Ho gli appunti di 20 frammenti, e per non scrivere un monologo ho deciso di tagliare tante tante cose, tanti tanti dei pensieri di cui Pessoa ha voluto impregnare i suoi scritti.
Comunque ad emergere è sempre la frustrazione di questo essere sensibilissimo, che è escluso dalla vita di tutti:
Tra la vita e me c’è un vetro sottile. Per quanto io veda più nitidamente e comprenda la vita, non la posso toccare. (frammento 74)
E con quel “vedere più nitidamente” si capisce che Pessoa, come già scritto, si elevi e per questo si allontani dalla vita, proprio grazie a questa sua continua disperata e maledetta analisi che compie della realtà*:
All’improvviso sono solo al mondo. Lo vedo da un tetto spirituale. Sono solo al mondo. Vedere è essere distanti. Vedere nitidamente significa fermarsi. Analizzare è essere stranieri. La gente passa senza sfiorarmi. (frammento 80)
All’improvviso ho sentito per quell’uomo qualcosa di simile alla tenerezza. Ho sentito in lui la tenerezza che si prova per la comune normalità umana […] La sensazione è identica a quella che ci assale di fronte a qualcuno che dorme. […] (Noi tutti) dormiamo la vita, eterni bambini del Destino. Per questo, se penso con questa sensazione, sento una smisurata e intensa tenerezza per tutta l’umanità infantile. (frammento 67)
E il veder nitidamente lo porta alla nausea per questa vita insensata, istintuale e stupida, alla consapevolezza dell’essere fuori posto e all’infelicità:
C’era un’atmosfera minacciosa, di cielo vigliacco, come quella di un temporale non udibile, fatto solo d’aria. C’era stagnazione persino nel volo dei gabbiani; sembravano cose più leggere dell’aria, lasciate lì da qualcuno. Non c’era niente di soffocante. La sera scendeva in un’inquietudine nostra; l’aria rinfrescava ad intervalli. […] Quanti intrecci di anima e sensazioni, di pensieri con l’aria e con il fiume, per dire che la vita mi duole nell’olfatto e nella coscienza, per non saper dire, come nella frase semplice e ampia del Libro di Giobbe, «La mia anima è stanca della mia vita!».
*ed è qui molto calzante il frammento 68 pubblicato da Minerva
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Credo che gli intellettuali da sempre si considerino superiori (a livello speculativo, ovviamente) agli altri, e credo che effettivamente lo siano. Però ecco il prezzo di tale superiorità, l’insoddisfazione, l’insufficienza, il sentirsi braccati e soffocati. Secondo me Pessoa è consapevolezza del patto che è stato compiuto col diavolo (senza che potesse decidere) alla sua nascita: la sua sensibilità, la sua capacità per l’infelicità della vita. Gli sono state date le chiavi dell’esistenza, chiavi che ne aprono la porta, svelandone la crudele essenza, da qui ritengo nasca la forte sensazione di alterità rispetto a tutte le cose umane.
P.s cè un frammento bellissimo, che per ora tengo per me perché voglio leggerlo per bene, prima di condividerlo con voi, credo ci possa dare molto da scrivere; @Minerva: io sono arrivato all’81, sono un po’ in ritardo rispetto a te, non vorrei farmi aspettare, se vuoi continuare a leggere procedi pure!