L’argomento è senz’altro delicato. Ma continuo a non credere troppo, per lo meno non fino in fondo, alle storie della protagonista.
Abbiate pazienza, ma il mio contributo a questa discussione è questo e spero venga accettato nell'ottica di una parlata tra amici di libri che magari non hanno lo stesso punto di vista.
Lungi da me sostenere che la Corea del Nord non sia una dittatura, così come non vorrei mancare di rispetto a persone che hanno sofferto situazioni del genere. Il fatto è che non ho certezze rispetto allo specifico caso della Nord Corea.
Il libro è abbastanza pieno di incongruenze. Si dice che il cibo non c’era, si mangiavano solo patate nere e poi, all’improvviso, salta fuori che la piccola protagonista prepara zucche e ravanelli per la madre rinchiusa in un campo di lavoro. Certo, possono esserci eccezioni e non tutto va preso alla lettera, ma diciamo che ci sono tante cose che non mi convincono. Mi sembra in sostanza un libro preparato sull'impronta di ciò che il lettore "medio" occidentale si aspetta di leggere su un paese lontano e dalle tinte fosche. Mi sembra uno scritto "pre-fabbricato", per così dire.
Ripeto il concetto: non metterei la mano sul fuoco sul fatto che parte delle storie siano inventate, ma nemmeno la metterei sostenendo il contrario.
Non sono mai stato in Corea del Nord e non ho mai conosciuto nord coreani. Ma ho conosciuto persone che a loro volta hanno intrattenuto rapporti con cittadini di quel paese. Quest’estate sono stato a Vancouver, presso la scuola EF, a migliorare il mio inglese. Tutti i docenti mi hanno confermato che alcuni nord coreani vanno in Canada a fare esattamente ciò che sono andato a fare io. E che sono persone “normali” con un vissuto del tutto “normale”. Certo, chi si può permettere viaggi del genere farà parte di quella minuscola fetta di società benestante. Non ho dubbi sul fatto che i nord coreani siano per la stragrande maggioranza poveri in canna. E nemmeno ho dubbi sulla grande carestia degli anni ’90 che ha ridotto il paese alla fame. Il fatto è che la stessa carestia ha colpito buona parte dell'Asia, anche se la Nord Corea, per motivi di politica internazionale, ne ha sofferto ancor di più. Esattamente come fu per Cuba che scelse di aprirsi al turismo per sostituire con i dollari dei visitatori gli introiti che provenivano dall’ex Unione Sovietica.
Quello che leggo, poi, rispetto al cibarsi di cavallette o del fatto che i salari dei pochi che lavorano siano bassissimi, potrebbe essere riportato pari pari a tutti i paesi del sud est asiatico e al 90% di quelli dell’Estremo Oriente. Quello che viene fatto passare, qui, come una terribile eccezione dovuta alla dittatura, è la realtà precisa del Laos, del Vietnam, della Cambogia. E del 99% della Cina, delle Filippine, e di molti altri paesi la cui popolazione mangia insetti, i cui bambini aiutano gli adulti nei lavori più pesanti e in cui le società sono grezzamente patriarcali. Non vedo nulla di particolare nelle descrizioni della protagonista, tranne quando parla di situazioni censorie, che mi paiono esasperate e poco credibili.
Anche i resoconti dei turisti che ci sono stati sono estremamente contradittori: c'è chi dice che non sia vero che non si possano avvicinare i cittadini e parlare con loro liberamente. Si possono fare fotografie, anche se non a tutto e non a tutti. Che è poi quello che succede in Birmania o in Iran. Non esiste Internet e il paese è fortemente autarchico. La dittatura controlla e direziona, senza ombra di dubbio, la società in tutte le sue logiche e l'intera (scarsa) economia gira attorno al contesto militare. Ma da qui a disegnare situazioni orwelliane, per me del tutto paradossali, ce ne corre. Non credo alla storia degli agenti militari che arrivano in casa se lo zio ha espresso dubbi su Kim Jong Il. Il quale ha preso da Stalin, pari pari, il culto della sua personalità, probabilmente esacerbandola in modi ridicoli. Ma lo hanno fatto in tanti in passato, soprattutto nelle dittature di stampo musulmane.
La situazione politica del Laos, ad esempio, è del tutto simile a quella della Nord Corea. Anche il Laos ha conosciuto una rivoluzione alla fine della seconda guerra mondiale, anche il Laos finì per cacciare i giapponesi traballanti e anche il Laos, tramite i famosi Pathet Lao, uscì da quella situazione con un governo socialista tutt’ora in vigore. In Laos la società è agricola e condizionata dagli elementi atmosferici che, loro soli, decidono le sorti di milioni di persone.
Non esiste economia di mercato, né la libertà di parola, ma i laotiani vivono, nella povertà, all’incirca come mio padre negli appenini tosco emiliani non più di 50 anni fa o come oggi i nord coreani o i vietnamiti.
Nessuno parla della dittatura del Laos o di quella, di opposto segno politico, della Birmania, perché i reciproci governi sono molto più rilassati nelle relazioni internazionali.
Mi pare che le spudoratezze di questo Kim Jong Il alimentino leggende e focalizzino l’attenzione su un paese che, credo io, non è tanto diverso da tanti altri della regione o dell'Africa nera.