Dostoevskij, Fedor - L'Idiota

Frundsberg

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Caro Pigreco, "I demoni" mi ha affascinato, corteggiato, conquistato.
Eppure sento di dovere a Dostevskij un omaggio molto più importante per altri capolavori, "Memorie del sottosuolo" per primo.
Certo, amico mio, stiamo parlando di capi d'opera monumentali e, chiaramente, non posso che condividere la tua spinta emotiva per "il testo politico" di Dostevskij.
Ma a mio modo di vedere, ed è personalissimo, non lo trovo il più grande della produzione.
Fra Dostevskij e Tolstoj? Dove posso firmare?
Dostevskij tutta la vita.
E ho letto tutto anche di Tolstoj.
Ma non esiste paragone, assolutamente.
 

ayuthaya

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Riporto qui il mio commento, nato per il Giornalino, su questo che, a mio avviso, è un capolavoro assoluto, un'opera straordinaria che mi ha folgorato e mi ha introdotto alla letteratura di colui che nel corso degli anni si è affermato prepotentemente come il mio autore preferito.
Iniziare un'opera di Dostoevskij vuol dire intraprendere un viaggio, vivere un'esperienza totalizzante. Le passioni che muovono i protagonisti sono talmente intense ed estreme da risultare quasi inverosimili, eppure è proprio attraverso la radicalizzazione dei sentimenti più puri (il bene, il male, l'amore, la paura) che riusciamo a cogliere le infinite sfumature che li compongono. Più andiamo in profondità, più le suddivisioni perdono consistenza e le nostre certezze vengono meno... Questo vale per tutte le sue opere e ancora di più per L'idiota.
Tutto e di più è stato scritto su questo libro; tutto e di più è stato scritto sul suo protagonista, il principe Myskin, incarnazione del Bene supremo, personaggio controverso nel quale Dostoevskij ha infuso diversi tratti di carattere autobiografico. Perchè controverso? Perchè stravolge l'idea più “ovvia” di cosa sia (o dovrebbe essere) il Bene.
Sappiamo già (e non mi dilungherò troppo su questo) che il principe Myskin rappresenta il paradigma di una purezza impraticabile nella vita reale, di un amore talmente limpido da risultare disarmante. Da qui lo “scacco” subito nel mondo.
La recensione più bella che ho letto su quest'opera però (non voglio prendermi meriti che sono miei!) sottolinea il fatto che se noi siamo abituati a pensare al bene come qualcosa di inoffensivo, anzi persino di “lenitivo” rispetto alle nostre sofferenze, il personaggio che qui lo incarna delude in pieno le nostre aspettative: la purezza di Myskin, la sua capacità estrema di compatire chi gli sta vicino, mette ancora più a nudo le sofferenze di quest'ultimo, rendendole più acute. Questo spunto mi ha fatto riflettere.
Il principe racchiude in sé delle contraddizioni apparentemente inconciliabili: è il bene che porta dolore, è lo spendore della luce vicino al quale -per contrasto- tutto è ancora più tenebra, è il punto fisso, l'apparentemente statico (la sua bontà è tale da renderlo del tutto incapace di agire), intorno a cui ruota tumultuosa una folla di personaggi che da lui non riescono a prescindere... Che rappresenti in qualche modo un “rivale” (come nel caso di Ragozin) o un “ideale” troppo elevato dal quale rifuggire (come nel caso della bella e perduta Nastas'ja), sembra che nessuno possa fare a meno di confrontarsi con lui.
Da una parte quindi l'autore sembra descriverci un inetto, un idiota appunto (l'etimologia del termine rimanda a una persona che vive una vita “privata”, lontano dai clamori del mondo), dall'altra questo stesso inetto diventa il perno reale della vicenda, colui che suo malgrado infiamma passioni, provoca risentimenti, determina tragedie. Possiamo ancora affermare, dopo aver letto questo libro, che il bene è sempre “innocente”?
Ma se tutto questo è vero, se dal confronto col Bene supremo ne si esce in qualche modo sempre sconfitti, si può allora affermare che l'intento di Dostoevskij fosse quello di sancire il fallimento di questo bene? Non credo. Credo anzi che il solo aver cercato di modellare una figura simile, l'ideale non realizzabile ma pur sempre anelabile, sia la prova che questa “tensione” è connaturata all'uomo e già solo questo è un segno di speranza, apre la strada a una possibile salvezza...

