Questo romanzo, il primo che leggo di Fitzgerald, non mi ha del tutto convinto: la trama mi è sembrata scarna, i personaggi abbozzati, le loro storie e l'intreccio delle situazioni non ben approfonditi. Caratteristica del romanzo è la costante aura di indefinitezza e di mistero che avvolge la figura di Gatsby. Se questo aspetto inizialmente mi ha incuriosito e affascinato, mi è apparso alla lunga come un limite, perché non mi ha permesso di affacciarmi nella psicologia del protagonista, né di farmi percepire la sua reale personalità. Molte delle pregevoli qualità che sembrano caratterizzarlo (pazienza, dedizione, generosità, finezza, garbo, speranza), appaiono infatti strettamente legate allo scopo della sua vita, la riconquista del suo amore Daisy, in quanto d'altra parte sappiamo anche che si tratta di una persona pronta a tutto, anche all'illecito, per raggiungere i suoi fini. L'unica certezza è che Gatsby è perdutamente innamorato di Daisy, e tuttavia anche in questo caso il sentimento non poggia su basi solide, ma su un'illusione creata da un'infatuazione temporanea che si è protratta, alimentata e ingigantita nel cuore del protagonista perché la sua evoluzione naturale è stata interrotta dalla partenza in Europa dello stesso Gatsby sul fronte di guerra, la prima guerra mondiale. Ma dal momento in cui Gatsby e Daisy si re-incontrano dopo cinque anni, ossia dal momento in cui l'illusione del sogno d’amore di Gatsby comincia a confrontarsi e scontrarsi con la realtà, Gatsby, seppur addolorato e riluttante, è però perfettamente in grado di rendersi conto della fallacia del suo sogno.
In questo senso, Gatsby non mi è sembrato affatto colui che vuole rivivere il passato senza accettare il presente, o un uomo soggiogato dall'illusione dell'amore per Daisy, ma semplicemente una persona che crede ciecamente nel suo sogno fino a quando la realtà non gli dimostra la sua inconsistenza. Gatsby infatti riesce ad accorgersi per esempio che Daisy è attratta dai soldi, così come ad ammettere che lei possa essere stata innamorata anche di suo marito, fino a disilludersi completamente alla fine, quando decide di prendere il materassino e distendersi per la prima volta in quella piscina che aveva sempre riservato agli altri e mai a se stesso, quasi ad ammortizzare il doloroso colpo della presa di coscienza della realtà aggrappandosi alla concretezza di qualcosa che realmente gli apparteneva, che fino ad allora era stato sempre in funzione di qualcos'altro, di un sogno, ma che in quel momento rappresentava l’unica ancora per non cadere nel baratro, l’unico punto fermo per ricominciare in una nuova prospettiva di vita.
Allo stesso modo, l'amore in cui Gatsby è perso non l'ho trovato "insensato" come la quarta di copertina lo definisce, ma anzi assolutamente sensato. Non ho visto infatti niente di così strano e patetico nel desiderio di Gatsby di riprendere la relazione con Daisy: erano innamorati, la guerra li ha separati, si erano promessi di fedeltà e, al suo ritorno, Gatsby spera quindi naturalmente di riabbracciarla e poter continuare la loro storia. E se il processo con cui Gatsby si disillude non è immediato ma graduale e combattuto, è anche dovuto al fatto che è la stessa Daisy a continuare ad illuderlo inducendolo a credere che le cose fra loro sarebbero potute davvero tornare come prima.
Infine, ho trovato molto azzardate le affermazioni che considerano Il grande Gatsby come "un romanzo sull’America nei ruggenti anni venti" o sul "mito americano che si decompone pagina dopo pagina". Probabilmente è un mio limite, ma ho trovato davvero poco o niente di tutto ciò, ma qui si potrebbe aprire un’altra discussione a parte.
In definitiva, Il grande Gatsby non è il romanzo che credevo di trovare in base alle suggestioni che ho ricevuto. I personaggi e le situazioni rappresentate mi sono sembrati solo degli schizzi, in un contesto per altro limitato, mi è mancata una certa complessità sia a livello psicologico che di trama, e la figura di Gatsby non l’ho trovata così marcata da rimanere scolpita nella mia mente.
Le aspettative troppo alte che avevo su questo romanzo hanno sicuramente amplificato il senso di delusione che ho provato nel leggerlo. D'altra parte, se la storia e i personaggi del romanzo mi sono sembrati abbastanza piatti, devo però dire che lo stile di Fitzgerald non mi è dispiaciuto, l'ho trovato fine e in grado di essere a volte lirico, altre ironico, altre evocativo, ed è anzi a mio parere il vero punto forte del romanzo, in grado di conferire un tocco di valore in più al romanzo stesso, motivo per cui riproverò ad approcciarmi a questo autore con altri suoi scritti.