CONTINUAZIONE
<<The Waste Land è una collezione di frammenti. Innanzitutto è divisa in cinque parti, ognuna di essa composta da frammenti più piccoli, e non solo scaturiti dalla penna di Eliot: sono immagini, evocazioni, citazioni, intere sezioni tratte da altri scrittori.
Nella poesia ci sono più di sessanta diverse allusioni a opere di oltre quaranta diversi autori (tra cui Shakespeare, Dante, Ovidio, Baudelaire, solo per citarne alcuni) in diverse lingue (latino, francese, tedesco, italiano, sanscrito, etc..). Passato, presente, moderno, antico, occidentale, orientale sono uniti mirabilmente dall’artificio della citazione. Per comprendere meglio questo concetto prenderò in esame il primo dei tanti frammenti dell’opera: l’epigrafe. Questa è una citazione tratta dal Satyricon di Petronio, autore latino del I secolo a.C. ".La Sibilla Cumana è una figura profetica della religione greco‐romana dotata di vita eterna ma non di eterna giovinezza, e qui ci accoglie già molto invecchiata all’ingresso della Terra Desolata in un’immagine cupa: ella chiede di morire, piuttosto che vedere o vivere il futuro.
The Waste Land è tutto basato su una giustapposizione di scenari del passato a scenari del presente per sottolineare la vuotezza di questi ultimi.
Ora consideriamo i primi versi della prima sezione, la sepoltura dei morti: Aprile è il mese più crudele, genera Lillà dalla terra morta, mescola ricordo e desiderio, smuove le radici sopite con pioggia primaverile. L’inverno ci tenne caldi, coprendo La terra di neve immemore, nutrendo una vita esigua con tuberi secchi. (I. La sepoltura dei morti, vv. 1-7) Qui si allude ad un aprile che, contrariamente a quanto stabilito dalla tradizione, non è foriero di fioriture primaverili, bensì di crudeltà. La primavera è crudele perché richiama le coscienze sopite nella sepoltura dell’inverno alla consapevolezza e alla sofferenza.
La crudeltà a cui fa riferimento Eliot sta nell’assenza del desiderio di quella primavera da parte di un’umanità che preferisce dimenticare, con l’aiuto delle nevi invernali, la rinascita della natura. Questo non sorprende, dal momento che il tema centrale è il disperato bisogno di rinascita della cultura occidentale. Dai vari riferimenti comprendiamo che Eliot ha una concezione ciclica della Storia
. Prima ho citato la frammentarietà dell’opera: al di sotto dei frammenti è tuttavia possibile scorgere un filo conduttore, la leggenda del Re Pescatore.
La storia di fondo di The Waste Land è la stessa del poema francese del XII secolo di
Parsifal e della conquista del sacro Graal, i cui elementi di base sono, a detta della Weston, la maggiore studiosa dell'argomento, ravvisabili in molti miti e racconti di diverse culture. Questi elementi sono: -sterilità, impotenza del Re Pescatore (causata da morte, malattia o la vecchiaia) - il legame tra sterilità del re ed aridità, sterilità della terra, la possibilità di rigenerazione offerta dall’impresa di un paladino, il quale attraversa un processo di purificazione prima di restaurare la fertilità ). L’acqua, che, associata alla primavera, all’inizio del poemetto era presentata come crudele, qui assume il valore di sorgente positiva di vita e da rinnovatrice di vita biologica accoglie una funzione catartica per la dimensione mistica dello spirito. L’idea dell’aridità della terra suggerisce l’aridità degli spiriti degli uomini moderni attraverso l’utilizzo del correlativo oggettivo, cioè il procedimento caro ad Eliot quanto a Montale di citare direttamente degli oggetti come equivalenti di concetti astratti o della condizione interiore del soggetto poetico. Il titolo stesso dell’opera è, come possiamo notare, un correlativo oggettivo.
