma è rimasta in sospeso, non è finita, o meglio, non si è compiuta.

Ben lo intuisce, anzi di più, lo comprende l’ormai vecchio Conte di Parma, che in cambio di denaro e del suo appoggio chiede all’artista, il migliore, Casanova di recitare la sua parte: di far collassare in un’unica notte, ciò che agli innamorati chiede anni, magari un’intera vita: il dipanarsi di un amore, i suoi apici di passione, la vertigine del perdersi abbandonandosi, fino al tratto di parabola discendente, il mostrarsi come davvero si è, la disillusione, lo sfiorire amaro, la fine.

Tutto in una notte, in modo che Francesca torni dal Conte guarita dalla sua malattia, di modo che il Conte non debba più sopportare, alla sua tavola, nel suo letto, nella mente e nel cuore della donna che ama profondissimamente la presenza invisibile e concretissima dell’uomo che sua moglie ama, Casanova. Non c’è che un modo per far questo: conoscerlo. Conoscersi. Il Conte e Casanova stipulano un contratto quindi, ed ognuno, per una notte, reciterà la sua parte, indosserà la maschera fino alla fine.

Incredibile capacità di lettura dell’animo umano in profondità, dei suoi meccanismi, dei suoi eroismi, delle sue viltà e delle sue bassezze. Notevolissime le innumerevoli riflessioni sull’amore, sulla scrittura, sul vivere, e soprattutto, sul destino.

Un destino che si ripropone, all’improvviso, rimodulando il passato che non si chiude mai, che torna sempre e sempre ci insegue come un cacciatore sanguinario. Fin quando arriva, dunque, ineludibile, l’appuntamento con il tempo in cui un’attesa deve compiersi.

Infinito egoismo e ricerca della propria felicità ed al contempo, come sempre accade nell’intreccio complesso della vicenda umana, infinito amore per l’altro fino alla nullificazione di sé: il Conte rinuncia a sua moglie per una notte, Francesca annulla sé, ma invano, Giacomo, quasi contro la sua natura, per una volta ama davvero.

Il Conte avrà sua moglie, ma non come l’avrebbe voluta e impossibilitato ad amarla come avrebbe desiderato; Francesca avrà la sua vendetta, ma non avrà Giacomo; Giacomo, proprio lui, il predatore della vita, per la prima volta non avrà nulla, se non una ferita profondissima e per sempre.

Tutti i personaggi della “Recita” sono infelici, perché arsi dalla sete di un appagamento impossibile.

E questo, bisogna dirlo, non può lasciare indifferenti, e molto tocca ciascuno di noi.

Un bellissimo libro, metafora della condizione umana disperatamente assetata di felicità . 4/5.
 

asiul

New member
Una "recita" quasi perfetta...

Inizia la lettura e d'un fiato ci trascina all'interno della sua "recita"....

Io sono stato imprigionato per sedici mesi in nome della morale e della virtù! Sapete cosa significa questo? Sedici mesi, quattrocentottantotto giorni e altrettante notti trascorsi a marcire su un pagliericcio, nel lezzo della miseria umana, alla mercé di cimici e pulci, in compagnia dei ratti, solo con la mia giovinezza, solo con gli impulsi e i desideri dell’età virile, solo con i ricordi, con il ricordo della vita, dello splendore dei risvegli, della dolcezza di quando si scivola sotto le coperte, solo ed escluso dal mondo in nome della morale e della virtù, di cui sono nemico – o almeno così disse messer grande quando mi arrestò.


Voi pensate abbia finito, invece Marai incalza, ci porta in alto, ci fa perdere il respiro …


Quattrocentottantotto giorni rubati e cancellati dalla mia vita, quattrocentottantotto notti in cui avrei potuto vedere la luna e il mare del porto, la faccia della gente al lume delle lanterne e il viso delle donne nell’attimo in cui la lampada si spegne e resta illuminato solo dal riverbero degli occhi dell’amante!”


Poi cambia e la narrazione pur rimanendo sullo stesso argomento prende un’altra direzione, si sposta su un altro personaggio. E di nuovo corre e viaggia veloce come un treno sulle rotaie.
Una scrittura, quella di Marai in questo libro che definirei incalzante. Il racconto passa continuamente da un mare in burrasca ad una calma piatta.

Marai fa parlare i suoi personaggi. Lascia loro il compito di raccontarsi e di raccontare con un susseguirsi a valanga di aggettivi che portano la descrizione in alto per poi ridiscendere.

È una lettura scorrevole. Una tecnica di scrittura affascinante e che lascia il lettore incollato al libro, alle sue pagine. Lo spinge a divorare pagina su pagina fino a raggiungere la fine e a dispiacersi di non aver altro da assaporare.

Il forestiero a volte è irritante e incomprensibile perché sembra non sapere cosa sia l’amore. Poi leggiamo e scopriamo in lui parole piene di sentimento.

