19° Poeticforum - Le poesie che amiamo

bouvard

Well-known member
Io questa volta ho scelto il testo di una canzone che per me è poesia :)

Genova, schiacciata sul mare, sembra cercare
respiro al largo, verso l'orizzonte.
Genova, repubblicana di cuore, vento di sale,
d'anima forte.
Genova che si perde in centro nei labirintici vecchi carrugi,
parole antiche e nuove sparate a colpi come da archibugi.
Genova, quella giornata di luglio, d'un caldo torrido
d'Africa nera.
Sfera di sole a piombo, rombo di gente, tesa atmosfera.
Nera o blu l'uniforme, precisi gli ordini, sudore e rabbia;
facce e scudi da Opliti, l'odio di dentro come una scabbia.
Ma poco più lontano, un pensionato ed un vecchio cane
guardavano un aeroplano che lento andava macchiando il mare;
una voce spezzava l'urlare estatico dei bambini.

Panni distesi al sole, come una beffa, dentro ai giardini.
Uscir di casa a vent'anni è quasi un obbligo, quasi un dovere,
piacere d'incontri a grappoli, ideali identici, essere e avere,
la grande folla chiama, canti e colori, grida ed avanza,
sfida il sole implacabile, quasi incredibile passo di danza.
Genova chiusa da sbarre, Genova soffre come in prigione,
Genova marcata a vista attende un soffio di liberazione.
Dentro gli uffici uomini freddi discutono la strategia
e uomini caldi esplodono un colpo secco, morte e follia.
Si rompe il tempo e l'attimo, per un istante, resta sospeso,

appeso al buio e al niente, poi l'assurdo video ritorna acceso;
marionette si muovono, cercando alibi per quelle vite
dissipate e disperse nell'aspro odore della cordite.

Genova non sa ancora niente, lenta agonizza, fuoco e rumore,
ma come quella vita giovane spenta, Genova muore.
Per quanti giorni l'odio colpirà ancora a mani piene.
Genova risponde al porto con l'urlo alto delle sirene.
Poi tutto ricomincia come ogni giorno e chi ha la ragione,
dico nobili uomini, danno implacabile giustificazione,
come ci fosse un modo, uno soltanto, per riportare
una vita troncata, tutta una vita da immaginare.
Genova non ha scordato perché è difficile dimenticare,
c'è traffico, mare e accento danzante e vicoli da camminare.
La Lanterna impassibile guarda da secoli gli scogli e l'onda.
Ritorna come sempre, quasi normale, piazza Alimonda.

La "salvia splendens" luccica, copre un'aiuola triangolare,
viaggia il traffico solito scorrendo rapido e irregolare.
Dal bar caffè e grappini, verde un'edicola vende la vita.
Resta, amara e indelebile, la traccia aperta di una ferita

Piazza Alimonda - Francesco Guccini

Sono molto indietro con i commenti :boh: vediamo di recuperarne qualcuno :YY :YY
In genere quando succede qualche fatto particolarmente grave tutti ricordano cosa stavano facendo in quel commento (tutti gli americani - di età compatibile - ricordano cosa stavano facendo al momento dell'uccisione di Kennedy, tutto il mondo - sempre di età compatibile - ricorda cosa stava facendo al momento del crollo delle Torri Gemelle) io invece ho conosciuto "i fatti" di Genova solo parecchi giorni dopo, è uno dei lati positivi o negativi del lavorare d'estate a ritmi frenetici e non guardare la tv.
Amo questa canzone perché pone l'accento sulla città di Genova, una città che con quei "fatti", con quella violenza non aveva, e non ha avuto, nulla da spartire, avendoli dovuti subire quei "fatti" e quella violenza, una città che ha continuato a portarne silenziose cicatrici anche quando il resto del mondo quei "fatti" li aveva ormai archiviati o peggio dimenticati.
Genova non è la città che il mondo ha conosciuto nel 2001, quella gente che seminava panico per la città nulla ha a che vedere con questa bellissima città.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Rosa, contraddizione pura, voglia
di essere il sonno di nessuno
sotto tante palpebre.
(Rose, oh reiner Widerspruch.
Lust,
Niemandes Schlaf zu sein
unter soviel
Lidern.)

Nella mia enorme ignoranza ho scoperto adesso :boh: che questi versi sono molto conosciuti e che costituiscono l'epitaffio autografo voluto da Rilke. Di certo è un mio limite ma, pur essendo sensibile alla musicalità di questi versi, non riesco a interpretarli o a comprenderli, né ho trovato in rete alcuna spiegazione convincente o soddisfacente. Qualcuno può aiutarmi? :):?
 

bouvard

Well-known member
Nella mia enorme ignoranza ho scoperto adesso :boh: che questi versi sono molto conosciuti e che costituiscono l'epitaffio autografo voluto da Rilke. Di certo è un mio limite ma, pur essendo sensibile alla musicalità di questi versi, non riesco a interpretarli o a comprenderli, né ho trovato in rete alcuna spiegazione convincente o soddisfacente. Qualcuno può aiutarmi? :):?

