Il Fatto Quotidiano

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Apart, giusta domanda : perche' in italia non e' mai esistita una cultura di destra?
Semplice. Perche' , in fondo, tutta la cultura italiana intesa come modus vivendi e' gia' di destra e non ha bisogno di altro , ne' di predicatori.

Se partiamo dall'Unità Italiana (tanto per avere una data di riferimento), se per Sinistra si intendono i movimenti legati in qualche modo ai diversi pensieri socialisti e al limite all'anticlericalismo, e per Destra s'intende il pensiero Liberale, il Cristianesimo della Chiesa e il Fascismo, allora per quel che ricordo io, la Cultura Italiana è stata (fino alla fine degli anni 60 almeno) più a destra che a sinistra.
Se prendo gli ultimi 2 volumi dei miei libri di Italiano, trovo tutti scrittori legati al mondo dell'aristocrazia (magari un po' decaduta), alla borghesia, alla chiesa, alla massoneria ... e se si staccano da tutto ciò, allora è facile che puzzino di fascio - almeno fino alla fine degli anni 30.
Per trovare un Gramsci o un Silone invece, devi aspettare l'ultimo mese di liceo.
Anche il mondo del Giornalismo - Montanelli, Il Corriere, La Stampa... - dell'Università e della Scuola appartenevano ad una cultura di destra liberale o di chiesa, ma di destra: insomma, le maestre italiane, fino a ieri, hanno sempre insegnato le preghierine!
Sia chiaro che io non me la sento di rinnegare tutto ciò in maniera acritica, anzi, Guareschi – anche se spesso non lo condivido - mi piace tantissimo.
Per me, dire che in Italia non è mai esistita una cultura di destra, è sbagliato, anzi, si fa un torto alla destra storica italiana.
E' negli ultimi 30 o 40 anni che è scomparsa, ma prima esisteva, eccome! E non era nemmeno - tutta - malaccio!
Piuttosto mi viene da domandarmi per quale motivo sia scomparsa.
A questo punto l'unica risposta che riesco a darmi viene dalla mia esperienza di lavoro, non dai libri.
Avete mai lavorato in una piccola azienda italiana, di quelle fondate durante il Boom economico o subito dopo? Io sì. La mia esperienza è che spesso il Fondatore si era arricchito scopiazzando i brevetti stranieri e vendendo un prodotto molto più economico della concorrenza grazie al lavoro nero e alla svalutazione della Lira. Suo Figlio - in genere meno brillante - ha continuato a far fortuna grazie all'evasione fiscale e investendo tutto in bot che - negli 80 - gli rendevano più dell'azienda - almeno quella denunciata la fisco. Il Nipote invece - più scemo del padre - dopo aver abbandonato Ingegneria - dopo 15gg - ed Economia - 1 anno - si è laureato col minimo dei voti in Scienze Politiche e, dovendo fare i conti con l'euro, la sta facendo fallire. Ovviamente c'è anche la Moglie del padrone che tiene la contabilità (e le sa tutte per levarti 12€ dalla busta paga) e la Figlia che si occupa degli acquisti – perché é sempre a fare shopping... - e via dicendo.
Avete mai lavorato in una grande azienda italiana? Io sì e la mia esperienza è che hanno fatto i miliardi grazie alla cassa del mezzogiorno, agli investimenti statali, agli appalti... e finché il grasso colava ci hanno infilato dentro cani e porci, amici degli amici degli amici degli amici... adesso invece, che le cose vanno male, vedono nella Serbia il paradiso degli Industriali, il walhalla degli Imprenditori.
Buona parte dell’attuale classe dirigente - imprenditrice e politica - italiana ha fatto i soldi rubando e perciò ringraziano la loro furbizia, non certo la loro intelligenza e tanto meno la loro cultura. Una classe dirigente così, della cultura non sa che farsene, tant’è che il loro riferimento politico è per lo più Berlusconi, Bossi o La Russa, di certo non Cavour o Ugo La Malfa.
Per contro, a sinistra, grazie al consociativismo, la cultura, partendo quasi da zero, pian piano è nata e cresciuta fino a fiorire nel dopo guerra e negli anni successivi, coinvolgendo – grazie a persone come Fo e Franca Rame – anche persone fino ad allora escluse dal mondo della cultura.
Purtroppo, una TV cafona, è cresciuta molto più velocemente e ha – in gran parte – soffocato tutto ciò.
Per me la Cultura è porsi dubbi, farsi domande e rischiando di sbagliare, provare a darsi delle risposte. Ad oggi, PURTROPPO, in Italia la cultura – come la satira - è solo di sinistra perché a destra – PURTROPPO – ci sono solo dei ladri, dei papponi, gente che se non si vergogna a comprare i voti in parlamento e in senato, chissà cosa fa nelle campagne. Prova ne è che politici e giornalisti di destra ma onesti, sono stati costretti a passare dall’altra parte.
Ah! Che bello che sarebbe avere anche in Italia una destra come quella inglese!
Per concludere: Il Fatto Quotidiano ti può piacere o meno ma è e resta un giornale, come Repubblica, La Stampa, Il Corriere, Il Secolo XIX, Il Messaggero... e questo perchè, tanto o poco, bene o male, al loro interno c'è un minimo di analisi dei problemi e di dibattito, cioè Giornalismo. Libero, Il Giornale (come i loro omologhi televisivi TG4 e TG1) non sono giornali perchè non fanno giornalismo: sono solo la voce cafona dei servi di un padrone altrettanto cafone e in quanto tale, lontano anni luce da ogni forma di Cultura.
 
