Libertà di recensione

Zaccone

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Lascia che ti spieghi...

Esiste da qualche millennio un ideale luogo di scontro, un agone letterario. Vi combattono fantasmi: Joyce, Shakespeare, Petronio, Saffo, Quevedo e così via. I più forti, i più resistenti, si guadagnano un posto nel tempo. La forza è data dal mero peso artistico - dallo splendore formale, dalla capacità di intarsio di forme e contenuti, dalla purezza stilistica, dalla capacità cognitiva rtc. - delle opere. La forza, il peso di un'opera d'arte è oggettivo, non soggettivo; ed è dato dai risultati storici dell'agone - dalla capacità di umiliare il tempo.
Ora, è insegnamento di esperienza comune quello secondo il quale bisogna diffidare dagli arrecatori di fumo negli occhi. Un primo esempio di arrecatore di fumo è dato da coloro i quali in luogo di argomentare offendono il loro agonista. Un altro esempio è dato da quella trasversale sQuola di pensiero che - incapace di comprendere il peso reale di un'opera d'arte, incapace di "capire" l'arte - si abbarbica su concezioni, pensieri, dati, appigli ultronei rispetto a quella mera considerazione di bellezza, di splendore che dovrebbe guidare l'ermeneuta artistico (o, se vogliamo, lo spettatore dell'agone).
Quali possano essere queste considerazioni ultronee che non c'entrano un tubus con l'arte?
Bhè, è semplice, tutte le considerazioni di tipo politico, sociale, biografico, mashilista, femminista, frocista, transista, colorista, bianchista, moralista. Come avrai notato dall'elenco esemplificativo precedente, il probelma di fondo è duplice: A) incapacità, in premessa, di comprendere/interpretare un'opera; B) razzismo di fondo. Tali tendenze sono bipartisan in quanto storicamente manifestatesi vuoi di tra esponenti di "destra" che di "sinistra". Quelli di destra spesso presentano improbabili condimenti morali nel loro discorrere e giudicare opere; quelli di sinistra, ancor più spesso, condimenti al sapore di "forze sociali", "femminismi, gaysmi.." etc. etc.

Tutto ciò è un male per l'agone artistico; ed è un male perché lo contamina di una serie inutile di proposizioni. Laddove dovrebbe parlarsi dell'oggettivo valore di un[']autore, senza neppur lontanamente soffermarsi su sesso, inclinazioni, tendenze, affezioni politiche, nazionalità, colori, misure varie [...], questi teorici della schola del risentimento ci vorrebbero insegnare
- l'arte del giudizio artistico su basi ultronee rispetto a quellle puramente estetiche;
- l'arte dell'insulto libero ogni qualvolta si osi mettere in dubbio la dubbia grandezza di qualche inconsapevole paladino/a (dimenticato da tutti) delle loro poco artistiche epopee;
- l'arte dell'inseguimento/perseguimento (vedete che la Storia della Chiesa ci ha insegnato tanto! :mrgreen:) del peccatore (sovente un maschio bianco di famiglia borghese e wasp) con ogni strumento possibile.

Ma ritorniamo all'agone ed al suo significato.
Noi, noi che non siamo figli di quella scuola del risentimento; noi che vogliamo giudicare un'opera meramente sulla base di dati estetici; noi non diremmo mai: "ah, quell'agonista vince perché donna/gay/moralista" o perché i suoi guantoni siano tali; ma giudicheremmo quell'agonista dal puro valore della sua forza. Sì, la Dickinson è una eccelsa agonista: è il più grande poeta nord-americano (Whitman a parte); e sì, non me ne frega nulla che sia donna; mi interessano i suoi silenzi, non il suo endometrio.

E poi sì, ancora sì, bisogna essere schietti, diretti, violenti: se un autore viene peregrinamente osannato quando nessuno se lo fila a livello artistico e viene ricordato solo per dati ultronei, sì, ancora sì, dobbiamo essere duri e ricordare il basso (o nulllo) valore agonico, valore oggettivo che l'opera di questo autore ha nell'agone letterario.