Antico e contemporaneo sono ricorrentemente uniti per mezzo dell’artificio della citazione: con lo stesso procedimento utilizzato da Joyce nel suo Ulysses, scene grandiosamente poetiche del passato schiacciano i loro termini di paragone nell’epoca moderna, mettendone a nudo la vuotezza. Londra è città irreale, sede simbolica della storia della decadenza umana. Il flusso di impiegati che affollano il ponte sul Tamigi all’ora di punta e diretti ai rispettivi uffici nella City si trasforma nella massa disordinata di dannati che popola il III canto dell’Inferno dantesco. La banalità dei loro movimenti, gli atti ripetitivi, la pochezza delle loro aspirazioni confluiscono in un grandioso disegno del Nulla, che paradossalmente conferisce loro i toni epici della dannazione. L’anonimità degli uomini è sovrastata dall’orologio che segna l’ora, la loro guida: gli impiegati subiscono questa dannazione guidati dall’unico desiderio di arrivare in orario al lavoro, quindi l’unico valore o fine è il denaro.
Eliot condanna un mondo attaccato ad una filosofia di vita quantitativa, materialistica e disumanante, di cui tutti, esseri umani, siamo vittime. Il bancario Stetson
è uno dei tanti volti che emergono dalla massa informe, proprio come alcune anime emergono timorose dalla folla nella Commedia di Dante per parlare con lui.
Stetson è paragonato ad un soldato senza nome morto a Capo Milazzo nella guerra tra romani e cartaginesi, oltre duemila anni prima, in quella che Eliot definisce «una delle tante sporche guerre commerciali» della storia che si ripete. Viene ripreso il tema della rinascita dolorosa, analogamente alla sezione dell’aprile crudele già trattata. Infine Eliot, citando I fiori del male di Baudelaire, si rivolge direttamente al lettore: egli è ipocrita perché reo di accettare lo stesso tipo di alienazione qui condannata. Ma anche l’autore stesso è ipocrita come il suo lettore, quindi suo «fratello»: per anni infatti Eliot affiancherà l’attività di scrittore a quella impiegatizia presso la Lloyds di Londra.
Il tema della sessualità è centrale nella poesia, collegato alla sterilità del Re Pescatore. Tra le tante scene interessanti a questo proposito, quella da me scelta è presentata attraverso lo sguardo di Tiresia qui emblema del piacere carnale presso gli antichi: infatti egli è, secondo il mito greco, l’ unico essere umano testimone del piacere sessuale sia maschile che femminile.
Come la Sibilla Cumana egli è un profeta che qui non è interessato ad un presente o futuro che non hanno più nulla da offrire rispetto alla grandiosità del mondo antico. Un giovane impiegato foruncoloso seduce l’annoiata compagna, una dattilografa che si abbandona all’atto sessuale con totale indifferenza: indifferenza, questa, di cui il compagno non si cura ma anzi si fa bene accetto, in quanto la sua vanità non richiede consenso. Finito il contatto, lui se ne va e lei rimane nuovamente sola. Lei si volta e si guarda allo specchio un momento, Si rende conto appena che l'amante è uscito; la sua mente permette il fluire di un mezzo pensiero: « Bene, ora anche questa è fatta: lieta che sia finito. »
Persino una scena d’amore nella desolante modernità è totalmente priva di passione, insulsa, lascia gli amanti più insoddisfatti e soli di prima.
Nella scena conclusiva della poesia il Re Pescatore è seduto sulla riva con la Terra Desolata alle spalle, sta pescando nella distesa d’acqua di fronte a lui. Non ci è dato di sapere se la fertilità sia stata ridonata, se la terra tornerà a prosperare, oppure no. L’uomo moderno non possiede più un senso di coesione comunitaria con gli altri uomini: le sue azioni non sono più governate da un codice etico condiviso ed egli è moralmente e spiritualmente vuoto. Egli conosce solo “una pila di immagini spezzate”, che in questa, ultima, sezione vengono però “puntellate contro le rovine”
Quello che cerca di fare Eliot nella sua poesia è trovare un ordine che restituisca un senso alla vita umana che sia comune, collettivo. Questo ordine, senso egli lo ricerca nella cultura del passato: qualcosa che tutti condividiamo. Ma allora qual è il significato ultimo della vita? La risposta al quesito rimane disattesa. Veniamo trascinati verso gli ultimi versi della poesia da un vortice caotico di citazioni e frasi spezzate, che si risolve nell’indistinto dell’invocazione “Shantih, shantih, shantih”, “pace, pace, pace, pace ineffabile”>>.
(continua)
Ps: almeno i grassetti e le sottolineature sono miei