Zingaro di Macondo
The black sheep member
E poi le mogli, le madri e le sorelle che sostituirono nella produzione e nella vita di tutti i giorni i mariti, i figli e i fratelli. Partiti e mai più tornati.
Il binomio di retorica vecchio stampo e armamenti moderni, ha dato luogo all’avvenimento più assurdo di tutto il XX secolo.
Potenti del mondo, monarchi e imperatori del nulla, che hanno giocato a Risiko con folle di giovani, spesso minorenni, mandati al massacro per conquistare lembi di terra di nessuna rilevanza.
Le Dolomiti sono state il principale teatro di questo macabro circo. Le condizioni mutavano talmente rapidamente, in seguito alle carneficine chiamate battaglie, che oggi risulta difficile tirare le fila in modo storicamente ordinato. Chi stava dove e quando è roba da super esperti.
Alle donne veniva detto che i loro figli erano caduti per la patria. O per l’onore, è uguale. La tirannia delle parole è la peggiore, la più pericolosa in assoluto.
Non a caso tanti giovani sceglievano di loro spontanea volontà di andare in guerra, carichi di quella retorica nazionalista che rintronava le loro menti e rimbambiti ben più di quanto lo siano oggi i giovani dalla tv.
“Evviva l’Italia!”, gridava il ragazzino che usciva dalla trincea e si faceva mitragliare dall’austriaco nelle sue stesse condizioni.
Oggi questa retorica è stata spostata dentro gli stadi. Dico per fortuna e lo dico provocatoriamente, ma non troppo. Perché può darsi che in noi sia innato il bisogno della bandiera, allora meglio che ci chiudiamo tutti quanti in un recinto a gridare forza Milan.
Se vi capita di passare dalle zone di Cortina d’Ampezzo, c’è un bellissimo rifugio alpino, il Lagazuoi. Posto a 3.000 metri è uno dei rifugi più in alto d’Italia. Per i più pigri è raggiungibile in funivia, ma consiglio di farlo a piedi passando attraverso quelle gallerie costruite dagli uomini, ma che sembrano fatte da grossi topi di montagna.
Da lassù ho tentato di capire un po’ la geografia storica degli avvenimenti, cercando di scioglierne i complicati intrecci con le cime di fronte e un libro sotto il naso. Ma il lavoro è titanico, persino noioso. A sinistra tutto in mano agli austriaci nel dicembre del ‘16, qui nel mezzo gli italiani, la sotto gli austriaci, più in là di nuovi gli italiani. Salvo poi cambiare tutto nel giro di 20 giorni.
Sotto alla cima del Lagazuoi, dopo uno strapiombo di un migliaio di metri, si apre una specie di conca naturale, infrattata sotto la cima e dunque invisibile da quella posizione. Gli austriaci sapevano che lì sotto, in quella specie di grotta, c’erano gli italiani. Lo sapevano perché di tanto in tanto uscivano per colpire coi mortai, salvo poi rientrare rapidamente a nascondersi. Una specie di toccata e fuga che mandava in bestia gli austriaci.
Allora i generali decisero per una tattica veramente notevole. Pigliarono dei ragazzotti, li legarono alla bellemeglio e li calarono penzoloni sul baratro finché non cominciavano a intravedere la conca degli italiani. A quel punto, spesso sanguinanti per la corda che li tagliava sotto le ascelle, lanciavano le granate verso quel grosso buco.
Immaginate: sospesi nel vuoto coi fucili sotto che cominciano a sparare. E quando finiva le due granate, una per mano, gliene lanciavano di nuove dalla cima. Lui le doveva acchiappare al volo e ributtarle nella conca, come in un videogioco. Ovviamente la maggior parte di questi ragazzotti finiva tritato dal fuoco nemico nel giro di un minuto. Ma magari un paio di granate erano andate a buon fine e questo era tutto. Carne marcia a penzoloni in un paesaggio di una bellezza mozzafiato. I suoi compagni da lassù allora lasciavano la corda e ne mandavano giù un altro. Ma non sempre, perché alle volte la corda serviva.
Lassù i rifornimenti e le armi arrivavano a mano. In quella zona non erano le donne a farlo, era l’esercito, cioè gli stessi ragazzotti di cui sopra. *Nell’inverno del ‘17 ci furono 10 metri di neve e molti, durante il tragitto con cannoni e mortai in spalla, morivano di stenti. Freddo, fame, disidratazione. Vallo a sapere.
I soldati invece ci vivevano lassù. *A 3.000 metri non ci sono manco gli alberi, dunque si dormiva a meno 20 gradi e senza fuoco. Ci furono casi di cannibalismo, ci fu chi mangiò i propri escrementi e chi si amputò una mano congelata, tanto era il dolore.
A poco a poco la diserzione si fece massiccia e i generali cominciarono a sparare alle spalle di coloro che tentavano di fuggire verso valle. Maledetti disfattisti.
Einstein, negli anni ‘30 chiese a chi aveva dedicato la vita ad osservare i comportamenti umani, il perché di queste cose.
