LXXXIX GdL - La mia lotta per la libertà di Yeonmi Park

elisa

Motherator
Membro dello Staff
pagina 112

Ho iniziato a leggerlo e mi ha preso così tanto che sono già a pagina 112, su un totale di 297!

La lettura è molto lineare sia perché la scrittura è descrittiva e semplice, sia perché l'argomento è veramente coinvolgente. E' diviso in capitoli e i capitoli sono suddivisi spazialmente i paragrafi e questo lo rende molto scorrevole, i caratteri sono grandi e chiari per cui fila via liscio anche se i contenuti sono drammatici, ma visto con gli occhi di una ragazzina tutto sembra stemperarsi.
 

Tanny

Well-known member
Fine capitolo 6

Yeonmi dopo aver raccontato delle sue origini e del songbun (il sistema della caste della nordcorea) della sua famiglia inizia a narrare della vita quotidiana, di un periodo duro a seguito della carestia che ha colpito il paese dopo la caduta dell'URSS e delle peripezie del padre che grazie al contrabbando riesce a "far soldi" e far vivere "bene" la propria famiglia, lei riesce addirittura a visitare Pyongyang e ne rimane affascinata.
La cosa che sinceramente mi ha colpito di questi primi capitoli è il paragone che l'autrice fa con il libro 1984 di Orwell, dando un incredibile risalto al fatto che lei stessa era parte della propaganda del regime, sottolineando i vari aspetti dell'incredibile lavaggio del cervello a cui tutta la popolazione è sottoposta; il fatto di leggere che la ragazzina quando è stata in visita alla capitale quasi non credeva al fatto di poter respirare la stessa aria che respirava il Caro Leader è tutto un programma.

Una cosa che non ho ancora trovato nel libro (forse me la sono semplicemente persa o ne parlerà in seguito) è il motivo per cui quando parla della famiglia dei Kim mette sempre un aggettivo prima del nome come ad esempio "Caro" Leader, la cosa può sembrare strana nella lettura, ma avendo già letto un altro libro sul tema per me non lo è, il fatto di rivolgersi ai dittatori in questo modo in nord corea è obbligatorio chi non lo fa sarebbe irrispettoso nei confronti del gran capo e potrebbe passare dei guai.
 

Kira990

New member
Fine capitolo 2

Ho iniziato anche io la lettura.
Per il momento l'impressione generale non è delle migliori. Mi spiego meglio: apprezzo molto il poter approfondire un argomento che non conosco bene (la storia della Corea del Nord che non ho mai approfondito) e mi piace che parli di una storia vissuta veramente, in prima persona. Non apprezzo molto lo stile, le frasi brevi e concise; a volte mi sembra che passi da un episodio all'altro troppo bruscamente. Forse proprio a causa di questo modo di scrivere per ora non sento molta empatia verso la protagonista.
Ma forse è perchè sono solo alle prime pagine
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Una cosa che non ho ancora trovato nel libro (forse me la sono semplicemente persa o ne parlerà in seguito) è il motivo per cui quando parla della famiglia dei Kim mette sempre un aggettivo prima del nome come ad esempio "Caro" Leader, la cosa può sembrare strana nella lettura, ma avendo già letto un altro libro sul tema per me non lo è, il fatto di rivolgersi ai dittatori in questo modo in nord corea è obbligatorio chi non lo fa sarebbe irrispettoso nei confronti del gran capo e potrebbe passare dei guai.

Ad un certo punto lo spiega quando parla dei "bastardi americani" che vengono sempre nominati aggiungendo un epiteto ingiurioso perché gli americani sono sempre bastardi, non esistono americani buoni o neutri. Così il Leader è sempre caro perché non esiste che il leader sia negativo o neutro, non lo si può neanche pensare.
 

Tanny

Well-known member
Appena oltre la metà

Ho finito la prima parte della vita in Corea del nord dove le cose si sono complicate parecchio e la vita rea diventata praticamente impossibile, dopo la fuga della sorella lei e la madre scappano in Cina ma finiscono in mano a dei trafficanti di esseri umani, tutte le descrizioni delle miserie e delle cose che hanno dovuto passare in Corea diventano quasi leggere rispetto al racconto dei primi capitoli del racconto della sua fuga, l'unico termine che mi viene in mente per descrivere questo racconto è: agghiacciante.
 

Spilla

Well-known member
Ho iniziato anche io la lettura.
Per il momento l'impressione generale non è delle migliori. Mi spiego meglio: apprezzo molto il poter approfondire un argomento che non conosco bene (la storia della Corea del Nord che non ho mai approfondito) e mi piace che parli di una storia vissuta veramente, in prima persona. Non apprezzo molto lo stile, le frasi brevi e concise; a volte mi sembra che passi da un episodio all'altro troppo bruscamente. Forse proprio a causa di questo modo di scrivere per ora non sento molta empatia verso la protagonista.
Ma forse è perchè sono solo alle prime pagine

Condivido. Questi libri mi piacciono perché mi aprono a spaccati di realtà di cui non so nulla e mi consentono di entrarvi senza alcuna difficoltà. Lo stile però è sempre lo stesso, giornalistico e asciutto. Non so se sia un limite, ma rende faticoso "innamorarsi" del libro.
Contorto, eh? :?
 

