Tokarczuk, Olga - Guida il tuo carro sulle ossa dei morti

Roberto89

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Con la sua prosa precisa e pungente Olga Tokarczuk ricorre ai modi del noir classico per virare verso il thriller esistenziale e affrontare temi come la follia, il femminismo, i diritti degli animali, l'ingiustizia verso gli emarginati.
A Olga Tokarczuk è stato assegnato il Premio Nobel per la Letteratura 2018.

Janina Duszejko, insegnante d'inglese e appassionata delle poesie di William Blake, è un'eccentrica sessantenne che preferisce la compagnia degli animali a quella degli uomini e crede nell'astronomia come strumento per porre ordine nel caos della vita. Quando alcuni cacciatori vengono trovati morti nei dintorni del suo villaggio, Janina si tuffa nelle indagini, convinta com'è che di omicidi si tratti. Con la sua prosa precisa e pungente Olga Tokarczuk ricorre ai modi del noir classico per virare verso il thriller esistenziale e affrontare temi come la follia, il femminismo, l'ingiustizia verso gli emarginati, i diritti degli animali: surreale, acuto, melanconico, sconcertante, il suo romanzo interroga il presente anche quando sembra parlare di tutt'altro.
 

Roberto89

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Ciò che risalta da questo romanzo non è tanto la trama ma lo stile proprio della scrittrice e i temi che emergono dalla sua narrazione. Quindi penso che la chiave per apprezzarlo sia proprio riuscire a seguirla, attraverso la protagonista della storia, nel suo racconto pieno di divagazioni, riflessioni e punti di vista a volte non comuni.
Nel mio caso non ci sono riuscito sempre, in un paio di capitoli mi sono completamente perso e sono andato avanti per inerzia, mentre in altri ho trovato riflessioni interessanti di cui ho preso nota.

Non penso di aver capito completamente l'obiettivo dell'autrice nello scrivere questo romanzo. Avrei comunque gradito un po' più di coesione fra la trama e i temi che l'autrice mette in gioco. Capisco che la trama non è la chiave di questo libro, è più una parte accessoria, in parte non lo è nemmeno la protagonista, però così l'apprezzamento del romanzo dipende molto da quanto si riesce a immedesimarsi nella protagonista, perché se c'è una trama anche solo abbozzata è naturale volerla seguire.

Comunque il libro, pur avendomi annoiato un po' nella parte centrale (specie nelle divagazioni sull'astrologia) si riprende verso la fine, che oltre a dare una conclusione alla trama aiuta anche a capire meglio la protagonista.

Voto: 3 stelle su 5
 

qweedy

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Mi è piaciuto, capisco perché le abbiano dato il Nobel. E' una lettura particolare, densa, impegnativa (l'ho letta in due parti), ma merita.

Guida il tuo carro sulle ossa dei morti è ambientato a Kłodzko, un villaggio rurale al confine tra Polonia e Repubblica Ceca, i cui ritmi sono scanditi dagli inverni rigidi, dalle festività religiose e dalle battute di caccia. In questo contesto aspro, dipendente e al tempo stesso disconnesso dalla natura, vive la protagonista Janina, eccentrica insegnante di inglese, appassionata di astrologia e traduttrice a tempo perso di William Blake.

E' una riflessione filosofica sul rapporto uomo-natura: il racconto in prima persona regala belle immagini dei paesaggi nella varie stagioni, con il bosco e i suoi animali, protagonisti quanto gli esseri umani, e le stelle. Una magia inquietante che ci ricorda il fiabesco dei fratelli Grimm, e le favole polacche. Nel silenzio della neve e delle tempeste notturne, vengono consumati degli omicidi.

La seconda parte è più movimentata, e pian piano si intuisce il finale.

I sentimenti, le emozioni, gli Animali sono tutti scritti con la maiuscola. E questo non è un caso. E’, da una parte, un omaggio a William Blake che, nelle sue poesie e nei suoi poemi, usava la maiuscola (del resto il titolo del romanzo è un verso di Blake), dall’altra riflette la formazione di Olga Tokarczuk che è stata una psicoterapeuta di successo a impostazione junghiana.

Dal libro è stato tratto nel 2017 il film Pokot diretto da Agnieszka Holland.