Concludo con una nota del tutto privata (se me lo consentite). Sono credente, e una parte del fascino che mi ha suscitato quest'opera è dovuto alla scoperta che nella figura di Myskin Dostoevskij ha voluto tratteggiare in qualche modo l'immagine di Gesù Cristo.
Dostoevskij era un fervente cattolico e anzi sua era la convinzione che il popolo russo per sua stessa natura fosse profondamente cristiano. La fede, con tutte le sue contraddizioni, con tutte le sue implicazioni, è un elemento centrale di molti suoi capolavori (basti pensare a quello che io reputo il “contraltare” de L'idiota, ovvero I demoni). L'aver voluto rielaborare in un modo così efficace la figura di Cristo è qualcosa che mi ha colpito dritto al cuore. Perchè è proprio così che io mi immagino il Gesù storico: il bene che scuote, la purezza che infiamma, l'amore che interroga.
 
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maurizio mos

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Complimenti ad Ayu per la recensione, davvero molto bella. Solo che poi a un'altro cosa rimane da dire? Brava Ayu veramente ben scritto e argomentato e molto bello il richiamo alla spiritualità, alla religiosità anzi di D. e del popolo russo e molto attenta la contrapposizione tra L'idiota e I demoni.
 

ayuthaya

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Ti ringrazio, maurizio! Dosto è il mio scrittore preferito e, come suo "capolavoro", secondo me se la giocano strenuamente L'idiota e I demoni! è inevitabile porre a confronto queste due opere, le quali tratteggiano in modo così efficace i due poli opposti: il Bene e il Male.
L'idiota l'ho letto per primo e mi ha folgorato, dopo un po' di anni è stata la volta de I demoni, più complesso, dal substrato politico-sociale più pregnante e ricco di implicazioni... è stato un secondo "innamoramento", una conferma!
Stavrogin rappresenta l'incarnazione del Male assoluto come Myskin quella del Bene, nn scrivo certo nulla di nuovo! E come tutta la vicenda de L'idiota gira intorno al principe come a un perno, così succede ne I demoni rispetto a Stavrogin...
Credo che le due opere si completino a vicenda e credo anche che, per comprendere a fondo Dosto, non si possa non leggere entrambe (oltre a tutto il resto chiaramente! :))...
 

Holly Golightly

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Premettendo che io amo Dostoevskij e non mi azzarderei mai a dargli meno di 5/5... però devo anche dire che se fosse stato questo il mio primo romanzo russo, sarei spaventata a morte XD
Sulla narrativa di Dosto, sui suoi personaggi, sui suoi temi, non ho nulla da dire: ineccepibile come al solito. Però, a differenza di Delitto e Castigo, qui sarebbero state da tagliare qualcosa come 300 pagine. Non è il primo romanzo che uscì all'epoca a puntate che leggo, ma stavolta l'andamento episodico mi è pesato. Verso la metà del libro mi sono proprio arenata, è stata una sfida con me stessa non mollare, perché proprio temporeggiava, non arrivava al "dunque" in nessun modo.
Per il resto, non ho veramente nessun appunto da fare. Magari quel temporeggiare nelle due parti centrali (soprattutto nella terza) mi ha fatto un po' perdere il filo, e mi dispiace che un personaggio come quello di Nastasja (wow) così centrale, di fatto, appaia così raramente. È la miglior rappresentazione possibile del fatto che, nel genere umano, istinto d'autodistruzione e istinto di autoconservazione si equivalgano. E magistrale è anche il contrasto continuo fra il principe, questa creatura così pura e inesperta, e i tanti meschini e "normali" personaggi che si muovono intorno a lui.
 

