Oggettivamente l'incredibile scia di successo acclamata da questo libro alimenta un po' troppo le aspettative del lettore; ci si aspetta una storia sbalorditiva, che spalanchi nuovi orizzanti o elargisca emozioni letterarie inesplorate. Insomma, ti prepari a tuffarti in uno di quei libri che, per dirla alla maniera del giovane Holden, ti lasciano senza fiato.
In realtà Il cacciatore di aquiloni va preso per quello che è: un romanzo piacevole, abbastanza coinvolgente, toccante in più punti, capace di far assaporare quel pizzico d'amaro quando c'è bisogno. In più l'apprendere la descrizione di una cultura così differente, di una realtà storica e politica così atroce, di un popolo in cui abbondano i bambini ma non v'è l'infanzia, non può che far bene al lettore (che poi, ho sentito spesso parlare di questa ambientazione come di una operazione commerciale. Il che mi pare assurdo. Non può semplicemente essere, come logica vuole, che egli avverta e abbia il naturale bisogno di parlare della sua terra?).
Non è un libro spiazzante, ma resta pur sempre un interessante e gradevole romanzo; ma solo decontestualizzandolo dall'aura di lodi talvolta troppo generose che questi si trascina da tempo ne si potrà apprezzare le bellezza. 4/5