Ultima modifica:
Magari dovrei aprire un 3d sulle rassegne stampa, intanto posto qui questo articolo.

I sacrificati di Fukushima
CINQUANTA TECNICI IN LOTTA CON LA CENTRALE
“Noi restiamo nella centrale”. Sanno benissimo a che cosa vanno incontro: saranno contaminati dalle radiazioni. E poi ci sono le esplosioni che da un momento all’altro potrebbero spazzarli via. Però rimangono, a lottare contro i sei reattori impazziti. Sono i cinquanta tecnici della Tepco che si sono offerti di restare per scongiurare la fusione, la catastrofe per il Giappone. A Fukushima I lavorano ottocento operai. La gran parte è stata evacuata, ma la Tepco ha lanciato un appello ai tecnici: “Chiediamo a cinquanta di voi di restare”. E loro hanno fatto un passo avanti. No, non per una promozione, per un premio, perché è inutile nasconderselo: chi resta oggi a Fukushima non avrà il tempo di godersi niente. Chi resta lo fa dimenticando se stesso. Lo fa per la propria famiglia e il Giappone devastato. È un attimo, il tempo di scrivere il proprio nome sul registro della Tepco. E poi basta: una volta entrati a Fukushima I, tornare indietro è impossibile. Il corpo in poche ore assorbirà più radiazioni che in anni e anni. Come gli elicotteristi di Chernobyl: erano aviatori impegnati sul fronte afghano, ottennero di tornare in patria in cambio di questa missione. Scaricarono dal cielo tonnellate di cemento per coprire il nucleo. Ci riuscirono, ma dopo sofferenze atroci morirono tutti. I tecnici Tepco, però, hanno scelto liberamente. Potevano salvarsi. Inutile, però, ripensarci una volta superati i cancelli di Fukushima. Non serve guardare i contatori geiger appesi alla cintura con le lancette impazzite. E non c’è il tempo, dentro la centrale, per ascoltare gli ingegneri nucleari che dai comodi studi della televisione avvertono: “Il livello della radioattività rischia di uccidere in poche ore chi è rimasto a Fukushima I”.

