LXXXVIII GdL - La banalità del male di Hannah Arendt

elisa

Motherator
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Siete pronti? domani inizia la scuo...ops...la lettura :D
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
C’è un po’ di spoiler, ma direi che è generico.

Hanna Arendt subì le persecuzioni e le ingiustizie naziste, anche per questo la sua voce è più che mai autorevole.

Nacque tedesca, ma venne privata della cittadinanza in quanto di origine ebraiche. Fece anche qualche anno di carcere e dovette fuggire dal proprio paese per non finire nelle camere a gas.

Non dimentichiamo, poi, che diede alla filosofia un grande contributo, anche se preferì rimanere sempre all’ombra dei grandi. Studiò le opere di Sant’Agostino e perfezionò alcune teorie, niente di meno, di Kant in persona.

In questo scritto fa una cosa molto semplice; analizza il processo Eichmann, sia dal punto di vista filosofico che da quello giurisprudenziale. In quest’ultimo caso fu, non c'è dubbio, una farsa vera e propria e ogni principio cardine del rapporto tra magistrato e imputato venne calpestato. Il che non significa che Eichmann non fosse colpevole.

Ed è vero che il processo fu uno spettacolo andato in onda a uso e consumo del nascente popolo ebraico, che doveva farsi promotore della verità e della giustizia e porta bandiera, primo tra tutti, dell’anti nazismo.

Dal punto di vista filosofico, invece, la Ardendt è troppo semplicistica; siccome Eichmann era un mezzo analfabeta, privo di qualsiasi senso critico, aderì al nazismo come avrebbe potuto fare con qualsiasi altro partito politico. Salì su un carro, un carro qualsiasi e che fosse quello del male non poteva saperlo.

Cerca anche, come vedrete, di far credere che, in fondo in fondo, Eichmann non avesse poi tutte quelle responsabilità per cui i magistrati lo condannarono a morte.
Teorie che gli studi storici hanno poi smontato, senza nemmeno troppa fatica.
 
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estersable88

dreamer member
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C’è un po’ di spoiler, ma direi che è generico.

Hanna Arendt subì le persecuzioni e le ingiustizie naziste, anche per questo la sua voce è più che mai autorevole.

Nacque tedesca, ma venne privata della cittadinanza in quanto di origine ebraiche. Fece anche qualche anno di carcere e dovette fuggire dal proprio paese per non finire nelle camere a gas.

Non dimentichiamo, poi, che diede alla filosofia un grande contributo, anche se preferì rimanere sempre nell’ombra dei grandi. Studiò le opere di Sant’Agostino e perfezionò alcune teorie, niente di meno, di Kant in persona.

In questo scritto fa una cosa molto semplice; analizza il processo Eichmann, sia dal punto di vista filosofico che da quello giurisprudenziale. In quest’ultimo caso fu, non c'è dubbio, una farsa vera e propria e ogni principio cardine del rapporto tra magistrato e imputato venne calpestato. Il che non significa che Eichmann non fosse colpevole.

Ed è vero che il processo fu uno spettacolo andato in onda a uso e consumo del nascente popolo ebraico, che doveva farsi promotore della verità e della giustizia e porta bandiera, primo tra tutti, dell’anti nazismo.

Dal punto di vista filosofico, invece, la Ardendt è troppo semplicistica; siccome Eichmann era un mezzo analfabeta, privo di qualsiasi senso critico, aderì al nazismo come avrebbe potuto fare con qualsiasi altro partito politico. Salì su un carro, un carro qualsiasi e che fosse quello del male non poteva saperlo.

Cerca anche, come vedrete, di far credere che, in fondo in fondo, Eichmann non avesse poi tutte quelle responsabilità per cui i magistrati lo condannarono a morte.
Teorie che gli studi storici hanno poi smontato, senza nemmeno troppa fatica.

