Moravia, Alberto - Io e lui

ayuthaya

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Quando ho iniziato questo libro, giuro che non avevo idea di chi fosse questo “lui”. O non lo avevo capito, o non lo ricordavo, chissà.
Per cui immaginatevi la mia sorpresa quando alla terza pagina ho letto le seguenti parole: “enorme, rigido, congestionato, simile ad un albero che sorga solitario e gigantesco nel mezzo di una pianura, sotto un cielo basso e soffocante, “lui” si alza dal mio ventre quasi verticalmente, sollevando vistosamente il lenzuolo”. Non c’è che dire, proprio una grande sorpresa!

Rico è uno sceneggiatore aspirante regista, sessualmente molto dotato, il quale si è convinto che il suo insuccesso, la sua incapacità di fare il "salto di qualità" da piccolo borghese ad intellettuale, siano dovuti al suo insaziabile appetito sessuale. Studiando Freud, Rico ha scoperto che “la pulsione sessuale è detta sublimata nella misura in cui essa è deviata verso una nuova meta e tende verso oggetti socialmente valorizzati”. Il passaggio quindi da "desublimato" a "sublimato", dallo “stare sotto” allo “stare sopra” diventa la sua ossessione e il suo motivo di vita. L’uomo decide di abbandonare momentaneamente moglie e figlio per focalizzarsi sul suo obiettivo: passare dalla condizione di “desublimato", cioè un poveraccio, un sottosviluppato, un disgraziato, uno sfruttato, un alienato, dal membro grosso e potente e dal cervello piccolo e impotente” a “sublimato”, l’uomo che sta sempre “sopra” perché nulla lo tocca veramente, l’uomo che non detiene la potenza ma il potere, l’uomo le cui scelte di vita non sono dettate dal suo membro, ma dal suo cervello.

Ma, il punto è questo, il suo membro è d’accordo con lui? Evidentemente no; “lui” ha un’altissima concezione di se stesso, si crede un dio e pretende di essere oggetto di venerazione e non di ostracismo, pertanto farà di tutto, ma proprio di tutto, per mettere i bastoni fra le ruote al suo “padrone”, impedendogli di realizzare il suo grande sogno di sublimazione.
Ne nasceranno dei battibecchi esilaranti, con Rico che cercherà, con le buone o con le cattive, di convincere il suo organo a collaborare, e “lui” che – è proprio il caso di dirlo – resterà rigido e inflessibile sulle sue posizioni.

“Tu gli parli e... “lui” ti parla?” chiede a Rico un amico analista. “Vuoi dirmi che tu veramente gli parli e “lui” veramente ti parla?”
“Sì, veramente. Che c’è di strano?”

Inutile dire che il romanzo è straordinariamente divertente (e, in alcuni tratti, talmente “esplicito” da risultare quasi scandaloso!). La scissione fra “io” e “lui” è una trovata narrativa geniale, ma allo stesso tempo il romanzo è molto più profondo e filosofico di quanto possa sembrare al primo sguardo. L’autore stesso lo commenta così: “Il problema che ho affrontato in "Io e Lui” è terribilmente serio, anche se la veste è comica. È la sessualità, da una parte, personificata in "lui", cioè nella virilità fisiologica e, dall'altra parte, la spinta contraria alla sessualità verso una meta artistica, intellettuale, sociale e civile."

In Rico si svolgono due conflitti: uno sociale, di classe – il riscatto della piccola borghesia attraverso l’elevazione intellettuale – e uno individuale, psichico, che si rifà appunto al conflitto freudiano fra Es e Super-Io.
Eppure la situazione non è così semplice, perché anche i piccolo borghesi, intrisi di moralismo, possono essere dei “sublimati”. Sono sublimati i capitalisti e i sedicenti rivoluzionari, sono sublimati anche coloro che non sanno nemmeno cosa sia la sublimazione e, anzi, sembra che da questa ignoranza nasca la loro superiorità. Al contrario Rico, con tutta la sua consapevolezza, non riesce a trascendere la propria condizione di “desublimato” e, anzi, più vi si accanisce, più fallisce.

A questo punto diventa spontaneo chiedersi: l’Arte, quella con la A maiuscola, a cui aspira Rico, per realizzarsi ha davvero bisogno di sopprimere il desiderio? O il desiderio è una componente fondamentale della creazione artistica, in quanto aspirazione a qualcosa di più grande? Se lasciassimo al Super-io il dominio esclusivo della nostra psiche, che ne sarebbe del nostro equilibrio, che è frutto di un continuo compromesso?

Tu vorresti che il desiderio si presentasse con l’apparenza della sazietà: un controsenso” - gli rimprovera “lui” – “Io non conosco la sazietà. Essere sazio per me è sinonimo di non esserci affatto. Se ci sono io, non c’è la sazietà; se c’è la sazietà, non ci sono io.

Un romanzo davvero sorprendente e godibile, lo consiglio assolutamente.
 
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