MadLuke

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Dostoevskij, Fedor - L'idiota

Non possiedo certo la capacità critica per giudicare l'opera di un grande maestro quale è Dostoevskij, secondo me il migliore che abbia mai calcato i piedi su questa terra; non di meno non posso trattenermi dal dire che "L'idiota" è un capolavoro come diversamente non ci si poteva aspettare.
Molti critici sono concordi nel dire che il principe Myskin rappresenta "l'archetipo della bellezza morale, frammento del Cristo", naturalmente non posso che essere d'accordo ma c'è molto di più: tutti personaggi che ruotano intorno a lui "macchiette di quella che era la Russia dell'800" in larga misura sono veicolo dei 7 peccati capitali.
Gli Epancin, con esclusione forse del padre, sono conquistati pressoché da subito dalla spontaneità e generosità del principe ma per quanto non possano riconoscergli grandi meriti, valutarlo come una persona intelligente e sensibile, e per questo onorati di poterlo considerare un amico di famiglia, nel momento in cui la figlia minore Aglaja prende in considerazione l'idea di sposarlo, si scatena un putiferio, per lo più a opera della madre che forse più di tutti le è affezionata ma ugualmente subordina la stima e l'affetto alla scalata nell'alta società, al benestare della loro protettrice per cui anche la figlia che le era affezionata alla fine rinuncerà a lui.
Il gruppo di Terent'ev, Keller e gli altri sono una evidente esemplificazione della superbia, per loro nessun criterio di giudizio è valido se non quello della legge; tale legge non è frutto però del desiderio di giustizia, di rispetto dei desideri dell'uomo, anzi vuole sostituircisi sostenendo che nulla merita credito se non una spietata e cinica ripartizione dei beni materiali disponibili.
Ganeka per "amore" del denaro è lesto a sciupare la possibilità di poter godere dell'amore della già citata Aglaja, così come l'anziano generale pur generosamente amico del principe è incapace di separarsi dalla bottiglia, nonostante i disagi che le sue defaillance continuano a procurare a tutta la famiglia.
E poi certamente il temibile Rogozin determinatissimo a pagare qualunque prezzo pur di possedere la donna della quale si dice innamorato, e pronto ad uccidere qualunque rivale possa intralciare i suoi progetti.
In mezzo a tutti questi personaggi spaventosamente e terribilmente fragili si muove il principe, l'idiota. Instancabile nel prestarsi ai bisogni di chiunque ritiene ne abbia bisogno, non per vano desiderio di gloria ma solo nell'umile tentativo di compiere volta per volta l'azione che gli sembra più giusta, seguendo il suo cuore che sinceramente si strugge nel constatare lo scarso amor proprio dei vari personaggi. Eppure egli non è affatto un superuomo, al pari del Cristo autentico, qualche volta sembra dubitare che quello che fa abbia un senso, alcune volte è stanco è per questo di tanto in tanto ricerca anch'egli (in realtà senza successo giacché è sempre ricercato da qualcuno bisognoso della sua opera, e lui incapace a non prestarsi ogni volta che la situazione lo richiede) la solitudine nella dacia di Pavlonsk che, nonostante i paesaggi suggestivi che trapelano dalle descrizioni, almeno a me ricorda un poco il ritiro di Gesù nel deserto prima dell'ingresso in Gerusalemme.
Proprio negli ultimi capitoli emerge però, più chiaro che mai, il pessimismo, la scarsa fiducia di Dostoevskij nell'uomo per cui irriconoscente per tutto il bene e la bellezza che gratuitamente gli viene offerta, finisce puntualmente per sciupare tutto. Per assecondare i propri capricci e gli sterili progetti, rifiuta la bellezza e l'amore che gli sono offerti autocondannandosi alla miseria dello spirito.
Gli unici rammarichi che ho a proposito di quest'opera sono due: il primo, per quanto sciocco possa essere, sono i nomi dei personaggi, così veracemente russi, difficili da pronunciare e ancora di più da ricordare, da richiedere un certo sforzo per non andare in confusione con nomi, cognomi e pure vezzeggiativi. Il secondo riguarda invece una delle frasi più celebri di sempre che l'autore mette in bocca al protagonista: "la bellezza salverà il mondo"; e tuttavia scivola tra i timidi commenti degli altri personaggi, senza che gli sia stata dedicata l'approfondimento che secondo me meritava.
E altrettanto mi ha sorpreso l'attacco che l'autore, sempre per mano del protagonista (a testimonianza della rappresentatività di tale pensiero dell'autore), sferra contro la Chiesa Cattolica di Roma, arrivando a riconoscere nel Papa l'autentico anticristo.
In conclusione un romanzo meraviglioso che a mio avviso ha il grande merito, pur nella sua sfiducia, di ricordarci quanto fragili siamo di fronte alle circostanze della vita e quanto la tenerezza, la compassione autentica e la gentilezza amorevole non siano frutto dell'ingenuità o di uno spirito debole ma al contrario di una grande forza d'animo e amore che è espressione e ricerca del divino.
 

