Finito.
Come primo commento a caldo, posso dire che il libro mi è piaciuto, anche se non mi ha pienamente soddisfatto, mi sarebbe piaciuto sapere di più, sapere di più di Onegin, di Tatiana della loro evoluzione psicologica e caratteriale.
Adesso sto leggendo la prefazione alla mia edizione di una certa Pina Pera che è anche la traduttrice e devo dire che mi sta dando parecchi spunti di interpretazione e approfondimento che probabilmente ad una lettura spicciola rimangono sconosciuti.
Da quanto dice Onegin rappresenta un certo tipo di "Russia", la Russia sempre in ritardo, che dipende completamente dalla cultura europea, in particolare da quella francese da cui assorbe atteggiamenti, lingua, sentimenti, rinnegando la sua vera essenza. E' vero, più che alla francese, Onegin ha atteggiamenti alla dandy inglese, ma perché in quel periodo c'era una certa tendenza fra i giovani nobili russi a rinnegare gli usi francesi, senza affrancarsi veramente dalla cultura straniera, quindi considerando l'adesione alla cultura inglese come elemento di discontinuità, ma non di liberazione vera.
Fra l'altro la Pera spiega che nel periodo storico in cui Puskin scrive questo romanzo era già iniziato nella società intellettuale russa un processo di affrancamento dalla lingua e cultura francese, spinto anche dalla vicenda storica dell'invasione di Napoleone, e dalla sua sconfitta. Il popolo russo aveva preso coscienza della sua forza, del suo "carattere", e aveva bisogno di trovare la sua lingua, le sue forme di espressione: in questo Puskin è stato il genio, il precursore che ha aperto la strada alla vera grande letteratura russa.
Molto interessante anche l'interpretazione del romanzo in chiave di "antifiaba". La struttura infatti è tipica delle fiabe, c'è l'eroina (Tatiana) che deve affrontare l'antieroe (Onegin) per affrancare se stessa e superare l'ostacolo che impedisce la sua crescita, la sua realizzazione... in qualche modo l'eroina vince, ma non è una fiaba vera e propria perché manca il gran finale "e vissero felici e contenti".
Ho letto in alcuni dei vostri commenti che Dosto avrebbe detto che Pusking avrebbe fatto meglio ad intitolare il libro Tatiana.
Lungi da me mettere in dubbio le parole del grande Dosto, ma non sono d'accordo.
E' Onegin il vero elemento innovativo e dirompente nel libro, non è personaggio amabile o simpatico, ma contiene il succo vero del romanzo, è il paradigma della vita sprecata alla ricerca di non si sa cosa.
Tatiana ha in sè elementi riconoscibilissimi, ha una storia più nobile è vero, ma anche un po' più banale nella sua parabola psicologica, è l'eroina buona, di cui sono disseminati centinaia di romanzi ottocenteschi, cade ma si rialza e ricostruisce pezzo pezzo la sua dignità, e come sappiamo queste eroine romantiche spesso non hanno scampo, questa dignità conquistata la pagano al prezzo della felicità e del sacrificio.
Onegin ha in sé invece le caratteristiche dell'antieroe, che lo rendono più moderno, che ne fanno un personaggio che può uscire dal suo tempo e dire qualcosa ai lettori di tutti i tempi.
Può raccontare la noia di una vita insensata, passata fra passatempi inutili e logoranti, di una vita insensata anche nei momenti più tragici e alti, quando uccide l'amico, in un nonsense che prende alla gola chiunque abbia sperimentato quanto spesso gli eventi più tragici sorprendano per la loro ridicolezza.
Può raccontare la vita vissuta di corsa, talmente di corsa, da arrivare alla situazione paradossale di provare sentimenti in ritardo con ciò che viviamo veramente, addirittura da arrivare a perdere la capacità stessa di sapere cosa si vuol provare.
Vado avanti nella lettura della prefazione.
empre secondo la Pera, l'Onegin è uno dei più grandi romanzi russi di tutti i tempi, che probabilmente paga al suo giusto riconoscimento come capolavoro, la sua intraducibilità. Sarà interessante leggere le note alla traduzione.
Francesca