Go daigo
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Poverine, che vita triste. "Non si diventa geishe per volontà, ma perché non abbiamo altra scelta". Come concetto, secondo me ha ragione Meri: si tratta di un particolare tipo di prostitute, anche se magari non sono costrette a farlo ogni sera con qualsiasi tipo di cliente; diciamo che il loro ruolo somigliava (somiglia? Ce ne saranno ancora da qualche parte?) a quello delle "moderne" escort. Donne il cui mestiere era quello di intrattenere uomini ricchi e potenti, donne che non potevano scegliere chi amare, perché il loro danna (amante), generalmente ricchissimo e molto più vecchio di loro, doveva essere "approvato" da chi gestiva l'okiya (la casa dove vivevano), che entrava, oltretutto, in possesso di tutti i soldi guadagnati dalla geisha. A lei non spettava alcuna scelta su come spenderli o su come gestire la propria vita, zeppa di impegni quotidiani mondani, feste, incontri, lezioni di danza etc.; non possedeva niente di suo né materialmente né, soprattutto, umanamente. Non le restava, di personale, nemmeno il nome di battesimo.
Eppure la storia affascina, ci si immedesima nell'acuta protagonista Chiyo/Sayuri, e si scopre con stupore che, in questo contesto, le geishe riuscivano comunque a mantenere una propria personalità. Il libro è leggero, scorrevole, ma affatto sciocco o superficiale. Il finale è, a mio parere, troppo romanzato, e certi altri elementi forse poco realistici, come la cattiveria esagerata ed esplicita di Hatsumomo (che tuttavia contribuisce notevolmente a rendere appassionante la storia). Tuttavia, secondo me l'autore possiede un'ottima capacità di immedesimazione ed esprime sentimenti di tutti o almeno di molti - attribuendoli a Sayuri - con semplicità ma in modo reale, toccante, nel senso che il lettore (o almeno, io) ci si ritrova perfettamente, ma pensa che non sarebbe mai riuscito a esprimerli così bene.
Mai paragonare una geisha ad una prostituta! Il libro è veramente fuorviante da questo punto di vista. Diciamo che l'autore da buon occidentale ha preferito esagerare con i toni inventando anche di sana pianta dei costumi inesistenti. Le geisha dovevano rimanere caste fino al mizu age ma la loro vita amorosa non era gestita dall' okiya. Ovviamente dovevano mantenere un certo contegno dato il ruolo artistico da loro ricoperto.