Grazie per la tua bella analisi! Beh, ho cominciato la lettura, ho letto i primi due capitoli e direi che non hai spoilerato: si capisce già quale sarà l'impostazione dell'opera.
Per ora l'ho trovata sicuramente impegnativa, ma non ostica. Vedremo in seguito. In questi due capitoli si analizza l'atteggiamento e la composizione della Corte e, in parte, la figura di Eichmann e le sue origini.
 

elisa

Motherator
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pagina 26

La Arendt non ha certo peli sulla lingua, quello che deve dire lo dice, politicamente corretto o scorretto che sia. Mi piace il suo modo lucido e lineare di raccontare i fatti. Ci sono diverse cose che non sapevo e che a saperle fanno vedere le cose in modo diverso. L'atteggiamento dei paesi arabi ad esempio rispetto alla persecuzione ebraica e all'accoglienza di criminali nazisti. L'indignazione da parte ebraica del divieto di matrimoni misti, cosa che nella religione ebraica stessa è prescritta. L'acquiescenza della Germani nei confronti degli ex nazisti ancora nell'apparato statale negli anni successivi. E così via.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
A proposito della Arendt non voglio parlare di antisemitismo.

Perché, immancabilmente, quando qualcuno critica il mondo ebraico, viene additato come tale. In realtà il popolo ebraico si può, si deve criticare, così come si può criticare qualsiasi "sistema" circoli sul pianeta Terra. Ebbene, non voglio dire che la Arendt fu anti semita. In primis perché tacciando tutti coloro che osano sollevare obiezioni contro gli ebrei di antisemitismo, si fa male proprio al popolo ebraico. Il nazismo non è riuscito a sterminare gli ebrei e la loro più grande soddisfazione, oggi, deve essere quella di essere trattati come qualsiasi altro popolo della terra. Si possono criticare musulmani, cristiani, italiani e francesi. Perché appartenere a paesi, religioni o culture diverse, significa, per l’appunto, avere delle caratteristiche assolutamente peculiari. Dunque criticabili o elogiabili. Non confondiamo le critiche con il razzismo.

Insomma, il mondo è bello perché è vario, e tutto può essere criticato o lodato, proprio l'esatto contrario di ciò che volevano i capi nazisti, i quali desideravano un mondo "perfetto", eliminando tutto ciò che ai loro occhi risultava fuori posto.

Fatto questo preambolo, dirò che proprio all’interno del mondo ebraico si trovano i maggiori critici di Israele . Perché ebrei si nasce, non si diventa, e dunque chi vi è nato potrebbe anche non essere contento della proprio sorte. Si pensi a Noam Chomsky.

La Arendt faceva parte di quella schiera. Ebraica di nascita, ma non di idee, aveva una visione di quel popolo molto distante dalla realtà. Ci sono molte cose vere in questo libro, primo tra tutti, ad esempio, il fatto che gli ebrei non possono sposarsi con altri individui, fatti salvi casi eccezionali. Anche se questa è legge rabbinica, non dello stato, e qualche differenza, questa cosa la fa.

Ma troverete anche molte cose storpiate o addirittura del tutto inventate. Come quando dirà che l’antisemitismo, in realtà vecchio “come il mondo”, nacque solo nel XIX secolo. Sarebbe sufficiente ricordare “Il mercante di Venezia” per convincersi del contrario. E già all’epoca di Shakespeare l’antisemitismo aveva i capelli bianchi. Date un'occhiata, ad esempio, all’enciclica Cum nimis absurdum (“Siccome oltremodo assurdo”) di Paolo IV e crederete di trovarvi di fronte a un discorso trascritto di Hitler.

Insomma; questo rifiuto della cultura ebraica portò la Arendt a cavalcare l’onda dell’ovvia assurdità del far giudicare l’assassino dai carnefici, per quasi negare le atrocità commesse, ordinate e volute con tutto il cuore da uno dei più spietati aguzzini che avesse a disposizione Hitler.

Sostenere che Eichmann fosse una povera marionetta nelle mani dei potenti è quanto meno assurdo. Storicamente parlando. E anche qualora così fosse i crimini sono talmente bestiali che non potrebbero trovare giustificazione alcuna, tanto meno nel fatto che "il capo così voleva". Eichmann diede ordine di seppellire con la calce viva centinaia di persone, tra le quali alcune ancora vive. Tanto per fare uno tra i mille esempi di un fanatico torturatore.