Le rose sono molto presenti nella poetica di Rilke tanto che una raccolta, se non ricordo male di 24 poesie, scritta due anni prima della morte si intitola proprio Le rose. Ma soprattutto c'è un bellissimo aneddoto che circola su Rilke a proposito di una rosa degno davvero di un Poeta. L'aneddoto è questo:

Il poeta tedesco Rilke abitò per un certo periodo a Parigi. Per andare all’Università percorreva ogni giorno, in compagnia di una sua amica francese, una strada molto frequentata. Un angolo di questa via era perennemente occupato da una mendicante che chiedeva l’elemosina ai passanti. La donna sedeva sempre allo stesso posto, immobile come una statua, con la mano tesa e gli occhi fissi al suolo. Rilke non le dava mai nulla, mentre la sua compagna le donava spesso qualche moneta.
Un giorno la giovane francese, meravigliata domandò al poeta: – Ma perchè non dai mai nulla a quella poveretta? –
– Dovremmo regalare qualcosa al suo cuore, non alle sue mani – rispose il poeta.
Il giorno dopo, Rilke arrivò con una splendida rosa appena sbocciata, la depose nella mano della mendicante e fece l’atto di andarsene.
Allora accadde qualcosa d’inatteso: la mendicante alzò gli occhi, guardò il poeta, si sollevò a stento da terra, prese la mano dell’uomo e la baciò. Poi se ne andò stringendo la rosa al seno. Per un’intera settimana nessuno la vide più. Ma otto giorni dopo,la mendicante era di nuovo seduta nel solito angolo della via.
Silenziosa e immobile come sempre.
– Di che cosa avrà vissuto in tutti questi giorni in cui non ha ricevuto nulla? – chiese la giovane francese.
– Della rosa – rispose il poeta.
 
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Le rose sono molto presenti nella poetica di Rilke tanto che una raccolta, se non ricordo male di 24 poesie, scritta due anni prima della morte si intitola proprio Le rose. Ma soprattutto c'è un bellissimo aneddoto che circola su Rilke a proposito di una rosa, degno davvero di un Poeta. L'aneddoto è questo:

Il poeta tedesco Rilke abitò per un certo periodo a Parigi. Per andare all’Università percorreva ogni giorno, in compagnia di una sua amica francese, una strada molto frequentata. Un angolo di questa via era perennemente occupato da una mendicante che chiedeva l’elemosina ai passanti. La donna sedeva sempre allo stesso posto, immobile come una statua, con la mano tesa e gli occhi fissi al suolo. Rilke non le dava mai nulla, mentre la sua compagna le donava spesso qualche moneta.
Un giorno la giovane francese, meravigliata domandò al poeta: – Ma perchè non dai mai nulla a quella poveretta? –
– Dovremmo regalare qualcosa al suo cuore, non alle sue mani – rispose il poeta.
Il giorno dopo, Rilke arrivò con una splendida rosa appena sbocciata, la depose nella mano della mendicante e fece l’atto di andarsene.
Allora accadde qualcosa d’inatteso: la mendicante alzò gli occhi, guardò il poeta, si sollevò a stento da terra, prese la mano dell’uomo e la baciò. Poi se ne andò stringendo la rosa al seno. Per un’intera settimana nessuno la vide più. Ma otto giorni dopo,la mendicante era di nuovo seduta nel solito angolo della via.
Silenziosa e immobile come sempre.
– Di che cosa avrà vissuto in tutti questi giorni in cui non ha ricevuto nulla? – chiese la giovane francese.
– Della rosa – rispose il poeta.

Si puo' vivere 8 giorni di una rosa?

Volgere A.







PS. secondo me si puo' viverne anche 30anni.......
 
Inserisco l'ultima proposta "poetica", credo sia dell'utente Andrea Di Lorenzo che l'ha proposta, che però sembra sparito :boh:

A Giulia

Ti ho cercata a lungo
senza conoscere il tuo viso
la tua voce
il tuo profumo.
Invano ti ho cercata nelle canzoni
e nelle poesie maledette dagli uomini delusi
perché fanno innamorare dell’amore,
così come l’amore maledice
gli uomini che non amano.

E tu che eri già in me
non parlavi
non vedevi
non giuravi
non piangevi l’assenza
dei miei occhi
dei miei baci
ma giacevi silenziosa
come io nella pace
del ricordo del tuo viso
del tuo profumo
della tua voce.


ciao, sono qui :)
 

alessandra

Lunatic Mod
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Abbiamo un'altra proposta :) Chi vuole può commentarla e naturalmente vale anche per quelle precedenti.

Una delle rose di R. M. Rilke

Rosa, contraddizione pura, voglia
di essere il sonno di nessuno
sotto tante palpebre.
(Rose, oh reiner Widerspruch.
Lust,
Niemandes Schlaf zu sein
unter soviel
Lidern.)