Un libro, questo fatto di inganni, finzioni e di profonda passione

“Era come se quel volto, l’unico su cui non si fosse mai chinato con la curiosità ardita, triste e sprezzante con cu si chinava di solito sui volti femminili, come se quel volto avesse continuato a vivere dentro di lui con una forza più ostinata e autentica della realtà, perfino sottoterra in quella tomba di vivi.”

E poi quelle frasi, incastonate perfettamente come pietre in un libro che sembra un gioiello, ma che prese ed estrapolate dal contesto assumono un significato più ampio ed universale.

“…la scrittura è una cosa magnifica, qualcosa di simile al potere.” (…) “…di più (…)la scrittura è il potere, l’unico potere autentico “(..)”la scrittura ha potere sul destino e sul tempo”

“Non si può salvare un uomo dal mondo; prima o poi egli verrà raggiunto e costretto a piegare le ginocchia”


La mia recensione di questo libro, come la sua lettura non è ancora terminata...
per il momento per me Marai sfiora la (quasi) perfezione e merita un 3,7/5
 

Zefiro

da sudovest
grazie Nikki :)

darida: maestro della parola, affascinata e completamente avvoltolata nella vicenda

ValeG: Una scrittura magistrale, poetica, voto 5/5

skitty: apprezzato moltissimo, molto profondi i contenuti, 5/5

~ Patrizia ~: avvincente, leggetelo perchè merita, 5/5

dallolio: uno stile coinvolgente e affascinante, uno stile che colpisce, 8/10

Nikki: Un romanzo potente, personaggi tremendi (nel senso di straordinari), e la fine è solo un altro inizio

Azz.... che score!!! :YY

Io vorrei ringraziare Zefiro per averlo proposto e sostenuto con una efficacissima campagna elettorale :mrgreen:

PS personalità dissociata, roba da matti, non ci sono parole.... :W :paura: :W

PPS contento di leggere che la colonna sonora del XXXIII-esimo è stata apprezzata :)
 

Nikki

New member

Il Conte avrà sua moglie, ma non come l’avrebbe voluta e impossibilitato ad amarla come avrebbe desiderato; Francesca avrà la sua vendetta, ma non avrà Giacomo; Giacomo, proprio lui, il predatore della vita, per la prima volta non avrà nulla, se non una ferita profondissima e per sempre.

Tutti i personaggi della “Recita” sono infelici, perché arsi dalla sete di un appagamento impossibile.


:paura: Caspita! Io avevo inteso un finale completamente diverso...il mio finale suonava più o meno così: i due uomini hanno stipulato un contratto. Tutte le passioni dell'innamoramento, dall'estasi sino alla disillusione, avrebbero dovuto concentrarsi in una notte. Ma Francesca si presenta già consapevole. Non solo, nelle ultime battute si scopre che si era presentata addirittura già disillusa. Il che, in visione retrospettiva, rende tutto il monologo ancora più concreto e pericoloso. Personaggi terribili, come ho già scritto. La recita, quindi, ha avuto inizio da ciò che i due uomini avevano stabilito come finale.
Il Conte riavrà la sua Francesca esattamente come la voleva: disillusa. Salvo capire, noi lettori, che quella disillusione non costituisce l'esito definitivo della recita. Nulla si conclude. Anzi, è proprio dalla disillusione che ha avuto inizio la loro vita insieme, di Giacomo e Francesca. Il giorno in cui lui l'ha venduta, ha preso inizio ogni cosa. Quella recita è solo un intermezzo. Uno dei tanti atti.
Il Conte, saggio e intelligente, è però rimasto qualche atto indietro. Ecco perché ha inseguito qualcosa, la disillusione di Francesca, che invece c'era già, ed era inutile ai suoi scopi. Continuerà ad amarla come ha sempre fatto, fino all'arrivo a Bolzano di Giacomo.
Francesca ha avuto la sua vendetta...e ha gettato il germe (ops, seme, dai suona meglio :mrgreen: ) per avere Giacomo.
Giacomo incassa la ferita, e le sue intenzioni sono chiarissime. Dice "sai bene, che quando ti risponderò, non sarà con penna e inchiostro".
Infatti, subito dopo usa penna e inchiostro, ma, per mantenere coerenza, la indirizza al conte. Perché è evidente che quelle parole non sono per il Conte e che quelle stesse parole non significano quello che letteralmente dicono. Un po' come le conversazioni con il barbiere, dove diceva, più o meno, che fra uomini dello stesso genere si capisce di fare conversazione su qualcosa, ma di parlare in realtà d'altro.
Ed è questo, a grandi linee, il senso della lettera: quando il vecchio marito se ne sarà andato, fra pochi mesi, prega , Francesca, di non incontrarmi mai più. Perché se noi dovessimo incontrarci, tutte le tue parole potrebbero divenire la tua realtà. La nostra realtà. E anche Giacomo, qui, diventa terribile.
Ed è un altro appuntamento, terribilissimo appuntamento, fissato chissà quando, chissà dove. Ma anche in quella occasione, il destino busserà puntualissimo.

