Dopo cinque anni di esilio, Larsen, un uomo dal passato non meglio definito, torna a far visita a Santa Maria, la sua terra d'origine, prima di stabilirsi nella vicina Puerto Astillero accettando da Jeremías Petrus l’incarico di Direttore Generale presso il suo cantiere navale, uno stabilimento però di fatto inattivo, in stato di abbandono e degrado, in cui i due unici altri presunti dipendenti sono un direttore tecnico e un direttore amministrativo, ultimi avamposti per l’immagine di un cantiere che si vuole far credere ancora in attività per dissipare le minacce di un decretato fallimento che spazzerebbe via tutti loro da un limbo che li tiene aggrappati a un ultimo filo di sopravvivenza.
Larsen è un uomo solo, perso, ormai escluso dal mondo e dalla vita, che di ritorno dall'esilio si rifugia come un fantasma nel mondo illusorio del cantiere di Puerto Astillero per ingannarsi che la vita abbia ancora qualcosa da offrirgli, e provare quindi a coltivare una speranza di cambiamento che possa dare un senso al tempo che ancora gli rimane da vivere. Nonostante il protagonista sappia che non ci sono più navi da riparare o costruire, che il suo nuovo incarico al cantiere non abbia nulla da dargli, né uno stipendio, né una casa, né amici, né un qualche tipo di futuro, egli si reca metodicamente ogni giorno nel suo ufficio facendo ordine e scartabellando vecchie carpette contenenti storie dimenticate di tempi e fatti ormai sepolti, condividendo con i suoi due dipendenti la farsa che ogni giorno mettono in scena, vinti da un mondo che li ha confinati ai margini della società e della vita e in cui cercano di sopravvivere vendendo segretamente a poco prezzo il materiale in deterioramento del cantiere e arrangiandosi come meglio possono in casupole dall'aspetto di improvvisate cucce per cani.
Il cantiere di Puerto Astillero, ormai svuotato da ogni suo scopo ed elemento di riconoscibilità, sembra però ancora poter assolvere ad un’ultima ed essenziale funzione di riparo e messa in sesto, non più delle navi, ma metaforicamente degli animi di Larsen e dei suoi due dipendenti, malridotti dalle intemperie delle loro vite e afflitti da un incipiente processo di distruzione; lo stato di sfacelo del cantiere è però simbolico della fragilità dei loro appigli e presagio di un'inarrestabile e inevitabile rovina che accomuna loro e il cantiere.
Il cantiere è quindi nient'altro che una miserabile illusione di un uomo che ha perso tutto ma che cerca disperatamente di salvarsi dall'insensatezza della sua vita, solitaria, incompiuta, arida, priva di scopi e prospettive, sforzandosi di credere in un'improbabile ribalta che possa riabilitarlo in un mondo perduto che non gli appartiene più. È l'immagine dell'assurda condizione di un uomo che, nonostante sia razionalmente pienamente consapevole della follia di questa sua condizione, dell'inanità delle sue azioni e della sua stessa esistenza, fa di tutto per lasciarsi ingannare dalla sua finzione finendo quasi per credere davvero in una svolta della sua vita nella (di)sperata rinascita del cantiere.
Il disfacimento della vita del protagonista è costantemente accentuato anche dagli elementi naturali che non hanno una funzione consolatoria ma che sembrano al contrario esasperare la sua tragica condizione con piogge, venti e freddo vigorosi e incessanti che rendono il tutto ancor più tetro e amaro e contribuiscono al contempo ad allontanare ogni principio di luce e calore che sembrano quindi intrisi dello stesso destino del protagonista e non hanno pertanto più la forza necessaria per avvolgere compassionevoli e confortanti il suo cuore:
“Era una luce grigia ed estenuata, una luce che arrivava vinta dopo aver attraversato gigantesche nubi d’acqua e freddo”
"Un sole appena nato provava il suo chiarore apatico, radente"
“Cercò la luna, ma non trovò altro che l'argento timido del suo bagliore”
L'intero romanzo sembra quasi essere un processo di elaborazione del lutto del protagonista per la propria vita che lui sa intimamente esser giunta al capolinea, e al tempo stesso una preparazione alla morte reale, dapprima attraverso l'autoinganno, quasi come un'iniezione di un qualche farmaco dall'effetto anestetico, estraniante e allucinatorio, per poi portarsi a compimento con l'attuazione di un meccanismo psicologico di distacco indolore da se stesso come un animale con i resti della sua carcassa dopo la muta.
“Lui, qualcuno, ridotto a un fagotto in cima alla notte gelata, che cercava di non esistere, di trasformare la propria solitudine in assenza”
Il cantiere è un romanzo dalla storia quasi surreale, con personaggi e storie avvolti da un costante alone di mistero, con atmosfere e vicende che sembrano spesso oniriche e che lasciano una certa sensazione di incertezza e sospensione. È un romanzo privo di particolari intrecci, azioni, approfondimenti e grandi personaggi e che, pur non avendomi convinto a pieno per via del suo caratteristico inoltrarsi, senza troppo mordente, al confine tra il mistero, il sogno, la fantasia e l’indefinitezza non sempre del tutto comprensibili, ha una scrittura e una storia complessivamente ricche di suggestioni che danno al romanzo un certo fascino.
