207° MG - Il libro dell'inquietudine di Fernando Pessoa

Marzati

Utente stonato
Minerva, noi aspettiamo i gli appunti promessici! Intanto io programmo il mio ritorno sul forum, sto riprendendo la lettura del libro dell' inquietudine. Anche se la scuola ancora mi sta impegnando molto.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
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Eccomi... inizio con qualche citazione

42.
Vivere una vita priva di passioni ma colta, nella serenità delle idee, leggendo, sognando, e pensando di scrivere; una vita sufficientemente lenta per rimanere sempre ai margini del tedio, sufficientemente meditata per non imbattersi mai in esso. Vivere questa vita lontano dalle emozioni e dai pensieri; viverla solo nel pensiero delle emozioni e nell’emozione dei pensieri. Crogiolarsi al sole, beatamente, come un lago oscuro circondato di fiori. Mantenere, nell’ombra, quella nobile fierezza dell’individualità che consiste nel non insistere per nulla con la vita.

44.
…nel triste disordine delle mie emozioni confuse…
Una tristezza da crepuscolo, fatta di spossatezze e di false rinunce, un tedio per qualcosa, un dolore come di un singhiozzo soffocato o di una verità ottenuta. Si snoda nella mia anima disattenta e abulica questo paesaggio di abdicazioni – viali di gesti abbandonati, aiuole alte di sogni neppure ben sognati, incoerenze, come muri di bossolo che separano cammini vuoti, supposizioni, come vecchie fontane senza zampillo vivo, tutto si ingarbuglia e appare povero nel triste disordine delle mie sensazioni confuse.

57. INTERVALLO DOLOROSO
Se mi domandate se sono felice, vi risponderei che non lo sono.
 

Marzati

Utente stonato
44
…nel triste disordine delle mie emozioni confuse…
Una tristezza da crepuscolo, fatta di spossatezze e di false rinunce, un tedio per qualcosa, un dolore come di un singhiozzo soffocato o di una verità ottenuta. Si snoda nella mia anima disattenta e abulica questo paesaggio di abdicazioni – viali di gesti abbandonati, aiuole alte di sogni neppure ben sognati, incoerenze, come muri di bossolo che separano cammini vuoti, supposizioni, come vecchie fontane senza zampillo vivo, tutto si ingarbuglia e appare povero nel triste disordine delle mie sensazioni confuse.

La totalità della disfatta sentimentale ed esistenziale di Pessoa, una bellissima descrizione delle incertezze che lo attanagliano e del consueto tedio del grigio vivere, della insipida quotidianità.
57. INTERVALLO DOLOROSO
Se mi domandate se sono felice, vi risponderei che non lo sono.

Tante volte fa dei giri di parole, e in altre ecco lì la verità, pura e semplice, elementare eppure inafferrabile e immutabile.
60.
Frammento significativo. C'é la vita nella sua incomprensibilità e, soprattutto, confusione. Il povero Pessoa è dilaniato dal dubbio, dall' oppressione di una vita sperduta nel vano e nell' effimero, triste collezione di attimi insignificanti, ammucchiati come resti in un ossario, dimenticati o destinati ad esserlo.
C'è un riferimento religioso, ma mi pare più che altro un laico modo per affermare il vuoto "areligioso" del suo sentire opprimente e dannato. Immaginate un' esistenza così dolorosa, così consapevole della propria futilità? Io che la sperimento da pochi mesi già non ne posso più.
Infine, mi viene da pensare che la suggestione e l'emotività poetica ci sian tutti, sono curioso di leggere le liriche di questo autore a mio avviso potentissimo a livello emotivo.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
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@ Marzati: hai postato 2 frammenti che avevo già messo io... sarà feeling pessoiano :wink: ?

Ecco altre parti che avevo segnato:
56.
Miei poveri compagni che fate sogni sublimi, come vi invidio e come vi disprezzo! Con me restano gli altri – i più poveri, quelli che non hanno altri, se non se stessi, cui raccontare i propri sogni e comporre, se li scrivessero, una specie di versi – i poveri diavoli senza altra letteratura al di fuori della propria anima, senza preoccuparsi della critica, che muoiono asfissiati per il fatto che esistono senza aver sostenuto quell’ignoto esame trascendente che abilita a vivere.
La parte sottolineata mi ha colpito particolarmente...io sono una di quelli che tale esame non l'ha sostenuto purtroppo. E se pure l'avessi sostenuto non l'avrei mai passato :mrgreen: :W.

65.
La stanchezza di tutte le illusioni e di tutto ciò che c’è nelle illusioni – la loro perdita, l’inutilità di averle, la prestanchezza di doverle avere per perderle, il rammarico di averle avute, la vergogna intellettuale di averle avute sapendo che avrebbero fatto tale fine.
Stupenda questa parte sulle illusioni e tutto ciò che ruota intorno a loro :ad:, ma mi raccomando, tu (Marzati :wink:) continua ad averle, sei ancora troppo giovane per abbandonarle completamente e per farti intrappolare (come è successo a me) nel vortice dell'inquietudine.
 