ORMAI È UN ALTRO MONDO quello fuori, la campagna brulla intorno alla centrale sembra a portata di mano, ma è lontana una vita. I tecnici indossano tuta bianca e respiratore, ma più che per proteggersi lo fanno per la disciplina che non riescono a scrollarsi di dosso. Di fronte a una fusione a pochi passi, sono nudi. Così continuano la battaglia. Fino a ieri con loro c’erano i soldati e gli esperti americani. Adesso sono soli. Bisogna prima di tutto presidiare la sala controllo, anche se l’enorme pannello degli strumenti toglie la speranza: centinaia di spie accese, tutti i livelli fuori scala, nessuno ormai fa più caso agli allarmi. Sono tre giorni che la centrale scivola verso il disastro: sabato l’esplosione al reattore 1, domenica al reattore 3. Lunedì al 2: le barre di uranio sono rimaste esposte, senz’acqua di raffreddamento, e la fusione è cominciata. Poi ecco un boato, il fumo che ha avvolto tutto e si è portato via la vita di sei persone, cinque soldati e un tecnico di trent’anni. Ma ormai tutti e sei i reattori (anche i tre già spenti al momento del terremoto) sono fuori controllo. È come una nave che affonda, ma l’equipaggio non l’abbandona.

“BISOGNA POMPARE l’acqua nei reattori”, sono le istruzioni. Facile a dirsi, ma l’acqua non c’è più, evaporata, se la sono bevuta tutta le barre incandescenti. Non resta che il mare, ma le pompe e i motori sono fuori uso, ridotti a un groviglio. Nei corridoi della centrale deserta risuonano voci, un’altalena di speranze e terrore: “Le barre del 2 sono scoperte, c’è rischio di fusione”. Ma i tecnici ci provano, rubano ogni litro disponibile: “Abbiamo riportato trenta centimetri d’acqua”. L’illusione dura un attimo: “Il liquido è evaporato, la fusione è cominciata”. Ma i cinquanta tecnici restano. Le famiglie da lontano possono solo guardare le immagini alla televisione. I teleobiettivi inquadrano quei puntini bianchi che si muovono senza sosta tra i reattori. F. Sa.
 

skitty

Cat Member
Idem per me... Qualsiasi cosa volessi scrivere, mi sembrava banale rispetto alla tragedia immane che si sta verificando.
Il coraggio e la rassegnazione di questi tecnici lascia senza parole.
 

velvet

Well-known member
Sono rimasto molto deluso da questo articolo e l'ho scritto da più parti: una battuta come quella delle persone di destra (che leggerebbero poco e capirebbero ancor meno) me la sarei aspettata dal peggior Michele Serra, non da Travaglio (peraltro in articolo che si propone di ricordare un amico).

Ho letto l'articolo e devo dire che la battuta da te riportata era riferita ai politici di destra e non alle persone, ho voluto precisare perchè la cosa è molto diversa, fermo restando che possa essere comunque contestata.

A parte questo neanche a me è piaciuto granchè l'articolo in questione.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Travaglio ha definito Tabucchi un "uomo libero",sicuramente si ritiene tale anche lui e soprattutto si ritiene libero di pensare e scrivere ciò che vuole,quindi ciò spiega il motivo di quello che ha scritto (indipendentemente dal fatto che venga condivisivo dagli altri). E ovviamente ognuno è libero di poterlo contestare o apprezzare.
Ognuno poi è libero di ricordare nel modo che preferisce una persona cara che è scomparsa. E' sempre una questione di opinioni e scelte personali :) !
 

pigreco

Mathematician Member
Travaglio ha definito Tabucchi un "uomo libero",sicuramente si ritiene tale anche lui e soprattutto si ritiene libero di pensare e scrivere ciò che vuole,quindi ciò spiega il motivo di quello che ha scritto (indipendentemente dal fatto che venga condivisivo dagli altri). E ovviamente ognuno è libero di poterlo contestare o apprezzare.
Ognuno poi è libero di ricordare nel modo che preferisce una persona cara che è scomparsa. E' sempre una questione di opinioni e scelte personali :) !

