I quattro pilastri della letteratura del '900?!

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Sto giusto leggendo uno scritto di Giancarlo Mazzacurati "Musil e la crisi della verità", allegato al saggio "Sulla stupidità" di Musil, dove il critico spiega la grandezza di Musil (e di pochi altri) nel ridefinire il termine "romanzo"... riporto le prime tre pagine che mi sembrano perfette per questa discussione

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Acquistato!
 

malafi

Well-known member
Butto lì due domande, forse provocatorie e forse no.

Siamo sicuri che Musil (parlo di lui perchè è l'unico che ho letto, mentre Mann che sto leggendo mi sta dando un'altra impressione, gli altri non li ho letti) sia un pilastro della letteratura e non un pilastro .... della filosofia o, soprattutto, della sociologia?

Premesso che letteratura è una parola dal significato molto mobile e che io la assumo (per esprimere questo concetto) come espressione delle arti letterarie, io dell'opera di Musil ricordo un elevatissimo valore contenutistico, ma non una prosa così fluida, efficace ed avvolgente come altri scrittori.

In fondo, per sostenere ed illustrare le sue argutissime ed acutissime tesi, avrebbe anche potuto inserirle in una lettura più piacevole (anche se questa avrebbe forse distolto dallo scopo principale dell'opera).

Non ho mai letto nulla nè di Nietzsche, nè di Bergson, nè di Schopenauer (per dirne tre a caso), e poco di Platone, Aristotele ed Epicuro.
Ma perchè questi non sono pilastri della letteratura e Musil sì?
Perchè ha scritto un romanzo-mondo (definizione che condivido)?

E perchè Roth J., gran maestro della prosa a mio parere, non lo è?
Perchè scriveva libri e racconti più brevi? O perchè non ha scritto un romanzo-mondo?
Eppure come scrittore (inteso artista delle arti letterarie intese in senso estetico) a mio parere è molto migliore di Musil e pure, mi pare dalle prime 100 pagine, di Mann.

(La seconda domanda, che forse già si può intuire, la lascio ad un prossimo post)
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Butto lì due domande, forse provocatorie e forse no.

Siamo sicuri che Musil (parlo di lui perchè è l'unico che ho letto, mentre Mann che sto leggendo mi sta dando un'altra impressione, gli altri non li ho letti) sia un pilastro della letteratura e non un pilastro .... della filosofia o, soprattutto, della sociologia?

Premesso che letteratura è una parola dal significato molto mobile e che io la assumo (per esprimere questo concetto) come espressione delle arti letterarie, io dell'opera di Musil ricordo un elevatissimo valore contenutistico, ma non una prosa così fluida, efficace ed avvolgente come altri scrittori.

In fondo, per sostenere ed illustrare le sue argutissime ed acutissime tesi, avrebbe anche potuto inserirle in una lettura più piacevole (anche se questa avrebbe forse distolto dallo scopo principale dell'opera).

Non ho mai letto nulla nè di Nietzsche, nè di Bergson, nè di Schopenauer (per dirne tre a caso), e poco di Platone, Aristotele ed Epicuro.
Ma perchè questi non sono pilastri della letteratura e Musil sì?
Perchè ha scritto un romanzo-mondo (definizione che condivido)?

E perchè Roth J., gran maestro della prosa a mio parere, non lo è?
Perchè scriveva libri e racconti più brevi? O perchè non ha scritto un romanzo-mondo?
Eppure come scrittore (inteso artista delle arti letterarie intese in senso estetico) a mio parere è molto migliore di Musil e pure, mi pare dalle prime 100 pagine, di Mann.

(La seconda domanda, che forse già si può intuire, la lascio ad un prossimo post)

Bella fratello!

Gran bei quesiti, io ti risponderò più avanti.

Solo un appunto: stiamo parlando di pilastri della letteratura del 900, gli autori che citi, da Platone a Nietzsche non c entrano con la nostra dicussione.

Complimenti a tutti, 3d veramente interessante.