Marzati

Utente stonato
@ Marzati: hai postato 2 frammenti che avevo già messo io... sarà feeling pessoiano :wink: ?
A dir il vero ho visto che li avevi postati e ho pensato bene di commentarli, visto che non mi pareva d'averlo fatto :mrgreen
65.
La stanchezza di tutte le illusioni e di tutto ciò che c’è nelle illusioni – la loro perdita, l’inutilità di averle, la prestanchezza di doverle avere per perderle, il rammarico di averle avute, la vergogna intellettuale di averle avute sapendo che avrebbero fatto tale fine.
Stupenda questa parte sulle illusioni e tutto ciò che ruota intorno a loro :ad:, ma mi raccomando, tu (Marzati :wink:) continua ad averle, sei ancora troppo giovane per abbandonarle completamente e per farti intrappolare (come è successo a me) nel vortice dell'inquietudine.
Ops spoiler, questo non l' avevo letto :D
Hai ragione comunque: questo frammento è veramente fantastico. Come dici forse è presto per abbandonarle, ma temo si tratti piú che altro di riuscire nell' ardua impresa di coglierle fra quell' attimo in cui le si ha e quello in cui le si sono perse.
 

Marzati

Utente stonato
Colpito da due frammenti li ripropongo, anche per animare il 3d al quale (ed è un vero peccato!) ormai partecipiamo solo io e Minerva.
64. E’ un capolavoro di incomprensibilità, nel senso: che cavolo ha scritto? E’ un’analisi che parte da una sensazione di leggerezza, ma poi dilata tutto incredibilmente*, concentra fiumi di divagazioni in poche parole. Qualunque sia la cosa che egli ha realizzato realizzando Il libro dell’inquietudine, è una maestro nel farla. Il venir della notte mi sembra il ritorno, molto poetico, all’oscurità del proprio animo e della propria tristezza che viene descritta con dei versi che mi hanno colpito:
Sono liberato e perduto.
Sento. Smorzo la febbre. Sono io.

Il ritorno alla distruttrice libertà d’essere se stesso, nella profondità della sua malinconia sofferente.
Del 65 abbiamo commentato una parte. Qui riporto il commento di quella successiva che mi ha colpito.
La coscienza dell’incoscienza è la più vecchia imposta sull’intelligenza. Ci sono intelligenze incoscienti - brillii di spirito, correnti di pensiero, misteri e filosofie - che hanno lo stesso automatismo dei riflessi corporei, come la gestione che il fegato e i reni fanno delle loro secrezioni.
Tralasciando il faceto paragone che liquida velocemente le speculazioni umane, la prima frase riportata mi ha colpito molto. Che intende dire? Per me vuole parlare di un sapere secondario, effimero, che è un sapere non realmente ragionato, quasi istintuale nella sua incapacità di cogliere la sua elementarità e cecità dinanzi alla propria vanità speculativa. Ma mi rendo conto di aver complicato solo le cose, penso parli cioè di un sapere che si fonda su presupposti errati perché frutto di istinto e non di reale ragionamento, dovuti all’ incoscienza della vita umana. Il fatto è che Pessoa si è rinchiuso come un anacoreta nell’ eremo della propria mente, e per descrivere le sue sensazioni tende e porta all’estremo limite le parole, giocando molto sulla loro flessibilità e descrivendo sì difficili sfumature, ma anche lasciando grande spazio all’ incomprensione e, ovviamente, all’ errata interpretazione; e io temo di aver mal compreso e interpretato. Comunque la coscienza dell’ incoscienza è anche simbolo della sua capacità di elevarsi dal normale pensiero delle persone, nella sua disincantata disillusione della realtà.
*come suo solito
P.s come sempre sono pronto e, anzi, bramo smentite, commenti, critiche, etc...
 

Minerva6

Monkey *MOD*
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Caro Marzati, sei un grande :ad: !
Ho letto e apprezzato il tuo intervento ma per rispondere qualcosa di sensato devi pazientare, non ho lo stato d'animo adatto per riflettere troppo :W.

Bonadext è impegnato con me a leggere Bradbury e altri libri da solo, ma sono sicura che prima o poi riprenderà in mano anche questo :wink:.
 

bonadext

Ananke
Bonadext è impegnato con me a leggere Bradbury e altri libri da solo, ma sono sicura che prima o poi riprenderà in mano anche questo :wink:.