Fu segretario alla tristemente famosa conferenza di Wannsea, in cui i gerarchi nazisti decisero di eliminare il problema ebraico alla radice. Per cui trascrisse ogni singola parola del programma.

Nel libro si sostiene l’ignoranza del povero Eichmann con molte tesi quanto meno assurde. Durante il processo tentò di farsi passare come persona "non in grado di intendere e di volere", come ogni avvocato consiglia ai propri clienti che non hanno scampo alcuno. Ma la Arendt sostiene che la sua non fosse una sceneggiata, era proprio completamente rimbambito. Tanto che al solo sentire la parola "Himmler" e "carriera", gli si accendevano meccanismi in testa del tutto inconsci e doveva dire delle cose che il suo cervello gli ordinava di dire. Un po' come l'attore del dottor Stranamore che ogni tanto tendeva la mano contro la proprio volontà. Come i cani quando vedono l'osso, non possono esimersi dallo sbavare. Non sapeva nemmeno di essere entrato a far parte delle SS, ci dice la Arendt. Nemmeno sapeva che fine facessero le migliaia di donne, uomini e bambini deportati chissà dove. Anzi, Eichmann, durante il processo (che fu processo-farsa) disse che si era attivato per fare in modo che gli ebrei passassero giorni sereni. E la Arendt gli diede corda con tutta una serie di induzioni filosofiche e pseudo storiche, alcune delle quali ridicole e paradossali.

Il libro della Arendt, secondo il mio punto di vista, è molto interessante, a patto di non farsi troppo coinvolgere dalle sue teorie sull’ "inconsapevole-ingranaggio-Himmler", del tutto prive di fondamento e offensive nei confronti di coloro che sono morti per mano sua e di altri criminali come lui.
 
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elisa

Motherator
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finito il capitolo secondo

Eichmann era un ragazzo mediocre sin da adolescente, scarso a scuola, poco ambizioso sul lavoro, non brillante. Vive tutto Non ce l'ha neanche con gli ebrei, ha pure amici e parenti alla lontana, per lui sembra una cosa di ordinaria amministrazione, gli piace fare le cose burocraticamente bene.
 

estersable88

dreamer member
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Eichmann era un ragazzo mediocre sin da adolescente, scarso a scuola, poco ambizioso sul lavoro, non brillante. Vive tutto Non ce l'ha neanche con gli ebrei, ha pure amici e parenti alla lontana, per lui sembra una cosa di ordinaria amministrazione, gli piace fare le cose burocraticamente bene.

Non solo! E' un millantatore, gonfio di titoli per i quali non ha le competenze, è un mentitore seriale, si fa passare per un semi-ignorante, parla per clichés che fabbrica lui stesso e ricorda solo quello che gli conviene. E' il classico tipo che non sapeva. Anzi, a dirittura lui si era attivato per far uscire gli ebrei dal Paese e dargli un po' di terra sotto i piedi!
Ma per favore! E' decisamente una posizione troppo comoda!
 
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velvet

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Appena iniziato, sto leggendo il primo capitolo.

Ecco un'immagine dell'aula, ben descritta dall'autrice

adolfeichmanntrial.jpg
 

darida

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Sono un po' in ritardo inizio la lettura stasera, prima ho voluto finire Io uccido di Faletti...sarà un passaggio brusco :wink:
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
La Arendt storica.

Il libro della Arendt non è revisionista, men che meno nel senso peggiorativo che diamo solitamente al termine.

Il grande merito, suo e del processo in generale, fu prevalentemente di tipo storico. Centoundici furono i testimoni del processo che, per la prima volta, portarono parole dirette di ciò che fu, non solo l’Olocausto, ma il nazionalsocialismo in generale. Il processo di Norimberga, fatto a caldo, fu invece basato esclusivamente su prove documentali.

