E' stata definita una raccolta di racconti, ma io, che non lo sapevo, non me ne sono accorta e continuavo a scervellarmi chiedendomi che c'entrasse il capitolo "Otra vida, otra vez", i cui personaggi non compaiono negli altri capitoli (la risposta è "niente", o almeno credo, se non la comunanza degli argomenti). In realtà tutti gli altri racconti sono strettamente collegati tra loro, poiché hanno come protagonista Yunior, già presente nel precedente romanzo dell'autore: dominicano immigrato negli States - e non certo nei quartieri residenziali - con la sua famiglia quando era piccolo; la sua vita, le sue ragazze, la sua famiglia. Il titolo fa riferimento allo sfarfalleggiare continuo del nostro amico - ebbene sì, malgrado sia proprio il classico "stronzo" ci si affeziona a lui - da una donna all'altra e al suo continuo raccontare bugie incredibili alla fidanzata di turno, soprattutto a una, Magdalena, alla quale Yunior sembra tenere particolarmente. E' così che perderà più o meno tutte le donne con cui parrebbe aver intrapreso una storia seria. Le riconquisterà?
Nei primi capitoli (o meglio, nei primi racconti) Junot/Yunior ci narra episodi della sua vita con Magdalena e altre ragazze. Nonostante il suo modo di scrivere a mio parere strepitoso, così toccante e diretto, non ero soddisfatta. Il concetto legato al titolo era chiaro, ma mi è sembrato che restasse molto in superficie. Poi finalmente sono arrivata alla prima metà, e il mio approccio con il libro è stato stravolto. Ritorna l'autore di "Oscar Wao", lo scrittore che sembra di conoscere da una vita, i cui personaggi sembrano tutti suoi alter ego, tanto li descrive bene. Lo squallore e la tristezza della vita degli immigrati emergono improvvisamente e crudamente, senza mezze misure o edulcorazioni, ma con un sottofondo un po' rassegnato e un po' (quasi) allegro, come a dire "La vita mi ha dato in sorte questo, prendiamocelo, non posso fare altro". Episodi dell'infanzia, dell'adolescenza, dell'età giovane e adulta di Yunior si alternano senza una vera successione temporale. Persino le più tremende disgrazie familiari vengono raccontate con una sorta di humour tragico e graffiante, o meglio lacerante, che non solo coinvolge, ma trascina senza pietà chi legge nei sobborghi di una città poco accogliente, nel dramma di una famiglia nata sotto una cattiva stella e di una mente, seppure già adulta, confusa. Perché, volenti o nolenti, ciascuno di noi ha una propria indole ma è anche il risultato di un percorso di vita.
La parte finale dà un senso a quella iniziale e chiude il cerchio.
Caro Junot, nella prima parte hai rischiato di perdere anche me, tua affezionata lettrice, ma ti sei decisamente riscattato
Nei primi capitoli (o meglio, nei primi racconti) Junot/Yunior ci narra episodi della sua vita con Magdalena e altre ragazze. Nonostante il suo modo di scrivere a mio parere strepitoso, così toccante e diretto, non ero soddisfatta. Il concetto legato al titolo era chiaro, ma mi è sembrato che restasse molto in superficie. Poi finalmente sono arrivata alla prima metà, e il mio approccio con il libro è stato stravolto. Ritorna l'autore di "Oscar Wao", lo scrittore che sembra di conoscere da una vita, i cui personaggi sembrano tutti suoi alter ego, tanto li descrive bene. Lo squallore e la tristezza della vita degli immigrati emergono improvvisamente e crudamente, senza mezze misure o edulcorazioni, ma con un sottofondo un po' rassegnato e un po' (quasi) allegro, come a dire "La vita mi ha dato in sorte questo, prendiamocelo, non posso fare altro". Episodi dell'infanzia, dell'adolescenza, dell'età giovane e adulta di Yunior si alternano senza una vera successione temporale. Persino le più tremende disgrazie familiari vengono raccontate con una sorta di humour tragico e graffiante, o meglio lacerante, che non solo coinvolge, ma trascina senza pietà chi legge nei sobborghi di una città poco accogliente, nel dramma di una famiglia nata sotto una cattiva stella e di una mente, seppure già adulta, confusa. Perché, volenti o nolenti, ciascuno di noi ha una propria indole ma è anche il risultato di un percorso di vita.
La parte finale dà un senso a quella iniziale e chiude il cerchio.
Caro Junot, nella prima parte hai rischiato di perdere anche me, tua affezionata lettrice, ma ti sei decisamente riscattato
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