Freud gli rispose che una risposta non ce l’aveva.
Il binomio di retorica vecchio stampo e armamenti moderni, ha dato luogo all’avvenimento più assurdo di tutto il XX secolo.
Potenti del mondo, monarchi e imperatori del nulla, che hanno giocato a Risiko con folle di giovani, spesso minorenni, mandati al massacro per conquistare lembi di terra di nessuna rilevanza.
Le Dolomiti sono state il principale teatro di questo macabro circo. Le condizioni mutavano talmente rapidamente, in seguito alle carneficine chiamate battaglie, che oggi risulta difficile tirare le fila in modo storicamente ordinato. Chi stava dove e quando è roba da super esperti.
Alle donne veniva detto che i loro figli erano caduti per la patria. O per l’onore, è uguale. La tirannia delle parole è la peggiore, la più pericolosa in assoluto.
Non a caso tanti giovani sceglievano di loro spontanea volontà di andare in guerra, carichi di quella retorica nazionalista che rintronava le loro menti e rimbambiti ben più di quanto lo siano oggi i giovani dalla tv.
“Evviva l’Italia!”, gridava il ragazzino che usciva dalla trincea e si faceva mitragliare dall’austriaco nelle sue stesse condizioni.
Oggi questa retorica è stata spostata dentro gli stadi. Dico per fortuna e lo dico provocatoriamente, ma non troppo. Perché può darsi che in noi sia innato il bisogno della bandiera, allora meglio che ci chiudiamo tutti quanti in un recinto a gridare forza Milan.
Se vi capita di passare dalle zone di Cortina d’Ampezzo, c’è un bellissimo rifugio alpino, il Lagazuoi. Posto a 3.000 metri è uno dei rifugi più in alto d’Italia. Per i più pigri è raggiungibile in funivia, ma consiglio di farlo a piedi passando attraverso quelle gallerie costruite dagli uomini, ma che sembrano fatte da grossi topi di montagna.
Da lassù ho tentato di capire un po’ la geografia storica degli avvenimenti, cercando di scioglierne i complicati intrecci con le cime di fronte e un libro sotto il naso. Ma il lavoro è titanico, persino noioso. A sinistra tutto in mano agli austriaci nel dicembre del ‘16, qui nel mezzo gli italiani, la sotto gli austriaci, più in là di nuovi gli italiani. Salvo poi cambiare tutto nel giro di 20 giorni.
Sotto alla cima del Lagazuoi, dopo uno strapiombo di un migliaio di metri, si apre una specie di conca naturale, infrattata sotto la cima e dunque invisibile da quella posizione. Gli austriaci sapevano che lì sotto, in quella specie di grotta, c’erano gli italiani. Lo sapevano perché di tanto in tanto uscivano per colpire coi mortai, salvo poi rientrare rapidamente a nascondersi. Una specie di toccata e fuga che mandava in bestia gli austriaci.
Allora i generali decisero per una tattica veramente notevole. Pigliarono dei ragazzotti, li legarono alla bellemeglio e li calarono penzoloni sul baratro finché non cominciavano a intravedere la conca degli italiani. A quel punto, spesso sanguinanti per la corda che li tagliava sotto le ascelle, lanciavano le granate verso quel grosso buco.
Immaginate: sospesi nel vuoto coi fucili sotto che cominciano a sparare. E quando finiva le due granate, una per mano, gliene lanciavano di nuove dalla cima. Lui le doveva acchiappare al volo e ributtarle nella conca, come in un videogioco. Ovviamente la maggior parte di questi ragazzotti finiva tritato dal fuoco nemico nel giro di un minuto. Ma magari un paio di granate erano andate a buon fine e questo era tutto. Carne marcia a penzoloni in un paesaggio di una bellezza mozzafiato. I suoi compagni da lassù allora lasciavano la corda e ne mandavano giù un altro. Ma non sempre, perché alle volte la corda serviva.
Lassù i rifornimenti e le armi arrivavano a mano. In quella zona non erano le donne a farlo, era l’esercito, cioè gli stessi ragazzotti di cui sopra. *Nell’inverno del ‘17 ci furono 10 metri di neve e molti, durante il tragitto con cannoni e mortai in spalla, morivano di stenti. Freddo, fame, disidratazione. Vallo a sapere.
I soldati invece ci vivevano lassù. *A 3.000 metri non ci sono manco gli alberi, dunque si dormiva a meno 20 gradi e senza fuoco. Ci furono casi di cannibalismo, ci fu chi mangiò i propri escrementi e chi si amputò una mano congelata, tanto era il dolore.
A poco a poco la diserzione si fece massiccia e i generali cominciarono a sparare alle spalle di coloro che tentavano di fuggire verso valle. Maledetti disfattisti.
Einstein, negli anni ‘30 chiese a chi aveva dedicato la vita ad osservare i comportamenti umani, il perché di queste cose.
Freud gli rispose che una risposta non ce l’aveva.