LXXXII GdL - La porta di Magda Szabò

Minerva6

Monkey *MOD*
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Ma perché se la protagonista è cristiana racconta sempre di andare al tempio e non in Chiesa?
All'inizio proprio per questo motivo pensavo fosse ebrea, ma poi parla di Domenica delle palme e venerdì santo...
Chi è più bravo di me in religione e sa spiegarmi?

Anche io all'inizio credevo fosse ebrea.
Secondo me è protestante, visto che il Protestantesimo è una religione branca del cristianesimo.
Ho fatto una ricerca veloce e sembrerebbe così, visto che la chiesa è detta anche tempio, il prete è chiamato pastore e non prevede la confessione individuale.
 

bonadext

Ananke
spoiler

La fede di Magda è più disciplina e tradizione (lo dice lei stessa), mentre quella di Emerenc è vissuta sul campo, la dimostra aiutando e dedicandosi agli altri, lei è pura e invulnerabile, chiunque vorrebbe essere come lei (chiunque, tranne bona -aggiungo io :mrgreen: -).
:OO :OO :OO Chiunque vorrebbe essere una zitella insopportabile, piena di problemi e che si rotola nei suoi e non escrementi??? :paura: :paura: :paura:
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
:OO :OO :OO Chiunque vorrebbe essere una zitella insopportabile, piena di problemi e che si rotola nelle suoi e non escrementi??? :paura: :paura: :paura:

Io ho solo riportato le parole dell'autrice così come me le ricordavo... Magda dice anche che Emerenc è migliore di tutti loro e in gran parte io sono d'accordo. Tu sei stato troppo cattivo con lei :(, la storia degli escrementi è stata solo una conseguenza della sua malattia, infatti avrebbe preferito morire piuttosto che patire la vergogna di essere trovata così.
Comunque un personaggio come lei non lo dimenticherò facilmente, mi resterà sempre nel cuore, con i suoi pregi e i suoi difetti.
 

bonadext

Ananke
Commento finale

Alla fine sono rimasto sulla soglia della fatidica "porta", ho dato una sbirciatina e me ne sono andato, perchè per me è stata una delusione vera e propria!... su questo libro avevo delle aspettative altissime e ancora non riesco a capacitarmi delle moltitudini di feedback entusiastici che si leggono ovunque!
La storia è banale e inverosimile come poche, noiosa, prevedibile dall'inizio alla fine. Mentre le due protagoniste Emerenc e Magda sono insopportabili, la prima è una zitella odiosa e piena di problemi, la seconda è un'inutile e di una tristezza che si fatica a provare anche solo compassione... gli altri personaggi sono inesistenti.
L'unica cosa positiva che ho trovato è che il libro è scritto bene, la prosa è fluida e si legge facilmente. Per il resto non mi ha detto niente.

Voto: 2
 

bonadext

Ananke
Io ho solo riportato le parole dell'autrice così come me le ricordavo... Magda dice anche che Emerenc è migliore di tutti loro e in gran parte io sono d'accordo. Tu sei stato troppo cattivo con lei :(, la storia degli escrementi è stata solo una conseguenza della sua malattia, infatti avrebbe preferito morire piuttosto che patire la vergogna di essere trovata così.
Comunque un personaggio come lei non lo dimenticherò facilmente, mi resterà sempre nel cuore, con i suoi pregi e i suoi difetti.

ah io avevo capito che erano i tuoi pensieri! :mrgreen: Meglio così allora! :paura::mrgreen:
Appunto, si capisce che Emerenc era pazza a non chiedere aiuto subito al posto di chiudersi a casa pensando di morire facilmente :W ma io dico almeno suicidati no!? :boh::boh:
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Fine Sorpresa di Natale

