qweedy
Well-known member
Michela Murgia nelle ultime settimane di vita ha raccolto i suoi pensieri per donarci questo pamphlet densissimo e prezioso, in cui ci racconta – partendo dall’esperienza personale – un altro modello di maternità, come si possa dare la vita senza generare biologicamente, come i legami d’anima possano sommarsi ai legami di sangue.
128 pagine pubblicate postume, in cui esprime le riflessioni degli ultimi anni della sua vita sulla maternità logica e biologica, sulla gestazione per altri con tutte le implicazioni sociali ed economiche, sul concetto di famiglia e di figli d'anima, sulle gestazioni per altri nella Bibbia.
Sulla gestazione per altri, le sue riflessioni legano a doppio filo la questione sociale a quella di classe, e pone al centro la libertà di autodeterminazione della donna, «che osa immaginarsi fuori dalla maternità biologica», sostenendo la necessità di una legge che permetta la gestazione per altri a tutela delle parti deboli.
La natura economica del problema viene vigorosamente sottolineata dalla scrittrice, che accusa lo Stato la colpa di non essere in grado di rimuovere gli ostacoli economici che impediscono alle donne di scegliere di diventare o no madri secondo il solo proprio desiderio: «nessuna dovrebbe essere costretta ad abortire o a partorire perché ha bisogno di soldi».
Riflessioni profondissime e vissute sulla sua pelle, ad ogni lettore poi spetta trovare le proprie risposte.
Consigliatissimo a chi desidera approfondire i temi di maternità e famiglia.
Sposa di qualcuno, madre di chiunque, io non sapevo cosa fosse la vocazione a essere me.
«La logica del binarismo, specie in termini di genere, è ideale per sostenere questa idea cementizia della persona umana, dove ciascuno ha un solo posto nel mondo, ognuno una sola identità, sempre quella, e tutti sono rassicuranti e rassicurati, illusoriamente incollati a una sola immagine di sé. In tale cornice ogni cambiamento è minaccia, ogni alternativa è destabilizzante e ogni considerare una possibilità diversa è un tradimento del patto iniziale».
«Dimmi che ami quello che di me cambia di continuo, e io potrò continuare a darti quello che di me davvero non cambia: la voglia di sceglierti ogni giorno in modo differente, come diversa sono io ogni mattina quando apro gli occhi».
«Stato interessante. Attraverso questo eufemismo, sin dall’Ottocento ci si riferisce con inspiegabile pudore all’esperienza della gravidanza. È un termine curioso. Da un lato sottintende che tutti gli stati di vita della donna che non implicano l’essere incinta siano privi di interesse. Dall’altro suggerisce che a quello specifico stato, tutti (e in particolare lo Stato) dovrebbero prestare un’attenzione particolare. È anche un’espressione ipocrita, perché nella realtà non c’è niente che riceva dalla gente e dalle istituzioni meno interesse del destino di una persona incinta. O di una madre, il cui status non sempre coincide col più interessante degli stati».
Una società moderna, democratica e plurale dovrebbe strutturare rapporti di affidabilità a prescindere dai legami di sangue e considerarsi tanto più evoluta quanto più l’affidabilità si estende a chi è estraneə al gruppo familiare. Le società familiste, fatte di tribù e di clan, applicano invece il concetto di bene e di male solo all’interno delle loro strutture di parentela riconosciute, dove il “noi” della consanguineità è contrapposto a un “loro” senza legami biologici, e definisce la categoria dell’estraneə come qualcuno a cui si può invece fare qualunque cosa.
Al familismo amorale appartiene la logica del “tengo famiglia”, giustificazione di qualunque reato o compromesso morale, la sola che tutti condivideranno, perché un sistema organizzato per famiglie non riconosce il bene comune, ma soltanto la protezione delle rispettive appartenenze.
Quel che dico contro la logica biologica del patriarcato eteronormativo di Stato – che identifica la maternità con la gravidanza e la famiglia col sangue – lo dico da madre d’anima, da membro di una famiglia fatta di legami altri. Le uniche certezze che ho hanno a che fare con la mia esperienza personale e per il resto ho solamente domande.
«In assenza di leggi a tutela delle parti deboli, la forza del denaro può fare tutto. Prima della legge sul divorzio gli uomini sparivano, abbandonavano le mogli e i figli e nessuno poteva obbligarli al mantenimento. Prima della legge sull’aborto le donne abortivano lo stesso, ma morivano nel tentativo clandestino e nessuno ne aveva responsabilità. Le leggi che consentono sono le sole che possono mettere dei limiti all’azione che stanno legittimando, per il fatto stesso di riconoscerla. L’assenza di leggi permette invece qualunque eccesso, perché nessuno degli abusi perpetrati sulla parte debole è definibile come tale: semplicemente, senza legge, non esiste».
Nata sotto il segno dei Gemelli, figlia di almeno due madri io stessa, non ho dato alla luce mai nulla e nessuno che non fosse fratto. Se tra le due lingue che parlo meglio una è madre, non è quella in cui vi scrivo, e dunque vi chiedo di portare pazienza. Quando qualcosa non vi torna datemi torto, dibattetene, coltivate il dubbio per sognare orizzonti anche più ambiziosi di quelli che riesco a immaginare io. La mia anima non ha mai desiderato generare né gente né libri mansueti, compiacenti, accondiscendenti. Fate casino.