Scusami ma una frase come quella che ho citato non dimostra che chi scrive si sente un uomo libero, ma semplicemente chi scrive è un uomo che ama offendere il suo prossimo e che si nutre della sua presunzione. Tra l'altro la cosa ridicola è che evidentemente Travaglio o ha dimenticato il suo passato oppure fino a qualche anno fa non leggeva o non capiva le cose che leggeva...
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Ti ripeto,secondo me,Travaglio si riferiva solo ai politici di destra e non alle persone che li votano.E lui non è mai stato un politico.
Comunque non mi sembra il caso di continuare la discussione perchè credo che nessuno dei due cambierà idea su di lui...ed è giusto che sia così :) !
Forse è meglio che tu non legga gli articoli di Travaglio...il suo stile è questo...prendere o lasciare :wink:.
Io prendo,ma...se posso permettermi di darti un consiglio...mi sa che a te conviene lasciare :mrgreen:.
 

apeschi

Well-known member
Io sono abbonato al 'Fatto Quotidiano' dal primo numero (abbonamento pdf che leggo dall' ipad e/o dal pc).
A me Travaglio piace come giornalista e lo ritengo sempre molto preparato (anche quando interviene in televisione dimostra sempre con i fatti qualsiasi affermazione faccia, non parla mai a vanvera e per sentito dire come invece fanno molti altri).
Poi personalmente a volte condivido i suoi pareri a volte sono piu' critico e non sempre sono d'accordo al cento per cento su tutto, cio' non toglie che reputi Travaglio uno dei maggiori giornalisti contemporanei ed ha il pregio che si documenta sempre molto.
 
Sono vivo, e se pur concordo sul "commerciale"...

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Compostela, cammino di morte
di Maurizio Chierici | 7 agosto 2012
Commenti (124)

Più informazioni su: Spagna.
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Due anni fa un ragazzo è affogato in mare, poche righe frettolose, ma da due anni nessuno spiega perché. E per non turbare un turismo speciale: i morti si moltiplicano lungo il cammino di Santiago de Compostela. Sentieri con trappole non segnalate nella traversata dei Pirenei. E la spiaggia fatale di Finisterre, pellegrinaggio che arriva all’oceano.

Un blog col nome del ragazzo ne ricorda il dramma: Giulio Recusani. Giovanna e Angelo Recusani stanno per pubblicare i documenti del figlio perduto, aveva 25 anni. Vogliono mettere in guardia pellegrini inconsapevoli in marcia dove i pericoli vengono nascosti per non sgonfiare gli affari. Giulio era partito dopo il suicidio di un amico, uno dei 1500 viandanti in cammino solitario nella speranza di sciogliere l’angoscia non risolta. Duecentomila all’anno: religiosi, laici, folle esoteriche ipnotizzate da Paulo Coelho. Le strade della devozione scavalcano i Pirenei, si allargano in Spagna. L’invenzione della tomba di San Giacomo, morto in Palestina appena dopo Cristo, è di un vescovo medievale che ne “scopre” la tomba in Galizia; invenzione rinforzata dal sogno di un condottiero alla vigilia della battaglia contro l’emiro della dominazione araba. Gli appare san Giacomo. Promette di combattere al suo fianco. Nasce la leggenda di Santiago Matamoros, spada che taglia la testa agli infedeli. Statue e dipinti dell’orrore.

L’Europa dei nostri giorni comincia così e ancora ne sparge i veleni. Secoli di pellegrini anche se le folle riscoprono la leggenda negli anni 80. Associazioni che promuovono il viaggio, ostelli affidati al volontariato. Notti che costano niente, 5 o 7 euro, ma si pagano cibo e bevande, insomma affare più consistente di quanto è possibile immaginare. E i ristoranti smaniano per far passare il Cammino davanti alle loro vetrine. Mappe ritoccate dagli aggiornamenti commerciali di un turismo religioso a volte senza religione. Nel diario, Giulio confessa la delusione: 900 chilometri per raggiungere il luogo che immaginava di riconciliazione. Si rifugia a Finisterre, fine del mondo dei primi devoti. Spiaggia dorata, 10 minuti dal porto. Tanti cartelli con l’ombrellone invitano a tuffarsi. Un solo avvertimento – solo uno – timidamente contraddice: mare che può essere pericoloso.

