La tecnologia è amica/nemica del genere umano?

asiul

New member
tranquilla, pare che questa volta facciamo i generali... ciò significa che qualcuno dovrà bendare noi.... lascio a te la prima scelta, non so se possiamo avere lo stesso infermiere (perché lo vogliamo uomo, giusto?? :??), potrebbe esserci un conflitto di interessi...:OO

(..e me lo domandi? non voglio donne con vestitini corti nella mia infermeria :mrgreen:) se vuoi facciamo dei test per trovare quello giusto...oppure in alternativa ne prendiamo due o più.
Bisogna essere generose in certi casi... :mrgreen:
 

Zefiro

da sudovest
Si, concordo che la questione “dipende da noi” e che la verità, con tutta probabilità sta nel mezzo. Il punto è dove? Cerco di spiegarmi.

La tecnologia, o più in generale la tecnica, nascono con l’uomo. Questo se col termine intendiamo il concretizzarsi di quelle abilità volto a migliorare le condizioni di vita e di lavoro, alla risoluzione di problemi o emergenze, o, ancor più in generale come una sorta di protesi, alla estensione delle capacità umane, sempre col fine di migliorare le condizioni generali del vivere o di meglio adattare all’umano l’ambiente circostante.

Da parecchi decenni la catena di ragionamento causa/effetto, su cui sono fondate sostanzialmente le società industrializzate e verso cui rapidamente si avvicinano quelle emergenti, semplificando molto, in un flusso ben noto ai commentatori economici come “filiera del benessere” grossomodo funziona così:

investimenti, che generano
innovazione, che genera
produttività, che genera
prosperità, che genera
benessere individuale e sociale.

Il che in tutta onestà a me sembra non fare una grinza. Ma da qualche parte, (in più parti?) è di tutta evidenza, il meccanismo si inceppa.

Nell’uso distorto dei frutti dell’innovazione? In una ancora poco efficiente ridistribuzione della ricchezza prodotta? Nella deriva ipertrofica della competitività dei processi economici ed industriali e giù giù fino ad arrivare alla sfera dei comportamenti individuali?

Una prima frattura la suggerisce, appunto, Nikki. La tecnologia libera del tempo. Si, ma per fare cosa? Per noi? per i nostri interessi ed il nostro piacere? Come si pensava peraltro agli inizi dell’era della automazione, quando il potere salvifico dell'innovazione appunto non aveva mostrato ancora i micidiali cons di cui era carico...
O per innescare un micidiale loop in cui il tempo serve a produrre di più, quindi si libera più tempo e quindi si può produrre di più? Ed all’ultimo passaggio, il benessere sociale individuale non si arriva mai o si arriva solo parzialmente, in modo disomogeneo e difforme. Si perde di vista il fine ultimo per via. Una frattura che in realtà è un baratro dentro il quale una quantità innumerevole di esistenze (mai chiedersi per chi suona la campana…) precipitano perdendosi irrimediabilmente.

Un altro baratro-frattura prima dell’ultimo step, è probabilmente costituito da una non sufficientemente efficiente in termini di equità ed omogeneità ridistribuzione della ricchezza prodotta. L’unico tentativo storicamente posto atto di un qualcosa che da questa esigenza fosse radicalmente determinato, il comunismo, s’è rivelato nei fatti, per evidente non adeguatezza all’umano nonché alla storia appunto, cura ben peggiore del male, risolvendosi in una delle più immani catastrofi che l’uomo, animato delle migliore intenzioni, sia mai stato capace di generare. Un terribile concerto di milioni di campane, che ha travolto mezzo mondo ed al cui faticoso tentativo di riprendersi tutt’ora assistiamo.
Da questo punto di vista, la capacità di redistribuzione della ricchezza prodotta, i risultati raggiunti dalle società di tipo occidentale sono quanto di meglio l'uomo abbia saputo mettere in campo... Ma ancora non basta...