Anche a Gerusalemme furono tante, tantissime le pagine di documenti portati sul banco da parte della difesa e dell'accusa. Ma per la prima volta le vittime parlarono. Fu un grande show, il primo mediatico, per dirla con termini moderni. Israele volle sbattere il mostro in prima pagina per dare una verniciata di credibilità al proprio stato, fondato esclusivamente su caratteri religiosi. Nessuno aveva mai osato tanto, nemmeno Saladino, per cui, preventivando critiche che di certo sarebbero arrivate (e giustamente arrivarono), utilizzarono il processo per costruire attorno al proprio stato quel carattere di necessaria unione contro il globale antisemitismo, bene esemplificato da quel criminale che fu Eichmann.

Un processo per nulla giusto, nel senso termine del tecnico, che servì, politicamente, a Israele.

In realtà il nazionalsocialismo è stato tante cose. E se vogliamo leggere la storia, senza farci abbagliare da false propagande, dobbiamo analizzare il periodo storico per quello che è stato.
Di certo quasi nessuno, della popolazione tedesca, “sapeva”. Tutti sapevano di questi campi, la maggior parte delle persone pensava, però, che fossero normali campi di prigionia. Forse un po’ duri, ma niente di terribile, soprattutto in periodo di guerra e soprattutto nei confronti di ebrei, comunisti, zingari e omosessuali. Ricordiamoci che gli omosessuali sono stati incarcerati e perseguiti ovunque nel mondo e fino a pochi anni fa. In molti stati americani, fino al 2003, c'era la galera.

La propaganda nazista fu abilissima nel prendere i comuni "vizi" del tempo e fu abilissima nell'esacerbarli. O noi o loro, si disse, in una martellante sequenza di slogan, tanto semplici da capire quanto superficiali. Prima dell’avvento del nazionalsocialismo, gli ebrei avevano in mano buona parte della morente economia tedesca. E il lavoro se lo tenevano ben stretto, uniti com’erano da quel sentimento di superiorità morale e intellettuale che da sempre li caratterizza. L’ebreo ricco non è leggenda, e loro stessi vennero, in passato, addirittura chiamati in varie zone d’Europa perché portatori di denaro fresco. Gli ebrei e i colonialisti del XV secolo hanno inventato il razzismo. Il nazismo lo ha solo "perfezionato".

Quando arrivò Hitler,ridiede impulso alla Germania, da ogni punto di vista. L’economia, di tipo militare, riprese a correre e il suo isolazionismo venne salutato da più parti come una ripresa di quell'orgoglio germanico di stampo imperiale. La Germania era portatrice di "valori assoluti", quasi per volere divino. Stessa cosa che andavano dicendo gli ebrei da secoli, con la famosa storia del “popolo eletto”.

Insomma, il sub strato di odio c’era e aveva fondamenti. Gobbels e Hitler, abilissimi nel capire il loro tempo, cavalcarono l’onda anti semita e la alimentarono senza riserve.

Il popolo tedesco era ben contento di sapere che il nuovo governo stesse lavorando per l’espulsione o l’emarginazione dei capitalisti-bolscevichi-ebrei, uniti da etichette che mettevano insieme categorie diverse e a volte addirittura agli antipodi. I russi furono i primi, nel XX secolo, a massacrare gli ebrei. Ma ciò che veniva detto circa i famosi "campi" sembravano, ai più, lontane leggende raccontate proprio dallo stesso popolo ebraico.

Quando gli americani liberarono il campo di Dachau, obbligarono tutta la popolazione vicina a fare un sopralluogo all’interno di quel territorio. Il museo di Dachau raccoglie foto di persone disperate che vengono costrette a guardare le, oggi tristemente famose, pile di uomini scheletrici morti. Nessuno, a Dachau, sapeva. Figuriamoci nel resto della Germania, dove, ricordiamoci, non esistevano campi di sterminio. Lo sterminio avveniva lontano dagli occhi e fu eseguito da poche migliaia di fanatici che ogni regime troverà, sempre, a propria disposizione. Qualsiasi cosa vada dicendo il regime stesso.

Il nazismo non lavorò da subito all’eliminazione fisica del nemico. La conferenza di Wanseea è del 1942. Prima di allora si pensò alla deportazione in vari luoghi del pianeta, e il nazismo fu veramente e per davvero, propugnatore del sionismo. Molti volevano e proposero un'israele.