Ti farò delle osservazioni oggettive, e spero che né tu né nessun altro mi fraintenda.
Al mondo ci sono state molte grandi scrittrici donne: Saffo, Austen, Dickinson, Bronte, e via dicendo. Ma queste grandi autrici sono quasi nulla in confronto a Dante, Petrarca, Boccaccio, Omero, Virgilio, Hugo, Cervantes, Proust.
Al mondo ci sono anche autori di colore, come Chinua Achebe e Wole Soyinka, ma sono nulla rispetto a quelli bianchi appena citati.
Io non sono per niente razzista (per esempio, Leonardo da Vinci, il più grande pittore e uomo universale, era, molto probabilmente, omosessuale) ma questi sono dati oggettivi. Non dico che vi sia qualcosa nel DNA, ma dico che talvolta la condizione ci dice tutto. Forse la donna e l'uomo nero sono stati sempre "sottomessi" dall'uomo bianco, e non hanno potute rivelare le loro vere capacità artistiche e culturali, ma questa è solo un'ipotesi.
 

Zaccone

New member
Mi chiedo... e affidarsi a se stessi, per questi e molte altre cose?, intendo dire provare tutto e giudicare poi con il proprio cervello?
Anche perché ognuno ha la sua maniera di vedere, valutare, sentire, assorbire, apprezzare, rigettare... con buona pace di critici ecc.
Io vedo le cose con la mia "vista" e nessuno è padrone di metterla in discussione: potrà essere in disaccordo, come io potrò essere in disaccordo con lui e allora?

La vera arte, nelle opere letterarie come credo in altri campi è uguale per tutti? eppure vi sono precisi riscontri che testimoniano come il giudizio su opere d'arte sia molto variata nel tempo con il variare del comune sentire, dei tempi, a seconda del critico che parla in quel momento, dei mutamenti della società...

Io risparmio solo tempo: se leggessi Dan Brown, non fidandomi di quello che dicono non solo i critici ma anche i lettori più acuti, perderei tempo e farei una brutta esperienza narrativa.
Se quasi tutti i critici dicono: "I Miserabili è un grande romanzo", allora io lo leggo, e probabilmente concorderò con quello che si è detto. Non mi è mai successo di pentirmi di un libro che ho letto (tranne per quando era giovane e non avevo questo criterio di scelta).
E' vero che nel tempo siano cambiati più giudizi sulle opere d'arte, ma non sono molti casi: quando Dante scrisse la Commedia, quasi subito ci si accorse della straordinarietà del poema. Addirittura, poco dopo la sua morte, fu considerato da alcuni un profeta.
 

Mizar

Alfaheimr
Ti farò delle osservazioni oggettive, e spero che né tu né nessun altro mi fraintenda.
Al mondo ci sono state molte grandi scrittrici donne: Saffo, Austen, Dickinson, Bronte, e via dicendo. Ma queste grandi autrici sono quasi nulla in confronto a Dante, Petrarca, Boccaccio, Omero, Virgilio, Hugo, Cervantes, Proust.
Al mondo ci sono anche autori di colore, come Chinua Achebe e Wole Soyinka, ma sono nulla rispetto a quelli bianchi appena citati.
Io non sono per niente razzista (per esempio, Leonardo da Vinci, il più grande pittore e uomo universale, era, molto probabilmente, omosessuale) ma questi sono dati oggettivi. Non dico che vi sia qualcosa nel DNA, ma dico che talvolta la condizione ci dice tutto. Forse la donna e l'uomo nero sono stati sempre "sottomessi" dall'uomo bianco, e non hanno potute rivelare le loro vere capacità artistiche e culturali, ma questa è solo un'ipotesi.

Ti dirò. Verrò linciato ma, Dante e Cervantes a parte - riferendomi agli autori naschietti che mi citi - non ritengo autrici come La Dickinson o la Austen inferiori ad un Hugo, un Perrarca o in Flaubert.
E bada, a me la Austen non piace; nonostante ciò ella è oggettivamente una delle più grandi romanziere della storia... Come la Dickinson è una lirista (almeno) alla pari di Leopardi.
Quindi mi chiedo - senza polemiche alcune - "ove siano" le considerazioni intorno alle "condizioni"
 

Zaccone

New member
Ti dirò. Verrò linciato ma, Dante e Cervantes a parte - riferendomi agli autori naschietti che mi citi - non ritengo autrici come La Dickinson o la Austen inferiori ad un Hugo, un Perrarca o in Flaubert.
E bada, a me la Austen non piace; nonostante ciò ella è oggettivamente una delle più grandi romanziere della storia... Come la Dickinson è una lirista (almeno) alla pari di Leopardi.
Quindi mi chiedo - senza polemiche alcune - "ove siano" le considerazioni intorno alle "condizioni"

