Allora, eccomi con il mio commento...
Aspettate, meglio che prenda fiato prima di partire...
Eccomi, ora ci provo. Premetto: sono sempre più sicura di aver capito davvero poco!!! E' un libro che ho patito, se si può dire così, pur avendolo trovato affascinante (specie verso la fine) non sono riuscita davvero ad entrare nelle sue atmosfere e a farmi trascinare. L'ho trovato slegato e frammentario anche se certamente geniale nella sua costruzione. Passati un po' di giorni dalla conclusione, riesco a capire che non è il parto di una fervida fantasia, ma una costruzione matematica, un intreccio di simboli e metafore (delle quali ho capito ben poco) di estremo rigore intellettuale.
Credo di aver capito che Oskar rappresenta un popolo, forse quello della Germania orientale, privo di identità, incapace di costruirsene una propria, attratto dalla antica dimensione rurale (le gonne della nonna?) ma ormai fatalmente da essa escluso, determinato a non accettare padri, anzi a sterminarli metodicamente, salvo poi sentirsi orfano e privo di identità propria; un popolo che la Storia costringe a crescere, ma che rimane mezzo-uomo, deforme e incompiuto e genera come unico figlio... mah... il capitalismo (Kurt)? :? All'interno di questo disegno generale ci sono infiniti "dettagli" di cui mi sfugge le portata, penso a causa della mia ignoranza sulla storia particolare di quest'epoca e di questo popolo. E' affascinante la scena dell'"Osteria della cipolla" che mi pare prefiguri le odierne terapie di gruppo, senza nemmeno troppa ironia... Quanto alla parte conclusiva, con il ritrovamento del dito anulare ecc., per me rimane avvolta nel mistero!
Non chiedetemi se consiglierei o meno questa lettura, davvero non saprei rispondere... :boh: