...il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me...

sergio Rufo

New member
Luisa, io non credo affatto di essere andato ot...per niente.
Nicole , all'inizio della discussione, ha cercato di definire il tema di quello di cui stiamo parlando : l'insieme di quei valori che regolano l'individuo o un gruppo umano ( societa').
Ora, e' assolutamente inutile stabilire se c'e' una differenza tra etica e morale: sono, pressapoco la stessa identica cosa.
Se partiamo dalla definizione di Nicole ( giusta) allora la morale e' anche la " cultura" di un popolo, di una societa': il suo modo di vivere e interagire.
Arrivati a questo punto, se si vuole parlare di oggi, la morale, la cultura moderna e' quella del consumismo: non te ne sei accorta?
E tu come individuo ne sei pienamente coinvolta.

Processo di massificazione: il mio principio e' identico al tuo. Innanzitutto si e' " individui" singoli. E l'individuo, per me, rimane il valore piu' altro dell'uomo-
Quello che voglio dire e' un altra cosa: lo specchietto delle allodole ci vuole fare credere che questo principio rimane assoluto e invalicabile, mentre stanno OPERANDO nell'esatta direzione opposta. Massificano i nostri costumi, i nostri pensieri, ma soprattutto massificano i metri con i quali noi giudichiamo dei nostri comportamenti.
Il consumismo ( la cultura e la morale di oggi) ci ha reso uguali...

Tu dici: io scelgo sempre in modo diverso dagli altri e secondo la mia morale.
Io ti rispondo: e' vero, ma solo in parte. Nel nostro agire quotidiano opera un qualcosa di piu' insinuante e mistificato che noi in molti casi non ce ne accorgiamo. Crediamo di essere noi a scegliere quando questa scelta, invece, e' stata indotta.

Tu dici che la morale determina il nostro comportamento: invece no. Dovrebbe essere il contrario: il mio comportamento determina il mio modo di pensare. L'agire e' sempre piu' istintivo.
Invece cosa avviene?: che viviamo come abbiamo IMPARATO A PENSARE.
E il pensare, nei risvolti piu' sottili e piu' fondi, e' la morale dei tuoi tempi, della tua societa'.
 

asiul

New member
Premessa: cerco di conoscere mentre ragiono . Penso di poter sempre scoprire qualcosa che non so, per questo discuto fino in fondo su qualsiasi argomento.

Luisa, io non credo affatto di essere andato ot...per niente.
Nicole , all'inizio della discussione, ha cercato di definire il tema di quello di cui stiamo parlando : l'insieme di quei valori che regolano l'individuo o un gruppo umano ( societa').

Riassumo il 3D con le domande poste da nicole:
1. Ma che cosa è la morale?
2. È uguale per ogni persona?
3. Se non lo è, perché?
4. Qual è la morale della nostra società?
5. La condividete?
6. Quanto ci influenza nella vita quotidiana la ‘nostra morale’?
7. Quali sono i vostri principali codici morali?
8. Serve la morale nella vita reale, o credete che sia impossibile da metterla in pratica?

Quando ho detto che stavi andando fuori dal tema della discussione, mi riferivo (mi sembra di averlo scritto) a quanto segue:
Il processo moderno occidentale ha rafforzato il concetto di individuo proprio come si fa con gli specchietti per le allodole: ti fanno pensare che la tua identita' sia singola, e cosi' le tue scelte risultano individuali, quando invece operano l'esatto contrario: massificano piu' o meno come in un campo di concentramento.
Ad onor del vero, questo si chiama fascismo: non in senso prettamente politico, ma nel senso che l'omologazione dell'essere tutti uguali ha portato una conseguenza paradossale: siamo uguali nel CREDERCI liberi individui.

Bene (in tono molto cordiale) se questa è la tua risposta a quale sia per te la morale della nostra società, rettifico senza problemi.

Nella mia società non siamo tutti uguali. Perché io sono un individuo diverso dagli altri. Non mi credo totalmente libera nella società, ma ne ho piena coscienza. Questa consapevolezza mi toglie dall’omologazione.
La società non può agire secondo un’unica morale perché non ne ha possesso. Può regolare il vivere comune, Può reprimerla, ma non controlla la morale dei singoli. Quando i singoli sanno pensare.

Ora, e' assolutamente inutile stabilire se c'e' una differenza tra etica e morale: sono, pressapoco la stessa identica cosa.

Secondo la Treccani sì. Non c’è molta differenza. Tuttavia c’è una sottilissima differenza, ma c’è.

Una tende a studiare i comportamenti indotti dall’altra. C’è un livello di astrazione diverso. La morale è il principio che spinge l’azione umana del singolo. Nell’etica c’è lo studio della distinzione del Buono e Cattivo al di là di ciò che sia bene o male per il singolo. Nella morale del singolo i due concetti possono fondersi e diventare indistinguibili. Divengono la sua linea di condotta. Il bene ed il male sono visti con occhi diversi. Solo attraverso ciò che si vuole per se stessi. Quello che è bene e male per l’individuo. Ciò che è “bene” per il singolo può essere “cattivo” per l’etica e viceversa.
Considerare molare e etica sinonimi è equiparare i sintomi allo studio della patologia. Posso dirti che l’una non vive senza l’altra. Questo per me si può affermare.

Se partiamo dalla definizione di Nicole ( giusta) allora la morale e' anche la " cultura" di un popolo, di una societa': il suo modo di vivere e interagire.

La definizione di nicole? Prima di tutto qual è? (Seria, non lo so)
Secondo è giusta per chi? Chi l’ha stabilito?

È il modo di vivere ed interagire della morale del singolo all’interno della società che forse determina la cultura di un popolo. La cultura lo influenza, fino ad un certo punto. Puoi ritrovare gli stessi comportamenti in culture del tutto diverse. Per me ciò che ci circonda è sicuramente un elemento che ci condiziona, ma la morale a volte nasce da qualcosa di più profondo.


Arrivati a questo punto, se si vuole parlare di oggi, la morale, la cultura moderna e' quella del consumismo: non te ne sei accorta?
E tu come individuo ne sei pienamente coinvolta.

Io come individuo non ne sono coinvolta. Ne sono coinvolta come individuo appartenente ad una società. Nella collettività. La mia morale mi guida anche a non seguire il consumismo.
Non insistere a credere di sapere come sono. Puoi solo supporre. È questa tua assoluta convinzione sull’essere degli altri che non mi sento di condividere. Io posso anche dire delle “sciocchezze”, ma non sono altrettanto convinta che il prossimo sia più sciocco di me.


Processo di massificazione: il mio principio e' identico al tuo. Innanzitutto si e' " individui" singoli. E l'individuo, per me, rimane il valore piu' altro dell'uomo-
Quello che voglio dire e' un altra cosa: lo specchietto delle allodole ci vuole fare credere che questo principio rimane assoluto e invalicabile, mentre stanno OPERANDO nell'esatta direzione opposta. Massificano i nostri costumi, i nostri pensieri, ma soprattutto massificano i metri con i quali noi giudichiamo dei nostri comportamenti.
Il consumismo ( la cultura e la morale di oggi) ci ha reso uguali...

Che ci sia una più che volontà di renderci massa, beh! Lo condivido. È sempre stato così oggi si fa con mezzi più moderni rispetto a ieri. Ti passo la massificazione sui costumi, la volontà di voler massificare anche il resto, ma perché insisti a dire che siamo tutti uguali. I nostri comportamenti sono dettati dalla nostra morale. Se noi abbiamo scelto di aderire o meno a questo processo lo abbiamo fatto seguendo un’unica morale la nostra. Perché per noi quella cosa è bene o male. Non perché lo è per il mio vicino. Non vedo tutta quest’uniformità di pensiero e di consuetudini intorno a me. Già noi due ci stiamo distinguendo in questo discorso.


Tu dici: io scelgo sempre in modo diverso dagli altri e secondo la mia morale.
Io ti rispondo: e' vero, ma solo in parte. Nel nostro agire quotidiano opera un qualcosa di piu' insinuante e mistificato che noi in molti casi non ce ne accorgiamo. Crediamo di essere noi a scegliere quando questa scelta, invece, e' stata indotta.

Può anche essere indotta, ma l’ultima scelta spetta sempre a noi. Anche non scegliere è una scelta. Posso decidere di andare contro me stessa ed in quel momento sto scegliendo. Sono sempre io a decidere. Ovvio io sto parlando di scelta volontaria non sotto costrizione.

Credere che ci sia un’unica morale indistinguibile è errato. Questo ragionamento porta a considerare la morale come qualcosa di sublime. Una sorta di universo parallelo dove c’è un valore alto che si vuol chiamare “morale”. Non è così. La morale è qualcosa d’intrinseco nell’essere umano. Di mutevole e modellabile secondo la nostra coscienza. Cambia con noi, non cambia noi.


Tu dici che la morale determina il nostro comportamento: invece no. Dovrebbe essere il contrario: il mio comportamento determina il mio modo di pensare. L'agire e' sempre piu' istintivo.
Invece cosa avviene?: che viviamo come abbiamo IMPARATO A PENSARE.
E il pensare, nei risvolti piu' sottili e piu' fondi, e' la morale dei tuoi tempi, della tua societa'.

Perché tu agisci prima di pensare? O pensi prima di agire? Non dovrebbe essere il contrario, lo è per te.
Il mio pensiero è un tutt’uno con la mia morale, da qui scaturisce il mio agire. Il mio pensiero si è formato da/su quello di altre menti. Ho sposato perché lì ho sentiti miei alcuni pensieri. Ora però fanno parte di me. Io sono quel pensiero e sono io a metterlo nelle mie azioni. Il mio pensare si è formato anche in altre società precedenti la mia.
Si può essere istintivi, ma l’impulso dei tuoi gesti nasce comunque da un pensiero anche piccolissimo. Poi scusa, se l’agire è sempre più istintivo e se ci siamo formati e ci hanno insegnato a pensare anche questo istinto è frutto di un pensiero che prima era di altri,ma che ora, nel momento in cui agiamo è nostro.
 

Sir

New member
Luisa, il tuo ragionamento è coerente e produttivo, però il punto da cui parti non mi convince del tutto.
Lo hai sostenuto più volte e con dovizia di particolari, vedi la morale come sostanzialmente individuale. Penso che sia interessante andare un po' più a fondo.

Non posso, ovviamente, respingere completamente la tua proposizione. Anzi, ne condivido una buona fetta. E' innegabile che la morale sia qualcosa che appartiene al singolo, che nasce nella sua mente a seconda delle sue esperienze e delle sue percezioni, che produce scelte e comportamenti autonomi. Insomma, sussiste la più completa libertà, tale che, per ipotesi, il singolo può scegliere in qualsiasi frangente di fare il male piuttosto che il bene - considerazione questa che estingue la stessa idea di "libertà" e di "bene e male" - (che poi il singolo possa essere influenzato in vari modi dalla società o chi per essa, come si è ampiamente discusso sopra, è un'altra storia: al momento non ci interessa perchè può cambiare al massimo l'ordine dei fattori, non il loro valore).

Arrivati a questo punto, però, si indeboliscono anche le risposte ad una domanda fondamentale. In base a cosa io formo la mia morale? Perchè adotto un comportamento anziché un altro? Un relativismo assoluto, mi pare, non può rispondere. Sostenendo la casualità, o comunque la non rilevanza delle scelte, mi pare che si verrebbe a togliere il terreno sotto ai piedi della proposizione di partenza, rendendo tali individualità e libertà prive di senso. Su questo punto mi piacerebbe conoscere il tuo parere.

Io sono convinto, difatti, che, fatta salva la "libertà" (il termine non mi sta molto simpatico, ma lo adotto per comodità) del singolo di comportarsi come meglio crede, il principio della morale debba essere universale. Nel momento in cui io mi indirizzo verso un comportamento, quale che sia la realtà dei fatti, la mia convinzione della sua giustezza non può che essere universale.

Ci sarebbe poi un altro aspetto che è di supporto a questa tesi, l'ho accennato nel primissimo post sottolineando come possa esistere una morale - qui preferisco grandemente etica - universale anche in senso pratico, basata su considerazioni che nessuno può imporre ma che tutti possiamo liberamente cogliere. Meglio però rivolgerci a questo discorso più avanti, non vorrei mettere troppa carne al fuoco.
 

Mizar

Alfaheimr
Perdonatemi, ma perchè quando si parla di morale si finisce sempre a parlare di società? Ho letto di cristianesimo, di potere, di capitalismo e persino di morale borghese... Sì, ok, esiste anche questo, ma non c'è così tanto bisogno di soffermarsi su un aspetto così banale, ovvio e sotto gli occhi di tutti.
:mrgreen:
Bella domanda. Chissà chissà...


Dirò anch'io la mia.
Considero il mondo morale, territorio solo umano. Morale è una declinazione dell'uomo e solo dell'uomo. Per una tigre, non esiste "giusto" o sbagliato"; non esistono scelte "comportamentali"; non è ingiusto né orribile, né crudele sbranare un bimbo che si perda per la savana.
Solo noi uomini costruiamo edifici e modelli morali. Essi son, verosimilmente, quanto di più utile vi sia sul volto del pianeta terra: pietre di confine o spartiacque.
Tra l'altro, lo studio del congengarsi, dell'articolarsi, del modificarsi dei mores, molto ci dice della nostra storia.



che la morale (e l'etica che ne deriva) è sorta per giustificare un'idea, quella che doveva dare un senso ai poteri che si andavano instaurando.
Questo discorso vale anche per la vetusta consuetudine semitica anti-incesto ?


Ricorderei anche, per inciso, che il rifiuto dell'omicidio è "moralità"



beh tu sei stata addirittura più diretta...sicuramente condivisibile il tuo pensiero, ma PERCHè? da dove nasce la morale? perchè c'è bisogno di qualcosa che limiti il libero arbitrio, a quanto pare ce ne è bisogno considerato che è una costante che esiste in tutti in popoli e a quanto ne sappiamo in tutti i periodi storici
Perché nella conta dei pro et contra, conviene nettamente riunirsi e mettersi d'accordo sulle regole fondamentali piuttosto che perdersi in un libero arbitrio infinito. Libero arbitrio che più somiglierebbe ad un innocente farsi naturale piuttosto che ad una vita umana. Un libero arbitrio che sarebbe la vita di un sasso sotto mutevoli piogge. Poi vince solo chi ha i bicipiti ed i polpacci più resistenti :mrgreen:


Per questo penso invece siano sufficienti il buon senso, la buona educazione, il convivere civile e la legge. Bastano ed avanzano credo...

Andando oltre ovviamente vien da chiedersi: ma qual'è il riferimento per tutto ciò? In base a cosa, in particolar modo per le leggi che hanno (anche) carattere impositivo, dirimere cosa è educato, civile oppure no? In base a cosa si decide cosa vietare, o più in generale come normare, per legge?
Non venendo nulla fuori da nulla...parlerei di Tradizione.
 

sergio Rufo

New member
Luisa, se la morale fosse qualcosa di Intrinseco all'essere umano sarebbe eterna e immutabile sempre uguale a se stessa.
E invece la storia ci insegna tutto il contrario: la morale degli uomini cambia a seconda dei tempi.
Un Romano antico aveva una morale diversa da un europeo di oggi e questo dimostra che la morale non puo' essere un valore universale perche' se no sarebbe stata sempre la stessa.
E anche la morale " nostra" - quella proprio individuale - non e' mai tua fino in fondo.
Non e' che uno dica: io ho la mia morale.
Si puo' averla di certo, ma sara' sempre costretto a mediarla con quella degli altri. Anzi, sara' costretto nelle sue punte piu' aspre a dovere rinunciare a fare qualcosa per non urtare la morale altrui.
Io moralmente, e intendo come mio costume personale, potrei avere l'abitudine ( morale come abitudine) di andarmene in ufficio mezzo nudo, ma cosi' facendo urto la morale ( casta) di un altro individuo perche' cio' che io ritengo libero per lui sarebbe un atto osceno.
E allora siamo da capo: dove impera una morale generalmente accettata , la', tu come individuo non sei piu' libero di scegliere
il tuo modo di agire.
La morale, intesa nell'accezione piu' ampia del termine, comunque, rimane un " contratto umano" di pura convivenza: una forma di compromesso.
Ha ragione Mizar: una tigre non si chiedera' mai se e' giusto o meno sbranare un bambino che si perde nella savana.
Sotto l'aspetto meramente esistenziale la tigre ed il suo agire sono infinitamente superiori all'uomo.
E non venirmi a dire che noi la nostra liberta' la troviamo nel rinunciare, nell'atto della rinuncia, perche' questo mi ricorda tanto la favoletta dell'uva e della volpe.
Quante volte rinunciamo a qualcosa che faremmo piu' che volentieri solo perche' sorge in noi la "colpa", quel sentimento che e' lo strumento principe della tirannica morale?
La morale in generis e' stata costretta ad inventare questa tortura: il senso di colpa. E le colpe cambiano a seconda delle tradizioni di un popolo di una civilta'.
Per un Romano Antico era " immorale" non vendicarsi di un torto subito.
Oggi e' morale perdonare.
 

asiul

New member
Luisa, il tuo ragionamento è coerente e produttivo, però il punto da cui parti non mi convince del tutto.

Volendo si poteva anche concludere così :mrgreen:

Lo hai sostenuto più volte e con dovizia di particolari, vedi la morale come sostanzialmente individuale. Penso che sia interessante andare un po' più a fondo.

Non posso, ovviamente, respingere completamente la tua proposizione. (…).

Arrivati a questo punto, però, si indeboliscono anche le risposte ad una domanda fondamentale. In base a cosa io formo la mia morale? Perchè adotto un comportamento anziché un altro? Un relativismo assoluto, mi pare, non può rispondere. Sostenendo la casualità, o comunque la non rilevanza delle scelte, mi pare che si verrebbe a togliere il terreno sotto ai piedi della proposizione di partenza, rendendo tali individualità e libertà prive di senso. Su questo punto mi piacerebbe conoscere il tuo parere.

La mia morale, la formo con il mio pensiero. Un neuroscienziato ti direbbe che è frutto di sinapsi. Una corrispondenza fra le azioni e una rete neuronale. Credo che il nostro modo di agire si costruisca da subito, fin da piccoli. Nei nostri rapporti con gli altri. Il nostro cervello reagisce in un modo tutto suo agli stimoli che ci vengono dall’esterno. Cresciamo ed immagazziniamo delle informazioni. Ci riconosciamo in pensieri che non sono nostri, fino al momento di diventarlo. Troviamo delle consonanze in loro con il nostro modo di percepire l’esterno. Associamo le nostre idee alle loro e le trasformiamo per adattarle a noi stessi.
Questo ci rende diversi uno dall’altro. Desideriamo e scegliamo. Quello che ci distingue è il modo di operare. Non si può negare che in questo siamo diversi. Nessun individuo è uguale all’altro preso singolarmente. Se posto nella condizione di decidere farà le sue scelte senza vincoli.

Io sono convinto, difatti, che, fatta salva la "libertà" (il termine non mi sta molto simpatico, ma lo adotto per comodità) del singolo di comportarsi come meglio crede, il principio della morale debba essere universale. Nel momento in cui io mi indirizzo verso un comportamento, quale che sia la realtà dei fatti, la mia convinzione della sua giustezza non può che essere universale.


Certo. Quando scelgo di assumere un comportamento anziché un altro, per me è giusto o comunque non del tutto sbagliato. Non ho capito se per te il termine morale sia un qualcosa che è giusto universalmente. Comunque non è detto che per me sia universalmente giusto. Io so che per me quella scelta è Bene. Il concetti di Bene e Giusto, però vanno distinti. È giusta secondo me.. Lo è per la mia morale, ma potrei avere la consapevolezza che non lo sia per gli altri. Avendo la cognizione che io abbia una morale diversa dagli altri, non posso pensare ad una sua giustezza universale, ma solo individualmente universale. Io opero su me stesso universalmente la mia morale. Non posso pretendere di applicarla sugli altri. Proprio perché ho la consapevolezza e non ho la presunzione che debba essere uguale per tutti.


Ci sarebbe poi un altro aspetto che è di supporto a questa tesi, l'ho accennato nel primissimo post sottolineando come possa esistere una morale - qui preferisco grandemente etica - universale anche in senso pratico, basata su considerazioni che nessuno può imporre ma che tutti possiamo liberamente cogliere. Meglio però rivolgerci a questo discorso più avanti, non vorrei mettere troppa carne al fuoco.

Parli di un vivere civile? Di una specie di compromesso? Non ho capito.:)
 

asiul

New member
Luisa, se la morale fosse qualcosa di Intrinseco all'essere umano sarebbe eterna e immutabile sempre uguale a se stessa.

Cosa vuol dire questo? Dal momento che l’essere umano è mutevole anche quello che fa parte di lui lo è. E poi anche se così fosse e non lo è, ciò che è eterno non è detto che sia invariabile. Io sostengo che ognuno di noi ha una sua morale. L’avrò ripetuto un milione di volte.

sergio Rufo;176633 ha scritto:
E invece la storia ci insegna tutto il contrario: la morale degli uomini cambia a seconda dei tempi.
sergio Rufo;176633 ha scritto:
Un Romano antico aveva una morale diversa da un europeo di oggi e questo dimostra che la morale non puo' essere un valore universale perche' se no sarebbe stata sempre la stessa.


Questo dimostra soltanto che l’uomo agisce seguendo una sua morale. Non ho mai detto che sia un valore universale. Anzi a dire il vero, non mi sembra proprio di aver usato la parola ”valore”.
Il Bene può essere un valore morale, non la morale stessa. Cambiando da un individuo all’altro, non può essere universalmente uguale per tutti. Perché quello che è bene per te non lo è per me e viceversa.


E anche la morale " nostra" - quella proprio individuale - non e' mai tua fino in fondo.


E chi lo dice? È mia fino in fondo. Resta mia sempre, sta a me decidere se seguirla e andare contro il vivere civile o no.

Non e' che uno dica: io ho la mia morale. Si puo' averla di certo, ma sara' sempre costretto a mediarla con quella degli altri. Anzi, sara' costretto nelle sue punte piu' aspre a dovere rinunciare a fare qualcosa per non urtare la morale altrui.
Io moralmente, e intendo come mio costume personale, potrei avere l'abitudine ( morale come abitudine) di andarmene in ufficio mezzo nudo, ma cosi' facendo urto la morale ( casta) di un altro individuo perche' cio' che io ritengo libero per lui sarebbe un atto osceno.


Io lo dico "ho una mia morale" Decido di esercitarla o no. Nessuno ti vieta fino in fondo di farlo. Sta a te decidere. Ad ogni modo, non capisco cosa c’entri tutto questo con quello che ho detto fino ad ora.

E allora siamo da capo: dove impera una morale generalmente accettata , la', tu come individuo non sei piu' libero di scegliere
il tuo modo di agire.
La morale, intesa nell'accezione piu' ampia del termine, comunque, rimane un " contratto umano" di pura convivenza: una forma di compromesso.


Assolutamente no. Io sono libero di scegliere se andare contro la morale altrui e seguire la mia o di non fare quello che mi dice la mia testa. Sta a me decidere se pagarne le conseguenze o reprimermi.

