La tecnologia, presa in se stessa, è sempre un ammirevole esercizio di ingegno, un sublime trionfo dell'intelletto umano: un traguardo oltre il mondo dato. Le capacità cognitive, il tanto discusso genio che pone, suscita e sempre susciterà entusiastica meraviglia, e questo perché in quell'in sé corsivo è racchiusa una delle ovvietà di tutti i tempi: la tecnica ed il suo prodotto non hanno collocazione morale, valutare la tecnica significa allora studiare, comprendere, osservare l'Intenzione attraverso la quale viene creata ed utilizzata. Presumo fiducioso non vi siano dubbi in proposito.
Luisa riporta stralci di un libro interessante.
Da sempre la nostra specie si ibrida con gli strumenti che costruisce: in realtà homo sapiens è sempre stato homo technologicus, un ibrido di uomo e tecnologia in perpetua trasformazione.
Che significa l'asserzione secondo la quale uomo e macchina sono da sempre ibridi? Ebbene, andando alle radici del concetto di strumento, operando fantasiosamente una qualche sorta di riduzione eidetica, scorgiamo un significato piuttosto curioso dello e nello strumento: esso è la continuazione dell'arto umano, è perfezionamento sempre più raffinato creato sulla nostra limitatezza. Laddove l'essere umano non giunge, si completa, si integra con altro, si potenzia - si dota. Così all'inizio un ramo d'albero, una punta acuminata alla vetta di un bastone, così carri armati, aerei di linea e treni merci. Questo vuole dirci Longo, quando ci dipinge come ibridi fin dall'inizio della nostra specie. Né, invero, si può muovere alcuna obiezione a tale assioma (dacché da qui egli parte).
Trattando di evoluzione, si può dire siamo arrivati ad un punto di sfasatura dei livelli biologico e tecnologico. In un primo momento la tecnica si è servita della vita, ne ha imitato i processi, ne ha interiorizzato le dinamiche, se ne è impadronita. A questo proposito ricordiamo che sistemi armonici non regolati da altro sono rarissimi in natura, uno potrebbe essere il sistema solare, ma se si vuole davvero trovare un perfetto esempio di ordine stabile, è agli esseri viventi che si deve guardare (Ryle docet). Se - dicevo - inizialmente la vita ha costruito tecnologia, ora questa interviene nella vita, la modifica, di più: la regola, ne scandisce tempi e scadenze, ha esigenze proprie. Ciò che è nato come supporto all'uomo, finisce con l'abbisognare del supporto del suo inventore, col darsi una propria definizione indipendente.
Potremmo chiederci come mai un così radicale ribaltamento. Probabilmente le cause andrebbero cercate in quegli anni del '600 durante i quali il signor Cartesio scindeva il mondo in res cogitans e res extensa; da quel momento il mondo delle cose della fisica è stato concepito come complesso di formule matematiche, ha dato adito a quella che i pessimisti hanno chiamato anticipazione della tecnica sul reale. E forse oggi non andiamo a cascare troppo fuori da quella concezione, dal momento che accade nelle nostre vite quanto la tecnica ha previsto, in qualche misura. Abbiamo treni che partono, terapie da seguire in periodi precisi, ore da lavorare secondo studi attendibili, modi di comportarsi studiati su misura, cibo ipocalorico, attrezzi specifici in palestra, computer che contano parole al posto nostro e programmi che segnalano errori di ortografia. Se non quasi tutto, molto della nostra realtà occidentale, è finita tra le maglie del metodo, e quello che è nato come prolungamento del nostro braccio, ha finito per diventare il braccio stesso che indica. Segno di questa sorpasso evolutivo è, non banalmente, la messa al bando del congiuntivo dalla nostra amata lingua. Quale modo indicante la soggettività, il dubbio, la possibilità, l'imprecisione non è più adatto a descrivere quanto avviene, e ciò perché corre un sapere fatto di verità oggettive, ottenute mediante esperimenti certi ed irrefutabili, circola adesso una scia di pensiero matematico, nozioni specialistiche, dimostrazioni tangibili ed inoppugnabili. Del congiuntivo, del dubbio non sappiamo che farcene. Ecco, questa è la conclusione del dislivello evolutivo cui accennavo: l'uomo, lo scienziato, è ed è rimasto sempre identico nel suo ruolo, com'era in Grecia ancora rimane; solo la tecnica ha cambiato traiettoria nonché destinazione, laddove una volta protendeva le possibilità dell'uomo, permettendo lui una maggiore capacità di intervento sul mondo, oggi sublima il suo stato di supremazia sulla ricerca. Cessata la fase dell'imitazione della vita, adesso la tecnologia punta più alto: ad imitare Dio.