asiul
New member
La prima fase era esattamente quello che intendevo. Non siamo poi così in disaccordo, comunque su questo ci arrivo tra poco.
La seconda frase non l'ho mai intesa. E' un concetto un po' ostico, me ne rendo conto, ma il fatto che la morale, per il singolo, abbia un principio universale non significa affatto che debba o possa applicarla agli altri.
Non necessariamente, può essere una lettura possibile ma totalmente accessoria.
Provo a spiegarmi meglio, partendo più da lontano per ricongiungermi al discorso di cui sopra.
Sono d'accordo con chi ha accennato alla morale come "prodotto" specificamente umano. Umano, ma non necessariamente sociale.
Partendo da questo punto, io credo che spesso si sopravvaluti l'uomo, o meglio si cerchi di leggere la sua mente per qualcosa di diverso da ciò che è. Non tutto ciò che produce la nostra mente può essere trattato con criteri scientifici; ci troviamo di fronte ad ambiguità, confusione, contraddizioni, illusioni - cose ottime per studiare la cultura e la tradizione, non per fare filosofia. La dicitura "umano" non vale da sola a garantire la produttività di un'indagine; anzi, spesso la realtà va in senso opposto. Il nostro antropocentrismo ci porta a considerarci in una prospettiva completamente errata rispetto al contesto, e giacché la filosofia non può occuparsi, al contrario di cultura e tradizione, dell'uomo preso da solo o nella sua società, si capisce che procedendo in questo senso si incontreranno grosse difficoltà.
Questa premessa per sgombrare il terreno da un po' di materiale in eccesso.
Riducendo all'osso l'idea di morale, oltre a spostarci automaticamente verso un più neutro "etica", ne scorgiamo gli esordi, identificandoli spesso come "ciò che ci separa dagli altri animali". Anche questa dicitura è frutto di un antropocentrismo - se vediamo ciò che ci distingue, significa che stiamo considerando anche ciò che ci accomuna, eppure non lo menzioniamo.
In questo caso, a parer mio, sarebbe la mossa giusta. La morale è umana, ma l'uomo è anche animale; la sua riflessione coscienziosa su ciò che è giusto o sbagliato non è altro che una evoluzione, in un certo senso anche una complicazione, dell'analisi istintiva degli animali. Non se ne stacca, non ci appartiene in toto, basti pensare che usiamo tutt'ora l'istinto, compiendo scelte riguardanti il giusto o lo sbagliato: non chiamiamo questo un "esercizio morale" semplicemente per un criterio di quantità (scelte elementari anzichè complesse), non di qualità. Credo che questo punto sia particolarmente rilevante.
Detto ciò, si può ragionare in maniera più semplice.
Sviluppandosi l'uomo ha maturato la capacità di comportarsi secondo una certa "libertà", costruendo la propria morale in base a un sentire soggettivo, questo è un dato di fatto e l'abbiamo più volte affermato.
Tuttavia, volendo andare oltre: a me pare che l'universalità che sta nel principio della morale e l'individualità della sua espressione mal si accordino - portano inevitabilmente ad una situazione di non rilevanza, di casualità.
Può esistere, mi chiedo, una morale che faccia quadrare i conti, proponendosi come soluzione ideale per tutti e raggiungibile individualmente da ciascuno? Credo di sì, a patto di non fare ragionamenti troppo umani.
Per me no. Ci sarà sempre qualcuno cui i conti non tornano. Siamo troppo diversi l’uno dall’altro per metterci tutti d’accordo.
Non ci riusciamo nemmeno in uno spazio così piccolo come un forum. Molti di noi sono troppo umani per chiedere loro di ragionare in maniera differente.
La nostra unicità è fuori discussione, così come le nostre esperienze e il nostro sentire. Ma stiamo facendo lo sforzo di considerare l'uomo più appropriatamente nel suo contesto: biologicamente siamo ben poco dissimili, l'istinto di sopravvivenza ci accomuna molto di più di quanto ci distinguano i gusti musicali, la religione o il luogo di nascita. Siccome ci sono alcune cose, basilari, che costituiscono un bene universale - non intendo, lo ripeto, collettivo, bensì individualmente percepibile da tutti - cosa impedisce che ve ne siano altre, via via più complesse? Niente, mi pare. Procendendo con l'analisi della realtà in maniera graduale, è possibile individuare svariate situazioni favorevoli e decidere liberamente se perseguirle, sapendo in quel modo di fare il nostro bene. Discutere su quali siano sarebbe un discorso troppo lungo e importante per essere contenuto in questa discussione, preciso solo che vanno individuate nell'ottica del vantaggio - un esempio banale: non uccido un uomo perchè è sbagliato uccidere, nè perchè gli farei del male; non lo uccido perchè tale azione sarebbe, a lungo andare, uno svantaggio per me. L'esercizio umano dell'etica, a parer mio, si distingue dal semplice istinto solo per questo fondamentale punto: la capacità di vedere oltre il risultato immediato di un'azione e comportarsi di conseguenza.
(Raggiunti certi livelli, probabilmente, la riflessione etica torna al posto che gli appartiene ricongiungendosi alla percezione istintiva, ma questa è un po' un'altra storia )
Spero di essermi espresso in maniera comprensibile (…) posso rimandarti a tali fonti se ti interessa.
Ho capito ciò che hai scritto. È tutto comprensibile, non del tutto condivisibile, ma è chiaro. Il punto è che per me una morale universale non è praticamente possibile Non attuabile. O meglio, non la si può chiamare “morale”. Chiamiamola in altro modo, ma non morale.
Ah! Aspetto di conoscere le fonti. Mi interessa molto. :wink:
PS beh! questa volta sono stata abbastanza sintetica.