Una terza frattura (suggerita sia da Nikki che da Luisa) sta forse nel rischio di auto isolamento che la tecnonologia, specie quella di ultima generazione sembra intrinsecamente portare con sé. Una opportunità di apertura al mondo da un lato, un rischio di isolamento cupissimo dall’altro..

Uhm… si..c’è da pensarci su… secondo me non son finite e di fratture ce ne sono ancora parecchie.. Come colmarle è altro affare.. Come altro affare è, probabilmente, la ridefinizione della filiera del benessere o perlomeno il suo reindirizzamento in termini di finalità.
 

Nikki

New member
uhmmm...delirio di onnipotenza. Gli capita a volte... commiseralo Nikki e non gliene volere. E' fatto così straparla a volte... in realtà è completamente innocuo....:boh:
tranquillo, se la avessi considerata insolenza da doverne volere ... come dice mio zio.. "troppi ne avrei dovuti ammazzare, fino ad oggi" (ma lui lo riferiva agli juventini). So, so che Zef è innocuo.. :wink: (e ti dirò di più, lo sono anche io.... ci crederesti?? :D )

L’unico tentativo storicamente posto atto di un qualcosa che da questa esigenza fosse radicalmente determinato, il comunismo, s’è rivelato nei fatti, per evidente non adeguatezza all’umano nonché alla storia appunto, cura ben peggiore del male, risolvendosi in una delle più immani catastrofi che l’uomo, animato delle migliore intenzioni, sia mai stato capace di generare. Un terribile concerto di milioni di campane, che ha travolto mezzo mondo ed al cui faticoso tentativo di riprendersi tutt’ora assistiamo.
è [/SIZE][/FONT]

alla luce di mie quasi recenti riflessioni, posso essere d'accordo in ordine al comunismo, diciamo, politico. Non quello "sociale", intendendolo come inclinazione e modo di sentire della popolazione, attitudine dell'animo. I morti non contano, certi popoli sono tutt'ora convinti che non si tratti di immane catastrofe. Semplicemente, costituisce la loro identità.
 

Zefiro

da sudovest
(...) diciamo, politico (...)

A quello mi riferivo of course. Strettamente. Anche solo così ce n'è d'avanzo :wink:

I morti contano eccome. Per il comunismo e per qualunque altro regime ne abbia provocati in qualunque era o sotto qualunque latitudine.
 

Nikki

New member
I morti contano eccome. Per il comunismo e per qualunque altro regime ne abbia provocati in qualunque era o sotto qualunque latitudine.

posso essere d'accordo con te, tu lo capisci, io lo capisco, ma la storia ci darà sempre torto. E anche tante altre persone, popolazioni intere.
 

asiul

New member
Dunque la tecnologia libera dal tempo. Come è stato detto..per fare cosa? Questo come sempre dipende dalle esigenze di ognuno di noi.
Mi accorgo a volte come uno strumento tecnologico quale l’automobile che dovrebbe servire a farci recuperare del tempo prezioso come spostarsi da un luogo all’altro è diventata una seconda casa che al contrario ci ruba il tempo.
Ci chiudiamo dentro la nostra macchina e passiamo ore nel traffico. Ce ne rendiamo conto? Sì, no? Perché? Siamo diventati schiavi della tecnologia?

L’uomo è l’artefice della tecnologia oppure oggi è lei a cambiare noi?
È interessante quanto afferma il filosofo Giuseppe Longo quando parla di Simbionte. (sintetizzo molto,spero di non commettere errori :mrgreen:) Un ibrido fra uomo e i dispositivi tecnologici che produce: «come l'uomo fa la tecnologia, così la tecnologia fa l'uomo. Molte delle capacità del simbionte uomo-computer, per esempio, erano affatto imprevedibili e non è improprio dire che l'unità cognitiva “uomo-col-computer” è essenzialmente diversa dell'unità cognitiva “uomo-senza-computer”».

