Non si può chiedere molto di più a un libro.
Una trama avvincente, ben congegnata, la compenetrazione del genere storico (fedele, accurato nei dettagli) con... - come chiamarlo?- un giallo,una spy-story, un thriller ante-litteram? Quel che è certo è che non sono riuscita a staccare gli occhi da questo libro, e ho divorato quasi 650 pagine in meno di due settimane.
Una tensione continua, rinnovata ad ogni cambio contesto, la voglia matta di andare avanti per sapere come andrà finire... anche se poi lo si sa già: ce lo dice la Storia, innanzitutto (magari alcuni, di cultura media come la sottoscritta, tanti episodi particolari neanche li conoscevano o comunque non se li ricordavano), e ce lo dicono gli autori stessi, in apertura di ogni “parte”. A che serve nasconderlo, visto che non si tratta di un libro di fantasia?
Tre momenti cruciali della Storia: la vicenda di Thomas Müntzer e la “guerra dei contadini”, conclusasi tragicamente con il massacro della Battaglia di Frankenhausen; l'avvento del regno teocratico di matrice anabattista a Münster e il conseguente assedio che metterà fine al folle esperimento; il tentativo di contrastare la fazione più intransigente della Chiesa cattolica diffondendo le idee, potenzialmente eretiche (ma si sa che a decidere la natura di un'eresia è sempre il vincitore), contenute nel Beneficio di Cristo.
Tre occasioni per cambiare la Storia. Sarebbe potuto succedere? Se le cose – spesso piccole, insignificanti cose – fossero andate diversamente, i secoli a venire ci avrebbero portato differenti protagonisti, prospettive, nemici? Possibile. Soprattutto verso la fine, nello scontro all'ultimo voto fra Reginald Pole e l'inflessibile Gianpietro Carafa, futuro papa Paolo IV, ho sentito come la Storia si costruisce negli scarti infinitesimi e, pur sapendo, ho tremato come se davvero queste pagine potessero riscrivere un finale diverso... ).
Tre occasioni date a noi, oggi, per riflettere sulla portata di quegli eventi, sulla forza che scaturisce da un'oppressione non più tollerabile, ma che sola non può vincere contro le strategie dei potenti, la complessità delle loro alleanze, la sottigliezza delle loro macchinazioni.
Tre momenti cruciali, che leggendo questo romanzo ci appaiono i soli, o se non altro quelli “decisivi”... la forza di un libro risiede in questo, nel farci credere che tutto il mondo sia racchiuso lì, che i personaggi e le vicende raccontate siano le uniche che contano, sicuramente le uniche di cui ci importa sapere in quel momento. Ed è proprio così, è stato così anche per me: gli autori hanno scelto solo tre dei mille scenari possibili, delle mille occasioni mancate, dei mille complotti falliti, e di questi soli ci importa.
Ma le vicende narrate rappresentano anche tre fasi di una vita: quella del protagonista, l'eretico dai mille nomi per cui non possiamo dargliene neanche uno. Forse sbaglio, ma ho sentito di dare anche questa interpretazione al susseguirsi degli eventi. Lo "sdegno", che conduce alla ribellione: il protagonista è un giovane, conquistato da un uomo, Magister Thomas, e da uno scopo, spezzare il giogo. La prima sconfitta segna la disillusione, ma non spegne la voglia di lottare per i propri ideali: ecco allora il sogno che diventa realtà, la profezia che si avvera e... ahimè, non sarà quella che avevamo immaginato, quella per cui abbiamo lottato. Ho trovato la seconda parte, quella dedicata a Münster, davvero straordinaria nel suo mostrare come non basta essere ispirati da ideali positivi, da una fede autentica, per riuscire a realizzare la Nuova Gerusalemme. Un delirio che si ammanta di divino può essere altrettanto pericoloso delle ipocrisie della Chiesa istituzionalizzata... Ma "non rinnegare mai a te stesso ciò per cui hai combattuto. La sconfitta non rende ingiusta una causa."
Sempre in questa seconda parte, ho sentito il protagonista prendere finalmente consistenza, assumere una propria identità, per quanto sia difficile plasmare un personaggio, di pura fantasia, che vive e agisce a contatto con altri realmente vissuti, le cui esistenze sono spesso dettagliatamente documentate.
Infine, il terzo grande capitolo: dopo lo sdegno giovanile, il sogno realizzato e infranto della maturità, ecco la strategia: l'ex Capitano Gert prende finalmente coscienza di chi sono i veri protagonisti di questa guerra e decide di combatterli con le loro stesse armi. E cambia tutto: cambiano l'ambientazione, i metodi, lo stile. Cambia il modo in cui la creazione letteraria si interseca con la realtà. Dal punto di vista narrativo la terza parte è quella decisiva, quella in cui - dopo aver individuato gli artefici che, dietro le quinte, inattaccabili, hanno da sempre portato avanti i loro giochi - le "pedine" che materialmente ne hanno permesso le manovre, le "ombre di cui le cronache non parleranno" emergono dallo sfondo, si affermano: il protagonista e il suo acerrimo nemico, Q, prendono coscienza l'uno dell'altro, e si espongono in prima persona. Il primo penetrando finalmente nel "cuore" di quell'immenso apparato contro cui ha combattuto per tutta la vita: la Chiesa di Roma, il secondo – semplicemente, e finalmente – rivelandosi.
In questa resa dei conti, che tanto si addice a un thriller contemporaneo, è racchiuso tutto il meglio e il peggio di questo libro: la tensione è altissima, trama e colpi di scena prevalgono sulla componente storica, rendendo la narrazione più avvincente ma anche - passatemi il termine – più "commerciale"... gli autori ammiccano al lettore, e io per prima mi sono fatta conquistare. Perché no? La sola descrizione di Venezia, splendida e veritiera, perdona tutte le colpe, e poi un libro non è fatto anche per intrigare, catturare, trascinare?
L'operazione compiuta da Blissett non era cosa facile: inventare di sana pianta un personaggio, dargli credibilità senza che interferisse con ciò che è realmente accaduto (i tanti nomi non sono anche un simbolo? dietro quest'unico personaggio non si nascondono tante figure anonime di cui la Storia non ci ha lasciato traccia?), e il risultato rende giustizia a tanto lavoro. Concordo comunque nel definire Q il personaggio più riuscito dell'intero romanzo... lui, la vera "pedina", colui che ha combattuto la guerra di altri non da mercenario, ma da servo fedele, lui che ha inflitto tante sconfitte e che per ultima ha visto la propria. Magnifica creazione letteraria che meritatamente dà il titolo a questo libro.
Consigliatissimo.