Allora abbiamo punti di vista molto diversi. La Dickinson è una delle più grandi liriste inglesi del XIX secolo, ma non si più paragonare a Leopardi, l'unico che, insieme a Dante, abbia dimostrato (in particolare con L'Infinito) che la poesia non ha limiti temporali o spaziali, ma è una completa immersione nell'arte.
La Austen è una delle più grandi romanziere inglesi, ma non sfiora nemmeno il livello di Hugo, prosatore, poeta, drammaturgo, saggista, che toccò moltissimi generi e che scrisse un romanzo cardine della letteratura francese e mondiale.
 

maurizio mos

New member
Io risparmio solo tempo: se leggessi Dan Brown, non fidandomi di quello che dicono non solo i critici ma anche i lettori più acuti, perderei tempo e farei una brutta esperienza narrativa.
Se quasi tutti i critici dicono: "I Miserabili è un grande romanzo", allora io lo leggo, e probabilmente concorderò con quello che si è detto. Non mi è mai successo di pentirmi di un libro che ho letto (tranne per quando era giovane e non avevo questo criterio di scelta).
E' vero che nel tempo siano cambiati più giudizi sulle opere d'arte, ma non sono molti casi: quando Dante scrisse la Commedia, quasi subito ci si accorse della straordinarietà del poema. Addirittura, poco dopo la sua morte, fu considerato da alcuni un profeta.


No, non faresti una brutta esperienza, faresti solo un'esperienza. Mai sentito che a conoscere le cose si perde tempo.
Uno potrebbe persino scoprire di essere libero di pensarla diversamente da Pinco Pallino

Ripercorri con attenzione la storia della letteratura (ma anche delle arti figurative, del cinema...): non sono poi così rari gli autori o le opere misconosciute inizialmente e poi...

Ma tutto questo ci allontana dal punto: ciascuno di noi è libero di esprimere una propria valutazione su un'opera d'arte in base alle emozioni che suscita in lui per le sue esperienze di vita, culturali ecc. nel rispetto degli altri, cioé senza pensare di esprimere un giudizio inappellabile che gli altri devono accettare e fare proprio. Chiunque egli sia
 

Mizar

Alfaheimr
Allora abbiamo punti di vista molto diversi. La Dickinson è una delle più grandi liriste inglesi del XIX secolo, ma non si più paragonare a Leopardi, l'unico che, insieme a Dante, abbia dimostrato (in particolare con L'Infinito) che la poesia non ha limiti temporali o spaziali, ma è una completa immersione nell'arte.
La Austen è una delle più grandi romanziere inglesi, ma non sfiora nemmeno il livello di Hugo, prosatore, poeta, drammaturgo, saggista, che toccò moltissimi generi e che scrisse un romanzo cardine della letteratura francese e mondiale.
Non sono d'accordo sulla rapportazione Austen-Hugo. Credo che il maschietto sia sugli stessi livelli della femminuccia in quanto a "peso" nell'economia letteraria occidentale. E, ad onor di cronaca, io detesto la Austen ed amo Hugo! Ma non mi pare questo il luogo forumistico dove parlarne ;)
Non sono d'accordo neanche sull'affermazione riguardante Leopardi (anche i lirici greci ed Orazio e Shakespeare e tanti altri "hanno dimostrato che la poesia non ha limiti temporali o spaziali"): grandissimo lirista, ma superato da gente come Whitman ed altri. Per intenderci, poesie di Wordsworth non mi pare abbiano qualcosa da invidiare all'Infinito o alla Ginestra delle mie contrade. Ma, ti ripeto, sono discussioni che abbisognerebbero di appositi topics ;)


Non concordo con te sul peso degli autori citati però... condivido il tuo modo di argomentare e, forse, la tua concezione di fondo della letteratura :)
 

Mizar

Alfaheimr
No, non faresti una brutta esperienza, faresti solo un'esperienza. Mai sentito che a conoscere le cose si perde tempo.
Uno potrebbe persino scoprire di essere libero di pensarla diversamente da Pinco Pallino