"Le sue tesi: 1) L’uomo sta cambiando per effetto delle tecnologie; 2) Si può parlare di evoluzione bio-tecnologica, bio-culturale, evoluzione che è più forte, più veloce di quella biologica."

Per il filosofo Giuseppe Longo uomo e tecnologia coincidono.
O meglio coincide la loro evoluzione. Il processo evolutivo della tecnologia influisce bene o male su quello dell’uomo anche se sembra proprio che lei (la tecnologia) vada avanti e l’uomo (la sua biologia) resti indietro.
Un Homo Tecnologicus così lo definisce, dove biologia e tecnologia (biotecnologia) si uniscono e si evolvono assieme.
In certi casi anche fisicamente. Pensiamo alle protesi che sostituiscono parti del corpo. Queste sostituiscono funzionalità ormai perse. Lo stesso fa la tecnologia per altri versi. Si sostituisce a noi, nella vita di tutti i giorni. Effettua per noi del calcoli. Aumenta la nostra comunicabilità. Per questo siamo degli ibridi.Il Simbionte, appunto.
 
Ultima modifica:

Zefiro

da sudovest
posso essere d'accordo con te, tu lo capisci, io lo capisco, ma la storia ci darà sempre torto. E anche tante altre persone, popolazioni intere.

Per puro amore di ordine ( di evoluzione umana e tecnologica si sta parlando...) chiudo qui qs discussione.

Pronto a riprenderla, se ti va, in altra sede. Suggersico (ma se hai idee migliori è ok per me...) un vecchio 3D che si intitolava "le ceneri del muro", credo sia il più affine.

Non è pignoleria, ma mio limite: sono un ragazzeto semplice io, e se la discussione si amplia troppo mi perdo :wink: :mrgreen: :wink:

PS di contro invece, adoro gli OT. Specialmente i "falsi" OT :wink:
 

Nikki

New member
Pronto a riprenderla, se ti va, in altra sede. Suggersico (ma se hai idee migliori è ok per me...) un vecchio 3D che si intitolava "le ceneri del muro", credo sia il più affine.

Non è pignoleria, ma mio limite: sono un ragazzeto semplice io, e se la discussione si amplia troppo mi perdo :wink: :mrgreen: :wink:

PS di contro invece, adoro gli OT. Specialmente i "falsi" OT :wink:

dove mi inviti, io arrivo!

p.s. io avanzo solo a colpi di OT... temo di essere bannata dal forum prima o poi, mi dispiacerebbe molto... :paura:
 

Zefiro

da sudovest
Luisa, questa del Simbionte mi mancava. E non conosco qs autore. Dove l'hai trovata? Hai della bibliografia? L'angolazione riflessiva di evoluzione "simbiotica" uomo/tecnologia la trovo notevolissima...

PS si fa sempre bene a condividere un pensiero quando ci ronza in testa... si finisce sempre con l'imparare sacco di cose....
 

Nikki

New member
Dunque la tecnologia libera dal tempo. Come è stato detto..per fare cosa? Questo come sempre dipende dalle esigenze di ognuno di noi.
Mi accorgo a volte come uno strumento tecnologico quale l’automobile che dovrebbe servire a farci recuperare del tempo prezioso come spostarsi da un luogo all’altro è diventata una seconda casa che al contrario ci ruba il tempo.
Ci chiudiamo dentro la nostra macchina e passiamo ore nel traffico. Ce ne rendiamo conto? Sì, no? Perché? Siamo diventati schiavi della tecnologia?

L’uomo è l’artefice della tecnologia oppure oggi è lei a cambiare noi?
È interessante quanto afferma il filosofo Giuseppe Longo quando parla di Simbionte. (sintetizzo molto,spero di non commettere errori :mrgreen:) Un ibrido fra uomo e i dispositivi tecnologici che produce: «come l'uomo fa la tecnologia, così la tecnologia fa l'uomo. Molte delle capacità del simbionte uomo-computer, per esempio, erano affatto imprevedibili e non è improprio dire che l'unità cognitiva “uomo-col-computer” è essenzialmente diversa dell'unità cognitiva “uomo-senza-computer”».

