La natura delle cose...
Non è facile commentare questo secondo racconto. Riporto alcuni passi, ma sono davvero tanti quelli che lascio.
Questa storia si congiunge all’altra. Partendo dalla conoscenza della diversità totalmente nuova, si passa ad una nuova disuguaglianza ritrovata o meglio da sempre esistita.
"Chi c’era c'era dovevamo vedercela tra noi:chi sarebbe arrivato lontano, chi sarebbe rimasto lì dov’era, chi non ce l’avrebbe fatta a sopravvivere. La scelta era tra un numero di possibilità ,limitate”
“M’affaccio.Vedo un animale sconosciuto che cantava su di un ramo.” “stavamo guardando l’uccello pieni di meraviglia- …- ma pure pieni di sbigottimento, perché l’esistenza degli uccelli mandava all’aria il modo il modo di ragionare in cui eravamo cresciuti”.
Eccolo l’incontro, avvenuto quasi per caso. La folla che guarda con meraviglia ed un vecchio, considerato il saggio U(h) “che si stacca dal gruppo …Non guardatelo!” come se il solo gesto di non condividerne la presenza basti a negarne l’esistere.
C’è in questo un non voler ammettere l’evidenza delle cose. Una chiusura mentale a priori. Anche qui, come nel precedente racconto, la paura che quel qualcosa di nuovo ci porti via quel pezzetto di mondo che ci siamo creati e nel quale ci sentiamo falsamente sicuri.
Il mondo non può essere quello che vogliamo vedere, ma ciò che vediamo. Non tutto ciò che è diverso da noi è nostro nemico. Ci sentiamo minacciati prima che l’intimidazione si presenti, perché ne creiamo la forma prima di tutto nella nostra mente.
“Ci aveva tormentato a lungo il dubbio su chi era un mostro e chi non lo era,ma da un pezzo poteva dirsi risolto:non mostri siamo tutti noi che ci siamo e mostri invece sono tutti quelli che potevano esserci e invece non ci sono, perché la successione delle cause e degli effetti ha favorito chiaramente noi, i non-mostri, anziché loro.”
“L’uccello volò lontano (…) E io gli andai dietro….mi guardai intorno:non riconoscevo niente. … Quello che importa è che intorno a me si dispiegavano tutte le forme che il mondo avrebbe potuto prendere nelle sue trasformazioni e invece non aveva preso, per qualche motivo occasionale o per un’incompatibilità di fondo: le forme scartate, irrecuperabili, perdute… il mio sguardo anziché evitare quei mostri, li cercasse,come per convincersi che non erano mostri fino in fondo, e che a un certo punto l’orrore facesse posto a una sensazione non sgradevole(…):la bellezza che esisteva anche là in mezzo, a saperla riconoscere”
“Da quando” scrive Italo “s’era scoperta l’esistenza degli uccelli, le idee che regolavano il nostro mondo erano entrate in crisi. Quello che prima tutti credevano di capire,(…)non valeva più”.
E così le nostre certezze, non son più così certe e questo ci spaventa.
Basta poco..davvero poco, soltanto aprire gli occhi e saper guardare, perché come scrive Calvino in tutte le cose c’è una naturale bellezza che bisogna saper riconoscere.
E quando questo avviene ci si accorge che l’idea del mostro che vedevamo era solo una proiezione delle nostre paure. Ci si innamora come il personaggio del racconto della “bellezza prigioniera nel cuore di quel mondo, la bellezza perduta …” e che una volta entra taci nella testa, per fortuna, non siam più capaci di cancellare.
Nel libro (ho quasi finito, non preoccupatevi) Or la regina degli uccelli dice a quell’uomo che per comprendere deve dimenticare ciò che capiva prima. Già, per capire bisognerebbe abbandonare l’idea che prima ci ha rapito e liberarcene definitivamente, ma non è facile perché quando ciò avviene ci si accorge che comunque cambiare le cose è a volte più difficile del lasciarle come sono, perché ci si scontra comunque con l’altro e con la sua idea, difforme dalla nostra.
Per paradosso Calvino ci mostra come sebbene il non-mostro una abbia superato il mostro chiedendogli di riconoscere la non diversità, quest’ultimo non sia poi difforme da chi vedeva in lui stesso una minaccia.
E così tutto si dimentica. Ogni tentativo di riportare le cose nel loro incedere naturale è un lontano ricordo. Ma la riflessione che resta è ..cos’è davvero naturale se coloro che in realtà diversi non sono continuano a sentirsi tali rivendicando solo in apparenza la loro uguaglianza?
"Nel cielo continuano ad esserci gli uccelli, ma nessuno più ci bada”