Sì, era quello.
L'avevo detto che non era un granchè
Comunque da questo evento mi sa che che ne nascono diversi altri.
Detto ciò,
ho finito l'VIII capitolo.
La processione di peones, beppine (peppine con la p) in villa, è descritta con il solito stile preziosissimo, che esalta l'ironia del contenuto (citazioni a sfare, Carducci, Pascoli, Manozni, altri scrittori minori, che non conoscevo ec...).
L'arrivo di Gonzalo, cambia completamente il tono: cessa ogni ironia, si respira cupezza e pesantezza.
I periodi diventano più difficili da capire.
La tutto sommato allegra descrizione del colorato via via di genti e animali cede il passo ai cupi ricordi di infanzia di Gonzalo.
La descrizione del suo carnevale di bambino è angosciante, riempie di tristezza.
Finalmente, ho trovato il pezzo che dà il titolo al libro, decisamente incomprensibile.
Per intervalli sospesi al di là di ogni clausola, due note venivano dai silenziosi, quasi dallo spazio e dal tempo astratti, ritenute e profonde, come la cognizione del dolore : immanenti alla terra, quandochè vi migravano luci e ombre. E, sommesso, venutogli dalle remota scaturigine della campagna, si cancellava a disperato singhiozzo.
Dunque, dalle note ho capito che queste sue note, questo singhiozzo è il verso del chiù, quasi sincrono con l'alternarsi della luce e dell'ombra per le nuvole che passano sul sole.
Senza le note non avevo capito proprio niente.
Come questa immagine sia poi legata alla "cognizione del dolore" però continua a sfuggirmi.
Forse che questa cognizione è quasi un doloroso pulsare del cuore?
Ma soprattutto, cosa è questa cognizione del dolore?
Francesca