Ps Elisa, forse dovresti aggiungere "900" al titolo del 3d
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Azz... Se prima mi mancava rispondere solo a Zingaro, ora mi tocca anche a te!!!! :mrgreen:
Gran belle questioni!
Comunque, anche senza addentrarmi adesso, sottolineo che come ho scritto un po' di pagine fa, almeno uno degli aspetti peculiari di Musil sta proprio nell'aver cercato un'osmosi fra il saggio e la forma letteraria, fra l'intelletto e lo spirito (due concetti e soprattutto l'interazione dei quali sto scoprendo, dai saggi che ho in lettura adesso, gli stavano molto a cuore)...
 

malafi

Well-known member
Solo un appunto: stiamo parlando di pilastri della letteratura del 900, gli autori che citi, da Platone a Nietzsche non c entrano con la nostra dicussione.

Certo, ma quelli che ho citato non sono pilastri della letteratura del loro secolo (forse Platone a parte), per quello li ho citati nei miei esempi.
SE vogliamo stare nel 900 filosofi indimenticabili ce n'è pochi. E comunque nè Heidegger, nè Fromm nè Croce (per dirne tre che mi vengono in mente) sono pilastri della letteratura del '900.
 

Grantenca

Well-known member
Butto lì due domande, forse provocatorie e forse no.

Siamo sicuri che Musil (parlo di lui perchè è l'unico che ho letto, mentre Mann che sto leggendo mi sta dando un'altra impressione, gli altri non li ho letti) sia un pilastro della letteratura e non un pilastro .... della filosofia o, soprattutto, della sociologia?

Premesso che letteratura è una parola dal significato molto mobile e che io la assumo (per esprimere questo concetto) come espressione delle arti letterarie, io dell'opera di Musil ricordo un elevatissimo valore contenutistico, ma non una prosa così fluida, efficace ed avvolgente come altri scrittori.

In fondo, per sostenere ed illustrare le sue argutissime ed acutissime tesi, avrebbe anche potuto inserirle in una lettura più piacevole (anche se questa avrebbe forse distolto dallo scopo principale dell'opera).

Non ho mai letto nulla nè di Nietzsche, nè di Bergson, nè di Schopenauer (per dirne tre a caso), e poco di Platone, Aristotele ed Epicuro.
Ma perchè questi non sono pilastri della letteratura e Musil sì?
Perchè ha scritto un romanzo-mondo (definizione che condivido)?

E perchè Roth J., gran maestro della prosa a mio parere, non lo è?
Perchè scriveva libri e racconti più brevi? O perchè non ha scritto un romanzo-mondo?
Eppure come scrittore (inteso artista delle arti letterarie intese in senso estetico) a mio parere è molto migliore di Musil e pure, mi pare dalle prime 100 pagine, di Mann.

(La seconda domanda, che forse già si può intuire, la lascio ad un prossimo post)

Le tue domande sono provocatorie (in senso buono) ad una provo a risponderti. L'arte letteraria non è facilmente definibile ma non dovrebbe essere filosofia. Se ho capito bene stai leggendo Mann - la montagna incantata - e li troverai parti "letterarie" e parti filosofiche. Per una mia conformazione mentale ho apprezzato le prime mentre le seconde mi hanno annoiato. E' questo il motivo per il quale (eresia) ho apprezzato maggiormente "I Buddenbrock" di questa pur straordinaria opera. La stessa cosa mi è successo con "I Fratelli Karamazov" pur apprezzando la grandiosità dell'opera.

Sono d'accordo su Roth j. , ma la suo livello metterei un americano che ho conosciuto da poco più di un anno: Richard Yates.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Ragazzi miei, più vi leggo e più mi inkazzo quando sento risposte del tipo "lo hanno detto i critici per cui è così".

Siete molto originali, modesti e intelligenti. ..
 

bonadext

Ananke
Butto lì due domande, forse provocatorie e forse no.

Siamo sicuri che Musil (parlo di lui perchè è l'unico che ho letto, mentre Mann che sto leggendo mi sta dando un'altra impressione, gli altri non li ho letti) sia un pilastro della letteratura e non un pilastro .... della filosofia o, soprattutto, della sociologia?

Premesso che letteratura è una parola dal significato molto mobile e che io la assumo (per esprimere questo concetto) come espressione delle arti letterarie, io dell'opera di Musil ricordo un elevatissimo valore contenutistico, ma non una prosa così fluida, efficace ed avvolgente come altri scrittori.