E' vero!
Però la vita è una sola e - considerato il numero infinito di libri ed il tempo finito a disposizione - mi pare ovvia La Scelta :mrgreen:
Come ci insegna Faust, esiste una incommensurabilità tra il conoscibile e le umane possibilità: ragion per cui siamo chiamati a scegliere tra alternative*






*Il che è anche possibile oggetto di un Capitolo 1 di ipotetico libro di Economia :mrgreen:
 

maurizio mos

New member
E' vero!
Però la vita è una sola e - considerato il numero infinito di libri ed il tempo finito a disposizione - mi pare ovvia La Scelta :mrgreen:
Come ci insegna Faust, esiste una incommensurabilità tra il conoscibile e le umane possibilità: ragion per cui siamo chiamati a scegliere tra alternative*






*Il che è anche possibile oggetto di un Capitolo 1 di ipotetico libro di Economia :mrgreen:

Sì, ma che la scelta sia nostra, non di un altro!
 

Mizar

Alfaheimr
Sì, ma che la scelta sia nostra, non di un altro!

E' chiaro :)
Ma noi siamo sempre figli di una tradizione, quella occidentale, ed ad essa sempre ci riferiremo. Siamo, nolenti o volenti, condizionati da essa - nelle maniere più assurde :mrgreen:
Io, te o un terzo inevitabilmente costruiamo una serie di pre-giudizi (una prospettazione) rispetto ad un qualsivoglia libro o ad una qualsivoglia esperienza umana: tutto ciò è inevitabile. Se il 100% dei critici di cui mi fido (storicamente) mi suggeriscono che D. Brown è robaccia; o se ad una prelettura di alcune pagine di Brown stesso mi accorgo che robaccia è davvero ...che bisogno ho di fare questa brutta esperienza? Leggo Tolstoj che non ho mai affrontato
 

Zaccone

New member
No, non faresti una brutta esperienza, faresti solo un'esperienza. Mai sentito che a conoscere le cose si perde tempo.
Uno potrebbe persino scoprire di essere libero di pensarla diversamente da Pinco Pallino

Ripercorri con attenzione la storia della letteratura (ma anche delle arti figurative, del cinema...): non sono poi così rari gli autori o le opere misconosciute inizialmente e poi...

Ma tutto questo ci allontana dal punto: ciascuno di noi è libero di esprimere una propria valutazione su un'opera d'arte in base alle emozioni che suscita in lui per le sue esperienze di vita, culturali ecc. nel rispetto degli altri, cioé senza pensare di esprimere un giudizio inappellabile che gli altri devono accettare e fare proprio. Chiunque egli sia

Concordo sull'ultimo periodo, ma io preferisco affidarmi alle persone più "competenti", ovvero quelle che [sempre "si presume"] hanno una capacità di giudizio critico - artistico maggiore delle "persone normali". Ma è una questione controversa: alcune "persone normali" hanno riconosciuto subito il valore di Petrarca, De Sanctis no. I critici non hanno sempre ragione, come non l'hanno sempre i lettori comuni. Qui concordo assolutamente.
 

Zaccone

New member
Non sono d'accordo sulla rapportazione Austen-Hugo. Credo che il maschietto sia sugli stessi livelli della femminuccia in quanto a "peso" nell'economia letteraria occidentale. E, ad onor di cronaca, io detesto la Austen ed amo Hugo! Ma non mi pare questo il luogo forumistico dove parlarne ;)
Non sono d'accordo neanche sull'affermazione riguardante Leopardi (anche i lirici greci ed Orazio e Shakespeare e tanti altri "hanno dimostrato che la poesia non ha limiti temporali o spaziali"): grandissimo lirista, ma superato da gente come Whitman ed altri. Per intenderci, poesie di Wordsworth non mi pare abbiano qualcosa da invidiare all'Infinito o alla Ginestra delle mie contrade. Ma, ti ripeto, sono discussioni che abbisognerebbero di appositi topics ;)


Non concordo con te sul peso degli autori citati però... condivido il tuo modo di argomentare e, forse, la tua concezione di fondo della letteratura :)

