8° Poeticforum - Le poesie che amiamo

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Anche io voglio prendermi tempo per commentare la poesia di Jessamine che già ad una prima occhiata mi sembra molto profonda e merita tutta la mia concentrazione.
 

Jessamine

Well-known member
IreneElle, non mi offendo assolutamente, anzi, ti ringrazio per esserti soffermata qui, e per avere espresso la tua opinione, in maniera così sincera e gentile. Le critiche, soprattutto quando sono costruttive, non posono che essere ben accette. E poi, mi sono buttata proprio per ricevere anche delle critiche, perché sento di averne bisogno, quindi se mi offendessi sarei proprio sciocca :).
La citazione di Kundera l'ho aggiunta perché non avrei saputo esprimere il concetto in un altro modo, ma non sei la prima a criticarmela, e in effetti inizio a pensare anche io che non sia il massimi.
Sul dividere in due la poesia, non saprei, forse potrebbe essere un'idea, anche se quando l'ho scritta, almeno nella mia mente, era un tutto coeso. Effettivamente la seconda parte è un po' diversa rispetto alla prima, ma in ealtà vorrebbe riprendere il "dialogo" dell'inizio. Di sicuro proverò però a rivederla, sperando di "asciugare" gli eccessi.
Davvero, ti ringrazio tanto per esserti soffermata.
Minerva, da qui non scappa niente, fai con comodo.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
La verticalità della poesia e il vuoto
tutto attorno, le urla
di carta bianca,
tu lo sai,
non so sfiorarle.

Devo sporcarmi le dita d'inchiostro,
l'inchiostro ch'è poi sangue,
ch'è poi vita.
E tu lasciami
piovere
sulla verticalità ch'è capogiro
lasciami lo spazio bianco, 'ché
se piove
nel vuoto non ho paura di fissare gl'occhi.

Questi i versi che mi sono piaciuti di più e che mi trasmettono vitalità, coraggio, come una reazione ribelle al vuoto della carta bianca, o forse della vita, guardare nel vuoto senza paura e buttarcisi, riempirlo con l'inchiostro "sporcandosi le dita". La poesia mi sembra bella e "sentita", vi si intravedono i vent'anni dell'autrice, un misto di forza vitale e di sperdimento giovanile, un modo di scrivere forse fin troppo complesso, elaborato ma che, allo stesso tempo, trasmette un senso di confusione mentale e insoddisfazione.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
La prossima poesia è La vita solitaria di Giacomo Leopardi, o meglio, ParallelMind ha proposto di commentare i versi evidenziati, la riporto comunque tutta :)

La mattutina pioggia, allor che l’ale
Battendo esulta nella chiusa stanza
La gallinella, ed al balcon s’affaccia
L’abitator de’ campi, e il Sol che nasce
I suoi tremuli rai fra le cadenti
Stille saetta, alla capanna mia
Dolcemente picchiando, mi risveglia;
E sorgo, e i lievi nugoletti, e il primo
Degli augelli susurro, e l’aura fresca,
E le ridenti piagge benedico:
Poiché voi, cittadine infauste mura,
Vidi e conobbi assai, là dove segue
Odio al dolor compagno; e doloroso
Io vivo, e tal morrò, deh tosto! Alcuna
Benché scarsa pietà pur mi dimostra
Natura in questi lochi, un giorno oh quanto
Verso me più cortese! E tu pur volgi
Dai miseri lo sguardo; e tu, sdegnando
Le sciagure e gli affanni, alla reina
Felicità servi, o natura. In cielo,
In terra amico agl’infelici alcuno
E rifugio non resta altro che il ferro.
Talor m’assido in solitaria parte,
Sovra un rialto, al margine d’un lago
Di taciturne piante incoronato.
Ivi, quando il meriggio in ciel si volve,
La sua tranquilla imago il Sol dipinge,
Ed erba o foglia non si crolla al vento,
E non onda incresparsi, e non cicala
Strider, né batter penna augello in ramo,
Né farfalla ronzar, né voce o moto
Da presso né da lunge odi né vedi.
Tien quelle rive altissima quiete;
Ond’io quasi me stesso e il mondo obblio
Sedendo immoto; e già mi par che sciolte
Giaccian le membra mie, né spirto o senso
Più le commova, e lor quiete antica
Co’ silenzi del loco si confonda.