In fondo, per sostenere ed illustrare le sue argutissime ed acutissime tesi, avrebbe anche potuto inserirle in una lettura più piacevole (anche se questa avrebbe forse distolto dallo scopo principale dell'opera).

Non ho mai letto nulla nè di Nietzsche, nè di Bergson, nè di Schopenauer (per dirne tre a caso), e poco di Platone, Aristotele ed Epicuro.
Ma perchè questi non sono pilastri della letteratura e Musil sì?
Perchè ha scritto un romanzo-mondo (definizione che condivido)?

E perchè Roth J., gran maestro della prosa a mio parere, non lo è?
Perchè scriveva libri e racconti più brevi? O perchè non ha scritto un romanzo-mondo?
Eppure come scrittore (inteso artista delle arti letterarie intese in senso estetico) a mio parere è molto migliore di Musil e pure, mi pare dalle prime 100 pagine, di Mann.

(La seconda domanda, che forse già si può intuire, la lascio ad un prossimo post)
Stai confondendo le cose! Musil non è un filosofo :wink: Gli esempi che citi sono esempi di filosofi, che scrivono saggi filosofici... non narrativa (anche se contengono una parte di filosofia) come i fantastici quattro!!! :mrgreen:
 

bonadext

Ananke
Su Musil...

"...Sospetto di simpatie nietzschiane, accusato di nichilismo, forse viziato dalla sua formazione scientifica, il pensiero di Ulrich (cioè di Musil) in realtà è inclassificabile. Quello che conta è che la sua inesausta curiosità lo porta a cercare sempre quello che si nasconde sotto la superficie delle cose, a mettere in discussione il buon senso comune, senza il timore di apparire né conservatore né progressista. Perché è semplicemente le due cose insieme."

In queste parole di Piero Dorfles c'è la somma di quello che è Musil ed ha cercato di esprimere nel suo capolavoro L'uomo senza qualità.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff


Non sei cavillosa per niente, il tema è molto interessante e per me possiamo continuare a parlarne.

Rispetto al contenuto del tuo post direi, citando il mondo del pallone, che “sono d’accordo a metà con il mister”.

Ho tante cose da dire, provo a mettere un po’ di ordine.

Sostenere che la critica possa anche non avere ragione non è presunzione. Significa semplicemente mettere in dubbio, e mettere in dubbio è un metodo molto efficace per crescere. E, in ultimo, mettere in dubbio non significa non essere d’accordo.

Chiedere delucidazioni sul perché si ritiene che Proust sia un pilastro della letteratura del ‘900, non significa sostenere che non lo sia. La forma mentis “sociale” (per così dire) è portata a pensare che se uno chiede il motivo per cui un’opera piace, significa implicitamente sostenere che quell’opera non è gradita. A maggior ragione se quell’opera è citata da tutti. Non chiedete mai a nessuno perché Picasso piace, Picasso deve piacere e basta.

Personalmente, se avete voglia di andarvi a rivedere i miei precedenti post, non ho ancora espresso la mia opinione in merito ai “pilastri del ‘900”, nonostante ciò ho come l’impressione che molti si siano convinti che per me Musil, Proust e Joyce non siano fondamentali. Non l’ho mai detto. Semmai ho chiesto la vostra opinione.

La critica spesso sbaglia. Andatevi a vedere quali erano gli scrittori fondamentali del ‘900 per gli intellettuali degli anni ‘70 e ditemi quanti ne conoscete. Personalmente manco uno.

Oppure cosa pensavano i nostri grandi filosofi del XX secolo della letteratura del secolo precedente. Non tutti citavano Tolstoj o Dostoiewsky. E poi ci sono i geni incompresi, che invece hanno percorso la strada opposta. Non capiti dalla critica dell’epoca, venivano di conseguenza rifiutati anche dal pubblico, per *poi essere scoperti 50 anni dopo da tutti quanti.

Con questo voglio dire che Proust non è un fondamento? Con questo non posso chiedere la vostra opinione? Per questo devo guardare con il sorrisetto chi non pronuncia il nome di autore correttamente?