E' difficile che tu condivida la mia concezione di letteratura...io credo che la letteratura sia mondiale, che un Umberto Eco possa scrivere cose che già si erano dette nell'Epopea di Gilgamesh, anche senza che egli conosca questo poema. Io credo che la letteratura sia la più alta forma d'arte esistente, ma non credo nel libro che esprime solo letteratura. Condivi?
 

maurizio mos

New member
E' chiaro :)
Ma noi siamo sempre figli di una tradizione, quella occidentale, ed ad essa sempre ci riferiremo. Siamo, nolenti o volenti, condizionati da essa - nelle maniere più assurde :mrgreen:
Io, te o un terzo inevitabilmente costruiamo una serie di pre-giudizi (una prospettazione) rispetto ad un qualsivoglia libro o ad una qualsivoglia esperienza umana: tutto ciò è inevitabile. Se il 100% dei critici di cui mi fido (storicamente) mi suggeriscono che D. Brown è robaccia; o se ad una prelettura di alcune pagine di Brown stesso mi accorgo che robaccia è davvero ...che bisogno ho di fare questa brutta esperienza? Leggo Tolstoj che non ho mai affrontato

Se da una prelettura (trama, quarta di copertina, alcune pagine) mi accorgo che Brown è robaccia non c'è dubbio che lo scarto (in realtà l'ho comprato, sono arrivato a metà e l'ho buttato: esperienza negativa ma che mi permette di esprimere un giudizio fondato appunto sull'esperienza), ma mai lo scarterei solo perché lo ha detto qualcun'altro, chiunque esso sia. Chi è chiunque per dirmi cosa è brutto o bello? solo io posso giudicare per me. In base ai miei pregiudizi, alla mia esperienza di vita, alla mia cultura, certo, ma sempre in base a me. Perché anche i critici giudicano in base ai loro pregiudizi, alla loro cultura, che in certi campi, perché no, può essere inferiore alla mia, in base a come sono loro. E loro non sono, non possono essere come me.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
volevo rispondere in qst topic già venerdì, quando la "discussione" verteva su delle presunte "offese" sottintese nella recensione nn proprio positiva di un libro...

mi rendo conto che nel frattempo il "tema" un po' cambiato, ma ci tengo cmq a scrivere una cosa che (per me) è abbastanza significativa: la nostra ineluttabile tendenza all’ “identificazione”. E lo dico con cognizione di causa perchè ci sono cascata spesso anch’io!!!
Esempio banale: indossiamo un vestito? Ci identifichiamo con esso! Svolgiamo una professione? Ci identifichiamo con essa! Per nn parlare ci ciò che ci sta particolarmente a cuore: la musica che ascoltiamo, il nostro libro preferito... Sentire “accusare” qst cose che noi amiamo equivale a sentire accusare noi stessi!!! Ma la vera libertà (nn solo qll di recensire, ma qll di parlare, di pensare, di essere noi stessi...) non dovrebbe passare innanzitutto attraverso la consapevolezza che noi nn siamo quello che abbiamo, nn siamo quello che amiamo, nn siamo neanche quello che pensiamo??? Perfino identificarci con le nostre idee infatti è assurdo, visto che col passare del tempo, perfino le cose di cui eravamo più convinti potrebbero lasciare posto a nuove opinioni, nuovi sentimenti!!!
Scusatemi se dò l'impressione di fare della filosofia spicciola... ripeto, è un argomento che mi sta a cuore, su mi è capitato più volte di riflettere nel corso della vita...e tuttavia mi rendo conto che tuttora (per me come immagino per la maggior parte di noi) è difficile restare “impassibile” quando qualcuno mi tocca in “qualcosa” che per me ha valore!!!

Alla fine qll che volevo dire è che anch’io ci sono rimasta male quando ho letto commenti negativi su autori e libri che io ho amato molto e automaticamente mi è venuto da pensare “se qst utente ha un’opinione così bassa di qst libro che per me è così bello vuol dire in un certo senso che ha una bassa opinione anche di me!!!” Chiaro che tutto qst è involontario e spesso addirittura inconscio, ma credo che valga la pena ricordare che la bellezza di leggere opinioni tanto diverse in un Forum come qst sia anche nel fatto che ci aiuta a non identificarci con le nostre passioni e le nostre opinioni, che per quanto a noi “care” non devono mai sopraffarci...
 