Amore, amore, assai lungi volasti
Dal petto mio, che fu sì caldo un giorno,
Anzi rovente. Con sua fredda mano
Lo strinse la sciaura, e in ghiaccio è volto
Nel fior degli anni. Mi sovvien del tempo
Che mi scendesti in seno. Era quel dolce
E irrevocabil tempo, allor che s’apre
Al guardo giovanil questa infelice
Scena del mondo, e gli sorride in vista
Di paradiso. Al garzoncello il core
Di vergine speranza e di desio
Balza nel petto; e già s’accinge all’opra
Di questa vita come a danza o gioco
Il misero mortal. Ma non sì tosto,
Amor, di te m’accorsi, e il viver mio
Fortuna avea già rotto, ed a questi occhi
Non altro convenia che il pianger sempre.
Pur se talvolta per le piagge apriche,
Su la tacita aurora o quando al sole
Brillano i tetti e i poggi e le campagne,
Scontro di vaga donzelletta il viso;

O qualor nella placida quiete
D’estiva notte, il vagabondo passo
Di rincontro alle ville soffermando,
L’erma terra contemplo, e di fanciulla
Che all’opre di sua man la notte aggiunge
Odo sonar nelle romite stanze
L’arguto canto; a palpitar si move
Questo mio cor di sasso: ahi, ma ritorna
Tosto al ferreo sopor; ch’è fatto estrano
Ogni moto soave al petto mio.

O cara luna, al cui tranquillo raggio
Danzan le lepri nelle selve; e duolsi
Alla mattina il cacciator, che trova
L’orme intricate e false, e dai covili
Error vario lo svia; salve, o benigna
Delle notti reina. Infesto scende
Il raggio tuo fra macchie e balze o dentro
A deserti edifici, in su l’acciaro
Del pallido ladron ch’a teso orecchio
Il fragor delle rote e de’ cavalli
Da lungi osserva o il calpestio de’ piedi
Su la tacita via; poscia improvviso
Col suon dell’armi e con la rauca voce
E col funereo ceffo il core agghiaccia
Al passegger, cui semivivo e nudo
Lascia in breve tra’ sassi. Infesto occorre
Per le contrade cittadine il bianco
Tuo lume al drudo vil, che degli alberghi
Va radendo le mura e la secreta
Ombra seguendo, e resta, e si spaura
Delle ardenti lucerne e degli aperti
Balconi. Infesto alle malvage menti,
A me sempre benigno il tuo cospetto
Sarà per queste piagge, ove non altro
Che lieti colli e spaziosi campi
M’apri alla vista. Ed ancor io soleva,
Bench’innocente io fossi, il tuo vezzoso
Raggio accusar negli abitati lochi,
Quand’ei m’offriva al guardo umano, e quando
Scopriva umani aspetti al guardo mio.
Or sempre loderollo, o ch’io ti miri
Veleggiar tra le nubi, o che serena
Dominatrice dell’etereo campo,
Questa flebil riguardi umana sede.
Me spesso rivedrai solingo e muto
Errar pe’ boschi e per le verdi rive,
O seder sovra l’erbe, assai contento
Se core e lena a sospirar m’avanza.
 
P

ParallelMind

Guest
Facciamo che ognuno può scegliere,ma dando prevalenza al commento della parte da te proposta.

Muy bien
Leopardi in quest'opera mi sembra quasi autobiografico,descrive la sua situazione interiore ed esistenziale.
Che poi non e`forse la condizione di noi tutti?
Quando siamo giovani l'ardore dell'amore e`cosi`forte,e legarsi a qualcuno coinvolge tutti i nostri sensi,e`come un estasi di grazia e puro calore,ne siamo come assuefatti benche`avvenga tutti i giorni(vaga donzelletta il viso).Quindi lui rammenta quei momenti,quelle estasi di puro piacere e incalcolabile bellezza.
Poi ecco che il confronto con il presente,il ghiaccio e la sciagura gia`sentito al termine del sabato del villaggio,reca una gran tristezza e senso d'impotenza.
Ma ecco che la dove c'e`ormai assenza d`amore arriva in aiuto la speranza: la natura e la bellezza del mondo.
Il sole coi suoi raggi di tepore,e gli altri scenari rurali limpidi e puri.
Per di piu`scontra di tanto in tanto di vaga donzelletta il viso,a ricordare che infondo un lieve sussulto puo`esserci di fronte a cio`che lui stesso era e ad una donna che e`tutta una promessa di vita,di amore,di grazia.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Flusso d'incoscienza - Jessamine

A piovere dentro, dimmi, ci hai mai provato?

Gli argini infranti
sui tuoi occhiali appannati
lacrime
ad irrigare versi
muti.

Raccoglimi,
coi palmi aperti, raccoglimi
quando non mi basto, con i miei contorni
stanchi,
raccogli il mio piovere
di sangue e
sospiri.