Io avevo un grande amico, del quale ho perso le tracce, un incolto totale, sgrammaticato e apparentemente stupido. Tutti lo ritenevano stupido e forse, perché mentire, anch’io in cuor mio ero così presuntuoso da giudicarlo. Finché si è avvicinato a me, al mio mondo, fatto di libri. Voleva dei consigli e leggere gli dava conforto. Quando finiva un libro, veniva da me a dirmi la sua e cominciava sempre con frasi sfrigolanti, del tipo “se io sarei stato il protagonista…” dopo di che diceva cose al limite del geniale. Il fermarmi al suo errore grammaticale, il non ascoltare quello che aveva da dire dopo lo scempio della lingua, sarebbe stato un grande errore. Io gli ho insegnato i congiuntivi, lui molte cose su libri che avevo già letto. Questo modo di fare “aprioristico” è lo stesso che ricuso a rovescio. Non perché un grande critico mi dice una cosa, quella cosa deve essere.

Allora dove sta la verità? Nel trovare il proprio pensiero, di certo sorretto da chi ha studiato e da chi ci ha “insegnato” a capire certi testi, ma anche in una libertà di azione indipendente. Chiedetevi sempre, se posso dare un consiglio, se ciò che trovate scritto nei libri di testo (siano anche universitari, anzi forse soprattutto universitari) sia dettato da ragioni di comodo. L’autocitazione referenziale è lo sport prediletto dai critici, che per la maggior parte sono persone prive di libertà. Il solo processo dietro alla scelta dei premi Nobel, processo che implica il fatto che molti della giuria non abbiano manco letto la bibliografia completa di chi votano, dovrebbe farci capire che la strada migliore per noi è la nostra. Perdonate la pedanteria.

Ciò non significa essere presuntuosi, perché tutto il relativo che permea il mondo, deve permeare anzitutto me stesso. Se riesco a mettere in dubbio anche ciò che penso, avrò raggiunto un grande traguardo. Anche molte delle idee che ho io sui libri, sono ricavate da alcuni critici. Ma sono critici che mi sono scelto. Come i giornalisti. Non tutti dicono la verità. Allora la verità la dice solo il giornalista che mi sono scelto io come il migliore? Non lo so. Voglio dire, la risposta è: non lo so. Che è una bellissima risposta. Diversamente, sostenere “un libro è bello perché lo dice la critica” è la stessa cosa del famoso “lo hanno detto in televisione”.

Vi faccio una domanda: leggiamo per rafforzare la nostra idea di mondo o per metterla in discussione? Spero che qualcuno abbia avuto il coraggio e la forza necessari per arrivare fin qui, in modo da rispondere a questa domanda. Che comunque metto in grassetto, così magari salta all’occhio.

In ultimo voglio esprimere un’altra opinione: il romanzo va retrocesso al suo stadio “primitivo” per poterne comprendere a pieno la portata rivoluzionaria. Voglio dire, fino a 100 anni fa o poco più chi si appartava a leggere un romanzo, era uno scioccone al pari di chi, oggi, viene giudicato perché guarda troppa televisione.

I romanzi non sono scritti da divinità intoccabili o delle quali non si può dire nulla di negativo e non dicono nemmeno cose che non possiamo capire se qualcuno non ci aiuta. Il romanzo era il calcio del XIX secolo, niente più che un “volgare” passatempo.

Vedo che c’è molto “elitarismo” in chi legge certi romanzi, anzi in chi legge in generale. Se non un libro non ti è piaciuto, tanti non ti dicono nemmeno come la vedono loro, si limitano a scuotere la testa e a guardarti storto. Come se tu fossi un povero stolto, così grande che è inutile star lì a spiegarti.

Secondo me il libro è la cosa più semplice che c’è, per questo è meraviglioso. Retrocediamo la letteratura e avanti tutta!