Eichmann davvero lavorò a progetti alternativi. Il fatto da tenere a mente è, però, che tutto il nazismo era concentrato nel capire come risolvere il “problema” ebraico, attraverso deportazioni più o meno forzate o attraverso soluzioni legali o chimiche (proibizioni di matrimoni o castrazioni). E, certo, il potere gerarchico del Reich parlò con gli ebrei, ben consci che non era più il caso di starsene in Germania. Eichmann non era una specie di eroe che cercava di salvare gli ebrei dalla "soluzione finale". Eichmann fu un piccolo uomo, nemmeno così stupido, che legò l'asino dove voleva il padrone momento dopo momento. Ben sapendo, ovviamente, che il padrone era qualcosa di orrendo.

Il merito della Arendt sta nel fatto di raccontare il nazismo per ciò che è stato, fin dalle origini, anche se non è un libro di storia. Ha dei grandi limiti, delle inesattezze e alcune cose sono addirittura del tutto false.
Ma leggerlo, dal punto di vista storico, fa senz’altro bene, a patto di non prenderlo come la Bibbia di ciò che fu il nazionalsocialismo.

Tutt'altra storia è la filosofia del libro. La famosa "banalità" del male. Da quel punto di vista non l'ho mai perfettamente capito, a parte l'esemplificazione concettuale che tutti siamo pronti a fare del male al prossimo per cieca obbedienza di chi è più forte. un concetto, esso sì, molto banale e che non risolve nulla né di ciò che fu il nazismo, né degli atti ignobili di Eichmann.
 
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francesca

Well-known member
Io sono quasi alla fine, ma approfitto di riuscire a scrivere solo ora per ripercorrere la lettura che ho fatto veramente tutta di un fiato, nei lunghi viaggi in aereo. Partendo dai primi capitoli in cui la Arendt descrive la situazione in Israele e in Germania al tempo del processo e ci dà un'idea del periodo storico.
Questa contestualizzazione mi ha fatto molto riflettere.
Mi sembra di conoscere abbastanza bene tutto il periodo della II Guerra Mondiale, le condizioni politiche e sociali che portarono all'avvento del fascismo e del nazismo e delle altre forma di nazionalismo, come nacque e si sviluppò l'idea della soluzione finale.
Ma non avevo mai pensato a quella che poteva essere la situazione negli anni sessanta, cioè passate ormai le urgenze immediate del dopo guerra, quando i vari stati, leccate e “laccate” le ferite, iniziano a prendere consapevolezza di quello che veramente è stata questa guerra.
Non avevo mai pensato per esempio che come in Italia improvvisamente non si trovasse più un fascista, in Germania non si trovasse più un nazista, salvo poi avere ex-fascisti e ex-nazisti ovunque nell’amministrazione pubblica. D’altra parte come viene detto nel libro, lo stesso Hitler aveva dovuto digerire ai più bassi livelli di amministrazione anche persone che non considerava proprio fidate.
Interessante è anche l’analisi della situazione di Israele, di come questo processo fosse visto come un momento di riscatto molto più che quello di Norimberga, perché in questo caso era proprio il popolo ebraico che si ergeva a giudice.
Ma già dai primi capitoli si capisce che la Arendt non farà sconti, sottolinea in modo preciso e a volte anche eccessivo e pretestuoso le contraddizioni della cultura ebraica e in particolare di quella sionista.

Come già ha avuto modo di dire Zingaro, anch’io trovo che il profilo che l’autrice traccia di Eichmann sia veramente troppo semplificato, e che il suo modo di giudicare gli atteggiamenti, le parole, gli scritti dell’imputato siano tutti convogliati alla dimostrazione della sua tesi, che si può riassumere usando le parole del titolo, cioè che il male non è demoniaco o grandioso, ma banale e mediocre.
Ma veramente questo Eichmann burattino, misero burocrate, a cui vanno tutte male, che si iscrive alle SS per caso, contrasta con le richieste insite nel suo ruolo di organizzatore delle deportazioni, spedito in tutta Europa dai suoi superiori a fare ispezioni, che tratta con i consigli ebraici e con i vari capi di stato per fare in modo che i treni non partissero troppo vuoti e le vittime non fossero mandate a casaccio in campi che non potevano smaltirle. Se si pensa a come ha funzionato con precisione tedesca tutta la macchina di deportazione anche mentre l’esercito tedesco era ormai alla disfatta, quando tutte le infrastrutture in Europa erano al collasso, se si pensa a quali richieste logistiche ci fossero dietro la deportazione e lo sterminio di milione di persone, non si può credere che le persone preposte alla sua organizzazione fossero poveri cretini, che facevano le cose solo perché non avrebbero saputo fare altro e per cieca obbedienza.