Tutto questo rientra nel vivere civile. Non equivale a dire che la mia morale non sia mia fino in fondo.

Ha ragione Mizar: una tigre non si chiedera' mai se e' giusto o meno sbranare un bambino che si perde nella savana.
Sotto l'aspetto meramente esistenziale la tigre ed il suo agire sono infinitamente superiori all'uomo.
E non venirmi a dire che noi la nostra liberta' la troviamo nel rinunciare, nell'atto della rinuncia, perche' questo mi ricorda tanto la favoletta dell'uva e della volpe.


Potrà non piacerti, ma è così. Qui si sta parlando ovviamente di paesi "civili", però aggiungo ,per paradosso, che anche dove non vi sia libertà puoi sempre decidere di ribellarti.

Quante volte rinunciamo a qualcosa che faremmo piu' che volentieri solo perche' sorge in noi la "colpa", quel sentimento che e' lo strumento principe della tirannica morale?


La tirannica morale? Di chi? Continui ad usare il concetto di morale per indicare uno strumento di repressione.

La morale in generis e' stata costretta ad inventare questa tortura: il senso di colpa. E le colpe cambiano a seconda delle tradizioni di un popolo di una civilta'.
Per un Romano Antico era " immorale" non vendicarsi di un torto subito.
Oggi e' morale perdonare.


La morale non ha vita propria. Esiste all’interno dell’individuo. Il senso di colpa? Ma dai!
Chiedilo al mostro di Milwaukee se gli ha impedito di agire contro morale:))). Tu probabilmente stai confondendo la morale con il “moralismo” di tipo cristiano.
 
La morale non c'entra nulla con la formazione del pensiero.
Ciò che definisci legame tra la formulazione del pensiero ed azione è semplicemente esercizio della propria volontà. E, il più delle volte, non tiene conto dei codici morali che il contesto ci impone.
Parlare di libertà in un contesto così moralista, poi, ha del paradosso. Mi riferisco alla società com'è nell'Europa conservatrice.

Vi scrivo dal sur del mundo e posso dirvi che la "morale" - io parlerei più di comportamenti sociali, ma è deformazione professionale - qui è vissuta come rottura con tutto ciò che impone un codice oppressivo.
Tutto il contrario da ciò che ci viviamo nel ricchissimo nord.

Ieri, ad esempio, ero in un quartiere in cui tutto ciò che era codificato come etico ha dovuto lasciare posto alla rivoluzione di una piccola comunità che, per sopravvivere, ha dovuto occupare un territorio.
Se ci pensi, questo è "moralmente" inaccettabile in un mondo regolato dalla proprietà privata. Eppure il legame tra l'idea e l'azione ha preteso, istintivamente, di rivendicare la rottura delle regole.

E' su quell'istinto che devi concentrarti, e non sulle norme che lo regolamentano.
Infatti, sono d'accordo con Sergio quando conclude facendo riferimento al senso di colpa che deve garantire il rispetto della norma.
La tua etica ti imprigiona in un clichet stabilito da altri.
Sulle forme in cui ci viene indotta e su chi siano questi altri potremmo parlare a lungo. Penso che ognuno di noi possa facilmente riconoscere nel suo quotidiano chi e cosa impedisca al proprio istinto di essere.

A scanso di equivoci, io intendo l'istinto come la più pura forma di espressione della propria volontà. Atto limpidamente etico, peraltro.
 

sergio Rufo

New member
Ieri, ad esempio, ero in un quartiere in cui tutto ciò che era codificato come etico ha dovuto lasciare posto alla rivoluzione di una piccola comunità che, per sopravvivere, ha dovuto occupare un territorio.
Se ci pensi, questo è "moralmente" inaccettabile in un mondo regolato dalla proprietà privata. Eppure il legame tra l'idea e l'azione ha preteso, istintivamente, di rivendicare la rottura delle regole.
Julia.

Ecco, uno splendido esempio di un'etica moralmente accettata da un sistema ( una civilta' forse?) messo a soqquadro e capovolta da un " istinto".
 

lillo

Remember
Dice Bowlby che ci sono tre schemi comportamentali umani con radici biologiche: il comportamento sessuale, di esplorazione e alimentare, ai quali aggiunge il comportamento di attaccamento.
Partendo da questa definizione dovremmo dire che tutto il resto del comportamento umano è culturale, determinato cioè dall'interazione tra individui della stessa specie.
Quindi la morale nasce dalla necessità di stabilire adeguati rapporti tra uomini che vivono in una determinata epoca storica, ma non solo. Infatti esistono precetti morali (definibili meglio con il termine di tabù) che possiamo riconoscere in tutte le forme di vita associativa: quello che ovviamente risalta per primo alla mente è il tabù dell'incesto. Del resto sappiamo tutti come questo tabù non sempre venga rispettato.
Esiste un forte blocco morale nel compiere un omicidio, ma è necessaria una legge fatta dagli uomini perchè, evidentemente, tale blocco non sempre è efficiente.
La morale dunque è espressione di una pressione esterna che determina una inibizione di comportamenti istintuali non consoni a mantenere un'adeguata vita di relazione.
Aggiungo che la morale può variare in relazione all'epoca storica, alle tradizioni, ai popoli che prendiamo in considerazione.
Va tenuto conto, inoltre che le inibizioni morali possono decadere quando ci troviamo di fronte a condizioni estreme, che mettono a rischio schemi comportamentali biologicamente determinati. Pensiamo per un attimo ai fenomeni di cannibalismo che si determinarono in seguito ad un incidente aereo sulle Ande, negli anni 70, oppure all'efficace esempio fatto da Julia.
Mi chiedo, esiste tuttavia una morale individuale che si sovrappone, si allinea o supera la morale comune? A mio parere credo di si.
Sono (o mi credo) libero di decidere se accettare comportamenti ritenuti ormai comuni. Il carrierismo, la competitività estrema sul lavoro sono solo degli esempi. Ognuno di noi può decidere se accettare o meno questi comportamenti, che io personalmente considero immorali.
Per finire credo che la presenza di una morale comune o universale non cozzi contro l'idea di una morale individuale. Entrambe, a mio parere, devono essere viste come dei divieti, posti dall'interno (io e super-io) o dall'esterno (società) a quelli che possono essere istinti biologicamente determinati.
 

sergio Rufo

New member
concordo con quanto dice Lillo, tranne l'ultima parte dove magari ci sarebbe da approffondire un po'.
Ma nell'insieme condivido il suo sunto.

