Milani, Lorenzo (Don) - L'obbedienza non è più una virtù

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Edizioni Chiare Lettere

A. Cronologia
1. nel 1965, un gruppo di cappellani militari in congedo in Toscana, si riuniscono per fare la solita mangiata e bevuta (nessuno dice che facessero digiuno, comunque non sarebbe credibile) a spese altrui, e finiscono redigendo un (utilissimo) ordine del giorno che si conclude con Considerando un insulto alla patria e ai suoi caduti la cosidetta "obiezione di coscienza" che, estranea al comandamento cristiano dell'amore, è espressione di viltà"
2. Don Lorenzo Milani, che aveva le idee chiare di chi ci vede doppio ma faceva le cose giuste come quelli che prima di tirare su un muro tirano i fili in lungo e in largo per andare diritti, risponde con una lettera insieme ai suoi alunni della Scuola di Barbiana (quale fosse l'apporto di ognuno è facile a immaginarsi...) in cui ricorda che le guerre (almeno quelle italiane) sono state tutte di aggressione e che hanno portato al massacro dei poveri, fatti lievemente in contrasto sia con la Costituzione che aborrisce la guerra, sia col Cristianesimo.
3. La reazione è semplice, democratica e cristiana: denuncia per apologia di reato (renitenza alla leva obbligatoria).
4. Don Lorenzo Milani si ritrova a dover affrontare un processo penale a cui non può partecipare ma soprattutto nel quale non vuole difendersi perchè oltre a ritenersi oltre l'innocenza, è a letto con una sfilza di malattie incurabili.
5. gli viene perciò assegnato un avvocato d'ufficio che gli spiega che è un suo diritto difendersi ed essere difeso. Don Milani perciò, accetta a condizione che l'avvocato si occupi degli aspetti burocratici ma non entri in merito sulle questioni ideologiche.
6. Don Milani scrive perciò una lettera ai giudici in cui spiega tante cose, tra cui il fatto che in democrazia, il cittadino deve sì rispettare la Legge, ma quando questa è sbagliata, operarsi a cambiarla, anche a costo di pagarne le conseguenze come era disposto a fare lui.
7. Purtroppo, prima della fine del processo, nel 1967, Don Milani muore.

B. Opinione
Personalmente non sono d'accordo con i cappellani militari ma siccome siamo in democrazia e bisogna rispettare tutte le idee, spero si rispettino le mie e possa dire liberamente che erano un branco di vecchi rincoglioniti foderati d'ipocrisia spessa come un'autoblindo.
Possibile che 'sti qui, dipendenti dello Stato Italiano, pagati dallo Stato Italiano, servi dello Stato Vaticano, non trovassero meglio da fare che spingere quelli che li mantengono con le tasse al massacro?
Io posso anche rispettare uno che fissato con le sue idee entra nella Folgore e vuole andare lui a morire al posto mio: accomodati!
Ma quelli che spingono gli altri, in nome di Dio poi, negli anni 60, no.
Con tutto rispetto, vecchi, rincoglioniti e stronzi.
Trovo invece di estremo rispetto l'atteggiamento sereno di Don Milani (lontano mille miglia dal mio pensiero) che, conscio della sua cultura e soprattutto del dovere morale di educare chi istruito non è, cerca di spiegare a coloro che storicamente sono destinati a diventare carne da cannone, a farsi forte del sapere laico e cristiano per migliorare il loro Paese e la loro esistenza.

C. Conclusione
Oggi questo libro può sembrare banale, un tempo invece, e non a quello dell'inquisizione, costava la galera.
Grazie a uomini come Don Lorenzo Milani, in Italia è stato possibile obiettare e servire la Patria, la Nazione, lo Stato, la Collettività, dedicando 12 mesi della propria giovanissima esistenza lavorando gratis per i più deboli.
E' un libro che merita assolutamente di essere letto, soprattutto da parte di coloro che desiderano conoscere la nostra storia più recente, capire il nostro presente e hanno un minimo di sensibilità.
Se posso dirlo, mi dispiace un po' di essere l'unico che parla di Don Lorenzo Milani su questo Forum.
Sono sicuro che piacerebbe a tanti di voi.
 

qweedy

Well-known member
Quand'ero alle scuole medie ho letto un libretto di don Milani "L'obbedienza non è più una virtù" che è stato fondamentale per me. Erano una trentina di pagine che ho imparato quasi a memoria a furia di rileggerle.
L'ho ritrovato in internet (https://cleliabartoli.files.wordpress.com/2015/09/lobbedienza-non-c3a8-pic3b9-una-virtc3b9.pdf), è esattamente quello della mia epoca. Probabilmente il libro delle edizioni Chiare Lettere è più completo.

Riporto qui alcune frasi:

Bisogna avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di tutto.

Non discuterò qui l’idea di Patria in sé. Non mi piacciono queste divisioni. Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.

Scendete nel pratico. Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L'obbedienza a ogni costo? E se l'ordine era il bombardamento dei civili, un'azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l'esecuzione sommaria dei partigiani, l'uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche, la tortura, l'esecuzione d'ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti, le decimazioni (scegliere a sorte qualche soldato della Patria e fucilarlo per incutere terrore negli altri soldati della Patria), una guerra di evidente aggressione, l'ordine d'un ufficiale ribelle al popolo sovrano, la repressione di manifestazioni popolari? Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogni guerra. Quando ve ne sono capitate davanti agli occhi o avete mentito o avete taciuto. O volete farci credere che avete volta volta detto la verità in faccia ai vostri «superiori» sfidando la prigione o la morte? Se siete ancora vivi e graduati è segno che non avete mai obiettato a nulla.


E se manteniamo a caro prezzo (1000 miliardi l'anno) l'esercito, è solo perché difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranità popolare, la libertà, la giustizia. E allora (esperienza della storia alla mano) urgeva più che educaste i nostri soldati all'obiezione che all'obbedienza. L'obiezione in questi 100 anni di storia l'han conosciuta troppo poco. L'obbedienza, per disgrazia loro e del mondo, l'han conosciuta anche troppo.

A Norimberga e a Gerusalemme son stati condannati uomini che avevano obbedito. L'umanità intera consente che essi non dovevano obbedire, perché c'è una legge che gli uomini non hanno forse ancora ben scritta nei loro codici, ma che è scritta nel loro cuore. Una gran parte dell'umanità la chiama legge di Dio, l'altra parte la chiama legge della Coscienza. Quelli che non credono né all'una né all'altra non sono che un'infima minoranza malata. Sono i cultori dell'obbedienza cieca.

Bisogna dir loro che Claude Tatherly, il pilota di Hiroshima, che vede ogni notte donne e bambini che bruciano e si fondono come candele, rifiuta di prender tranquillanti, non vuoi dormire, non vuoi dimenticare quello che ha fatto quand'era « un bravo ragazzo », un soldato disciplinato » (secondo la definizione dei suoi superiori), « un povero imbecille irresponsabile» (secondo la definizione che dà lui di sé ora).
 
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