Tuti, Ilaria - Come vento cucito alla terra

qweedy

Well-known member
Londra, settembre 1914
«Le mie mani non tremano mai. Sono una chirurga, ma alle donne non è consentito operare. Men che meno a me: madre ma non moglie, sono di origine italiana e pago anche il prezzo dell’indecisione della mia terra natia in questa guerra che già miete vite su vite.
Quando una notte ricevo una visita inattesa, comprendo di non rispondere soltanto a me stessa. Il destino di mia figlia, e forse delle ambizioni di tante altre donne, dipende anche da me. Flora e Louisa sono medici, e più di chiunque altro hanno il coraggio e l’immaginazione necessari per spingere il sogno di emancipazione e uguaglianza oltre ogni confine.
L’invito che mi rivolgono è un sortilegio, e come tutti i sortilegi è fatto anche d’ombra. Partire con loro per aprire a Parigi il primo ospedale di guerra interamente gestito da donne è un’impresa folle e necessaria. È per me un’autentica trasformazione, ma ogni trasformazione porta con sé almeno un tradimento. Di noi stessi, di chi ci ama, di cosa siamo chiamati a essere.
A Parigi, lontana dalla mia bambina, osteggiata dal senso comune, spesso respinta con diffidenza dagli stessi soldati che mi impegno a curare, guardo di nuovo le mie mani. Non tremano, ma io, dentro di me, sono vento.»


Questa è la storia dimenticata delle prime donne chirurgo, una manciata di pioniere a cui era preclusa la pratica in sala operatoria, che decisero di aprire in Francia un ospedale di guerra completamente gestito da loro. Ma è anche la storia dei soldati feriti e rimasti invalidi, che varcarono la soglia di quel mondo femminile convinti di non avere speranza e invece vi trovarono un’occasione di riabilitazione e riscatto.
Siamo in Inghilterra, nel 1914, durante i primi mesi della Prima Guerra Mondiale. C’è un uomo, il capitano Alexander Allan Seymour, in trincea con i suoi soldati, e una donna, la dottoressa Cate Hill, tra le corsie di un ospedale con le sue colleghe, ginecologa abituata a rabberciare prostitute nei sobborghi di Londra; la narrazione ci presenta, alternate, la guerra degli uomini e quella delle donne, combattute su due diversi campi di battaglia: da una parte il fronte, dall’altra un ospedale in cui salvare più vite possibili e dimostrare, contro la diffidenza generale, di essere medici validi tanto quanto gli uomini.
Sono gli uomini a essere impreparati alle cure delle donne: spaventati dalle loro mani più che dagli ordigni, riluttanti a farsi toccare, sono sicuri di essere finiti in mezzo a cure di serie b, urlano, invocano un medico uomo, un medico vero.
Il WHC, Women’s Hospital Corps, nato con il supporto dell’Ufficio della Croce Rossa di Parigi, fu una vera rivoluzione: solitamente alle dottoresse era permesso lavorare solo con donne e bambini in ospedali di carità, non certo operare soldati. Queste donne, oltre a svolgere un ruolo medico fondamentale, hanno aperto una breccia nella storia, per loro stesse e per tutte le donne venute dopo di loro.


L'ho divorato, è un romanzo eccellente, secondo me il migliore scritto da Ilaria Tuti. Non è un giallo, è un romanzo storico, la storia delle prime donne chirurgo che lottano per i propri diritti in un periodo (prima guerra mondiale) in cui il lavoro femminile era ancora relegato alla casa e all'accudimento della prole.

Consigliatissimo!

"Un giorno, a Parigi, una donna mi disse che non siamo soli nell’affrontare il cambiamento. È vero. Ci sarà sempre qualcuno che si batte per le stesse cose che noi difendiamo, anche se non possiamo vederlo. Dobbiamo tenere a mente che c’è, non dimenticarlo mai, e andare avanti. In un modo o nell’altro, bisogna pur prendere posizione."

“Anche la sutura, come il ricamo, è un atto d’amore. È come l’amore, no? Unisce e risana”.

“Nel liquame, fiorivano papaveri, tremuli come la speranza. A volte riempivano intere colline, come le fosse comuni; le radici si nutrivano di sangue. Alcuni fiorivano ancora, nelle spianate scaldate dal sole. Alexander aveva raccolto qualche petalo, li teneva tra le pagine del suo diario, per ricordare il sacrificio di tanti”.
 

Shoshin

Goccia di blu
Lo leggerò sicuramente.

Mi hai fatto venire in mente
Franja Bojc,e il suo ospedale partigiano sospeso tra le rocce carsiche in una gola a Dolenji Novaki.
 
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