Strout, Elizabeth - Tutto è possibile

alessandra

Lunatic Mod
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Questo libro, lo dico per i fans della Strout, è una sorta di sequel di Mi chiamo Lucy Barton.
Naturalmente un sequel alla maniera della scrittrice ossia, come Olive Kitteridge, una serie di racconti apparentemente slegati tra loro che però hanno un filo conduttore: si tratta delle storie di persone che vivono o hanno vissuto nel paese di Lucy Barton, ex ragazza proveniente da una famiglia povera non solo economicamente, che ha trovato la propria strada altrove come scrittrice. In tutti i racconti viene nominata Lucy, c'è chi le vuole bene e chi la odia, chi la invidia e chi la ricorda con pietà.
E intanto prendono vita tanti personaggi, compresi i familiari di Lucy - lei stessa compare in un racconto - che hanno in comune il fatto di essere cresciuti in una squallida area della provincia americana, in cui la maggior parte di loro vive ancora. E così facciamo conoscenza con l'anziano sotto choc per aver fatto la guerra, con la madre fuggita in Italia e la figlia risentita, con l'uomo-bambino fratello di Lucy, con l'insegnante derisa dagli studenti che poi trova un riscatto e così via. E facciamo conoscenza con traumi e danni talvolta indelebili che l'ambiente in cui si vive può scatenare nelle persone.
Storie vere e toccanti, che parlano di vita quotidiana scavando profondamente nell'animo dei personaggi senza condannare neppure il comportamento più abietto e crudele poiché, grazie alla scrittura di un'autrice capace come pochi di suscitare empatia, tutto appare umanamente comprensibile.
Molto bello, forse per me la più brava scrittice donna in circolazione attualmente.
 
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