La verticalità della poesia e il vuoto
tutto attorno, le urla
di carta bianca,
tulo sai,
non so sfiorarle.

Devo sporcarmi le dita d'inchiostro,
l'inchiostro ch'è poi sangue,
ch'è poi vita.
E tu lasciami
piovere
sulla verticalità ch'è capogiro
lasciami lo spazio bianco, 'ché
se piove
nel vuoto non ho paura di fissare gl'occhi.

Kundera è una manciata di citazioni
scritte a mano sul diario
che a vent'anni imparo a non tradire,
Kundera sono le parole che mi sporcano gli occhi,
qualche mese dopo, una vita dopo.
"La vertigine è la voce del vuoto sotto di noi che ci attira, che ci alletta, è il desiderio di cadere, dal quale ci difendiamo con paura".

Se ho paura tu
non guardarmi,
lasciami
la tua schiena a cui
ancorarmi,
perché a furia di piovere
da dentro
ho gli occhi vuoti.
Riempili,
con gli abbracci
che non siamo,
riempili sussurrando del silenzio
ch'è anche in prosa, 'ché
non importa
la verticalità
se poi non so volare, che
d'inchiostro si può vivere
anche così.

Dimmi che le lacrime si
asciugano, che
non importano gli stili vuoti, che
anche con un flusso d'incoscienza non sono
nuda.

Il condizionale
spezzalo
con un battito di ciglia,
spezzalo
col silenzio caparbio delle dita
intreccate, quelle che
sarebbero state, che
avremmo avuto.

Spezzami il respiro
spingendomi nel vuoto,
con la poesia che
nemmeno leggevi.
Imperativi: categorici.
E in fondo la filosofia la conosci
meglio di me.

E allora spiegami
quest'imperativo
m'incatena
spiegami l'imperativo
che t'invoca
e le congiunzioni
allineate
ad aspettare la pioggia per dissolversi.

L'inchiostro, a piovere dai miei occhi socchiusi, lasciamelo.


Confesso che è una poesia che mi ha messo un po' in difficoltà, forse per quella domanda iniziale a cui non riuscivo a dare risposta, come se non farlo mi impedisse l'accesso a tutto il resto, poi ho superato l'impasse e ho cercato di andare avanti con il dubbio di entrare dentro senza chiave. E questo interrogare continuo in tutta la poesia mi ha creato del disagio, come se non mi sentissi pronta ad un interloquire così diretto e allora ho capito che mi sentivo come scuotere e che non ero io quella a dover essere scossa, ma è l'eterna domanda che l'uomo pone alla vita e così mi sono ridimensionata, nel mio ego spropositato e mi sono messa anche io a chiedere. L'importante è fare le domande, forse ci si chiarisce già così.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Nessun altro vuole commentare questi versi? :)

La mattutina pioggia, allor che l’ale
Battendo esulta nella chiusa stanza
La gallinella, ed al balcon s’affaccia
L’abitator de’ campi, e il Sol che nasce
I suoi tremuli rai fra le cadenti
Stille saetta, alla capanna mia
Dolcemente picchiando, mi risveglia;
E sorgo, e i lievi nugoletti, e il primo
Degli augelli susurro, e l’aura fresca,
E le ridenti piagge benedico:
Poiché voi, cittadine infauste mura,
Vidi e conobbi assai, là dove segue
Odio al dolor compagno; e doloroso
Io vivo, e tal morrò, deh tosto! Alcuna
Benché scarsa pietà pur mi dimostra
Natura in questi lochi, un giorno oh quanto
Verso me più cortese! E tu pur volgi
Dai miseri lo sguardo; e tu, sdegnando
Le sciagure e gli affanni, alla reina
Felicità servi, o natura. In cielo,
In terra amico agl’infelici alcuno
E rifugio non resta altro che il ferro.
Talor m’assido in solitaria parte,
Sovra un rialto, al margine d’un lago
Di taciturne piante incoronato.
Ivi, quando il meriggio in ciel si volve,
La sua tranquilla imago il Sol dipinge,
Ed erba o foglia non si crolla al vento,
E non onda incresparsi, e non cicala
Strider, né batter penna augello in ramo,
Né farfalla ronzar, né voce o moto
Da presso né da lunge odi né vedi.
Tien quelle rive altissima quiete;
Ond’io quasi me stesso e il mondo obblio
Sedendo immoto; e già mi par che sciolte
Giaccian le membra mie, né spirto o senso
Più le commova, e lor quiete antica
Co’ silenzi del loco si confonda.

