Rapp, Adam - La radice del male

bouvard

Well-known member
Se il titolo originale di questo libro – Wolf at the table - fosse stato tradotto letteralmente in italiano questo libro si sarebbe intitolato: Un lupo a tavola. Non molto accattivante come titolo me ne rendo conto, però vi posso assicurare che a lettura completata lo avreste trovato molto azzeccato, infatti questo titolo più di quello italiano sottolinea uno dei concetti chiave del libro, vale a dire il fatto che in tutte le famiglie, anche in quelle apparentemente più normali e perfette, può crescere un mostro.
La famiglia Larkin protagonista del libro perfetta di certo non lo è, con una madre ai limiti del fanatismo religioso, un padre praticamente assente e i figli che cercano di crescere come meglio possono e sopravvivere, ognuno secondo il proprio carattere, al male e al dolore che gli capita loro malgrado. Ma se i Larkin non sono una famiglia perfetta, non si può neppure dire che sono una famiglia disadattata o altro, in effetti sono una famiglia come tante, con la loro parte di problemi né più né meno di tutte le famiglie.
Questo libro sembra tante cose che non è. All’inizio sembra un thriller e se lo leggete aspettandovi questo ne resterete delusi. In più punti si presenta come un true-crime, ma non è neppure questo. Fondamentalmente è una saga familiare che si dipana lungo sessant’anni, dagli anni Cinquanta fino al 2010 e che attraversa diversi luoghi degli States. In un certo senso potremmo definirla una saga familiare ad imbuto, in quanto all’inizio ci vengono presentati tutti i componenti della famiglia, poi man mano che la storia procede alcuni di questi componenti, per varie ragioni, vengono messi da parte e la narrazione si concentra solo su alcuni di loro.
Un lupo a tavola è un titolo che in sole quattro parole ci dice quanto poco ci conosciamo gli uni con gli altri, anche all’interno di una famiglia. Noi pensiamo di conoscere le persone con cui viviamo, con cui ci sediamo a tavola, cresciamo, giochiamo, litighiamo o ci confidiamo, ma in effetti di loro conosciamo solo quello che queste persone ci mostrano e quello che di loro noi vogliamo vedere. Ma quanto dolore, quanta sofferenza, quanto disagio ci nascondiamo gli uni con gli altri anche, ripeto, all’interno di una famiglia?
Il libro narra anche tanti piccoli episodi – come quello con cui il libro parte – di cui non conosceremo mai il finale e questo a molti potrebbe non piacere, ma secondo me ha un suo perché, infatti il vissuto di ognuno di noi si interseca con il vissuto di altre persone, ma spesso questi vissuti si sfiorano soltanto e solo per poco tempo prendendo poi direzioni diverse, per cui tante cose restano in sospeso e non sapremo mai come sono andate a finire.
Nel libro troverete molti riferimenti a fatti realmente accaduti (es. attentato a Reagan), e diversi personaggi realmente esistiti come il campione di baseball Mickey Mantle (una sorta di filo rosso che compare lungo tutto il libro) e il serial killer John Wayne Gacy che la madre dell’autore conobbe nel suo lavoro di infermiera, essendo stata probabilmente l’ultima persona a vederlo vivo prima che venisse giustiziato e ragione per cui Rapp ha scritto questo libro.
Mi rendo conto di aver scritto tanto, ma di non aver detto quasi niente sulla trama, ma è una cosa voluta, questo libro contiene tante storie, più o meno belle, più o meno tristi, più o meno disturbanti, più o meno poetiche che lo rendono bello, molto bello da leggere, ad alcuni personaggi vi affezionerete tantissimo e vi dispiacerà lasciarli quando chiuderete il libro, altri li odierete come avete odiato pochi personaggi di libri nonostante il dispiacere per il dolore da loro patito.
E’ un libro che vi lascerà molte domande dentro, molto dolore e molta poesia… e forse vi farà venire voglia, come ha fatto a me, di leggere o rileggere (nel mio caso) Il giovane Holden…
Consigliato, molto consigliato.​
 
Alto