Luisa: togli il senso di "colpa" alla morale e di quest'ultima non saprai piu' che fartene.
La colpa non e' un senso innato come un'idea a priori, ma e' costitiiuta dopo talmente a fondo che tu vivi l'illusione di sentirla veramente.
Da secoli ti hanno abituata a questo.
Il Mostro di Milwakee? Vedo che qui lo si tira in ballo ogni due per te. Una venerazione, forse? :wink:
Comunque ti dico: non ha niente a che vedere con la morale e sai il perche'? proprio per quello che si dice qui: il senso di colpa o di regola sociale gli era assolutamente indifferente come gli era indifferente essere se stesso- con gli altri. E' una questione di una diversa politica dell'esperienza.:wink:
 

Mizar

Alfaheimr
Per un Romano Antico era " immorale" non vendicarsi di un torto subito.
Si certo. Però questo riguarda solo un certo periodo (arcaico). Poi c'è stata la Repubblica, le leggi augustee, il Principato, le leggi imperiali...insomma, anche in quel contesto le cose sono cambiate progressivamente: dal "privato" al pubblico punire :wink:



Oggi e' morale perdonare.
Non per me, prego :mrgreen:
 

sergio Rufo

New member
Si certo. Però questo riguarda solo un certo periodo (arcaico). Poi c'è stata la Repubblica, le leggi augustee, il Principato, le leggi imperiali...insomma, anche in quel contesto le cose sono cambiate progressivamente: dal "privato" al pubblico punire :wink:




Non per me, prego :mrgreen:

ma tu saprai benissimo Mizar, senza che te lo dica io, che il momento piu' alto del pensiero Romano e' nel periodo repubblicano e non quello imperiale. Nell'impero , almeno dopo il 64 DC, incomincia la corruzione. Ed e', guarda caso, una corruzione del pensiero in senso cristiano e morale.

Prima? sai bene che in caso di un reato il Senato emetteva una sentenza di colpevolezza e lasciava all'individuo leso dal reato stesso, la liberta' di esercitare la vendetta. Aveva tempo un anno, in caso contrario, doveva esiliarsi da Roma.
Il perdonare era profondamente IMMORALE; ma si sa, i Romani erano par execellece il popolo dell'agire.
Certo, ci vuole il " carattere" per farlo, bisogna esserne all'altezza.
Niente a che vedere con il sentimento moderno che invece di " fare", parla, discute, moralizza, dettaglia, analizza, teorizza.
In summa: un festival di parole....( basta guardare la politica oggi e il Senato Romano di due millenni fa)
 

asiul

New member
La morale non c'entra nulla con la formazione del pensiero.
Ciò che definisci legame tra la formulazione del pensiero ed azione è semplicemente esercizio della propria volontà.

Chi io? …beh! Non la penso come te. La morale per me c’entra con il mio pensiero. Sono io che la penso e che agisco secondo il mio pensiero. La mia volontà di azione è dettata dalla mia morale.


E, il più delle volte, non tiene conto dei codici morali che il contesto ci impone.
Parlare di libertà in un contesto così moralista, poi, ha del paradosso. Mi riferisco alla società com'è nell'Europa conservatrice.

I codici morali? Quali? Di chi? Tolta la legge che mi vieta di comportarmi come potrei se solo volessi, non conosco altri codici.
Non credo di aver parlato (ammesso che tu ti stia riferendo a me) di libertà nella società. Ho affermato che la mia morale è libera di fare quello che vuole e di pagarne le conseguenze.

julia;176647 ha scritto:
Vi scrivo dal sur del mundo e posso dirvi che la "morale" - io parlerei più di comportamenti sociali, ma è deformazione professionale - qui è vissuta come rottura con tutto ciò che impone un codice oppressivo.
julia;176647 ha scritto:
Tutto il contrario da ciò che ci viviamo nel ricchissimo nord.
Ieri, ad esempio, ero in un quartiere in cui tutto ciò che era codificato come etico ha dovuto lasciare posto alla rivoluzione di una piccola comunità che, per sopravvivere, ha dovuto occupare un territorio.
Se ci pensi, questo è "moralmente" inaccettabile in un mondo regolato dalla proprietà privata. Eppure il legame tra l'idea e l'azione ha preteso, istintivamente, di rivendicare la rottura delle regole.

E con ciò? Cosa dimostra questo? Non certo che la morale sia universale o al di fuori dell’essere.
Quando un individuo è disperato credo che la morale sia uno dei suoi ultimi problemi.

E' su quell'istinto che devi concentrarti, e non sulle norme che lo regolamentano.
Infatti, sono d'accordo con Sergio quando conclude facendo riferimento al senso di colpa che deve garantire il rispetto della norma.

Questo proprio no. Mi sembra tutto molto Cristiano. Non è il senso di colpa che deve garantire il rispetto delle norme. È forse il rispetto per l’individuo che dovrebbe spingerti a rispettarle. Ammesso che per te siano giuste.
Il senso di colpa poi, può subentrare anche dopo, quando ormai la norma è stata violata. Troppo facile. Chiediamo scusa e tutto si risolve. Un bel perdono, due Ave Maria e andiamo a casa.

La tua etica ti imprigiona in un clichet stabilito da altri.
Sulle forme in cui ci viene indotta e su chi siano questi altri potremmo parlare a lungo. Penso che ognuno di noi possa facilmente riconoscere nel suo quotidiano chi e cosa impedisca al proprio istinto di essere.