Francesca
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Io sono quasi alla fine, ma approfitto di riuscire a scrivere solo ora per ripercorrere la lettura che ho fatto veramente tutta di un fiato, nei lunghi viaggi in aereo. Partendo dai primi capitoli in cui la Arendt descrive la situazione in Israele e in Germania al tempo del processo e ci dà un'idea del periodo storico.
Questa contestualizzazione mi ha fatto molto riflettere.
Mi sembra di conoscere abbastanza bene tutto il periodo della II Guerra Mondiale, le condizioni politiche e sociali che portarono all'avvento del fascismo e del nazismo e delle altre forma di nazionalismo, come nacque e si sviluppò l'idea della soluzione finale.
Ma non avevo mai pensato a quella che poteva essere la situazione negli anni sessanta, cioè passate ormai le urgenze immediate del dopo guerra, quando i vari stati, leccate e “laccate” le ferite, iniziano a prendere consapevolezza di quello che veramente è stata questa guerra.
Non avevo mai pensato per esempio che come in Italia improvvisamente non si trovasse più un fascista, in Germania non si trovasse più un nazista, salvo poi avere ex-fascisti e ex-nazisti ovunque nell’amministrazione pubblica. D’altra parte come viene detto nel libro, lo stesso Hitler aveva dovuto digerire ai più bassi livelli di amministrazione anche persone che non considerava proprio fidate.
Interessante è anche l’analisi della situazione di Israele, di come questo processo fosse visto come un momento di riscatto molto più che quello di Norimberga, perché in questo caso era proprio il popolo ebraico che si ergeva a giudice.
Ma già dai primi capitoli si capisce che la Arendt non farà sconti, sottolinea in modo preciso e a volte anche eccessivo e pretestuoso le contraddizioni della cultura ebraica e in particolare di quella sionista.

Come già ha avuto modo di dire Zingaro, anch’io trovo che il profilo che l’autrice traccia di Eichmann sia veramente troppo semplificato, e che il suo modo di giudicare gli atteggiamenti, le parole, gli scritti dell’imputato siano tutti convogliati alla dimostrazione della sua tesi, che si può riassumere usando le parole del titolo, cioè che il male non è demoniaco o grandioso, ma banale e mediocre.
Ma veramente questo Eichmann burattino, misero burocrate, a cui vanno tutte male, che si iscrive alle SS per caso, contrasta con le richieste insite nel suo ruolo di organizzatore delle deportazioni, spedito in tutta Europa dai suoi superiori a fare ispezioni, che tratta con i consigli ebraici e con i vari capi di stato per fare in modo che i treni non partissero troppo vuoti e le vittime non fossero mandate a casaccio in campi che non potevano smaltirle. Se si pensa a come ha funzionato con precisione tedesca tutta la macchina di deportazione anche mentre l’esercito tedesco era ormai alla disfatta, quando tutte le infrastrutture in Europa erano al collasso, se si pensa a quali richieste logistiche ci fossero dietro la deportazione e lo sterminio di milione di persone, non si può credere che le persone preposte alla sua organizzazione fossero poveri cretini, che facevano le cose solo perché non avrebbero saputo fare altro e per cieca obbedienza.

Francesca

Bellissima recensione!