Amore, amore, assai lungi volasti
Dal petto mio, che fu sì caldo un giorno,
Anzi rovente. Con sua fredda mano
Lo strinse la sciaura, e in ghiaccio è volto
Nel fior degli anni. Mi sovvien del tempo
Che mi scendesti in seno. Era quel dolce
E irrevocabil tempo, allor che s’apre
Al guardo giovanil questa infelice
Scena del mondo, e gli sorride in vista
Di paradiso. Al garzoncello il core
Di vergine speranza e di desio
Balza nel petto; e già s’accinge all’opra
Di questa vita come a danza o gioco
Il misero mortal. Ma non sì tosto,
Amor, di te m’accorsi, e il viver mio
Fortuna avea già rotto, ed a questi occhi
Non altro convenia che il pianger sempre.
Pur se talvolta per le piagge apriche,
Su la tacita aurora o quando al sole
Brillano i tetti e i poggi e le campagne,
Scontro di vaga donzelletta il viso;

O qualor nella placida quiete
D’estiva notte, il vagabondo passo
Di rincontro alle ville soffermando,
L’erma terra contemplo, e di fanciulla
Che all’opre di sua man la notte aggiunge
Odo sonar nelle romite stanze
L’arguto canto; a palpitar si move
Questo mio cor di sasso: ahi, ma ritorna
Tosto al ferreo sopor; ch’è fatto estrano
Ogni moto soave al petto mio.

O cara luna, al cui tranquillo raggio
Danzan le lepri nelle selve; e duolsi
Alla mattina il cacciator, che trova
L’orme intricate e false, e dai covili
Error vario lo svia; salve, o benigna
Delle notti reina. Infesto scende
Il raggio tuo fra macchie e balze o dentro
A deserti edifici, in su l’acciaro
Del pallido ladron ch’a teso orecchio
Il fragor delle rote e de’ cavalli
Da lungi osserva o il calpestio de’ piedi
Su la tacita via; poscia improvviso
Col suon dell’armi e con la rauca voce
E col funereo ceffo il core agghiaccia
Al passegger, cui semivivo e nudo
Lascia in breve tra’ sassi. Infesto occorre
Per le contrade cittadine il bianco
Tuo lume al drudo vil, che degli alberghi
Va radendo le mura e la secreta
Ombra seguendo, e resta, e si spaura
Delle ardenti lucerne e degli aperti
Balconi. Infesto alle malvage menti,
A me sempre benigno il tuo cospetto
Sarà per queste piagge, ove non altro
Che lieti colli e spaziosi campi
M’apri alla vista. Ed ancor io soleva,
Bench’innocente io fossi, il tuo vezzoso
Raggio accusar negli abitati lochi,
Quand’ei m’offriva al guardo umano, e quando
Scopriva umani aspetti al guardo mio.
Or sempre loderollo, o ch’io ti miri
Veleggiar tra le nubi, o che serena
Dominatrice dell’etereo campo,
Questa flebil riguardi umana sede.
Me spesso rivedrai solingo e muto
Errar pe’ boschi e per le verdi rive,
O seder sovra l’erbe, assai contento
Se core e lena a sospirar m’avanza.

Potete commentare a scelta tutta la poesia o i versi evidenziati :wink:
 
Ultima modifica:

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Bellissimi versi, dai quali traspare la nostalgia del poeta per la forza e il calore di un sentimento provato in età giovanile, il rimpianto di una speranza che egli sa essere vana e che non tornerà più, nonostante talvolta il viso "di vaga donzelletta" o il suo canto faccia riaffiorare in lui un sentore di ciò che è stato. Ma immediatamente "il cor di sasso ritorna tosto al ferreo sopor", forse dopo un lungo processo durante il quale il poeta ha lottato per imporsi di non amare per non soffrire? Non so se condividere il suo pensiero, l'essere umano è recidivo, soprattutto in amore, e a volte quando meno se lo aspetta ci ricasca, magari rifacendo esattamente gli stessi errori della volta precedente. E' più triste la sofferenza di chi ama non corrisposto o l'apatia di chi non riesce più ad amare?
 
P

ParallelMind

Guest
Bellissimi versi, dai quali traspare la nostalgia del poeta per la forza e il calore di un sentimento provato in età giovanile, il rimpianto di una speranza che egli sa essere vana e che non tornerà più, nonostante talvolta il viso "di vaga donzelletta" o il suo canto faccia riaffiorare in lui un sentore di ciò che è stato. Ma immediatamente "il cor di sasso ritorna tosto al ferreo sopor", forse dopo un lungo processo durante il quale il poeta ha lottato per imporsi di non amare per non soffrire? Non so se condividere il suo pensiero, l'essere umano è recidivo, soprattutto in amore, e a volte quando meno se lo aspetta ci ricasca, magari rifacendo esattamente gli stessi errori della volta precedente. E' più triste la sofferenza di chi ama non corrisposto o l'apatia di chi non riesce più ad amare?