A scanso di equivoci, io intendo l'istinto come la più pura forma di espressione della propria volontà. Atto limpidamente etico, peraltro.

Chi ha mai detto che siamo liberi di andare nudi per la via, senza che qualcuno ci arresti? Volendolo, però, possiamo farlo. Solo la tua morale può vietartelo.
 

asiul

New member
concordo con quanto dice Lillo, tranne l'ultima parte dove magari ci sarebbe da approffondire un po'.
Ma nell'insieme condivido il suo sunto.

Tu pensa come siamo diversi, io concordo sull'ultima frase :mrgreen:

Luisa: togli il senso di "colpa" alla morale e di quest'ultima non saprai piu' che fartene.
La colpa non e' un senso innato come un'idea a priori, ma e' costitiiuta dopo talmente a fondo che tu vivi l'illusione di sentirla veramente.
Da secoli ti hanno abituata a questo.

Tu dici? Io direi che tolto il senso di colpa la morale di ognuno di noi si sfogherebbe più di un sedicenne, con i genitori in vacanza. :)

Nella mia morale non c'è abbastanza spazio per il senso di colpa. Un inutile dispendio di energie. Dal momento che considero giusto quello che è bene per me, di quale senso di colpa parliamo.
Poi scusa, ammesso che ci sia. Togliendo il senso di colpa avrei un mondo di cose da farmene della mia morale.


Il Mostro di Milwakee? Vedo che qui lo si tira in ballo ogni due per te. Una venerazione, forse?

No.. è che abbiamo gli stessi gusti . Poco cotta, quasi al sangue. :mrgreen:

Comunque ti dico: non ha niente a che vedere con la morale e sai il perche'? proprio per quello che si dice qui: il senso di colpa o di regola sociale gli era assolutamente indifferente come gli era indifferente essere se stesso- con gli altri. E' una questione di una diversa politica dell'esperienza.

Invece per me sì. Proprio perché il senso di colpa non c'entra con la morale di questo individuo. Anche lui ne aveva una sai? Questo è un chiaro esempio di un uomo che è andato contro le regole sociali per seguire la sua morale.
E poi lui era se stesso, soprattutto con gli altri. Chiedilo a loro, si dice che fosse un tipo molto istintivo :mrgreen:
 
Ultima modifica:
scusa Luisa, ma deframmentare il discorso così come fai tu mi mette in difficoltà visto che mi piace discorrere e non fare un trattato di etica moderna ;-)

voglio soltanto chiarire che l'esempio reale che ho portato non si esprime in casi di emergenza ma in situazioni di democrazia, pur conseguenti ad un percorso di dittatura che ha lasciato il segno.
ma non è questo il punto. quello che mi preme ribadire è che a parlare di morale (e quindi di tutti i derivati che avete fin qui elencato) si rimarca il senso di obbedienza a discapito dell'istinto che attinge alla volontà.
Ma capisco che il discorso possa risultare ostile.

Qui è molto tardi ed è ora che dia la buonanotte al sur e il buongiorno al nord.
 

sergio Rufo

New member
ciao julia.
Piccola digressione
Il sentimento morale? e' forse la volonta' contro se stessi. Ecco cos'e' ogni tipo di morale.
Quando si smise di essere crudeli contro gli altri ( le grandi civilta' si basano tutte sul sentimento della crudelta': rito, sacrificio, guerra) ci si accorse che veniva a mancare lo slancio dell'istinto piu 'alto:l'accettazione della vita come divenire innocente. Mancava cosi' il grande " si! e' cosi sia" alll'eterna vita che vive sempre a spese di altra vita.
La morale in Occidente, nonostante non lo si voglia ammettere, e' di stampo Cristiano. In occidente la morale nasce con il cristianesimo e questo non dovrebbe mai essere scordato.
Una volta che questo pensiero prese piede, l'individuo sollecitato a sentimenti di com-passione verso gli altri , dovette ad ogni modo trovare una valvola di sfogo: fu lui stesso a divenire vittima di se stesso.
La morale, in fondo, e' il rivolgimento di se stessi contro il proprio istinto.
E' cosi' si dovette divenire crudelii con quello che nel piu' profondo si e': si faceva pagare il fio del proprio tradimento alla vita, confessandosi colpevoli. Ed espiandone il dolore.
La morale ha una duplice valenza: da una parte e' auto-regola imposta, dall'altra e' sublimazione di quel profondo istinto che sempre si rivolge " contro" l'altro. E venendo a mancare nella com-passione l'altro, lo si dovette sostituire.
Chi meglio di se stessi?


La volonta', tu dici? certo tutto cio' che e' istinto, a pensarci bene, e' volere. Laddove manca la volonta' ( il prendere al contrario del " dare" morale), la' manca il meglio.
Tu sai bene come la penso: la vita e' una esuberanza di forza e di potenza: la si dovrebbe amare per questa sua grande festa, per questo suo grande rigoglio, per questa sua profonda irrazionalita', per questo suo infinito manifestarsi seza senso e senza scopo, per questa sua bellezza che sboccia senza perche' ( una Rosa sboccia senza perche', Silesio, ricordi?), ed infine per questo suo eterno " volersi ritornare".
Vedi, la volonta'! La vita non " obbedisce" ma vuole!

Tutto il contrario della morale della grande rinuncia.Il grande infiacchimento.
 

asiul

New member
scusa Luisa, ma deframmentare il discorso così come fai tu mi mette in difficoltà visto che mi piace discorrere e non fare un trattato di etica moderna ;-)

voglio soltanto chiarire che l'esempio reale che ho portato non si esprime in casi di emergenza ma in situazioni di democrazia, pur conseguenti ad un percorso di dittatura che ha lasciato il segno.
ma non è questo il punto. quello che mi preme ribadire è che a parlare di morale (e quindi di tutti i derivati che avete fin qui elencato) si rimarca il senso di obbedienza a discapito dell'istinto che attinge alla volontà.
Ma capisco che il discorso possa risultare ostile.