Kasparlo

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l'idiota

DEvo dire che l'ho letto e non l'ho capito. L'ho finito ma solo perché dovevo ed è stata una lunga fatica contro il tempo.
Personaggi incompleti, scrittura affrettata, quasi sconclusionata.
Ma l'ho messo in cantiere con il proposito di rileggerlo con più calma
 

francesca

Well-known member
DEvo dire che l'ho letto e non l'ho capito. L'ho finito ma solo perché dovevo ed è stata una lunga fatica contro il tempo.
Personaggi incompleti, scrittura affrettata, quasi sconclusionata.
Ma l'ho messo in cantiere con il proposito di rileggerlo con più calma

600 pagine di libro e tu dici che la scrittura è affrettata? :D
Singolare davvero!!!

L'ho finito da un po' e devo scrivere la recensione. Per ora ho letto le vostre, ma sono qui che giro e rigiro idee e non riesco a partire.
Torno

Francesca
 

Valk

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ciao a tutti :)
ho letto poco più di 1/4 del libro e mi sta appassionando sempe
di più. lo trovo davvero interessante,
anche per la varietà dei personaggi la cui personalità, indole e
stati d animo sono descritti con una raffinatezza
degna di uno psicologo. secondo me Dostoevskij era un profondo
conoscitore della mente umana e delle persone in generale
 

MadLuke

New member
secondo me Dostoevskij era un profondo
conoscitore della mente umana e delle persone in generale

Altrochè! Nessuno come lui. Ma questo avrebbe potuto farlo qualunque bravo psichiatra. La cosa che per me lo rende immenso è come ogni umana debolezza oltre a essere "capita", è anche compresa, umanamente accettata. Qualunque giudizio è sospeso e rinviato alla divina misericordia.

Ciao, MadLuke.
 

Valk

New member
Altrochè! Nessuno come lui. Ma questo avrebbe potuto farlo qualunque bravo psichiatra. La cosa che per me lo rende immenso è come ogni umana debolezza oltre a essere "capita", è anche compresa, umanamente accettata. Qualunque giudizio è sospeso e rinviato alla divina misericordia.

Ciao, MadLuke.

verissimo MadLuke. forse Dostoevskij si dimostra comprensivo con i suoi personaggi
perchè si rende conto che quelle debolezze sono proprie di ogni uomo e donna;
l'unica persona a essere esente da debolezze e difetti, l'unica persona immacolata,
innocente e pura (almeno fino al punto in cui sono arrivato), è Myskin che, poveretto,
è un idiota e non sa stare al mondo nonostante lui creda di essere molto intelligente
ciao!
 

alessandra

Lunatic Mod
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Contiene spoiler

