@ Masetto
Tullio De Mauro afferma che il linguaggio manzoniano è quello dei colti dell’ottocento
Mi ha sempre lasciato un pochino perplesso il famoso “addio ai monti” di Lucia:” Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio!...”
Sicuramente un grande esempio di poesia ma che suona alquanto bizzarro se pensiamo che a proferire queste parole sia stata una persona del ‘600 appartenente ad una classe sociale che non aveva avuto possibilità di acculturarsi.
Per quanto riguarda la critica di Gramsci, numerosi altri sollevano obiezioni sulla visione che Manzoni ha della storia, del ruolo degli umili e più in generale delle classi sociali inferiori.
Dice Moravia: “Così il realismo cattolico non si contenta dì predicarsi una religione di maniera ma ci presenta un mondo sociale fatto a sua immagine e somiglianza. Ed è il realismo cattolico, infine, che detta, per bocca di Renzo, la morale finale dei Promessi Sposi: Ho imparato a non mettermi nei tumulti… a non predicare in piazza.
Morale certamente non cristiana: Gesù, lui, non aveva impa*rato a non mettersi nei tumulti, a non predicare in piazza.”
Ancora Antonio Piromalli: “Non è il mondo ad avere valore come realtà positiva ma il vero valore è trascendente: non c'è storia degli uomini, la sola storia è Cristo. Cultura laica umanistica e rinascimentale, ragione illuministica, modificazioni sociali ottenute attraverso la Rivoluzione francese sono ripudiati come errori dall'ideologia religiosa di Manzoni rispecchiata nel romanzo. Il trionfo della religione, enunciatrice di giustizia antifeudale e riparatrice ideale di tutte le ingiustizie umane, è un trionfo politico perché da esso ha origine la grande mediazione capace di ordinare la vita terrena. …… l'organismo ecclesiastico della chiesa trionfante è la guida, il principe, la morale religiosa che rigetta l'autonomia politica di Machiavelli….”
Sintetizzando, per questa parte della critica, Manzoni nega tutto ciò che la storia fino a quel momento aveva dimostrato in termini di conquiste sociali e di laicizzazione della visione del mondo, per tornare ad una visione in cui la religione e la morale cattolica avevano la preminenza.
Il mio parere è che esistano due modi di leggere ed interpretare l’opera manzoniana; da una parte la visione religiosa, che trova nel Manzoni un riferimento letterario importante; dall’altro una critica storicista che accusa il Manzoni di indurre negli umili un’accettazione fatalista della loro condizione, a permanere nel loro stato sociale e a fare appello alla sola Provvidenza.
Per quanto minima, la mia esperienza di studente mi ha portato a toccare con mano questa visione dualistica. Ricordo, infatti, che al liceo, avevo studiato il romanzo durante il secondo anno, con una professoressa di estrazione cattolica e che adorava l’opera, tant’è che, quando leggeva alcuni passi più significativi, riusciva addirittura a commuoversi; mentre nell’ultimo anno di scuola quando si studiava il Manzoni e tutta la sua opera, la mia professoressa di allora, storicistica e marxista tendeva a mostrarci tutti i limiti della visione storica e politica del Manzoni.