Bella domanda Alessandra ;)
Io credo che Leopardi un po`come Dante abbia continuato ad amare tutta la vita la stessa donna,per la quale si era acceso in petto ardore e sentimento in eta`giovanile.
Ovviamente nel tempo quell'amore si va trasformando,le sensazioni cambiano con l'arrivo di nuove consapevolezze e un altra`maturita`interiore.
Quindi e`un amore stagionato,invecchiato in botti di rovere dal gusto piu`intenso anche se ha perso il fortissimo odore del primo mosto.
Cosi`almeno mi piace pensarla ma potrei tranquillamente sbagliarmi ed essere piu`infelice la verita`che racchiude questa poesia e l'amore nel tempo.
 
G

giovaneholden

Guest
Concordo con i commenti precedenti sulla poesia Leopardiana,un ricordo di un amore lontano che il ricordo stesso,trasfigurato dalla mente e adattato nei modi più consoni grazie alla plasmazione dei nostri neuroni,che come sappiamo tendono anche a modificare la realtà,rende unico e irripetibile.
 

Jessamine

Well-known member
In questa poesia anche io ho letto il rimpianto per un amore giovanile, dai toni più soavi, ora rimpianti. Inizialmente mi sembrava ci fosse una contrapposizione tra l'amare della gioventù e il no riuscire più ad amare della maturità, ma, rileggendo, in effetti forse si dovrebbe pensare più che altro ad un diverso approccio all'amore, più maturo e forse anche "disincantato".
Effettivamente è un tema che sento molto vicino, perché, pur essendo ancora piuttosto giovane, sto cominciando anche io a notare una differenza fra gli innamoramenti adolescenziali e quello che comincio a vedere ora come amore, più maturo, ma anche meno "leggero", non so se mi spiego. E non so nemmeno se questo centri effettivamente qualcosa con l'interpretazione della poesia, ma purtroppo quando leggo qualcosa non posso fare a meno che rapportarlo alla mia interiorità.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Prossima poesia!

Alejandra Pizarnik

Chi illumina

Quando mi guardi
i miei occhi sono chiavi,
il muro ha segreti,
il mio timore parole, poesie.
Solo tu fai della mia memoria
una viaggiatrice affascinata,
un fuoco incessante.
 
P

ParallelMind

Guest
Alejandra Pizarnik

Chi illumina

Quando mi guardi
i miei occhi sono chiavi,
il muro ha segreti,
il mio timore parole, poesie.
Solo tu fai della mia memoria
una viaggiatrice affascinata,
un fuoco incessante.

Chi illumina,tra due persone che si amano.
In questa poesia l'autore crede sia l'altro/a.
Penso che con la metafora del muro e delle chiavi si stia riferendo alla sua interiorita`:
le chiavi per comprendere cosa sente dentro nello sguardo,il muro potrebbe essere la diffidenza,la distanza che le persone negli anni creano verso gli altri,ma e`un muro che puo`essere superato con quelle chiavi che gli sta donando.
Il suo timore forse e`il suo modo di esprimere quella fragilita`creata dall'amore con cui le comunica tutto di se.Infine il tema del ricordo,del passato.Un viaggio che sembra quasi spaventare l'autore.
Il perche`non ci e`dato saperlo.E l'unico modo per lui di tornare felice alle sue memorie e`con la forza e col calore della persona che ama nel suo presente.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
La poesia è stata scritta da una donna, eppure, leggendola, mi è venuto spontaneo pensare ad un poeta uomo, chissà perché.
Bella l'immagine degli occhi come chiavi, come se la persona amata fosse l'unica a poter "aprire" quegli occhi, a vedere cosa c'è dietro.
Però poi "il muro ha segreti" e "il mio timore parole, poesie" come se la certezza legata alle chiavi fosse messa in discussione da un'insicurezza di fondo, che quando si ama c'è quasi sempre.
Infine l'ultima immagine, il fuoco incessante della memoria, e la curiosità vivace di questa "viaggiatrice affascinata", tenuta sveglia e vitale dalla forza dell'amore.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Mi spiace non riuscire quasi mai a partecipare al poeticforum,ma spesso ho difficoltà ad esternare le emozioni che una poesia riesce a trasmettermi :boh:.
Però i testi e i vostri commenti li leggo sempre.
 
Alto