Le due volte in cui ho portato a termine un grande (anche nel senso della mole) romanzo di Dostoevskij (questo e Delitto e castigo) ho avuto la sensazione quasi fisica che il mio cervello si espandesse e diventasse più elastico. La sensazione in sottofondo di non poter reggere mentalmente il groviglio di riflessioni, di dialoghi elevati e profondi, di personaggi, a partire dai nomi, l'intreccio intricatissimo, le relazioni tra le varie persone, etc. etc. viene sovrastata dalla sensazione opposta, quella di poter accogliere molto di tutto ciò dentro la testa - seppure indubbiamente sfugga qualcosa, anzi sfugga (a me) parecchio - poiché Dosto ha la capacità di esprimersi in modo, sì, ricercato ed elaborato ma, allo stesso tempo, chiaro e comprensibile e di creare con il lettore un'empatia tale da fargli accogliere in sé con facilità parole e pensieri. Ciò che mi lascia positivamente sbalordita e che mi fa riconoscere il genio è soprattutto ciò che ha già sottolineato MadLuke: la totale e naturale assenza di giudizio. Al di là della critica sociale e politica e delle sue idee in questo senso, che traspaiono - per esempio, i vari discorsi che, per bocca di Myskin, fa sulla pena di morte - l'autore non giudica mai moralmente i suoi personaggi; essi sono talmente umani, talmente veri, che sembra che lo scrittore li lasci vivere di vita propria, che la loro personalità si sviluppi autonomamente e che le varie storie vadano avanti da sole, intrecciandosi tra loro. Hanno pregi e difetti, come tutti gli esseri umani. Non ci sono cattivi e buoni (a parte Myskin :?, la figura di un "buono" che però non ha niente di stucchevole).
Il titolo sembra quasi sarcastico: Myskin, certamente tra i più bei personaggi di cui abbia mai letto, possiede uno spirito superiore, un'intelligenza (non pratica) e una capacità di analisi fuori della norma, un'empatia straordinaria nei confronti degli altri, ma una cieca fiducia nel prossimo e una incredibile capacità di perdonare chiunque, persino chi attenti alla sua vita, unitamente alla sua schiettezza quasi infantile e alla totale incapacità di prendere una decisione autonoma, il tutto rafforzato dall'effetto che la sua malattia produce sugli altri, tutto ciò fa sì che venga deriso e definito "idiota", e che anche le persone che gli vogliono più bene si vergognino, in un certo senso, di lui. Vittima di questo modo di pensare è Aglaja, che si innamora di lui ma non lo ammette forse nemmeno con se stessa, perché sa che non verrebbe accettato come suo compagno ufficiale; quasi sembra rifiutare il suo stesso sentimento, e i suoi conflitti interiori sfumano in capricci esteriori in una personalità ancora inesperta e indecisa, mostrando agli occhi altrui un carattere altezzoso e apparentemente impossibile. Ben diverso è l'altro, meraviglioso, personaggio femminile, quello di Nastasja, affascinante, aggressiva, volubile fino alla follia. Vittima di un'infanzia e di una vita infelice. Anche lei, a suo modo, ama Myskin: vede in lui ciò che non ha mai visto prima, l'innocenza, la bontà, il disinteresse. Ma a lei è più adatto Rogozin, pazzo d'amore e privo di scrupoli: apparentemente pericoloso e crudele, in realtà anch'egli vittima di qualcosa, forse del suo stesso cieco sentimento. Non manca la rappresentazione dell'egoismo più squallido, incarnato dalla figura di Lebedev; la schiettezza femminile di Lizaveta, donna dal carattere difficile ma dal cuore d'oro; la sofferenza che a tratti diventa crudeltà, nella persona di Ippolit; le debolezze del (per me) simpaticissimo :mrgreen: generale Ivolgin, e la "normalità" assoluta delle persone che Dosto stesso indica come poco significative: Ganja (opportunista ed egocentrico, per me un personaggio sgradevole), la sorella, la madre.
Ma questo romanzo è molto di più, e certamente non posso scriverne io.
Un capolavoro che esplora tutte le sfaccettature della società e dell'essere umano, un romanzo valido per tutte le epoche e i luoghi, dal quale traspare un pessimismo cosmico: ciò che conta nella società non è la nobiltà dell'anima e dello spirito, ma la decisione, la forza di carattere non intesa come forza interiore ma più che altro come capacità d'azione, un certo distacco nei sentimenti, la capacità di adeguarsi al mondo. La debolezza, l'incapacità di decidere, la presenza di pietà o di scrupoli diventano facilmente sinonimo di "idiozia" e, a lungo andare, possono sfociare in disgrazia o in follia.
 

