Non sei cavillosa per niente, il tema è molto interessante e per me possiamo continuare a parlarne.
Rispetto al contenuto del tuo post direi, citando il mondo del pallone, che “sono d’accordo a metà con il mister”.
Ho tante cose da dire, provo a mettere un po’ di ordine.
Sostenere che la critica possa anche non avere ragione non è presunzione. Significa semplicemente mettere in dubbio, e mettere in dubbio è un metodo molto efficace per crescere. E, in ultimo, mettere in dubbio non significa non essere d’accordo.
Chiedere delucidazioni sul perché si ritiene che Proust sia un pilastro della letteratura del ‘900, non significa sostenere che non lo sia. La forma mentis “sociale” (per così dire) è portata a pensare che se uno chiede il motivo per cui un’opera piace, significa implicitamente sostenere che quell’opera non è gradita. A maggior ragione se quell’opera è citata da tutti. Non chiedete mai a nessuno perché Picasso piace, Picasso deve piacere e basta.
Personalmente, se avete voglia di andarvi a rivedere i miei precedenti post, non ho ancora espresso la mia opinione in merito ai “pilastri del ‘900”, nonostante ciò ho come l’impressione che molti si siano convinti che per me Musil, Proust e Joyce non siano fondamentali. Non l’ho mai detto. Semmai ho chiesto la vostra opinione.
La critica spesso sbaglia. Andatevi a vedere quali erano gli scrittori fondamentali del ‘900 per gli intellettuali degli anni ‘70 e ditemi quanti ne conoscete. Personalmente manco uno.
Oppure cosa pensavano i nostri grandi filosofi del XX secolo della letteratura del secolo precedente. Non tutti citavano Tolstoj o Dostoiewsky. E poi ci sono i geni incompresi, che invece hanno percorso la strada opposta. Non capiti dalla critica dell’epoca, venivano di conseguenza rifiutati anche dal pubblico, per *poi essere scoperti 50 anni dopo da tutti quanti.
Con questo voglio dire che Proust non è un fondamento? Con questo non posso chiedere la vostra opinione? Per questo devo guardare con il sorrisetto chi non pronuncia il nome di autore correttamente?
Io avevo un grande amico, del quale ho perso le tracce, un incolto totale, sgrammaticato e apparentemente stupido. Tutti lo ritenevano stupido e forse, perché mentire, anch’io in cuor mio ero così presuntuoso da giudicarlo. Finché si è avvicinato a me, al mio mondo, fatto di libri. Voleva dei consigli e leggere gli dava conforto. Quando finiva un libro, veniva da me a dirmi la sua e cominciava sempre con frasi sfrigolanti, del tipo “se io sarei stato il protagonista…” dopo di che diceva cose al limite del geniale. Il fermarmi al suo errore grammaticale, il non ascoltare quello che aveva da dire dopo lo scempio della lingua, sarebbe stato un grande errore. Io gli ho insegnato i congiuntivi, lui molte cose su libri che avevo già letto. Questo modo di fare “aprioristico” è lo stesso che ricuso a rovescio. Non perché un grande critico mi dice una cosa, quella cosa deve essere.
Allora dove sta la verità? Nel trovare il proprio pensiero, di certo sorretto da chi ha studiato e da chi ci ha “insegnato” a capire certi testi, ma anche in una libertà di azione indipendente. Chiedetevi sempre, se posso dare un consiglio, se ciò che trovate scritto nei libri di testo (siano anche universitari, anzi forse soprattutto universitari) sia dettato da ragioni di comodo. L’autocitazione referenziale è lo sport prediletto dai critici, che per la maggior parte sono persone prive di libertà. Il solo processo dietro alla scelta dei premi Nobel, processo che implica il fatto che molti della giuria non abbiano manco letto la bibliografia completa di chi votano, dovrebbe farci capire che la strada migliore per noi è la nostra. Perdonate la pedanteria.
Ciò non significa essere presuntuosi, perché tutto il relativo che permea il mondo, deve permeare anzitutto me stesso. Se riesco a mettere in dubbio anche ciò che penso, avrò raggiunto un grande traguardo. Anche molte delle idee che ho io sui libri, sono ricavate da alcuni critici. Ma sono critici che mi sono scelto. Come i giornalisti. Non tutti dicono la verità. Allora la verità la dice solo il giornalista che mi sono scelto io come il migliore? Non lo so. Voglio dire, la risposta è: non lo so. Che è una bellissima risposta. Diversamente, sostenere “un libro è bello perché lo dice la critica” è la stessa cosa del famoso “lo hanno detto in televisione”.
Vi faccio una domanda: leggiamo per rafforzare la nostra idea di mondo o per metterla in discussione? Spero che qualcuno abbia avuto il coraggio e la forza necessari per arrivare fin qui, in modo da rispondere a questa domanda. Che comunque metto in grassetto, così magari salta all’occhio.
In ultimo voglio esprimere un’altra opinione: il romanzo va retrocesso al suo stadio “primitivo” per poterne comprendere a pieno la portata rivoluzionaria. Voglio dire, fino a 100 anni fa o poco più chi si appartava a leggere un romanzo, era uno scioccone al pari di chi, oggi, viene giudicato perché guarda troppa televisione.
I romanzi non sono scritti da divinità intoccabili o delle quali non si può dire nulla di negativo e non dicono nemmeno cose che non possiamo capire se qualcuno non ci aiuta. Il romanzo era il calcio del XIX secolo, niente più che un “volgare” passatempo.