"Le sue tesi: 1) L’uomo sta cambiando per effetto delle tecnologie; 2) Si può parlare di evoluzione bio-tecnologica, bio-culturale, evoluzione che è più forte, più veloce di quella biologica."

Per il filosofo Giuseppe Longo uomo e tecnologia coincidono.
O meglio coincide la loro evoluzione. Il processo evolutivo della tecnologia influisce bene o male su quello dell’uomo anche se sembra proprio che lei (la tecnologia) vada avanti e l’uomo (la sua biologia) resti indietro.
Un Homo Tecnologicus così lo definisce, dove biologia e tecnologia (biotecnologia) si uniscono e si evolvono assieme.
In certi casi anche fisicamente. Pensiamo alle protesi che sostituiscono parti del corpo. Queste sostituiscono funzionalità ormai perse. Lo stesso fa la tecnologia per altri versi. Si sostituisce a noi, nella vita di tutti i giorni. Effettua per noi del calcoli. Aumenta la nostra comunicabilità. Per questo siamo degli ibridi.Il Simbionte, appunto.
sai cosa mi viene in mente? il decalogo n. 1 di Kieslowki... Non avrai altro Dio all'infuori di me
http://it.wikipedia.org/wiki/Decalogo_1

Eh, Nikki... lo so... sono un grandissimo estimatore dei tuoi (psuedo) OT :wink:

ti riferisci alle mie dissociazioni mentali?? eh eh, fa piacere che qualcuno gradisca... :W
 

asiul

New member
Luisa, questa del Simbionte mi mancava. E non conosco qs autore. Dove l'hai trovata? Hai della bibliografia? L'angolazione riflessiva di evoluzione "simbitioca" uomo/tecnologia la trovo notevolissima...

PS si fa sempre bene a condividere un pesniero... si finisce sempre con l'imparare sacco di cose....

"Giuseppe O. Longo è nato a Forlì il 2 marzo 1941 e vive a Trieste dal 1955.
Ha ottenuto il diploma di maturità classica (1959), la laurea in Ingegneria elettronica (1964), la laurea in Matematica (1968) e la libera docenza in Cibernetica e Teoria dell'informazione (1969).
Dal 1975 ricopre la cattedra di Teoria dell'informazione alla Facoltà d'Ingegneria dell'Università di Trieste."

_______________

G. O. Longo ,Homo technologicus ,Meltemi
(collana "Mutazioni", 2001, )

"L'Homo technologicus è un ibrido di uomo e macchina, figlio dell'attuale crisi della scienza e di un mondo trasformato dalla tecnica. Nelle riflessioni di questo libro inusuale (nel quale a fianco dell'argomentazione saggistica emergono forme particolari di narrazione) vengono analizzati prodotti e caratteristiche dell'impresa tecnologica, con l'intento di inserire la tecnologia nella più ampia prospettiva della cultura umana e dell'epistemologia. L'autore prende in esame le figure di automi dall'antichità fino ai moderni robot che dovrebbero prendere il posto dell'uomo, le nuove forme di intelligenza artificiale e gli sviluppi recenti della tecnologia, con un capitolo finale dedicato a Internet.


- Il simbionte. Prove di umanità futura ,Meltemi ,(collana ``Le melusine'', 2003)

"Da sempre la nostra specie si ibrida con gli strumenti che costruisce: in realtà homo sapiens è sempre stato homo technologicus, un ibrido di uomo e tecnologia in perpetua trasformazione. Ma nel mondo che ci stiamo costruendo, il vecchio homo sapiens, o meglio i primi simbionti, a bassa intensità tecnologica, non sono più a loro agio e vengono via via sostituiti da altre creature, a tecnologia sempre più intensa, che tendono ad adattarsi alla corrispondente successione di ambienti sempre più artificiali. Giuseppe Longo ci narra l'avventura di questo simbionte che, avviato a un futuro post-umano, forse superumano, è tuttavia lacerato dal disadattamento tra la componente biologica e quella tecnologica e si volge al passato con nostalgia. "