MadLuke

New member
Un capolavoro che esplora tutte le sfaccettature della società e dell'essere umano, un romanzo valido per tutte le epoche e i luoghi, dal quale traspare un pessimismo cosmico: ciò che conta nella società non è la nobiltà dell'anima e dello spirito, ma la decisione, la forza di carattere non intesa come forza interiore ma più che altro come capacità d'azione, un certo distacco nei sentimenti, la capacità di adeguarsi al mondo. La debolezza, l'incapacità di decidere, la presenza di pietà o di scrupoli diventano facilmente sinonimo di "idiozia" e, a lungo andare, possono sfociare in disgrazia o in follia.

Sbagli a scrivere che Dostoevskij esprime un pessimismo cosmico.
Lui ritiene si, (da buon cristiano) che l'uomo per quanto animato dalle migliori intenzioni di fare il bene, infine compia il male, perché incapace di un gesto perfetto (esclusiva di Dio). Ma il suo pessimismo, per meglio dire "compassione" (nell'accezione nobile e originale del termine) è circoscritta proprio e solo all'essere umano, non al cosmo. Anzi "la bellezza salverà il mondo".

Ciao, MadLuke.
 

estersable88

dreamer member
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Come molti classici russi e come molte opere di Dostoewskij, non si tratta di una lettura facile, anzi in più punti viene a dirittura la tentazione di desistere, ma l’interesse per la figura di Miskin e la curiosità di conoscere la fine della storia prevale sempre.
Si tratta, in estrema sintesi, della storia del giovane principe Lev Nicolaevic Miskin, tornato in Russia dopo alcuni anni di cura in una clinica svizzera. Il principe, infatti, è affetto dal “Mal caduco”, ossia dall’epilessia. Questi fa da subito la conoscenza di svariati personaggi che ci accompagneranno per tutto il romanzo, ma i primi con cui viene a contatto saranno quelli che avranno un ruolo più rilevante nelle vicende che lo riguarderanno, come se l’autore avesse voluto presentarceli da subito per rendere chiara la loro importanza. Conosciamo così Robozin, arrogante, presuntuoso e un po’ rozzo, Lebedev, infido e gran tessitore di piani a discapito del prossimo e per proprio tornaconto personale, e gli Epancin, famiglia variegata e già di per sé interessante. E poi c’è la dannatamente bella Nastasia Filipovna, vera regista di questa fitta trama di avvenimenti.
La scena si svolge tra la città di Pietroburgo e la cittadina di vacanza Pablosc, in un tempo approssimativo di un anno. Un anno ricco di eventi per il nostro principe che tutti considerano un idiota, un sempliciotto, uno stupido, un bambino. In pochi riusciranno a comprendere che, invece, egli è molto intelligente e riesce a capire le persone molto meglio di tanti altri. Solo che è troppo, assolutamente, irrimediabilmente buono e lascia che tutti si approfittino di lui; inoltre egli è certamente ingenuo poiché spesso, preso dalla volontà di agire per il meglio e di favorire gli altri, non tiene conto di come i suoi comportamenti possano essere interpretati dagli altri e che talvolta qualcuno potrebbe rimanerne ferito. Tutta la storia ruota intorno a questo, con chiarimenti e stravolgimenti fino ad un epilogo inaspettato e di certo insperato.
Ripeto, si tratta di una lettura non facile, ma di certo interessante, che permette di riflettere sulla natura umana e sui rapporti interpersonali: vi sono, infatti, alcune frasi, alcuni comportamenti, alcune riflessioni su cui vale la pena di soffermarsi a riflettere. Nonostante la difficoltà, quindi, non posso non consigliare la lettura di questo classico.
 
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