I ragazzi dall’amicizia cresciuta nel camminare si bagnano nell’oceano liscio come un lago. All’improvviso le correnti trascinano al largo. Riescono a salvarsi, Giulio non ce la fa. Gli raccomandano di non affaticarsi: telefonano l’allarme, questione di minuti. Giulio galleggia con gli amici che incoraggiano: galleggia per quasi un’ora, nessuno arriva. Sparisce. Comincia la difesa di una disattenzione che continua a far vittime: crimini per tragedie ignorate. Non si avvisano i pescatori attorno e la barca di un istruttore sub. L’elicottero si alza un’ora dopo.

Perché? Perché chi poteva accorrere era fuori contratto e nessuno voleva la responsabilità della spesa. Da due anni nascondono i documenti. I tribunali spagnoli continuano a non pretenderli malgrado le interpellanze al Parlamento galiziano. La sola a indignarsi è Carmen Pugliese, storica milanese, in Spagna col sacco in spalla 20 anni fa. Non se ne è più andata. Dirige la “Revista Peregrina” nella quale interpreta il fascino e la fatica del viaggio delle meditazioni. Lo spiega nella introduzione al libro “Viaje a Santiago de Compostela”, diario del carmelitano Giovanni Antonio Naia che camminava nel ‘700. Quando Giulio annega scrive un editoriale di dolore e rabbia: “il Cammino si sta punteggiando di croci che dovrebbero insegnarci qualcosa”. Insomma, l’onestà del proteggere la vita degli altri e non pensare solo ai guadagni. “Mettiamo insegne con teschi, se necessario”. Carmen torna alla spiaggia degli affogati. Nuovi cartelli invitano a fare il bagno. Nessun allarme. Chi sta partendo adesso lo sa.

Il Fatto Quotidiano, 7 Agosto 2012
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
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Compostela, cammino di morte
di Maurizio Chierici | 7 agosto 2012
Commenti (124)

Non capisco questo articolo.

Non c’è paesino del Portogallo, della Spagna o del sud della Francia da cui non passi il cammino di Santiago: quanti cartelli bisognerebbe mettere?
Ma poi, cosa bisognerebbe scrivere?
Infatti alcune vie percorrono i Pirinei e la Cordillera Cantàbrica dove ci sono ghiacciai eterni, orsi e lupi (ci sono dei parchi naturali splendidi): bisognerebbe scriverci attenti ai lupi ?
Altre vie percorrono antichi tratturi che nel frattempo sono diventate strade statali a 4 corsia dove vi trovi centinaia di svitati che zaino in spalla camminano in mezzo ai TIR con la speranza di purificarsi : gli scriviamo attraversare sulle strisce?
Per chi non avesse mai visto una cartina geografica, Finisterre è l’estremità a nord-ovest della Spagna, in pieno Oceano Atlantico, perciò è una zona soggetta a correnti spaventose, soprattutto con la bassa marea che in quel punto raggiunge i tre metri di dislivello. Se salite sulla rocca di Finisterre, vedrete che l’acqua, invece di muoversi avanti e indietro, si muove in su e giù, roba da far venire i brividi. Se poi vi ci pucciate dentro, capite cosa vuol dire fare il bagno laddove non arriva la corrente del golfo: è più freddo di un lago alpino. Provare per credere.
In Galizia poi, sussiste un lavoro unico al mondo: il percebeiro. I percebeiros si infilano in mezzo agli scogli alla ricerca di percebes, piccoli e apprezzati molluschi, e ogni anno, a decine scompaiono nei flutti trascinati via da un’ondata.
Se non bastasse, il tratto di mare di fronte a Finisterre, si chiama Mar de la Muerte, al che, più avvisati di così non si può.
Quanto sopra, sia chiaro, è frutto dei miei frequenti pellegrinaggi da San Sebastiàn a Finisterre in cerca di clienti, perciò la zona la conosco discretamente.