Ho sempre meno tempo (...), per cui perdonami se sarò breve.
A parte il discorso sull'inizio di questa discussione che magari non è stato dei migliori :BLABLA perchè ci siamo presi tutti un po' troppo "di petto" (le tue domande erano lecite, ma senza averti davanti e senza sentire il tuo tono di voce, magari le ho interpretate male, tipo "e chi l'ha detto?" come chi usa quest'espressione in modo arrogante, polemico), mi pare che adesso l'intento di tutti sia assolutamente costruttivo...:)
E' vero, IO PERSONALMENTE ho un atteggiamento abbastanza deferente verso la critica o comunque verso un certo tipo di giudizi che secondo me sono consolidati dalla Storia...:ad: Magari sbaglio comunque, ma voglio sottolineare che il mio atteggiamento non è "è così perchè l'ha detto la critica", come tu provocatoriamente scrivi, ma un altro, ovvero il riconoscermi bisognosa di strumenti adeguati per poter comprendere qualcosa che, presa così com'è, magari non riesce ad arrivarmi semplicemente perchè non la comprendo. Mi spiego.

Il sunto di quella che era la mia posizione (molto vicina a quella di Bacci) nella discussione di cui ho postato il link è questo: ci sono opere, a mio avviso, a cui non basta la sensibilità o l'intelligenza personali (pur necessarie, ovviamente) per poter essere pienamente comprese, e questo perchè spesso (soprattutto nell'epoca moderna) l'opera d'arte ha perso di "immediatezza", il suo significato giunge a noi non in modo limpido, ma filtrato, siamo diventati più complessi, abbiamo scoperto il "relativismo" nella scienza e lo abbiamo applicato all'arte. Questo può determinare un atteggiamento di chiusura da parte nostra, tipo "questo quadro/libro/autore non lo capisco quindi non mi piace" (perchè spesso è così che accade), oppure, al contrario, può spingerci ad andare più a fondo (non tutti hanno voglia di accettare questa sfida, ma chi non ne ha voglia non vuol dire che "gli manchi qualcosa", semplicemente non apprezza un rapporto con l'opera d'arte che non sia, appunto, immediato; in un certo senso possiamo dire che anche qui è una questione di gusti) e a cercare le giuste chiavi di lettura per comprendere ciò che ad un primo sguardo ci appare oscuro e ostile.

Io - e non perchè sia più brava, o più intelligente, o più coraggiosa, ma perchè sono così di carattere - propendo per questo secondo atteggiamento. Picasso non l'ho mai amato: non è "diretto", non prende al cuore, difficilmente "emoziona". Poi ho iniziato a studiarlo (niente di che, giusto quel minimo di informazioni che mi ha permesso di capire perchè dipingeva due nasi in due direzioni diverse :mrgreen:) e.... guarda un po'! ho continuato a non amarlo! :paura: però almeno l'ho capito, e l'averlo capito mi ha permesso di apprezzarlo comunque di più (perchè alla fine, lo ribadirò fino alla nausea, il mio scopo nel leggere è quello di tutti gli altri: godere di ciò che leggo, e non farmi del male da sola!:mrgreen:). Ma gli strumenti per questa comprensione non li ho ottenuti da sola, me li hanno forniti persone che ne sanno di più di me perchè hanno dedicato una vita a studiare questi artisti e queste opere, per cui sono riusciti a capire cose che a me, senza il loro aiuto, continuerebbero a sfuggire... Discorso identico a Picasso, nel mio caso, per l'Ulisse di Joyce (anche se non mi azzardo di certo a dire che "l'ho capito" :BLABLA). Non ti nascondo che in moltissimi casi, invece, l'acquisizione di questi strumenti mi ha permesso di rafforzare ancora di più il godimento che mi derivava dalla contemplazione di un quadro o dalla lettura del libro, e questo perchè la consapevolezza, quasi sempre, genera valore.

Per cui, in conclusione (e meno male che dovevo essere breve!!! :W :mrgreen:), è sicuramente sbagliato avere un atteggiamento di cieca sottomissione nei confronti della critica, soprattutto se prendiamo per oro colato il loro giudizio definitivo, se vogliamo sostituirli alla nostra intelligenza per decidere se abbiamo apprezzato o meno un'opera d'arte, ma - credo - sia invece giusto (e fecondo) servirsi della critica nel momento in cui ci può fornire cose che da soli non saremmo in grado di cogliere.

