qweedy
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"A guardarlo da lontano, il castello di Fiè allo Sciliar sembra un luogo da fiaba. Scolpito nell’onice bianco, si staglia maestoso sul cielo cobalto di una valle delle Dolomiti e pare custodire le case che lo circondano. Nessuno penserebbe che tra quelle mura imponenti sia stato perpetrato un crimine orrendo, si sia svolto uno dei processi più drammatici del Cinquecento e trenta donne innocenti abbiano perso la vita sul rogo. E invece le streghe dello Sciliar sono state incarcerate nelle minuscole celle dei sotterranei del castello, sono state chiamate amanti del demonio, torturate, sono state loro estorte confessioni false, volte solo a far terminare il supplizio. E non sono state piante da nessuno, perché provare compassione per quelle donne dannate avrebbe significato autoaccusarsi. Barbara Vellerin è una di loro. Cresciuta dalla madre ai margini del villaggio per stare a contatto con la natura, i suoi primi anni di vita sono stati un incanto, tra lo studio delle piante e la cura dei bisognosi. Poi tutto è cambiato, il sospetto si è fatto strada negli occhi di coloro che prima richiedevano i suoi medicamenti e le idee di un manipolo di religiosi, per i quali ogni donna è una potenziale strega, si sono diffuse nella valle come una peste. Cinquecento anni dopo, Arianna Miele vince un concorso come curatrice di una mostra sulle streghe dello Sciliar. È la sua occasione per iniziare finalmente la carriera da antropologa che desidera, per rendersi indipendente da una famiglia che da sempre cerca di soffocarla e per dimostrare, soprattutto a sé stessa, il proprio valore. Non può sapere che, riportando alla luce le vite di un gruppo di donne che per lei all’inizio non sono altro che una lista di nomi, scoprirà una verità scomoda sull’eroe di quelle parti, il capitano del Tirolo Franziskus von Stauber, e riuscirà a dar voce, lei che una voce non l’ha avuta mai, a una donna innocente, messa a tacere dall’ipocrisia e dalla crudeltà."
Attingendo a fatti storici realmente accaduti, la vicenda di cinquecento anni fa relativa a Barbara e alle sue amiche accusate di stregoneria si intreccia con l'oggi, con Arianna Miele che cura l'allestimento di una mostra sulle streghe e che vuole dare voce a queste donne innocenti vittime del pregiudizio e riportare alla luce le loro vicende.
Non male, mi è piaciuto abbastanza.
“Quelle che ora chiamavano streghe erano state erbarie e curatrici, levatrici che custodivano conoscenze mediche e fitoterapiche arrivate a loro attraverso i canali tortuosi di una cultura matrilineare, che affondava le radici nei millenni. Donne che conoscevano il mondo naturale più di quanto non fossero integrate in quello umano: donne di terra, di bosco, più abituate a trattare con i funghi e le erbe, con le stagioni e con le nebbie che con la società del loro tempo, una società che da parte sua ricambiava la diffidenza."
“Il castello mi parve meno spaventoso ora che ne ero uscita indenne. Mi girai di fronte, inspirai l’aria che sapeva di muschio e di pietra. Barbara Vellerin, lo sentivo, era lì con me. Era negli alberi e nelle rocce della valle. Nelle piante che morivano in autunno per rinascere in primavera. Nella mia pancia. La Signora del Gioco soffiava nel vento a confortare tutti gli animali imperfetti del mondo, per proteggerli dall’ingiustizia e dal sopruso.”
Attingendo a fatti storici realmente accaduti, la vicenda di cinquecento anni fa relativa a Barbara e alle sue amiche accusate di stregoneria si intreccia con l'oggi, con Arianna Miele che cura l'allestimento di una mostra sulle streghe e che vuole dare voce a queste donne innocenti vittime del pregiudizio e riportare alla luce le loro vicende.
Non male, mi è piaciuto abbastanza.
“Quelle che ora chiamavano streghe erano state erbarie e curatrici, levatrici che custodivano conoscenze mediche e fitoterapiche arrivate a loro attraverso i canali tortuosi di una cultura matrilineare, che affondava le radici nei millenni. Donne che conoscevano il mondo naturale più di quanto non fossero integrate in quello umano: donne di terra, di bosco, più abituate a trattare con i funghi e le erbe, con le stagioni e con le nebbie che con la società del loro tempo, una società che da parte sua ricambiava la diffidenza."
“Il castello mi parve meno spaventoso ora che ne ero uscita indenne. Mi girai di fronte, inspirai l’aria che sapeva di muschio e di pietra. Barbara Vellerin, lo sentivo, era lì con me. Era negli alberi e nelle rocce della valle. Nelle piante che morivano in autunno per rinascere in primavera. Nella mia pancia. La Signora del Gioco soffiava nel vento a confortare tutti gli animali imperfetti del mondo, per proteggerli dall’ingiustizia e dal sopruso.”