I nomi sono buffi e, quasi sempre, inventati da Janina: Bietolone, Piede Grande, Cappotto Nero, le Bambine in riferimento ad animali molto amati da Janina. Che, sul suo nome e sui nomi in generale, afferma:
"Ero arrabbiata per due ragioni: perché di nuovo non mi lasciavano dormire e perché mi chiamavano con un nome che non mi piace e non accetto. Me lo hanno dato per caso e in modo avventato. E’ quello che capita quando l’Uomo non riflette sul significato delle Parole, e tanto più dei Nomi, e li usa a casaccio. Non permettevo che ci si rivolgesse a me con ‘signora Janina’.

‘Insomma l’Uomo ha un grande dovere nei confronti degli Animali: aiutarli a vivere la vita; e a quelli addomesticati ricambiare l’amore e la tenerezza, perché loro ci danno molto più di quanto ricevano da noi. E bisogna che vivano la loro vita dignitosamente, che chiudano i propri Bilanci e nel libretto del Karma superino il semestre: ero un Animale, ho vissuto e mangiato; ho pascolato in pascoli verdi, ho partorito i Piccoli, li ho riscaldati con il mio corpo; ho costruito i nidi, ho fatto tutto quello che dovevo fare. Quando li si ammazza – e loro muoiono nella Paura e nell’Orrore, come il Cinghiale il cui corpo giaceva ieri vicino a me, e giace ancora là, umiliato, infangato e impiastricciato di sangue, trasformato in carogna – , li si condanna all’inferno e il mondo intero si trasforma in un inferno. Ma gli uomini non vedono tutto questo? Il loro intelletto è o no in grado di andare al di là dei piccoli piaceri egoistici? Il dovere degli uomini verso gli Animali è di condurli – nelle vite successive – alla Liberazione. Andiamo tutti nella stessa direzione, dalla determinazione alla libertà, dal rituale alla libera scelta’

Credo che ognuno di noi guardando il proprio Oroscopo, percepisca una grande ambivalenza. Da un lato è orgoglioso del fatto che nella sua vita individuale il cielo si imprima come la data di un timbro postale sulla busta, in questo modo egli è contrassegnato, unico nel suo genere. Ma nello stesso tempo è un imprigionamento nello spazio, il tatuaggio di un numero carcerario. Da questo non si scappa. Non posso essere diverso da quello che sono. E’ terribile. Preferiremmo pensare che siamo liberi e che in qualsiasi momento possiamo crearci di nuovo. E che la nostra vita dipenda totalmente da noi. Questo legame con una cosa grande come il cielo, ci intralcia. Preferiremmo essere piccoli, allora i nostri peccatucci sarebbero perdonabili.

Quindi sono convinta che bisogna conoscere a fondo la propria prigione.

Ora mi arrischio a dirlo: non sono una brava Astrologa, purtroppo. Nel mio carattere dimora un malessere che offusca l’immagine della posizione dei pianeti. Li guardo attraverso la mia paura e nonostante l’apparente serenità d’animo che gli altri ingenuamente e candidamente mi attribuiscono. Vedo tutto come in uno specchio oscuro, come attraverso un vetro affumicato. Guardo il mondo nel modo in cui gli altri guardano un’eclisse di Sole. Io vedo un’eclisse di Terra. Vedo come ci muoviamo a tentoni in una Tenebra perenne, come Coleotteri catturati e messi in una scatola da un bambino crudele. E’ facile danneggiarci e farci del male, fare a pezzetti la nostra bizzarra esistenza, finalmente rattoppata. Interpreto tutto come anormale, terribile e minaccioso. Vedo solo Catastrofi. Ma dal momento che l’inizio è la Caduta, è possibile cadere ancora più in basso?

Comunque conosco la data della mia morte e grazie a questo mi sento libera.

La presenza di Boros mi fece ricordare come si sta quando si vive con qualcuno. E com’è vincolante. Come distoglie dai propri pensieri e distrae. Come l’altra Persona comincia a infastidirci non tanto perché faccia qualcosa che dà ai nervi, quanto per il semplice fatto che c’è. E quando la mattina presto usciva diretto al bosco, benedicevo la mia splendida solitudine. Com’è possibile, pensavo, che le persone vivano insieme per decenni in uno spazio ristretto?

Ritengo infatti che la psiche umana sia nata per tutelarci dal vedere la verità. Per non consentirci di scorgerne direttamente il meccanismo. La psiche è il nostro sistema di difesa: si adopera per non farci mai comprendere ciò che ci circonda. Si occupa principalmente di filtrare le informazioni, sebbene le possibilità del nostro cervello siano enormi. Perché quel sapere non sarebbe sostenibile. Ogni minima particella del mondo si compone infatti di sofferenza.
 
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