Morselli, Guido - Dissipatio h. g.

bouvard

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Dissipatio h.g. sta per “dissipatio humani generis” e riprende il titolo di un’opera di Giamblico. E come lo stesso Morselli ci spiega nel corso del libro, la parola dissipatio nella tarda latinità veniva tradotta con i termini “evaporazione” o “nebulizzazione” e penso che già questo da solo basti a spiegare di che genere di libro stiamo parlando. Alcuni lo definiscono di fantascienza tout-court, altri di fantascienza post-apocalittica, io se proprio dovessi incasellarlo in un genere lo vedrei bene in una fantascienza introspettiva e filosofica, ammesso poi che una tale fantascienza esista.
Andiamo per ordine, di cosa parla questo libro? Di un uomo che, un giorno, facendo un lucido bilancio della propria vita e constatando che il bilancio è negativo per il 70% e positivo solo per il 30 (giuro che sta scritto proprio così nel libro) decide di suicidarsi. E quale giorno migliore per farlo della notte precedente il giorno del proprio quarantesimo compleanno? Ok, una volta che hai scelto il dove, il quando, il come non ti resta che portarti dietro una bella bottiglia di cognac per darti il coraggio, certo se poi cominci a riflettere se i cognac francesi sono davvero superiori a quelli spagnoli va a finire che perdi l’attimo e ti passa la voglia di suicidarti.
Il guaio poi è se torni a casa e scopri che tu, quello che voleva suicidarsi, sei vivo e vegeto come non mai, mentre il resto dell’umanità è scomparsa. Volatilizzata. Evaporata. Semplicemente svanita. Sei rimasto solo con te stesso e i tuoi pensieri, le tue ipotesi, i tuoi dubbi, la tua ricerca di prove, i tuoi ricordi e le tue riflessioni su tutto. Perché di tempo ne hai, accidenti se ne hai.
Dissipatio humani generis è un lungo monologo dell’unico essere umano rimasto vivo sulla Terra, sottolineo unico essere umano, perché gli animali, fortuna loro, non si sono evaporati. Un monologo quello del nostro sopravvissuto lucido, estremamente lucido, sarcastico e molto dotto. E sì, preparatevi a veder menzionati, giusto per citarne alcuni, Hegel e Marcuse, Max Weber e Salviano da Treviri (non sapete chi sia? Neppure io lo sapevo, ma non vi preoccupate c’è internet!). A proposito anche la tecnologia dopo la scomparsa degli esseri umani non si è “evaporata” subito e per un po’ ha continuato ad avere vita propria.
In tutta sincerità non posso dire di aver capito tutto di questo libro, perché non è molto lungo, ma è molto “denso”, dentro c’è tanto, tanto, tanto su cui riflettere. Ci sono punti da leggere e rileggere per capirli a fondo (peccato io lo abbia ascoltato in audio-libro, tra l’altro letto benissimo da Alessio Boni, ma mi sono già procurata l’ebook perché entro la fine dell’anno voglio rileggerlo), e c’è tanto su cui essere d’accordo. A partire dal bel finale, poetico, ma soprattutto molto, molto veritiero che riprende un concetto espresso dal Morselli già quasi ad inizio libro:

Andiamo, sapienti e presuntuosi, vi davate troppo importanza. Il mondo non è mai stato così vivo, come oggi che una certa razza di bipedi ha smesso di frequentarlo. Non è mai stato così pulito, luccicante, allegro.

Non nascondo che a leggere questo libro ci si sente anche parecchio a disagio, sapendo che l’autore dopo alcuni mesi dalla sua stesura (la pubblicazione è postuma) si sarebbe suicidato per l’ennesimo rifiuto delle case editrici a pubblicare i suoi libri.
So bene che non è un libro da “ombrellone”, ma è una lettura che lascia dentro molto e mi farebbe molto piacere se qualcun altro lo leggesse per conoscere la sua impressione.
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