Aggiungo al tuo finale che, pur ammettendo che Eichmann fosse stupido, non poteva esserlo così tanto da non sapere nemmeno cosa stesse facendo. Se hai la pazienza di guardare il video che ho linkato, vedrai che Eichmann, ad un certo punto, dirà che non sapeva nemmeno dove finissero le centinaia di migliaia di persone che lui deportava. Quando qualcuno gli dice "Auschwitz", lui si guarda in giro come a non capire. Farsesco fu il processo e farsesco fu Eichmann, che tentò di salvarsi senza avere il supporto di un vero avvocato. Un vero avvocato, credo, gli avrebbe detto qualcosa del tipo "fai lo scemo, ma mi raccomando, non esagerare". Invece Eichmann esagerò, probabilmente perché l'avvocatura non era il suo mestiere e, in soldoni, non sapeva che pesci pigliare. Decise di giocarsi il tutto e per tutto, tentando di farsi passare da mentecatto assoluto.

Parlando degli atti e della psicologia di Eichmann trattati nel saggio, mi sembra più attendibile la prima parte, in cui si dice che non da subito lavorò alla soluzione finale. La Arendt si dimentica di precisare che fu l'intero nazismo a non lavorarci fin da subito tentando vie comunque deprecabili.

Eichmann non fu mai una mosca bianca.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
pagina 86

Sembra quasi che si arrivi alla soluzione finale perché le altre soluzioni non erano realizzabili. Sembra che dicano: "ce l'abbiamo messa tutta ma non potevamo fare diversamente". Aberrante.
 

velvet

Well-known member
Capitolo I

La Arendt inquadra il periodo storico, sottolineando come avete già detto tutte le contraddizioni della questione, sia da parte ebraica che da parte tedesca, non risparmia Ben Gurion ma neanche Adenauer.
Un'affermazione sicuramente provocatoria che mi ha colpito molto è quella relativa ai matrimoni misti, proibiti dalla legge rabbinica, quando la Arendt osserva che:
fu certamente un po' sconcertante l'ingenuità con cui il Pubblico ministero denunziò le infami leggi di Norimberga del 1935 che avevano proibito i matrimoni misti e i rapporti sessuali tra ebrei e tedeschi.
 

velvet

Well-known member
Capitolo 2

Come già ha avuto modo di dire Zingaro, anch’io trovo che il profilo che l’autrice traccia di Eichmann sia veramente troppo semplificato, e che il suo modo di giudicare gli atteggiamenti, le parole, gli scritti dell’imputato siano tutti convogliati alla dimostrazione della sua tesi, che si può riassumere usando le parole del titolo, cioè che il male non è demoniaco o grandioso, ma banale e mediocre.
Ma veramente questo Eichmann burattino, misero burocrate, a cui vanno tutte male, che si iscrive alle SS per caso, contrasta con le richieste insite nel suo ruolo di organizzatore delle deportazioni, spedito in tutta Europa dai suoi superiori a fare ispezioni, che tratta con i consigli ebraici e con i vari capi di stato per fare in modo che i treni non partissero troppo vuoti e le vittime non fossero mandate a casaccio in campi che non potevano smaltirle. Se si pensa a come ha funzionato con precisione tedesca tutta la macchina di deportazione anche mentre l’esercito tedesco era ormai alla disfatta, quando tutte le infrastrutture in Europa erano al collasso, se si pensa a quali richieste logistiche ci fossero dietro la deportazione e lo sterminio di milione di persone, non si può credere che le persone preposte alla sua organizzazione fossero poveri cretini, che facevano le cose solo perché non avrebbero saputo fare altro e per cieca obbedienza.

Aggiungo al tuo finale che, pur ammettendo che Eichmann fosse stupido, non poteva esserlo così tanto da non sapere nemmeno cosa stesse facendo. Se hai la pazienza di guardare il video che ho linkato, vedrai che Eichmann, ad un certo punto, dirà che non sapeva nemmeno dove finissero le centinaia di migliaia di persone che lui deportava. Quando qualcuno gli dice "Auschwitz", lui si guarda in giro come a non capire. Farsesco fu il processo e farsesco fu Eichmann, che tentò di salvarsi senza avere il supporto di un vero avvocato. Un vero avvocato, credo, gli avrebbe detto qualcosa del tipo "fai lo scemo, ma mi raccomando, non esagerare". Invece Eichmann esagerò, probabilmente perché l'avvocatura non era il suo mestiere e, in soldoni, non sapeva che pesci pigliare. Decise di giocarsi il tutto e per tutto, tentando di farsi passare da mentecatto assoluto.

