214° MG - Palomar di Italo Calvino

elisa

Motherator
Membro dello Staff
pagina 110

Lo so che ci sono i capitoletti ma proprio non mi riesce di metterli :)

Palomar diventa sempre più deciso tanto che nel "Del prendersela coi giovani" conclude così:

"Per questo non abbiamo niente da insegnare: su ciò che più somiglia alla nostra esperienza non possiamo influire; in ciò che porta la nostra impronta non sappiamo riconoscerci."
 

Spilla

Well-known member
Fino ai Viaggi di Palomar

I tre raccontini allo zoo mi sono scivolati via senza lasciare traccia, ma la visita al giardino di pietra è stata davvero intensa. Ancora una volta, mi ci sono ritrovata: sogni luoghi di spiritualità, contemplazione e silenzio e ti ritrovi in posti affollati da turisti avidi di sensazioni... sarà per questo che opto sempre per paesini montani dimenticati o studio gite in giornate in cui tutti lavorano (cioè, lo facevo...).
Anche nelle due opposte filosofie delle guide ai resti messicani sono entrambe facce dei miei pensieri. A volte, si avrebbe voglia, davanti a cose poco comprensibili, di pensare: " Non si sa cosa voglia dire". E invece ci si lancia in interpretazioni e analisi di ogni genere :boh:

Sono più o meno a pagina 90.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Invece a me uno dei racconti dello zoo è rimasto nel cuore... non indovinerete mai quale :mrgreen:.
Si tratta di quello del gorilla albino, di cui sono andata subito a cercare informazioni; è morto nel 2003 ed è ad oggi l'unico esemplare al mondo di gorilla bianco.
Tutti rigiriamo tra le mani un vecchio copertone vuoto mediante il quale vorremmo raggiungere il senso ultimo a cui le parole non giungono

La visita ai resti messicani ha colpito anche me.
Tentare d'indovinare è presunzione, tradimento di quel vero significato perduto
però a volte non è possibile tirarsi indietro e le congetture vengono fuori da sole oppure ci tuffiamo nella ricerca di presunte verità nascoste anche attraverso persone che non ne sanno più di noi ma si professano esperti.
Non si sa cosa significano, ma lo si vorrebbe tanto sapere.

Stasera leggerò di Palomar in società...
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Fino a 2.3.3

Finora mi era sembrato che Palomar facesse di queste osservazioni riguardo a ogni cosa, ovviamente non ogni secondo della sua vita, ma senza discriminare alcun oggetto o soggetto. Invece ora mi pare che siano certe cose in particolare a chiamarlo, mentre altre no, quasi permettendogli di dare voce alle sensazioni che già esistono dentro di lui.

Anche a me è paiciuto il racconto relativo al gorilla, e ancora penso e ripenso al mio copertone... ne avevo già intuito la forma a tratti, ma quell'ultima frase è come un fulmine nell'oscurità :ad:
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Io l'ho finito ieri sera, l'ultima parte l'ho davvero preferita, è molto riflessiva, come piace a me :wink:.
Ho preso degli appunti e segnato delle citazioni sul lettore, ma ora è al piano di sopra e sono troppo pigra per salire :mrgreen:, domani li posterò.
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
3.1.3

Questo racconto è meraviglioso... ah, se tutti potessimo vedere il mondo come fa Palomar con quel venditore sbadato (forse sbadato, o forse uno che sa bene quel che fa :mrgreen:).
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
pagina 120

mi manca solo l'ultima riflessione e mi dispiace di lasciare Palomar...uno di noi...
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
l'ho finito ieri sera, devo mettere in ordine i pensieri e poi commenterò :)
 

Spilla

Well-known member
Mi mancano gli ultimi quattro, penso di finire oggi.
Ho trovato un po' ostico quello sul rimanere in silenzio, mentre quello dei giovani... beh, è pura verità :boh:
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Finito.
Commento finale (spero vada bene :?): il libro è particolare nel formato e nel contenuto, e i racconti si fanno sempre più profondi. Il testo spinge a riflettere, dal mio punto di vista non tanto per farsi un'idea precisa su questo o quello, quanto per pensare, ragionare, a prescindere dal risultato. Infatti neanche Palomar in certi casi prende posizione, in uno dei racconti addirittura finisce per tornare al punto di partenza.
Mi è piaciuto perché spinge a pensare a prescindere dagli altri o dai risultati. Palomar è come un telescopio puntato verso le cose più comuni, cose che vediamo tutti i giorni ma ignoriamo perché abbiamo troppo da fare, o perché pensiamo non ci sia nulla da scoprire in loro.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
La parte finale l'ho adorata!

La parte sul restare in silenzio mi ha colpita molto. Sarà che a me è sempre piaciuto parlare, discutere e dire la mia, ma da qualche tempo a questa parte mi sto mordendo spesso, troppo, la lingua anche io come Palomar perché mi rendo conto che a volte è inutile discutere con gli altri se la pensano diversamente da te oppure se non sono interessati a quello che pensi. E rimpiango spesso anche di non aver detto qualcosa che avrei potuto dire al momento opportuno. La frase ad effetto mi arriva in mente troppo tardi quando ormai quasi non serve più :W.

Ogni volta che mi mordo la lingua devo pensare non solo a quel che sto per dire o non dire, ma a tutto ciò che se io dico o non dico sarà detto o non detto da me o dagli altri.
Quanto è vera questa frase che potrebbe sembrare contorta e quante volte penso anche io tutto ciò...