Infine mi stupisce che una critica del genere arrivi dall’Italia dove i bagnini esistono solo nelle spiagge private, mentre in quelle pubbliche al massimo c’è un cartello con scritto ATTENZIONE: limite delle acque sicure per la balneazione (1,80m) non segnalato. Infatti, in Italia, quando anneghi (e si annega!), nessuno deve insabbiare alcun documento: avevano avvisato.

Con tutto il rispetto verso coloro che per qualsiasi motivo percorrono il cammino di Santiago e soprattutto verso le vittime di qualsiasi disgrazia, questo articolo mi sembra privo di senso.
 
Non capisco questo articolo.

Non c’è paesino del Portogallo, della Spagna o del sud della Francia da cui non passi il cammino di Santiago: quanti cartelli bisognerebbe mettere?
Ma poi, cosa bisognerebbe scrivere?
Infatti alcune vie percorrono i Pirinei e la Cordillera Cantàbrica dove ci sono ghiacciai eterni, orsi e lupi (ci sono dei parchi naturali splendidi): bisognerebbe scriverci attenti ai lupi ?
Altre vie percorrono antichi tratturi che nel frattempo sono diventate strade statali a 4 corsia dove vi trovi centinaia di svitati che zaino in spalla camminano in mezzo ai TIR con la speranza di purificarsi : gli scriviamo attraversare sulle strisce?
Per chi non avesse mai visto una cartina geografica, Finisterre è l’estremità a nord-ovest della Spagna, in pieno Oceano Atlantico, perciò è una zona soggetta a correnti spaventose, soprattutto con la bassa marea che in quel punto raggiunge i tre metri di dislivello. Se salite sulla rocca di Finisterre, vedrete che l’acqua, invece di muoversi avanti e indietro, si muove in su e giù, roba da far venire i brividi. Se poi vi ci pucciate dentro, capite cosa vuol dire fare il bagno laddove non arriva la corrente del golfo: è più freddo di un lago alpino. Provare per credere.
In Galizia poi, sussiste un lavoro unico al mondo: il percebeiro. I percebeiros si infilano in mezzo agli scogli alla ricerca di percebes, piccoli e apprezzati molluschi, e ogni anno, a decine scompaiono nei flutti trascinati via da un’ondata.
Se non bastasse, il tratto di mare di fronte a Finisterre, si chiama Mar de la Muerte, al che, più avvisati di così non si può.
Quanto sopra, sia chiaro, è frutto dei miei frequenti pellegrinaggi da San Sebastiàn a Finisterre in cerca di clienti, perciò la zona la conosco discretamente.

Infine mi stupisce che una critica del genere arrivi dall’Italia dove i bagnini esistono solo nelle spiagge private, mentre in quelle pubbliche al massimo c’è un cartello con scritto ATTENZIONE: limite delle acque sicure per la balneazione (1,80m) non segnalato. Infatti, in Italia, quando anneghi (e si annega!), nessuno deve insabbiare alcun documento: avevano avvisato.

Con tutto il rispetto verso coloro che per qualsiasi motivo percorrono il cammino di Santiago e soprattutto verso le vittime di qualsiasi disgrazia, questo articolo mi sembra privo di senso.