Tutti i personaggi non sono infelici...rimangono in attesa, ancora, del successivo atto.

ps. grazie a tutti per la proposta di questo libro, Zef! :D
 

Zefiro

da sudovest
:paura: Caspita! Io avevo inteso un finale completamente diverso...(...)

Voltata l'ultima pagina avevo dato la tua medesima lettura Nikki. Ma poi ho continuato a rifletterci su ed ho preferito quella che ho esposto.

Il tempo che passa mostra che le cose si compiono eccome, ahimé, amaramente, mai come vorremmo.

Per questo le favole son così belle, "e vissero sempre felici e contenti..."

Una felicità, non una disperazione, o meglio, una possibilità di felicità che duri per sempre, che duri la possibilità intendo, una porta che resti sempre aperta per il prossimo appuntamento è cosa rarissima e preziosa. Per questo è così bella, anzi di più, decisiva.

Chissà cosa voleva dire Marai. Una volta, due volte forse, magari. Ma le occasioni perdute sono perdute davvero, e si, arriva sempre un tempo in cui davvero si compiono le cose. Che altro possiamo fare se non continuare ad indossare le nostre maschere in attesa del prossimo atto? Anche se, con tutta probabilità, il sipario non continuerà ad alzarsi per sempre.

Aveva ragione Franco probabilmente: gli orizzonti perduti non si scordano mai :wink:

http://www.youtube.com/watch?v=3upmUcSdwq8
 

Nikki

New member
Voltata l'ultima pagina avveo dato la tua medesima lettura Nikki. Ma poi ho continuato a rifletterci su ed ho preferito quella che ho esposto.

Il tempo che passa mostra che le cose si compiono eccome, ahimé, amaramente, mai come vorremmo.

Per questo le favole son così belle, "e vissero sempre felici e contenti..."

Una felicità, non una disperazione, o meglio, una possibilità di felicità che duri per sempre, una porta che resti sempre aperta per il prossimo appuntamento è cosa rarissima e preziosa. Per questo è così bella, anzi di più, decisiva.

Chissà cosa voleva dire Marai. Una volta, due volte forse, magari.

Ma le occasioni perdute sono perdute davvero, si, arriva sempre un tempo in cui davvero si compiono le cose. Che altro possiamo fare se non continuare ad indossare le nostre maschere in attesa del prossimo atto? Anche se, con tutta probabilità, il sipario non continuerà ad alzarsi per sempre.
Ma secondo me tutte queste cose Marai non le dice. Le dice Zefiro quando chiude il libro e ci pensa su. :D

Comunque non so se hai ragione. Questa non è una recita per fatti concreti, come hai giustamente osservato tu. Ma una recita dell'intimo umano. Cosa accade dentro di noi.
Quello che tu dici è vero, il sipario non si alza sempre, nelle vicende reali e materiali degli uomini.
Ma nell'intimo di ciascuno, io credo, la recita non finisce mai. Nulla passa mai veramente. Tuttalpiù si trasforma. E nell'attesa, forse di nulla, ognuno dentro di sé non può che continuare a recitare il copione scritto dal destino. Perché non può fare altrimenti. Questo, credo, voglia suggerire Marai.
 

Zefiro

da sudovest
Ma secondo me tutte queste cose Marai non le dice. Le dice Zefiro quando chiude il libro e ci pensa su. :D

Comunque non so se hai ragione. Questa non è una recita per fatti concreti, come hai giustamente osservato tu. Ma una recita dell'intimo umano. Cosa accade dentro di noi.
Quello che tu dici è vero, il sipario non si alza sempre, nelle vicende reali e materiali degli uomini.
Ma nell'intimo di ciascuno, io credo, la recita non finisce mai. Nulla passa mai veramente. Tuttalpiù si trasforma. E nell'attesa, forse di nulla, ognuno dentro di sé non può che continuare a recitare il copione scritto dal destino. Perché non può fare altrimenti. Questo, credo, voglia suggerire Marai.

Appunto. Su entrambi i sottolineati credo sia impossibile non convenire :wink:
 

asiul

New member
(...)
Ma le occasioni perdute sono perdute davvero, si, arriva sempre un tempo in cui davvero si compiono le cose. Che altro possiamo fare se non continuare ad indossare le nostre maschere in attesa del prossimo atto? Anche se, con tutta probabilità, il sipario non continuerà ad alzarsi per sempre.

Non so se abbia a che fare con il tuo discorso, forse no, ma...
un'occasione perduta può non essere perduta per sempre.Quando le cose sono ormai compiute, no, non resta altro da fare forse se non aspettare il prossimo atto, ma senza indossare maschere.Perché se e/o quando il sipario s'alzerà dovremo affrontare la "recita"che il destino ha noi riservato con il nostro volto. Visto che non ci saranno molte altre occasioni per farlo.
 
P

~ Patrizia ~

Guest
Ogni volta che entro in questa stanza mi sento male dall'emozione... Ve possino...:ABBB

Nicola: 8/10

Zefiro: 4/5

Luisa: 3,7 :?

Cambio il mio voto, è permesso? 10 e lode
 
Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
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