Mizar

Alfaheimr
E' difficile che tu condivida la mia concezione di letteratura...io credo che la letteratura sia mondiale, che un Umberto Eco possa scrivere cose che già si erano dette nell'Epopea di Gilgamesh, anche senza che egli conosca questo poema. Io credo che la letteratura sia la più alta forma d'arte esistente, ma non credo nel libro che esprime solo letteratura. Condivi?

Condivido ogni cosa. Ma non la supremazia della letteratura tra le arti :)
 

maurizio mos

New member
...la nostra ineluttabile tendenza all’ “identificazione”. E lo dico con cognizione di causa perchè ci sono cascata spesso anch’io!!!
Esempio banale: indossiamo un vestito? Ci identifichiamo con esso! Svolgiamo una professione? Ci identifichiamo con essa! Per nn parlare ci ciò che ci sta particolarmente a cuore: la musica che ascoltiamo, il nostro libro preferito... Sentire “accusare” qst cose che noi amiamo equivale a sentire accusare noi stessi!!! Ma la vera libertà ... non dovrebbe passare innanzitutto attraverso la consapevolezza che noi nn siamo quello che abbiamo, nnsiamo quello che amiamo, nnsiamo neanche quello che pensiamo??? Perfino identificarci con le nostre idee infatti è assurdo, visto che col passare del tempo, perfino le cose di cui eravamo più convinti potrebbero lasciare posto a nuove opinioni, nuovi sentimenti!!!

...a non identificarci con le nostre passioni e le nostre opinioni, che per quanto a noi “care” non devono mai sopraffarci...[/B]


Mi sono associato a questo intervento perchè in linea di massima concordo. Tuttavia mi viene spontanea una considerazione: noi siamo quel che abbiamo, quel che amiamo, quel che pensiamo (le nostre idee). Non potrebbe essese altrimenti, perché in caso contrario non avremmo scelto quel vestito, non avremmo amato quella persona, non la penseremmo in quel modo.
Quello di cui dobbiamo avere consapevolezza è il cambiamento: nel tempo ci vestiremo (un po' o molto) diversamente, ameremo (un po' o molto) diversamente, penseremo (un po' o molto) diversamente. Dovrebbe essere appunto questa consapevolezza a spingerci a difendere sì le nostre idee ma sempre con il distacco di chi sa che noi stessi, un domani, potremmo pensarla diversamente, con la consapevolezza che, al di là di quei principi universali su cui dovrebbe basarsi la nostra civiltà, non esistono idee, pareri, giudizi, ideali assoluti.
In poche parole se quando si ci esprime si facesse precedere il nostro giudizio da un "...secondo me..." che indica la nostra coscienza di essere uno tra tanti e che ciò che diciamo è un parere come tanti che noi stessi potremmo un domani mutare tutto sarebbe più elegante.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Mi sono associato a questo intervento perchè in linea di massima concordo. Tuttavia mi viene spontanea una considerazione: noi siamo quel che abbiamo, quel che amiamo, quel che pensiamo (le nostre idee). Non potrebbe essese altrimenti, perché in caso contrario non avremmo scelto quel vestito, non avremmo amato quella persona, non la penseremmo in quel modo.
Quello di cui dobbiamo avere consapevolezza è il cambiamento: nel tempo ci vestiremo (un po' o molto) diversamente, ameremo (un po' o molto) diversamente, penseremo (un po' o molto) diversamente. Dovrebbe essere appunto questa consapevolezza a spingerci a difendere sì le nostre idee ma sempre con il distacco di chi sa che noi stessi, un domani, potremmo pensarla diversamente, con la consapevolezza che, al di là di quei principi universali su cui dovrebbe basarsi la nostra civiltà, non esistono idee, pareri, giudizi, ideali assoluti.
In poche parole se quando si ci esprime si facesse precedere il nostro giudizio da un "...secondo me..." che indica la nostra coscienza di essere uno tra tanti e che ciò che diciamo è un parere come tanti che noi stessi potremmo un domani mutare tutto sarebbe più elegante.

Nn voglio "filosofare", nn mi pare la sede adatta... Ma vorrei sottolineare una cosa: quando dico che nn dovremmo identificarci con le cose che amiamo, con le nostre opinioni e (prime fra tutte) con le nostre emozioni, nn voglio dire che nn dobbiamo abbracciare qst cose con passione o viverle pienamente... tutt'altro!!! spesso è proprio il nostro eccessivo identificarci con qst cose che, riducendo la nostra lucidità, ci impedisce di essere consapevoli di qll che amiamo, di qll che pensiamo, di qll che proviamo... Riesco a spiegarmi?