Vedo che c’è molto “elitarismo” in chi legge certi romanzi, anzi in chi legge in generale. Se non un libro non ti è piaciuto, tanti non ti dicono nemmeno come la vedono loro, si limitano a scuotere la testa e a guardarti storto. Come se tu fossi un povero stolto, così grande che è inutile star lì a spiegarti.
Secondo me il libro è la cosa più semplice che c’è, per questo è meraviglioso. Retrocediamo la letteratura e avanti tutta!
Ho sempre meno tempo (...), per cui perdonami se sarò breve.
A parte il discorso sull'inizio di questa discussione che magari non è stato dei migliori :BLABLA perchè ci siamo presi tutti un po' troppo "di petto" (le tue domande erano lecite, ma senza averti davanti e senza sentire il tuo tono di voce, magari le ho interpretate male, tipo "e chi l'ha detto?" come chi usa quest'espressione in modo arrogante, polemico), mi pare che adesso l'intento di tutti sia assolutamente costruttivo...
E' vero, IO PERSONALMENTE ho un atteggiamento abbastanza deferente verso la critica o comunque verso un certo tipo di giudizi che secondo me sono consolidati dalla Storia...:ad: Magari sbaglio comunque, ma voglio sottolineare che il mio atteggiamento non è "
è così perchè l'ha detto la critica", come tu provocatoriamente scrivi, ma un altro, ovvero
il riconoscermi bisognosa di strumenti adeguati per poter comprendere qualcosa che, presa così com'è, magari non riesce ad arrivarmi semplicemente perchè non la comprendo. Mi spiego.
Il sunto di quella che era la mia posizione (molto vicina a quella di Bacci) nella discussione di cui ho postato il link è questo: ci sono opere, a mio avviso, a cui non basta la sensibilità o l'intelligenza personali (pur necessarie, ovviamente) per poter essere pienamente comprese, e questo perchè spesso (soprattutto nell'epoca moderna)
l'opera d'arte ha perso di "immediatezza", il suo significato giunge a noi non in modo limpido, ma filtrato, siamo diventati più complessi, abbiamo scoperto il "relativismo" nella scienza e lo abbiamo applicato all'arte. Questo può determinare un atteggiamento di chiusura da parte nostra, tipo "
questo quadro/libro/autore non lo capisco quindi non mi piace" (perchè spesso è così che accade), oppure, al contrario, può spingerci ad andare più a fondo (non tutti hanno voglia di accettare questa sfida, ma chi non ne ha voglia non vuol dire che "gli manchi qualcosa", semplicemente non apprezza un rapporto con l'opera d'arte che non sia, appunto, immediato; in un certo senso possiamo dire che anche qui è una questione di gusti) e a
cercare le giuste chiavi di lettura per comprendere ciò che ad un primo sguardo ci appare oscuro e ostile.
Io - e non perchè sia più brava, o più intelligente, o più coraggiosa, ma perchè sono così
di carattere - propendo per questo secondo atteggiamento. Picasso non l'ho mai amato: non è "diretto", non prende al cuore, difficilmente "emoziona". Poi ho iniziato a studiarlo (niente di che, giusto quel minimo di informazioni che mi ha permesso di capire perchè dipingeva due nasi in due direzioni diverse
) e.... guarda un po'! ho continuato a non amarlo!
aura: però almeno l'ho capito, e l'averlo capito mi ha permesso di apprezzarlo comunque di più (perchè alla fine, lo ribadirò fino alla nausea, il mio scopo nel leggere è quello di tutti gli altri:
godere di ciò che leggo, e non farmi del male da sola!
). Ma gli strumenti per questa comprensione non li ho ottenuti da sola, me li hanno forniti persone che ne sanno di più di me perchè hanno dedicato una vita a studiare questi artisti e queste opere, per cui sono riusciti a capire cose che a me, senza il loro aiuto, continuerebbero a sfuggire... Discorso identico a Picasso, nel mio caso, per l'
Ulisse di Joyce (anche se non mi azzardo di certo a dire che "l'ho capito" :BLABLA). Non ti nascondo che in moltissimi casi, invece, l'acquisizione di questi strumenti mi ha permesso di
rafforzare ancora di più il godimento che mi derivava dalla contemplazione di un quadro o dalla lettura del libro, e questo perchè
la consapevolezza, quasi sempre, genera valore.
Per cui, in conclusione (e meno male che dovevo essere breve!!! :W
), è sicuramente sbagliato avere un atteggiamento di cieca sottomissione nei confronti della critica, soprattutto se prendiamo per oro colato il loro
giudizio definitivo, se vogliamo
sostituirli alla nostra intelligenza per decidere se abbiamo apprezzato o meno un'opera d'arte, ma - credo - sia invece giusto (e fecondo)
servirsi della critica nel momento in cui ci può fornire cose che da soli non saremmo in grado di cogliere.
leggiamo per rafforzare la nostra idea di mondo o per metterla in discussione?
sappi che i libri che sono in testa alla mia personale classifica (quindi parliamo di criteri soggettivi) lo sono non perchè sono solo belli, divertenti, profondi, emozionanti, ma perchè sono stati capaci di mettermi in discussione (spesso l'ho sottolineato anche nei miei commenti: troveresti proprio queste identiche parole), perchè mi hanno mostrato cose che conoscevo da una prospettiva nuova, perchè mi hanno insinuato dei dubbi e delle domande. Diciamo che in questo senso preferisco che sia il singolo libro a mettere in discussione me, che non io a mettere in discussione il libro, ma questo è un mio personale atteggiamento e credo che l'approccio "io"/libro sia davvero quanto di più intimo e soggettivo possa esistere.