Quoto tutto. Concordocon l'articolo solo riguardo la commercialità (spennamento dei pellegrini) del Cammino. Tuttavia nel medioevo andava peggio, ti davano una botta in testa e ti toglievano la borsa. L'ho postato solo per esprimere il mio disaccordo. L'ho fatto con tre puntini, tu l'hai argomentato molto meglio di me.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Quoto tutto. Concordocon l'articolo solo riguardo la commercialità (spennamento dei pellegrini) del Cammino. Tuttavia nel medioevo andava peggio, ti davano una botta in testa e ti toglievano la borsa. L'ho postato solo per esprimere il mio disaccordo. L'ho fatto con tre puntini, tu l'hai argomentato molto meglio di me.

Caro Baldassarre,
detto questo, bisogna chiudere ricordando quanto siano belli i luoghi attraversati dal Cammino di Santiago, quanto sia gentile la gente nel Nord della Spagna (nei Paesi Baschi insomma...), come si mangi e beva divinamente e i prezzi siano ragionevoli.
Se poi evita di fare 400 Km a piedi lungo la statale, meglio.
E un abbraccio a chi soffre per una persona cara!
 
Caro Baldassarre,
detto questo, bisogna chiudere ricordando quanto siano belli i luoghi attraversati dal Cammino di Santiago, quanto sia gentile la gente nel Nord della Spagna (nei Paesi Baschi insomma...), come si mangi e beva divinamente e i prezzi siano ragionevoli.
Se poi evita di fare 400 Km a piedi lungo la statale, meglio.
E un abbraccio a chi soffre per una persona cara!

L'ho percorso due volte.
 