Ce ne sono altri. :wink:
 

asiul

New member
sai cosa mi viene in mente? il decalogo n. 1 di Kieslowki... Non avrai altro Dio all'infuori di me
http://it.wikipedia.org/wiki/Decalogo_1

Ammesso che ciò sia possibile. A me le manifestazioni di onnipotenza non sono mai piaciute..."moi" all'infuori di me stessa non ho altri che me :mrgreen:

A parte questo. Noi siamo i costruttori delle macchine. Quando sbagliano i loro calcoli siamo noi ad aver sbagliato.

PS..avrò capito quello che volevi dire?..mah!:?
 

Nikki

New member
Ammesso che ciò sia possibile. A me le manifestazioni di onnipotenza non sono mai piaciute..."moi" all'infuori di me stessa non ho altri che me :mrgreen:

A parte questo. Noi siamo i costruttori delle macchine. Quando sbagliano i loro calcoli siamo noi ad aver sbagliato.

PS..avrò capito quello che volevi dire?..mah!:?

eh, kieslowski ne aveva un bel po' di cose da dire, consiglio calorosamente la visione. Io, non volevo dire nulla più dell'Autore, solo suggerire il paragone :wink:
ma credo che il messaggio ultimo dell'episodio fosse: i precetti religiosi non sono comandamenti vuoti, che trovano giustificazione nella loro stessa perentorietà. Si tratta forse, invece, delle leggi (quindi costrizioni) meno dannose per la nostra felicità. Tutto ciò che è altro, può potenzialmente annientarci, se gli affidiamo la nostra fede. Ed è questo , forse, il significato più profondo del comandamento: posto che l'uomo ha necessità di avere fede in qualcosa, se vuoi essere libero, non avrai altro Dio all'infuori di me. Trovo che sia piuttosto profonda, come riflessione.
 
Ultima modifica:

asiul

New member
eh, kieslowski ne avevo un bel po' di cose da dire, consiglio calorosamente la visione. Io, non volevo dire nulla più dell'Autore, solo suggerire il paragone :wink:
ma credo che il messaggio ultimo dell'episodio fosse: i precetti religiosi non sono comandamenti vuoti, che trovano giustificazione nella loro stessa perentorietà. Si tratta forse, invece, delle leggi (quindi costrizioni) meno dannose per la nostra felicità. Tutto ciò che è altro, può potenzialmente annientarci, se gli affidiamo la nostra fede. Ed è questo , forse, il significato più profondo del comandamento: posto che l'uomo ha necessità di avere fede in qualcosa, se vuoi essere libero, non avrai altro Dio all'infuori di me. Trovo che sia piuttosto profonda, come riflessione.

Tu dici? mah! ho i miei dubbi. Se davvero vuoi essere libero ( improbabile, arduo, se non impossibile) anche la fede in un dio è una restrizione.

Quanto alla tecnologia, perché di questo si sta parlando, non è questione di affidarle la nostra fede, ma di adattarla alle nostre esigenze.
Lo stesso processo, mi sembra, si sta attuando con la fede di cui parli :mrgreen:
 

Nikki

New member
Se davvero vuoi essere libero ( improbabile, arduo, se non impossibile)

impossibile come poche altre cose, da qui la necessità di ragionare nell'ottica del 'meno peggio'


anche la fede in un dio è una restrizione.

nell'ambito di una certa riflessione, la meno restrittiva. Questo comunica quel lungometraggio. Che tale rimane, non ha pretese di svelare il mistero della fede in terra. Ma io la trovo una riflessione assai interessante. Spiega molti dei miei perché.


Lo stesso processo, mi sembra, si sta attuando con la fede di cui parli :mrgreen:

qui mi sono persa.:?
 
Alto