Qui è molto tardi ed è ora che dia la buonanotte al sur e il buongiorno al nord.

Prima di risponderti, vorrei che tu mi spiegassi bene cosa hai voluto dire. Quale sarebbe questo "senso di obbedienza" di cui parli?

Ostile? Perchè mai? :wink:



PS Tendo a frammentare il discorso soltanto perchè voglio che sia evidente a quali espressioni mi riferisco.
Per la serie... ognuno alla fine parla come sa fare.:mrgreen:
 

Sir

New member


Io opero su me stesso universalmente la mia morale. Non posso pretendere di applicarla sugli altri.

La prima fase era esattamente quello che intendevo. Non siamo poi così in disaccordo, comunque su questo ci arrivo tra poco.
La seconda frase non l'ho mai intesa. E' un concetto un po' ostico, me ne rendo conto, ma il fatto che la morale, per il singolo, abbia un principio universale non significa affatto che debba o possa applicarla agli altri.

Parli di un vivere civile? Di una specie di compromesso? Non ho capito.:)

Non necessariamente, può essere una lettura possibile ma totalmente accessoria.
Provo a spiegarmi meglio, partendo più da lontano per ricongiungermi al discorso di cui sopra.

Sono d'accordo con chi ha accennato alla morale come "prodotto" specificamente umano. Umano, ma non necessariamente sociale.
Partendo da questo punto, io credo che spesso si sopravvaluti l'uomo, o meglio si cerchi di leggere la sua mente per qualcosa di diverso da ciò che è. Non tutto ciò che produce la nostra mente può essere trattato con criteri scientifici; ci troviamo di fronte ad ambiguità, confusione, contraddizioni, illusioni - cose ottime per studiare la cultura e la tradizione, non per fare filosofia. La dicitura "umano" non vale da sola a garantire la produttività di un'indagine; anzi, spesso la realtà va in senso opposto. Il nostro antropocentrismo ci porta a considerarci in una prospettiva completamente errata rispetto al contesto, e giacché la filosofia non può occuparsi, al contrario di cultura e tradizione, dell'uomo preso da solo o nella sua società, si capisce che procedendo in questo senso si incontreranno grosse difficoltà.
Questa premessa per sgombrare il terreno da un po' di materiale in eccesso.

Riducendo all'osso l'idea di morale, oltre a spostarci automaticamente verso un più neutro "etica", ne scorgiamo gli esordi, identificandoli spesso come "ciò che ci separa dagli altri animali". Anche questa dicitura è frutto di un antropocentrismo - se vediamo ciò che ci distingue, significa che stiamo considerando anche ciò che ci accomuna, eppure non lo menzioniamo.
In questo caso, a parer mio, sarebbe la mossa giusta. La morale è umana, ma l'uomo è anche animale; la sua riflessione coscienziosa su ciò che è giusto o sbagliato non è altro che una evoluzione, in un certo senso anche una complicazione, dell'analisi istintiva degli animali. Non se ne stacca, non ci appartiene in toto, basti pensare che usiamo tutt'ora l'istinto, compiendo scelte riguardanti il giusto o lo sbagliato: non chiamiamo questo un "esercizio morale" semplicemente per un criterio di quantità (scelte elementari anzichè complesse), non di qualità. Credo che questo punto sia particolarmente rilevante.

Detto ciò, si può ragionare in maniera più semplice.
Sviluppandosi l'uomo ha maturato la capacità di comportarsi secondo una certa "libertà", costruendo la propria morale in base a un sentire soggettivo, questo è un dato di fatto e l'abbiamo più volte affermato.
Tuttavia, volendo andare oltre: a me pare che l'universalità che sta nel principio della morale e l'individualità della sua espressione mal si accordino - portano inevitabilmente ad una situazione di non rilevanza, di casualità.
Può esistere, mi chiedo, una morale che faccia quadrare i conti, proponendosi come soluzione ideale per tutti e raggiungibile individualmente da ciascuno? Credo di sì, a patto di non fare ragionamenti troppo umani.:)
La nostra unicità è fuori discussione, così come le nostre esperienze e il nostro sentire. Ma stiamo facendo lo sforzo di considerare l'uomo più appropriatamente nel suo contesto: biologicamente siamo ben poco dissimili, l'istinto di sopravvivenza ci accomuna molto di più di quanto ci distinguano i gusti musicali, la religione o il luogo di nascita. Siccome ci sono alcune cose, basilari, che costituiscono un bene universale - non intendo, lo ripeto, collettivo, bensì individualmente percepibile da tutti - cosa impedisce che ve ne siano altre, via via più complesse? Niente, mi pare. Procendendo con l'analisi della realtà in maniera graduale, è possibile individuare svariate situazioni favorevoli e decidere liberamente se perseguirle, sapendo in quel modo di fare il nostro bene. Discutere su quali siano sarebbe un discorso troppo lungo e importante per essere contenuto in questa discussione, preciso solo che vanno individuate nell'ottica del vantaggio - un esempio banale: non uccido un uomo perchè è sbagliato uccidere, nè perchè gli farei del male; non lo uccido perchè tale azione sarebbe, a lungo andare, uno svantaggio per me. L'esercizio umano dell'etica, a parer mio, si distingue dal semplice istinto solo per questo fondamentale punto: la capacità di vedere oltre il risultato immediato di un'azione e comportarsi di conseguenza.

(Raggiunti certi livelli, probabilmente, la riflessione etica torna al posto che gli appartiene ricongiungendosi alla percezione istintiva, ma questa è un po' un'altra storia:))

Spero di essermi espresso in maniera comprensibile e di avere quantomeno suscitato il dubbio. :)
Alcuni filosofi hanno detto più o meno le stesse cose in maniera molto più precisa ed esauriente, ma con toni poco adatti al limitato contenitore di un forum; ho provato a ridurre le loro riflessioni in poche parole unendole al mio pensiero, ma posso rimandarti a tali fonti se ti interessa.:wink:
 
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