maurizio mos

New member
Se partiamo dall'Unità Italiana (tanto per avere una data di riferimento), se per Sinistra si intendono i movimenti legati in qualche modo ai diversi pensieri socialisti e al limite all'anticlericalismo, e per Destra s'intende il pensiero Liberale, il Cristianesimo della Chiesa e il Fascismo, allora per quel che ricordo io, la Cultura Italiana è stata (fino alla fine degli anni 60 almeno) più a destra che a sinistra.
Se prendo gli ultimi 2 volumi dei miei libri di Italiano, trovo tutti scrittori legati al mondo dell'aristocrazia (magari un po' decaduta), alla borghesia, alla chiesa, alla massoneria ... e se si staccano da tutto ciò, allora è facile che puzzino di fascio - almeno fino alla fine degli anni 30.
Per trovare un Gramsci o un Silone invece, devi aspettare l'ultimo mese di liceo.
Anche il mondo del Giornalismo - Montanelli, Il Corriere, La Stampa... - dell'Università e della Scuola appartenevano ad una cultura di destra liberale o di chiesa, ma di destra: insomma, le maestre italiane, fino a ieri, hanno sempre insegnato le preghierine!
Sia chiaro che io non me la sento di rinnegare tutto ciò in maniera acritica, anzi, Guareschi – anche se spesso non lo condivido - mi piace tantissimo.
Per me, dire che in Italia non è mai esistita una cultura di destra, è sbagliato, anzi, si fa un torto alla destra storica italiana.
E' negli ultimi 30 o 40 anni che è scomparsa, ma prima esisteva, eccome! E non era nemmeno - tutta - malaccio!
Piuttosto mi viene da domandarmi per quale motivo sia scomparsa.
A questo punto l'unica risposta che riesco a darmi viene dalla mia esperienza di lavoro, non dai libri.
Avete mai lavorato in una piccola azienda italiana, di quelle fondate durante il Boom economico o subito dopo? Io sì. La mia esperienza è che spesso il Fondatore si era arricchito scopiazzando i brevetti stranieri e vendendo un prodotto molto più economico della concorrenza grazie al lavoro nero e alla svalutazione della Lira. Suo Figlio - in genere meno brillante - ha continuato a far fortuna grazie all'evasione fiscale e investendo tutto in bot che - negli 80 - gli rendevano più dell'azienda - almeno quella denunciata la fisco. Il Nipote invece - più scemo del padre - dopo aver abbandonato Ingegneria - dopo 15gg - ed Economia - 1 anno - si è laureato col minimo dei voti in Scienze Politiche e, dovendo fare i conti con l'euro, la sta facendo fallire. Ovviamente c'è anche la Moglie del padrone che tiene la contabilità (e le sa tutte per levarti 12€ dalla busta paga) e la Figlia che si occupa degli acquisti – perché é sempre a fare shopping... - e via dicendo.
Avete mai lavorato in una grande azienda italiana? Io sì e la mia esperienza è che hanno fatto i miliardi grazie alla cassa del mezzogiorno, agli investimenti statali, agli appalti... e finché il grasso colava ci hanno infilato dentro cani e porci, amici degli amici degli amici degli amici... adesso invece, che le cose vanno male, vedono nella Serbia il paradiso degli Industriali, il walhalla degli Imprenditori.
Buona parte dell’attuale classe dirigente - imprenditrice e politica - italiana ha fatto i soldi rubando e perciò ringraziano la loro furbizia, non certo la loro intelligenza e tanto meno la loro cultura. Una classe dirigente così, della cultura non sa che farsene, tant’è che il loro riferimento politico è per lo più Berlusconi, Bossi o La Russa, di certo non Cavour o Ugo La Malfa.
Per contro, a sinistra, grazie al consociativismo, la cultura, partendo quasi da zero, pian piano è nata e cresciuta fino a fiorire nel dopo guerra e negli anni successivi, coinvolgendo – grazie a persone come Fo e Franca Rame – anche persone fino ad allora escluse dal mondo della cultura.
Purtroppo, una TV cafona, è cresciuta molto più velocemente e ha – in gran parte – soffocato tutto ciò.
Per me la Cultura è porsi dubbi, farsi domande e rischiando di sbagliare, provare a darsi delle risposte. Ad oggi, PURTROPPO, in Italia la cultura – come la satira - è solo di sinistra perché a destra – PURTROPPO – ci sono solo dei ladri, dei papponi, gente che se non si vergogna a comprare i voti in parlamento e in senato, chissà cosa fa nelle campagne. Prova ne è che politici e giornalisti di destra ma onesti, sono stati costretti a passare dall’altra parte.
Ah! Che bello che sarebbe avere anche in Italia una destra come quella inglese!
Per concludere: Il Fatto Quotidiano ti può piacere o meno ma è e resta un giornale, come Repubblica, La Stampa, Il Corriere, Il Secolo XIX, Il Messaggero... e questo perchè, tanto o poco, bene o male, al loro interno c'è un minimo di analisi dei problemi e di dibattito, cioè Giornalismo. Libero, Il Giornale (come i loro omologhi televisivi TG4 e TG1) non sono giornali perchè non fanno giornalismo: sono solo la voce cafona dei servi di un padrone altrettanto cafone e in quanto tale, lontano anni luce da ogni forma di Cultura.

Mi è capitato sott'occhio questo post un po' datato, chiedo scusa per non averlo visto prima, chiedo scusa al suo autore perché per me è di notevole attualità e intelligenza oltre che di sensibilità per la situazione. Posso dire di sottoscriverlo pienamente.
 

Zeebo

New member
Lo acquistavo all'inizio, ora sempre più raramente.

Giornale che sguazza nel torbido e tifa per lo sfascio del Paese, perché lucra sulla frustrazione degli italiani.
Anche se l'Italia fosse l'Eden loro ti mostrerebbero la mela bacata.
 

zanblue

Active member
Lo acquistavo all'inizio, ora sempre più raramente.

Giornale che sguazza nel torbido e tifa per lo sfascio del Paese, perché lucra sulla frustrazione degli italiani.
Anche se l'Italia fosse l'Eden loro ti mostrerebbero la mela bacata.

Piaceva anche a me all'inzio, poi ho scoperto che spesso, chi scrive non si documenta come si deve.
Documentarsi da fonti ufficiali, credo sia il minimo che un giornalista dovrebbe fare, prima di scrivere un pezzo.No ?
 
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