leggiamo per rafforzare la nostra idea di mondo o per metterla in discussione?
sappi che i libri che sono in testa alla mia personale classifica (quindi parliamo di criteri soggettivi) lo sono non perchè sono solo belli, divertenti, profondi, emozionanti, ma perchè sono stati capaci di mettermi in discussione (spesso l'ho sottolineato anche nei miei commenti: troveresti proprio queste identiche parole), perchè mi hanno mostrato cose che conoscevo da una prospettiva nuova, perchè mi hanno insinuato dei dubbi e delle domande. Diciamo che in questo senso preferisco che sia il singolo libro a mettere in discussione me, che non io a mettere in discussione il libro, ma questo è un mio personale atteggiamento e credo che l'approccio "io"/libro sia davvero quanto di più intimo e soggettivo possa esistere.
 
Ultima modifica:

malafi

Well-known member
Stai confondendo le cose! Musil non è un filosofo :wink: Gli esempi che citi sono esempi di filosofi, che scrivono saggi filosofici... non narrativa (anche se contengono una parte di filosofia) come i fantastici quattro!!! :mrgreen:

Eddai, dammi il beneficio di confondore scientemente e volutamente, è la mia provocazione.
A me pare che l'uomo senza qualità abbia una forte prevalenza di filosofia e sociologia sulla narrativa.
Mi pare che come talento narrativo, ma anche come talento stilistico, nonché come talento filosofico, Musil non sia il top.
Forse è la fusione di questi elementi che ha reso grande lui e lUomo senza Qualità?
Difficile infatti trovare in altri un'armonia così tra i vari elementi letterari.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Molto bella la risposta di Ayu alla mia domanda.

E voi? Leggete per mettere in discussione la vostra idea di mondo o per rafforzarla?

Non vi capita di scartare autori perché, in partenza, sapete che non la pensano come voi? O, al contrario, leggerli solo ed esclusivamente perché sapete che troverete conforto nei loro pensieri?

Se è così la letteratura non è poi così profondamente rivoluzionaria. Finisce per dirci ciò che vogliamo sentirci dire e nulla più.

L esempio tipico è quello della Fallaci, scrittrice che, nonostante lei, è strumentale quasi solo a rafforzare la nostra idea di mondo. La leggo per criticarne le tesi o la leggo per dimostrare a me stesso che ho ragione.

A qualcuno la Fallaci ha mai fatto cambiare idea, in un senso o nell 'altro?

Siamo Ot da un po', ma secondo me questa discussione è molto interessante e spero ci concedano questi scivolamenti
 

ila78

Well-known member
Molto bella la risposta di Ayu alla mia domanda.

E voi? Leggete per mettere in discussione la vostra idea di mondo o per rafforzarla?

Non vi capita di scartare autori perché, in partenza, sapete che non la pensano come voi? O, al contrario, leggerli solo ed esclusivamente perché sapete che troverete conforto nei loro pensieri?

Se è così la letteratura non è poi così profondamente rivoluzionaria. Finisce per dirci ciò che vogliamo sentirci dire e nulla più.

L esempio tipico è quello della Fallaci, scrittrice che, nonostante lei, è strumentale quasi solo a rafforzare la nostra idea di mondo. La leggo per criticarne le tesi o la leggo per dimostrare a me stesso che ho ragione.

A qualcuno la Fallaci ha mai fatto cambiare idea, in un senso o nell 'altro?

Siamo Ot da un po', ma secondo me questa discussione è molto interessante e spero ci concedano questi scivolamenti

Dal mio piccolo miserrimo punto di vista la lettura mi mette in discussione, sempre. Forse perché io per carattere non do mai per scontato nulla mi piace "mettere il naso" nelle cose, specie se non le capisco, specie se la "massa" va tutta da una parte. Io voglio capire.
Citi la Fallaci. All'indomani dell' 11 settembre 2001 non si faceva altro che parlare del suo libro "La rabbia e l'orgoglio" c'è chi diceva che aveva ragione (pochini allora) chi le dava addosso. Io l'ho comprato, l'ho letto e mi sono fatta un'opinione mia (che non riporto perché sarebbe DAVVERO ot). Non ho "cambiato idea" ma l'ho messa in discussione confrontandola con la sua idea. Leggere è anche (soprattutto) questo.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Accetto volentieri lo "scivolamento", ma mi piacerebbe sapere la tua sui "quattro", in particolare (se hai voglia) sulla mia risposta alle "provocazioni" di Bouvard...
Non mi hai ancora detto alla fine la tua opinione su questa questione! ;)
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Accetto volentieri lo "scivolamento", ma mi piacerebbe sapere la tua sui "quattro", in particolare (se hai voglia) sulla mia risposta alle "provocazioni" di Bouvard... Non mi hai ancora detto alla fine la tua opinione su questa questione! ;)
Certo! Lo farò, ma ho bisogno di tempo, devo papirare. È una minaccia.
 