Tanny

Well-known member
In merito allo stile di questo genere di libri credo ci sia molto da dire, in queste cose sono abbastanza attento e la prima cosa che ho notato quando ho iniziato a leggerlo è che fra i titoli di apertura assieme a Yeonomi era indicato "con Maryanne Vollers" e cercando con google ho scoperto quello di cui ero già praticamente certo: è una giornalista ed una ghostwriter.
Anche l'altro libro che ho letto non era stato scritto dalla protagonista della vicenda, in quel caso il nome dello scrittore era indicato direttamente in copertina, ma a differenza di questo libro l'altra ragazza era andata a cercare un romanziere e lo stile era tutt'altra cosa, effettivamente lo stile di questo libro è molto più "giornalistico" rispetto all'altro, anche se questo non l'ho ancora finito dal punto di vista stilistico preferisco l'altro, ma per la storia preferisco questo nonostante sia molto più drammatico, non dico che l'altro si possa leggere a cuor leggero, ma per fare un paragone calzante fra i due libri se l'altro è come uno schiaffo, questo è una bastonata in piena faccia.
Il fatto che in questo genere di libri ci siano dei ghostwriter lo valuto una cosa abbastanza normale, sono ben pochi scrittori che vivono certe esperienze che hanno poi la capacità di raccontarsi attraverso un libro (sono pochi quelli come Primo Levi), nella stragrande maggioranza è gente normale che ha una storia da raccontare ma senza un aiuto non riuscirebbe a mettere assieme la cosa; io stesso non saprei scrivere la mia biografia, a parte il fatto che non avrei nulla di interessante da raccontare, non saprei da che parte iniziare.
 

Kira990

New member
Si giustamente, non essendo scrittori, fanno bene ad affidarsi a qualcuno che li aiuti a scrivere la loro storia. Vuoi per la difficoltà di raccontare qualcosa di difficile, vuoi per la fase pratica di passare da racconto orale a storia scritta, necessariamente serve l'aiuto di un professionista.
Se avessi qualcosa di interessante da scrivere, mi piacerebbe uno stile meno giornalistico. Per contro però se fosse più romanzato potrebbe poi risultare una storia meno reale :? :? . Sicuramente non è semplice, ma alla fine tutto si risolve nel gusto personale delle persone. Non esiste una risposta giusta o sbagliata
 

qweedy

Well-known member
"Non sognavo la libertà quando fuggii dalla Corea del Nord. Non sapevo nemmeno cosa volesse dire essere liberi.
In Corea del Nord non esistono alcune parole come "centri commerciali", "libertà" e persino "amore" nel significato romantico.
"


Ho iniziato anch'io, sono rimasta colpita dal pensiero che in quella situazione non è la libertà che sognano, non sanno nemmeno cosa sia. Certi concetti non esistono, così come non esiste la parola per esprimerli.
In Order To Live è il titolo originale del libro, quando la lotta è lotta per sopravvivere, non c'è spazio per gli ideali.

Per quanto riguarda il linguaggio giornalistico, credo sia tipico di questi libri, che ci proiettano in un altro mondo, ma hanno bisogno di essere raccontati come vengono raccontate le notizie nel nostro mondo, da un giornalista appunto. Non ci si improvvisa scrittori, anche se si ha una storia forte da raccontare.
 
Ultima modifica:

elisa

Motherator
Membro dello Staff
a me lo stile non dispiace affatto, anzi, lo rende più reale, più diretto, meno artefatto, meno romanzato. Probabilmente lei raccontava la sua storia e la giornalista la scriveva. Non tutti i testimoni sono degli scrittori.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Sono più o meno all'inizio del capitolo 5.... E più o meno concordo con voi: contenta dell'occasione di conoscere una nuova realtà (sebbene tutte le didatture di questo tipo, almeno dal punto di vista della propaganda, della chiusura nei confronti del resto del mondo, nella povertà spacciata per "necessità", si assomiglino un po' tutte... e anche solo questo dovrebbe far riflettere!), con solo qualche riserva sullo stile, non perché non condivisa la scelta del taglio giornalistico rispetto a quello romanzato, ma perché in effetti determina un po' meno empatia nei confronti delle vicende della protagonista...
 
Ultima modifica:

qweedy

Well-known member
Sono arrivata al capitolo 22, e mi piace molto il concetto espresso in queste frasi:

"Quando hai più parole per descrivere il tuo mondo, accresci la capacità di concepire pensieri complessi."
"In Corea del Nord il regime non vuole che pensi, e odia le sottigliezze, tutto è o bianco o nero."
"Cominciavo a capire che non si può davvero crescere e imparare se non si ha un linguaggio all'interno del quale crescere."