Sul rapporto tra vecchi e giovani ho segnato questa parte:
la soluzione di continuità tra le generazioni dipende dall'impossibilità di trasmettere l'esperienza, di far evitare agli altri gli errori già commessi da noi. La distanza tra due generazioni è data dagli elementi che esse hanno in comune e che obbligano alla ripetizione ciclica delle stesse esperienze, come nei comportamenti delle specie animali trasmessi come eredità biologica; mentre invece gli elementi di diversità tra noi e loro sono il risultato dei cambiamenti irreversibili che ogni epoca porta con sé, cioè dipendono dalla eredità storica che noi abbiamo trasmesso a loro, la vera eredità di cui siamo responsabili, anche se talora inconsapevoli. Per questo non abbiamo niente da insegnare: su ciò che più somiglia alla nostra esperienza non possiamo influire; in ciò che porta la nostra impronta non sappiamo riconoscerci.

Il non lasciarsi sfuggire i richiami che gli arrivano dalle cose e nell'attribuire all'operazione dell'osservare l'importanza che essa merita mi hanno fatto pensare al mio adorato Pessoa con il suo Il libro dell'inquietudine. Ci sono diverse similitudini.

Nel capitolo L'universo come specchio mi ci sono ritrovata per l'invidia verso le persone che hanno il dono di trovare sempre la cosa giusta da dire, il modo giusto di rivolgersi a ciascuno, che sono a loro agio con chiunque si trovino e che mettono gli altri a loro agio, che muovendosi con leggerezza tra la gente capiscono subito quando devono difendersene e prendere le loro distanze e quando guadagnarsi la simpatia e la confidenza, che danno il meglio si sé nel rapporto con gli altri e invogliano gli altri a dare il loro meglio, che sanno subito quale conto fare d'una persona in rapporto a sé e in assoluto.
Ma tutto ciò, pensa Palomar, è concesso solo a chi vive in armonia col mondo, quindi io posso scordarmelo :mrgreen: :W.
Anche io spesso mi impelago in malintesi, vacillazioni, compromessi, atti mancati e risulto maldestra e stonata.
Concordo poi sul fatto che la conoscenza degli altri passa per forza attraverso la conoscenza, la comprensione e la padronanza di se stessi, e ciò manca ad entrambi. Non c'è pace per le persone come noi. Se all'inizio avevo sentito lontano il signor Palomar nell'ultima parte (quella delle riflessioni) mi ci sono sentita parecchio affine e ho imparato a volergli bene.

L'insofferenza per i propri sbagli e per quelli degli altri si perpetuerà insieme agli sbagli stessi che non verranno cancellati neppure dalla morte, quindi tanto vale farci l'abitudine (ma quanto è duro da mettere in pratica).
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Se si guarda troppo attentamente, con cura e profondità, per paradosso ci si estranea dalla realtà, dalla frenesia, dalla superficialità, si diventa sempre più consapevoli ma anche più isolati. Questo è il destino di Palomar, la sua sensibilità verso tutto ciò che lo circonda, il suo voler conoscere e capire, il suo sguardo curioso e riflessivo, la sua sincerità ed essenzialità lo portano ad un finale in cui è costretto a imparare a vivere come se fosse morto.
 

Spilla

Well-known member
Io arrivo, eh! Sto ancora imparando ad essere morta :mrgreen:
Comunque condivido ciò che dice Minerva, le riflessioni sull'armonia con il mondo sono bellissime, e credo che molti ci si possano rispecchiare.
Quanto all'invidia per chi è in armonia con sé stesso e con il mondo... beh, non è che io ne veda tante, di queste persone, in giro. :boh:
Anzi, più invecchio, più scopro l'opposto :?
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Io arrivo, eh! Sto ancora imparando ad essere morta :mrgreen:
Comunque condivido ciò che dice Minerva, le riflessioni sull'armonia con il mondo sono bellissime, e credo che molti ci si possano rispecchiare.
Quanto all'invidia per chi è in armonia con sé stesso e con il mondo... beh, non è che io ne veda tante, di queste persone, in giro. :boh:
Anzi, più invecchio, più scopro l'opposto :?

Hai ragione, ma a volte basta crederci, nel senso che spesso le persone sono convinte di essere in armonia e anche se non lo sono davvero sanno stare bene con se stesse e con gli altri. Io le invidio, purtroppo, e vorrei essere capace pure io di crederci, vivendo con più leggerezza, ma non ne sono capace :boh:.
Mi tocca aspettare la prossima vita (sto cercando di credere almeno in questa - forse assurda- possibilità come consolazione :wink:).
 

Spilla

Well-known member
Eccomi per il commento finale.
In Palomar ho ritrovato il Calvino degli ultimi libri suoi che ho letto, ossia Marcovaldo, Se una notte d'inverno un viaggiatore e Le cosmicomiche. C'è il gusto un po' poetico delle piccole cose che caratterizza il primo, l'incredibile capacita di usare il linguaggio per costruire e smontare del secondo, l' attenzione scientifica che poi diventa invenzione del terzo.
Però mancano la magia, il romantico, la fanatsmagoria che là c'erano.
Ci ho visto di più lui, Calvino. Un Calvino invecchiato, parecchio disilluso (dalle persone ma forse anche dalla letteratura stessa), attento a guardarsi dentro, pur partendo sempre da oggetti esterni.
Un uomo che sembra non sapere piu cosa attendere, cosa sperare, e che trova, però, ancora la voglia di osservare il mondo, questo ricchissimo forziere di piccole cose da esaminare da vicino, pur sapendo che l'indagine alla fine non porterà a nulla.
È un libro magistrale, bellissimo, in cui tutti, penso, possono trovare qualcosa di sé. Ma è anche un libro amaro, quasi un commiato al mondo.
 
Alto