gamine2612

Together for ever
:) Espresso il desiderio e via web mi è arrivata " La Montagna incantata" .
Mal, non so quando inizio, spero la prox settimana...non ti raggiungerò mai .
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Vado un po’ di fretta, ma ho troppa voglia di intervenire.

La novità di Joyce sta tutta nella lingua, nella forma. Il suo fu un tentativo di ribellione contro tutto ciò che era formalmente “irlandese”, a partire dallo strumento comunicativo per eccellenza.

Chi è, all’epoca di Joyce, l’autore “perfetto”? L’artista per “antonomasia”? E’ l’apolide, colui che rinnega la società, colui che sfugge dalle convenzioni cercandone altre. Cioè l’esatto contrario di ciò che era fino a qualche secolo prima. Il quantitativo di pena che Dante ha dovuto sopportare nell’esilio è ancora oggi materia di indagine. Per non parlare degli antichi greci che quando venivano esiliati preferivano la morte. Lo scrittore moderno, invece, deve essere globale, cioè deve scrivere storie che siano immediatamente comprensibili a tutti. Ma il cuore non è uguale in tutti. Non solo è diverso da individuo a individuo, ma soprattutto è diverso ad ogni livello sociale. C’è, ne sono certo, un insieme di valori all’interno del quale una determinata società si riconosce. Che si gioca anche all’interno della lingua. L’arabo è una lingua che nasconde modi di essere, così come l’inglese, così come l’italiano e così come l’hindi.

L'’Europa e l’America, ad esempio, si riconoscono in una serie di convenzioni e di contro-convenzioni che non hanno alcun riscontro nell’immaginario collettivo cinese o indiano. Eppure parliamo dei romanzi di Philip Roth o di Franzen, come di romanzi globali, quando invece parlano esclusivamente di usi e costumi americani, spesso criticandoli, è vero. Ma non è il “positivo” o il “negativo” a fare la differenza. Non è la carica di progressismo insita nel contenuto di un romanzo a renderlo perfetto per tutti.

Roth e Franzen parlano a lettori occidentalizzati, per altro con una lingua squisitamente “americana”. E quando Rushdie ci parla dell’India ce ne parla in modo affettato, ruffiano, restituendoci un’India che sa benissimo essere quella che gli occidentali vogliono sentirsi raccontare.

Voglio dire che Joyce aveva giocato con la lingua inglese e in altri anni e non era il contenuto il suo territorio. Tutti, o quasi tutti, i suoi “pastiches” linguistici, che nascondevano un istinto di disgregazione, non sono traducibili. Eppure Joyce è stato tradotto e ne facciamo un autore globale, quando invece la sua voleva essere una rivoluzione molto più intima, molto più privata, proprio per ciò, intensa e per certi versi drammatica.
 

malafi

Well-known member
E perchè Roth J., gran maestro della prosa a mio parere, non lo è?
Perchè scriveva libri e racconti più brevi? O perchè non ha scritto un romanzo-mondo?
Eppure come scrittore (inteso artista delle arti letterarie intese in senso estetico) a mio parere è molto migliore di Musil e pure, mi pare dalle prime 100 pagine, di Mann.

Questa mia domanda è rimasta senza risposta :MUCCA

E poi: ho la sensazione che un libro che non sia sopra le 700 pagine non possa essere definito un pilastro della letteratura.

Ma è giusto? Solo concetti talmente densi e numerosi da non potere essere racchiusi in 200 pagine possono divenire pilastri della letteratura?
Un'opera bellissima, piena di poesia, pathos e bela scrittura di 214 pagine non potrà mai ambire ad essere una grande opera?
 
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