(nel caso continuo dopo perchè ora nn posso!!! :mrgreen:)
 

Des Esseintes

Balivo di Averoigne
Mi sono associato a questo intervento perchè in linea di massima concordo. Tuttavia mi viene spontanea una considerazione: noi siamo quel che abbiamo, quel che amiamo, quel che pensiamo (le nostre idee). Non potrebbe essese altrimenti, perché in caso contrario non avremmo scelto quel vestito, non avremmo amato quella persona, non la penseremmo in quel modo.
Quello di cui dobbiamo avere consapevolezza è il cambiamento: nel tempo ci vestiremo (un po' o molto) diversamente, ameremo (un po' o molto) diversamente, penseremo (un po' o molto) diversamente. Dovrebbe essere appunto questa consapevolezza a spingerci a difendere sì le nostre idee ma sempre con il distacco di chi sa che noi stessi, un domani, potremmo pensarla diversamente, con la consapevolezza che, al di là di quei principi universali su cui dovrebbe basarsi la nostra civiltà, non esistono idee, pareri, giudizi, ideali assoluti.
In poche parole se quando si ci esprime si facesse precedere il nostro giudizio da un "...secondo me..." che indica la nostra coscienza di essere uno tra tanti e che ciò che diciamo è un parere come tanti che noi stessi potremmo un domani mutare tutto sarebbe più elegante.


Non condivido.. :)
Parto dal fondo: mi pare ovvio che quando io o te o chiunque altro scriva un commento su un libro sia implicito il "secondo me"! Se sto scrivendo io, di chi dovrebbe esser l'opinione? Per forza di cose mia!
E' un pleonasmo quello suggerito da te! :)
Secondo appunto: stiam parlando di libri, non di amore o vestiti ok? Quindi il mio ragionamento rimane esteso solo a questo campo! Parlo per me: è dagli anni del liceo che ho quest'idea su cosa sia bene leggere e non la cambierò mai, perchè ho la certezza del tempo trascorso che mi conforta riguardo la bontà delle scelte! :D Amo dire che ognuno "è quel che legge", se pincopallo legge male la colpa è sua; se si sente offeso da un commento negativo vuol dire che ha la "coda di paglia" poichè è consapevole delle proprio pessime letture! :D
Io non m offenderei mai se qualcuno dicesse che leggo romanzi mediocri o schifezze assolute :)
 

pigreco

Mathematician Member
Non condivido.. :)
Parto dal fondo: mi pare ovvio che quando io o te o chiunque altro scriva un commento su un libro sia implicito il "secondo me"! Se sto scrivendo io, di chi dovrebbe esser l'opinione? Per forza di cose mia!
E' un pleonasmo quello suggerito da te! :)
Secondo appunto: stiam parlando di libri, non di amore o vestiti ok? Quindi il mio ragionamento rimane esteso solo a questo campo! Parlo per me: è dagli anni del liceo che ho quest'idea su cosa sia bene leggere e non la cambierò mai, perchè ho la certezza del tempo trascorso che mi conforta riguardo la bontà delle scelte! :D Amo dire che ognuno "è quel che legge", se pincopallo legge male la colpa è sua; se si sente offeso da un commento negativo vuol dire che ha la "coda di paglia" poichè è consapevole delle proprio pessime letture! :D
Io non m offenderei mai se qualcuno dicesse che leggo romanzi mediocri o schifezze assolute :)

Io la penso come Des Esseintes.
 

ila78

Well-known member
Ognuno è quello che legge.... interessante affermazione, quindi le persone vengono catalogate in intelligenti e stupide in base al libro che hanno sul comodino o in borsa? E se uno ha sul comodino le barzellette di Totti (per puro diletto) ma è un virtuoso del pianoforte, o un genio della matematica è stupido lo stesso?
Io non sono d'accordo. Ma visto che , che nella mia libreria convivono pacificamente Stephen King, Faletti, la Troisi, Dumas Hugo e Kafka suppongo che la mia opinione non conti molto. :)
 
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