Larsen è un uomo solo, perso, ormai escluso dal mondo e dalla vita, che di ritorno dall'esilio si rifugia come un fantasma nel mondo illusorio del cantiere di Puerto Astillero per ingannarsi che la vita abbia ancora qualcosa da offrirgli, e provare quindi a coltivare una speranza di cambiamento che possa dare un senso al tempo che ancora gli rimane da vivere. Nonostante il protagonista sappia che non ci sono più navi da riparare o costruire, che il suo nuovo incarico al cantiere non abbia nulla da dargli, né uno stipendio, né una casa, né amici, né un qualche tipo di futuro, egli si reca metodicamente ogni giorno nel suo ufficio facendo ordine e scartabellando vecchie carpette contenenti storie dimenticate di tempi e fatti ormai sepolti, condividendo con i suoi due dipendenti la farsa che ogni giorno mettono in scena, vinti da un mondo che li ha confinati ai margini della società e della vita e in cui cercano di sopravvivere vendendo segretamente a poco prezzo il materiale in deterioramento del cantiere e arrangiandosi come meglio possono in casupole dall'aspetto di improvvisate cucce per cani.
Il cantiere di Puerto Astillero, ormai svuotato da ogni suo scopo ed elemento di riconoscibilità, sembra però ancora poter assolvere ad un’ultima ed essenziale funzione di riparo e messa in sesto, non più delle navi, ma metaforicamente degli animi di Larsen e dei suoi due dipendenti, malridotti dalle intemperie delle loro vite e afflitti da un incipiente processo di distruzione; lo stato di sfacelo del cantiere è però simbolico della fragilità dei loro appigli e presagio di un'inarrestabile e inevitabile rovina che accomuna loro e il cantiere.
Il cantiere è quindi nient'altro che una miserabile illusione di un uomo che ha perso tutto ma che cerca disperatamente di salvarsi dall'insensatezza della sua vita, solitaria, incompiuta, arida, priva di scopi e prospettive, sforzandosi di credere in un'improbabile ribalta che possa riabilitarlo in un mondo perduto che non gli appartiene più. È l'immagine dell'assurda condizione di un uomo che, nonostante sia razionalmente pienamente consapevole della follia di questa sua condizione, dell'inanità delle sue azioni e della sua stessa esistenza, fa di tutto per lasciarsi ingannare dalla sua finzione finendo quasi per credere davvero in una svolta della sua vita nella (di)sperata rinascita del cantiere.
Il disfacimento della vita del protagonista è costantemente accentuato anche dagli elementi naturali che non hanno una funzione consolatoria ma che sembrano al contrario esasperare la sua tragica condizione con piogge, venti e freddo vigorosi e incessanti che rendono il tutto ancor più tetro e amaro e contribuiscono al contempo ad allontanare ogni principio di luce e calore che sembrano quindi intrisi dello stesso destino del protagonista e non hanno pertanto più la forza necessaria per avvolgere compassionevoli e confortanti il suo cuore:
“Era una luce grigia ed estenuata, una luce che arrivava vinta dopo aver attraversato gigantesche nubi d’acqua e freddo”
"Un sole appena nato provava il suo chiarore apatico, radente"
“Cercò la luna, ma non trovò altro che l'argento timido del suo bagliore”
L'intero romanzo sembra quasi essere un processo di elaborazione del lutto del protagonista per la propria vita che lui sa intimamente esser giunta al capolinea, e al tempo stesso una preparazione alla morte reale, dapprima attraverso l'autoinganno, quasi come un'iniezione di un qualche farmaco dall'effetto anestetico, estraniante e allucinatorio, per poi portarsi a compimento con l'attuazione di un meccanismo psicologico di distacco indolore da se stesso come un animale con i resti della sua carcassa dopo la muta.
“Lui, qualcuno, ridotto a un fagotto in cima alla notte gelata, che cercava di non esistere, di trasformare la propria solitudine in assenza”
Il cantiere è un romanzo dalla storia quasi surreale, con personaggi e storie avvolti da un costante alone di mistero, con atmosfere e vicende che sembrano spesso oniriche e che lasciano una certa sensazione di incertezza e sospensione. È un romanzo privo di particolari intrecci, azioni, approfondimenti e grandi personaggi e che, pur non avendomi convinto a pieno per via del suo caratteristico inoltrarsi, senza troppo mordente, al confine tra il mistero, il sogno, la fantasia e l’indefinitezza non sempre del tutto comprensibili, ha una scrittura e una storia complessivamente ricche di suggestioni che danno al romanzo un certo fascino.