In Corea del Nord il popolo non doveva pensare, quindi molte parole non esistevano, e di conseguenza non esisteva nemmeno il concetto di libertà, di giustizia, di amore.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Non ho un’idea precisa in merito alla Corea del Nord.

Per altro è un paese che nessuno conosce direttamente, un po' come Cuba prima che cadesse il muro. E anche quei pochi che hanno avuto la possibilità di metterci piede, non possono dire di aver visto il paese liberamente. Perché sei costantemente scortato da una guida e sorvegliato 24 ore al giorno. Alcune cose sono proibite, come parlare direttamente alle persone, altre invece sono obbligatorie, come venerare il grande padre fondatore se ti rechi al memoriale.
Ciò basta per essere certi che in Nord Corea esiste una dittatura, nel senso più stretto del termine.

Ma non so cosa pensare sul paese e sulla sua politica in senso assoluto. Non c’è nulla di provato. Nemmeno i campi di sterminio che l’americana Google dovrebbe farci vedere dal satellite se davvero esistessero. E invece tiene oscurata quella parte, come si fa con le zone di sicurezza in base ad accordi internazionali. Ma, in questo caso, non credo che Google rispetterebbe la volontà di Pyong Yang.

Credo che molte storie che circolano siano state create ad arte, gonfiate, esagerate. E' evidente che potrei sbagliare, dico solo che ho dei dubbi. In passato l’Unione Sovietica era l’Impero del Male, poi lo fu Cuba. Se andiamo indietro nel tempo, vedremo che c’è sempre stata una rappresentazione paradossale di alcuni stati canaglia, designati come tali solo in base al fatto che non si allineavano con il volere statunitense.
Oggi sono due i paesi che ci vengono propinati come “Impero del Male”: l’Iran e la Corea del Nord. Sono stato in Iran e non ho trovato nulla di ciò che mi era stato detto dai media che invece ci avrei trovato. Non sono stato in Corea e non ne so nulla.

E’ probabile che ci sia, in certe zone rurali, una miseria estrema, ma non credo che l’Africa Nera sia da meno.

Meno probabile, secondo me, che il dittatore abbia ucciso la propria fidanzata, perché colpevole di aver portato una minigonna in pubblico, o che abbia fatto giustiziare con la contra area (con la contra area!) il proprio ministro per essersi addormentato. O che abbia consigliato ai nord coreani di cibarsi di cani, avendo cura di bastonarli da vivi e fino alla morte, affinché la carne sia migliore. Sostenere nel 2017 che i comunisti mangiano i bambini sarebbe oltremodo retorico, per cui, mi pare, hanno tirato fuori questa cosa che ci va vicino. Mangiano i nostri amici e prima li bastonano pure. Non che in Cina non vengano mangiati i cani, ma insomma, mi sembra tutto un po' troppo sopra le righe.

Trovo poco credibile la storia raccontata nel primo capitolo: a seguito di una diceria sulla morte del Leader da parte di uno zio, in poche ore arrivano agenti governativi che minacciano di morte tutti i familiari. Mi pare poco credibile, per il semplice fatto che mi sembra poco praticabile.

Non dico che in Corea non esista un regime e non dico che le persone vivano nell’abbondanza, dico che ho qualche dubbio su alcune storie che, certamente, gonfiano il mostro oltre misura.
Con questi dubbi in testa sto affrontando la lettura di questo libro.
 
Ultima modifica:

elisa

Motherator
Membro dello Staff
terza parte (spoiler)

Finalmente dopo la Cina e la Mongolia la nostra protagonista con la madre arriva in Corea del Sud. Non saranno tutte rose e fiori.
 

qweedy

Well-known member
spoiler video


Ho finito la lettura, è molto scorrevole.
Per quanto riguarda la veridicità del racconto, direi che ci possano essere alterazioni, lei stessa lo ammette verso la fine del libro.
Del resto il libro è anche un'operazione commerciale. Ma la sostanza ritengo possa essere veritiera.
Avevo letto precedentemente "Fuga dal campo 14", una biografia scritta dal giornalista americano Blaine Harden della vita di Shin Dong-hyuk, il primo esule della Corea del Nord ad esser nato in un campo di prigionia che sia poi riuscito ad uscirne vivo, fuggire dal suo Paese e raccontare la sua storia al mondo. Shin Dong-hyuk ha ammesso pubblicamente che alcuni elementi della sua storia sono stati da lui volutamente alterati e falsati, al fine di mantenere un distacco con il suo passato e non essere costretto a rivivere un momento difficile della sua vita, ma la parte centrale della sua storia è stata confermata.
Penso che anche per Yeonmy Park sia avvenuto lo stesso, rimozione dovuta allo stress e al trauma e desiderio di mantenere dettagli per sè. Ma la sostanza dovrebbe essere verosimilmente ciò che lei ha vissuto.
 
Ultima modifica:
Alto