Mi dispiace ma ho deciso di abbandonarlo, troppo deprimente per me e 50 pagine mi sono bastate :boh:
 

Minerva6

Monkey *MOD*
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Rispetto la tua decisione, ma sappi che se cambierai idea ci troverai qui ancora per un bel po' di tempo :wink:.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
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68.
Credo che ciò che produce in me il profondo sentimento, in cui vivo, di incongruenza con gli altri, sia il fatto che la maggior parte della gente pensa con la sensibilità, mentre io sento con il pensiero. Per l’uomo comune, sentire è vivere e pensare è saper vivere. Per me, pensare è vivere e sentire non è che il nutrimento del pensare.
È curioso che, essendo scarsa la mia capacità di entusiasmo, essa venga naturalmente sollecitata di più da coloro che sono opposti a me nel temperamento che da quelli che appartengono alla mia specie spirituale.


85.
Dov’è Dio, anche se non esiste? Voglio pregare e piangere, pentirmi dei peccati che non ho commesso, assaporare il perdono come una carezza non propriamente materna.
Un grembo su cui piangere, ma un grembo enorme, informe, spazioso come una notte d’estate, tuttavia vicino, caldo, femminile, accanto ad un focolare… Poter piangere lì per cose impensabili, per chissà quali sbagli, tenerezze di cose inesistenti, e grandi dubbi rabbrividiti di chissà quale futuro…


86.
L’unico comportamento degno di un uomo superiore è la persistenza tenace di un’attività che si riconosce inutile, l’abitudine ad una disciplina sterile, l’uso fisso di norme del pensiero filosofico e metafisico che comprendiamo non essere di alcuna importanza.

90.
Vivo di impressioni che non mi appartengono, dissipatore di rinunce, altro nel mio modo di essere
 

Marzati

Utente stonato
Che tristezza, quanto tempo é passato dall' ultima lettura di questo capolavoro...
Devo riprendere, anche perché l'animo oramai è di nuovo quello giusto.
 

Marzati

Utente stonato
Ho gli appunti di 20 frammenti, e per non scrivere un monologo ho deciso di tagliare tante tante cose, tanti tanti dei pensieri di cui Pessoa ha voluto impregnare i suoi scritti.
Comunque ad emergere è sempre la frustrazione di questo essere sensibilissimo, che è escluso dalla vita di tutti:

Tra la vita e me c’è un vetro sottile. Per quanto io veda più nitidamente e comprenda la vita, non la posso toccare. (frammento 74)

E con quel “vedere più nitidamente” si capisce che Pessoa, come già scritto, si elevi e per questo si allontani dalla vita, proprio grazie a questa sua continua disperata e maledetta analisi che compie della realtà*:

All’improvviso sono solo al mondo. Lo vedo da un tetto spirituale. Sono solo al mondo. Vedere è essere distanti. Vedere nitidamente significa fermarsi. Analizzare è essere stranieri. La gente passa senza sfiorarmi. (frammento 80)

All’improvviso ho sentito per quell’uomo qualcosa di simile alla tenerezza. Ho sentito in lui la tenerezza che si prova per la comune normalità umana […] La sensazione è identica a quella che ci assale di fronte a qualcuno che dorme. […] (Noi tutti) dormiamo la vita, eterni bambini del Destino. Per questo, se penso con questa sensazione, sento una smisurata e intensa tenerezza per tutta l’umanità infantile. (frammento 67)

E il veder nitidamente lo porta alla nausea per questa vita insensata, istintuale e stupida, alla consapevolezza dell’essere fuori posto e all’infelicità:

C’era un’atmosfera minacciosa, di cielo vigliacco, come quella di un temporale non udibile, fatto solo d’aria. C’era stagnazione persino nel volo dei gabbiani; sembravano cose più leggere dell’aria, lasciate lì da qualcuno. Non c’era niente di soffocante. La sera scendeva in un’inquietudine nostra; l’aria rinfrescava ad intervalli. […] Quanti intrecci di anima e sensazioni, di pensieri con l’aria e con il fiume, per dire che la vita mi duole nell’olfatto e nella coscienza, per non saper dire, come nella frase semplice e ampia del Libro di Giobbe, «La mia anima è stanca della mia vita!».

*ed è qui molto calzante il frammento 68 pubblicato da Minerva
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Credo che gli intellettuali da sempre si considerino superiori (a livello speculativo, ovviamente) agli altri, e credo che effettivamente lo siano. Però ecco il prezzo di tale superiorità, l’insoddisfazione, l’insufficienza, il sentirsi braccati e soffocati. Secondo me Pessoa è consapevolezza del patto che è stato compiuto col diavolo (senza che potesse decidere) alla sua nascita: la sua sensibilità, la sua capacità per l’infelicità della vita. Gli sono state date le chiavi dell’esistenza, chiavi che ne aprono la porta, svelandone la crudele essenza, da qui ritengo nasca la forte sensazione di alterità rispetto a tutte le cose umane.
P.s cè un frammento bellissimo, che per ora tengo per me perché voglio leggerlo per bene, prima di condividerlo con voi, credo ci possa dare molto da scrivere; @Minerva: io sono arrivato all’81, sono un po’ in ritardo rispetto a te, non vorrei farmi aspettare, se vuoi continuare a leggere procedi pure!
 
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