Amis, Martin - La freccia del tempo

Stâncăncap

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Tod Friendly, che sarà Odilo Verdorben, è un medico che lavora negli USA. Man mano che ringiovanisce e il suo corpo acquista vigore, Tod compie un viaggio nell'Europa della Seconda Guerra Mondiale: sbarca in Portogallo e restando nascosto in cascine e fienili arriva in Italia da dove si dirigerà verso il suo luogo di lavoro, Auschwitz. Lì si dedicherà alla creazione di un nuovo popolo: i corpi ammassati nelle fosse, nei forni, nelle camere a gas saranno le prigioni delle anime che attendono di discendere dal cielo e acquistare un'esistenza terrena dando origine al popolo ebraico che in seguito si mischierà al resto della popolazione per dare il suo contributo alla società.
Questa è una storia della Shoah vista in una maniera estremamente particolare: le vicende si concentrano sulla persona di Odilo, ma chi vede i fatti non è lui, bensì la sua coscienza, che gli è cucita addosso e percepisce il mondo come se la freccia del tempo andasse nel senso opposto rispetto alla nostra. Da qui tutti i dialoghi rovesciati, le incomprensioni, le assurdità fisiche e i fraintendimenti, nonché il valore simbolico e filosofico rovesciato di molti elementi (il fuoco, la rovina, la violenza sono ciò che crea e guarisce).
È un libro troppo duro e inquietante, non saprei nemmeno come commentarlo. Ma una cosa la voglio dire: la coscienza di Odilo più volte si chiede che senso abbia il mondo, quello scorrere di eventi senza un'apparente causa logica (Perché i genitori portano sempre i bambini dai medici se sanno che questi gli lasceranno dei lividi? Perché le prostitute pagano i clienti dopo aver svolto il loro lavoro? Perché se Odilo sta partecipando alla creazione di nuovi esseri umani, la sua coscienza sente che c'è qualcosa di enormemente sbagliato in tutto ciò?), il che mi ha portato a chiedermi una cosa: il nostro mondo, quello in cui la freccia del tempo va nella sua direzione naturale, ha invece senso?
 
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