Racconto fuori gara di Elisa - Un banale e consueto racconto d'autunno
Ti avevo lasciato andare con il treno delle 5 del mattino con il rischio di portarti via per sempre quello che eravamo. Quel tuo essere bionda, con i capelli sottili e trasparenti, il collo elegante, sensuale.
Avevamo fatto l'amore prima della tua partenza, il mio seno pesante contro il tuo appena accennato, l'areola dei capezzoli così chiara da confondersi con la pelle morbida, glabra. Mi stavo di nuovo eccitando ma dovevo controllare le emozioni, il dolore e la paura del distacco, che poteva diventare definitivo dopo il chiarimento con lui.
In questo momento stavi guardando l'autunno dal finestrino, un autunno umido e polveroso, chissà quali pensieri, forse le parole che gli avresti detto, per capire se continuare una vita con lui o con me. L'autunno è la stagione del cambiamento e tu avresti cambiato tutto in quel mattino, cambiato la mia vita, la tua, quella di lui.
Il classico triangolo solo leggermente diverso. Che paura quella parola per molti, diverso, io sono fortunata ad essere diversa, il nostro amore sarebbe stato così forte che lui non avrebbe potuto far altro che lasciarti decidere. E tu avresti deciso di tornare da me. Basta notti clandestine, bugie, inganni. Basta dubbi, tentennamenti, paure. Basta tutto. Solo la felicità era ammessa d'ora in poi. Solo noi due, libere di amarci, di vivere il nostro futuro senza impedimenti. Io lo sapevo da sempre, tu l'hai saputo con me. Per questo adesso attraversavi la campagna per parlare con l'uomo con cui avevi vissuto questi anni.
Non sapevi ancora se amavi lui o me, ti aspettavi molto da questo confronto, con questo uomo indifferente, ricco e gentile. Avevi ancora le scarpe infangate dalla passeggiata nel parco, volevamo guardare le foglie che cadevano dagli alberi, con i loro colori caldi e in fondo disperati, per l'attimo che ancora era concesso loro di esistere.
Forse adesso un taxi ti stava accompagnando a casa, nella villetta arredata con gusto sicuro, dove tutte le cose erano al posto giusto, non come in queste quattro stanze ancora in divenire, con il materasso a terra e le lampadine nude al soffitto.
Stavi attraversando il vialetto, lui dormiva ancora probabilmente, a volte era violento, non accettava di essere contraddetto, ma poi si pentiva, piangeva, tutto tornava come prima, solo con un gioiello in più.
Mi sembrava di vederti aprire la porta e dopo esserti tolta la giacca andare direttamente in camera, tu così timida e delicata, affrontare immediatamente l'uomo che avevi sposato. Avevamo deciso che gli avresti parlato di noi due e solo dopo avresti deciso se lasciarlo o meno. Immaginavo mentre lo svegliavi, raccontandogli poi, senza neanche prendere il respiro, di come ci eravamo conosciute, di come riuscivi a vedermi a sua insaputa e dei sentimenti, inaspettati, che provavi per me. Parlavi sempre così, a lungo, senza mai fermarti, per paura di non riuscire a dire tutto, poi restavi in silenzio ad aspettare.
Io non avevo mai visto quell'uomo possente, che amava cose diverse da quelle che amavi tu, gli piaceva andare a caccia mentre tu eri vegetariana per scelta, amava lo sport e tu preferivi la vita sedentaria, aveva anche lui una amante, donna, da anni.
Forse avrebbe capito, forse tu avresti saputo quello che volevi veramente dopo un discorso rivelatore. Vi immaginavo mentre parlavate, con quei discorsi fatti in silenzio delle coppie che vivono insieme da anni e che sanno tutto ma non si sono detti niente.
Aspettavo con ansia un messaggio al cellulare, liberatorio, le nostre vite si sarebbero risolte per sempre quando mi sarebbe apparso sullo schermo la frase «tutto bene amore, tra poco torno da te».
La mattina dopo, nella prima pagina del giornale locale, la notizia: Femminicidio, l'ennesimo caso in Italia, uccide la moglie con un fucile da caccia, si ignora il movente.