Non so se vi riferite a qualcosa che viene detto più avanti ma finora la Arendt non ha mai detto che Eichmann fosse stupido, dice che prima delle SS non era riuscito a fare carriera e a soddisfare le sue ambizioni, dice che aveva l'animo del gregario, e che entrò nelle SS non per convinzione ideologica ma per convenienza, per trovare una strada e secondo me è molto plausibile, la maggior parte dei tedeschi che aderirono al nazismo lo fecero per convenienza.
Poi per quanto riguarda il fatto che Eichmann dichiarò che non sapeva cosa succedeva, la Arendt è la prima a dire che fosse solo una farsa, una linea di difesa molto poco plausibile.
Quindi almeno fino a questo punto l'analisi della Arendt a me sta piacendo, purtroppo la cattiveria fa parte dell'animo umano, non c'è bisogno di essere fuori dall'ordinario, pazzi, psicopatici, indottrinati per commettere cattiverie, il male è ordinario e banale soprattutto quando istituzionalizzato.
La "giustificazione" di Eichmann che sostiene che lui non avesse niente contro gli ebrei e che obbediva agli ordini e seguiva le leggi corrisponde (con le dovute differenze derivanti dal contesto) a quella del ragazzino che partecipa al pestaggio del compagno "per gioco" e per spirito di gregarismo.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
pagina 102

C'è un ordine di Hitler di liberare la Germania dagli ebrei, Eichmann si attiene a questo ordine, in maniera efficiente ed il più possibile efficace, prima con le deportazioni, poi con gli internamenti, alla fine con la soluzione finale. Lui stesso partecipa a tutte le fasi con gli scrupoli consueti, il fatto stesso che ci stia male conferma l'assurdità e l'aberrazione del comportamento tenuto da questi funzionari. Spero di comprendere man mano perché fino adesso non riesco neanche a considerare "umano" un certo tipo di pensiero.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Non so se vi riferite a qualcosa che viene detto più avanti ma finora la Arendt non ha mai detto che Eichmann fosse stupido, dice che prima delle SS non era riuscito a fare carriera e a soddisfare le sue ambizioni, dice che aveva l'animo del gregario, e che entrò nelle SS non per convinzione ideologica ma per convenienza, per trovare una strada e secondo me è molto plausibile, la maggior parte dei tedeschi che aderirono al nazismo lo fecero per convenienza.
Poi per quanto riguarda il fatto che Eichmann dichiarò che non sapeva cosa succedeva, la Arendt è la prima a dire che fosse solo una farsa, una linea di difesa molto poco plausibile.
Quindi almeno fino a questo punto l'analisi della Arendt a me sta piacendo, purtroppo la cattiveria fa parte dell'animo umano, non c'è bisogno di essere fuori dall'ordinario, pazzi, psicopatici, indottrinati per commettere cattiverie, il male è ordinario e banale soprattutto quando istituzionalizzato.
La "giustificazione" di Eichmann che sostiene che lui non avesse niente contro gli ebrei e che obbediva agli ordini e seguiva le leggi corrisponde (con le dovute differenze derivanti dal contesto) a quella del ragazzino che partecipa al pestaggio del compagno "per gioco" e per spirito di gregarismo.

In effetti all'inizio la psicologia di Eichmann è lasciata sullo sfondo. Più avanti, come vedrai, le descrizioni dei suoi atti saranno macchiettistici e volti a farci credere che fosse totalmente inadatto al pensiero razionale.

Per quanto riguarda la tua ultima osservazione, non sono d'accordo. Ci sono enormi differenze tra il ragazzino che fa il pestaggio per farsi grande e le follie dei nazisti. Non solo, come hai giustamente rilevato, in termini numerici e di "fatto in sé", ma anche di meccanismi psicologici che sottostano alle azioni.
 
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