128 pagine pubblicate postume, in cui esprime le riflessioni degli ultimi anni della sua vita sulla maternità logica e biologica, sulla gestazione per altri con tutte le implicazioni sociali ed economiche, sul concetto di famiglia e di figli d'anima, sulle gestazioni per altri nella Bibbia.
Sulla gestazione per altri, le sue riflessioni legano a doppio filo la questione sociale a quella di classe, e pone al centro la libertà di autodeterminazione della donna, «che osa immaginarsi fuori dalla maternità biologica», sostenendo la necessità di una legge che permetta la gestazione per altri a tutela delle parti deboli.
La natura economica del problema viene vigorosamente sottolineata dalla scrittrice, che accusa lo Stato la colpa di non essere in grado di rimuovere gli ostacoli economici che impediscono alle donne di scegliere di diventare o no madri secondo il solo proprio desiderio: «nessuna dovrebbe essere costretta ad abortire o a partorire perché ha bisogno di soldi».
Riflessioni profondissime e vissute sulla sua pelle, ad ogni lettore poi spetta trovare le proprie risposte.
Consigliatissimo a chi desidera approfondire i temi di maternità e famiglia.
Sposa di qualcuno, madre di chiunque, io non sapevo cosa fosse la vocazione a essere me.
«La logica del binarismo, specie in termini di genere, è ideale per sostenere questa idea cementizia della persona umana, dove ciascuno ha un solo posto nel mondo, ognuno una sola identità, sempre quella, e tutti sono rassicuranti e rassicurati, illusoriamente incollati a una sola immagine di sé. In tale cornice ogni cambiamento è minaccia, ogni alternativa è destabilizzante e ogni considerare una possibilità diversa è un tradimento del patto iniziale».
«Dimmi che ami quello che di me cambia di continuo, e io potrò continuare a darti quello che di me davvero non cambia: la voglia di sceglierti ogni giorno in modo differente, come diversa sono io ogni mattina quando apro gli occhi».
«Stato interessante. Attraverso questo eufemismo, sin dall’Ottocento ci si riferisce con inspiegabile pudore all’esperienza della gravidanza. È un termine curioso. Da un lato sottintende che tutti gli stati di vita della donna che non implicano l’essere incinta siano privi di interesse. Dall’altro suggerisce che a quello specifico stato, tutti (e in particolare lo Stato) dovrebbero prestare un’attenzione particolare. È anche un’espressione ipocrita, perché nella realtà non c’è niente che riceva dalla gente e dalle istituzioni meno interesse del destino di una persona incinta. O di una madre, il cui status non sempre coincide col più interessante degli stati».
Una società moderna, democratica e plurale dovrebbe strutturare rapporti di affidabilità a prescindere dai legami di sangue e considerarsi tanto più evoluta quanto più l’affidabilità si estende a chi è estraneə al gruppo familiare. Le società familiste, fatte di tribù e di clan, applicano invece il concetto di bene e di male solo all’interno delle loro strutture di parentela riconosciute, dove il “noi” della consanguineità è contrapposto a un “loro” senza legami biologici, e definisce la categoria dell’estraneə come qualcuno a cui si può invece fare qualunque cosa.
Al familismo amorale appartiene la logica del “tengo famiglia”, giustificazione di qualunque reato o compromesso morale, la sola che tutti condivideranno, perché un sistema organizzato per famiglie non riconosce il bene comune, ma soltanto la protezione delle rispettive appartenenze.
Quel che dico contro la logica biologica del patriarcato eteronormativo di Stato – che identifica la maternità con la gravidanza e la famiglia col sangue – lo dico da madre d’anima, da membro di una famiglia fatta di legami altri. Le uniche certezze che ho hanno a che fare con la mia esperienza personale e per il resto ho solamente domande.
«In assenza di leggi a tutela delle parti deboli, la forza del denaro può fare tutto. Prima della legge sul divorzio gli uomini sparivano, abbandonavano le mogli e i figli e nessuno poteva obbligarli al mantenimento. Prima della legge sull’aborto le donne abortivano lo stesso, ma morivano nel tentativo clandestino e nessuno ne aveva responsabilità. Le leggi che consentono sono le sole che possono mettere dei limiti all’azione che stanno legittimando, per il fatto stesso di riconoscerla. L’assenza di leggi permette invece qualunque eccesso, perché nessuno degli abusi perpetrati sulla parte debole è definibile come tale: semplicemente, senza legge, non esiste».
Nata sotto il segno dei Gemelli, figlia di almeno due madri io stessa, non ho dato alla luce mai nulla e nessuno che non fosse fratto. Se tra le due lingue che parlo meglio una è madre, non è quella in cui vi scrivo, e dunque vi chiedo di portare pazienza. Quando qualcosa non vi torna datemi torto, dibattetene, coltivate il dubbio per sognare orizzonti anche più ambiziosi di quelli che riesco a immaginare io. La mia anima non ha mai desiderato generare né gente né libri mansueti, compiacenti, accondiscendenti. Fate casino.