Nessun altro vuole commentare questi versi cercando di comprenderne il significato? :wink:
 

shvets olga

Member
Nella mia enorme ignoranza ho scoperto adesso :boh: che questi versi sono molto conosciuti e che costituiscono l'epitaffio autografo voluto da Rilke. Di certo è un mio limite ma, pur essendo sensibile alla musicalità di questi versi, non riesco a interpretarli o a comprenderli, né ho trovato in rete alcuna spiegazione convincente o soddisfacente. Qualcuno può aiutarmi? :):?

Ho trovato in rete SULLA TOMBA DI RILKE – DI DARIO BORSO
https://rebstein.wordpress.com/2008/12/29/sulla-tomba-di-rilke-di-dario-borso/

'Se guardiamo il testamento che Rilke stilò la sera del 27 ottobre 1925 a Muzot, colpisce la fedeltà assoluta con cui Merline si attiene alle ultime volontà. Scrive infatti il poeta:

Aborro lo stile geometrico degli scalpellini d’oggi; forse sarà possibile acquistare una vecchia lapide (empire, ad es.), come successe a Vienna per la tomba di mio cugino. Si cancellino le iscrizioni precedenti e si faccia scolpire: lo stemma, il nome e, un po’ staccati, i versi:

Rosa, contraddizione pura!
Voglia
d’essere il sonno di nessuno
sotto sì tante
palpebre.

Due giorni dopo, Rilke consegnerà in busta chiusa il testamento a Nanny Wunderly (la stessa che trent’anni dopo si occupa ancora fedelmente della tomba). Morirà il 29 dicembre 1926, e verrà tumulato di lì a quattro giorni nel cimitero attiguo alla chiesetta di Raron. Una croce in legno attenderà per qualche mese la lapide, che le si affiancherà sino ad oggi.
La prima versione dell’epigrafe risale a metà ottobre 1925: diversa solo per un ˂:˃ dopo ˂Widerspruch˃, è preceduta nel medesimo taccuino dalla prosa “Cimitière”, che ne costituisce dunque l’avantesto:

Y a-t-il d’arrière-goût de la vie dans ces tombes? Et les abeilles, trouvent-elles dans la bouche des fleurs un presque-mot qui se tait? O fleurs, prisonnières de nos instincts de bonheur, revenez-vous vers nous avec nos morts dans les veines? Comment échapper à notre emprise, fleurs? Comment ne pas être nos fleurs? Est-ce de tous ses pétales que la rose s’éloigne de nous? Veut-elle être rose-seule, rien-que-rose? Sommeil de personne sous tant de paupières?

Qui il messaggio è chiaro: la rosa vuol essere lasciata in pace, non coltivata, non colta, non coinvolta nel commercio dei segni (merce-simbolo-allegoria). Inevitabilmente però lo stesso contenuto, rifuso in un’epigrafe, si coniuga altrimenti: ora è il defunto che vuole stare in pace (reiner/Rainer), è il suo corpus poetico (Lidern/Liedern) che rifiuta l’emprise interpretativa, che vuole sottrarsi alla metempsicosi ermeneutica, alle mille vite del senso. E a partire dal Lied che esprime questo gran rifiuto, ossia dall’epigrafe stessa.
Quanto alla forma dell’epigrafe, essa richiama quella canonica dell’haiku. Poche settimane prima, da Parigi Rilke aveva recato un libro di Paul-Louis Couchoud, Sages et poètes d’Asie, uscito nel 1916 presso Calmann-Levy. Il cap. II, “Les épigrammes lyriques du Japon”, contiene appunto un florilegio di haiku: Rilke ne trascrive ventinove, e il 26 novembre li invia in dono a Sophy Giauque. Come gli acquarelli dell’amica, l’haiku esprime l’autarchia delle cose, il loro riposare su se stesse, il loro sottrarsi all’uso e all’usura: come le amate mele di Cézanne, come la rosa dell’epigrafe…
Resta invero una crepa, una brisure traverso cui l’haiku si apre ancora al mondo degli umani: secondo le parole di Couchoud riprese da Rilke, esso provoca “un bref étonnement fait cepandant pour arrêter longtemps celui qui le rencontre”. Ora, questo varrà a maggior ragione per l’epigrafe, la quale istituzionalmente è volta a colpire l’attenzione del passante imprimendosi nella sua memoria: la rosa vuol essere dimenticata, ma l’epigrafe vuol essere ricordata, vuole che la rosa sia ricordata.
Così dunque il tutto si presenta come “contraddizione pura”, come doppio legame che respinge e attrae, che invita a passar via e costringe a restare, che rifiuta gli usi e supplica una cura. Ma non è questo forse il paradosso di ogni dialogo coi morti? E non conterrà mai quel “sonno di nessuno” il sogno di una filo-logia?"



compenso di rilke

questo sia
ora il suo compenso

nessuno era sicuro
di cosa con ciò intendeva

rilke
piangeva

Ernst Jandl
 
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