Ho rallentato parecchio la lettura, ma la colpa non è del libro, checché ne dica bonadext, i cui commenti mi fanno sganasciare anche quando non li condivido minimamente :D
Immaginavo che non ci fosse poi chissà che dietro quella porta...ma per lei è molto, i gatti sono tutta la famiglia di Emerenc, e non possono tradirla o distruggerla come ha fatto gran parte degli esseri umani che ha incontrato durante il suo cammino.
Continuo ad apprezzare tanto la persona di E. o meglio il personaggio, non so se sarei riuscita ad andare d'accordo con lei se fosse una persona vera perché in fondo sono permalosa, tollero poco le interferenze e le critiche gratuite :mrgreen: Però in lei c'è vera generosità e buon cuore, totale mancanza di conformismo e di "politically correct" e una selettività intelligente e istintiva nella scelta delle persone, tutte cose apprezzabili.
 

velvet

Well-known member
Fino a La premiazione - spoiler

Emerenc è malata, in difficoltà, ma la scrittrice é troppo presa dalla sua vita per aiutarla davvero, fa qualche tentativo blando per placare la sua coscienza, e si sente sollevata quando il suo aiuto viene rifiutato, interviene quando oramai è tardi e lo fa in malo modo, scappandosene poi via perché va di fretta.
All'inizio del libro la scrittrice sembra volere raccontare questa storia per giustificarsi del suo comportamento, in realtà questo libro è un atto di accusa verso se stessa e a mio parere la figura di Emerenc è un contraltare che le permette di analizzare se stessa, la propria personalità, le proprie azioni.
Chissà se alla fine riesce a perdonarsi.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Io sono fermo. Periodo molto pieno per me. Spero di avere tempo almeno questa sera..

Vi leggo con grande interesse, bravi!
 

velvet

Well-known member
Finito

La fine del libro conferma l'idea che mi ero già fatta: la scrittrice, ora sappiamo che è Magda, scrive per parlare di se stessa, della sua vita, delle sue debolezze e ne esce condannata.
Aggiungo che alla fine il motivo per cui Emerenc decide di andarsene è l'unico pensiero che accomunava queste due donne così diverse: è inutile tornare a casa se non c'è nessuno ad aspettarti felice del tuo rientro. Entrambe avevano detto questa frase in due diversi momenti del libro. Emerenc non aveva più niente e nessuno e ha deciso di non rientrare.
Mi è piaciuto molto, leggeró sicuramente altro di questa autrice.
 

ayuthaya

Moderator
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Sono al capitolo 6, che inizio ora, "lo specchio di murano".. mi sta piacendo parecchio. La szabo sa il fatto suo.

Ottimo, è lo stesso capitolo a cui sono arrivata io! :D
Anche a me sta piacendo molto, ma purtroppo per come sono fatta io patisco la lettura troppo "diluita"... Spero di avere un po' più tempo nei prossimi giorni in modo da riprendere un buon ritmo!
 

Minerva6

Monkey *MOD*
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Anche io all'inizio credevo fosse ebrea.
Secondo me è protestante, visto che il Protestantesimo è una religione branca del cristianesimo.
Ho fatto una ricerca veloce e sembrerebbe così, visto che la chiesa è detta anche tempio, il prete è chiamato pastore e non prevede la confessione individuale.

Confermo, si tratta di religione protestante (ho fatto ricerche in merito).
 

Minerva6

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Finito:

bonadext
Minerva6
velvet
alessandra

In lettura:

ayuthaya
ZdM
 
Ultima modifica di un moderatore:

alessandra

Lunatic Mod
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Io l'ho letto, riassumendo dice che è tutto vero a parte qualche libertà romanzesca, e che Emerenc era davvero così e si chiamava davvero così. Pare che file di visitatori vadano a vedere la casa di Emerenc...accidenti, io sono stata l'anno scorso a Budapest!!!
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Ecco l'articolo per velvet e per chi non riesce ad aprire il link che ho postato

Szabó Magda. Presente! È qui a Palermo la signora 88enne, la più grande e popolare scrittrice ungherese. Citata all’ungherese, prima il cognome poi il nome, non risponde a una convocazione giudiziaria o una chiamata militare. Accoglie invece l’invito del Premio Mondello, che quest’anno assegna il prestigioso riconoscimento per la letteratura straniera a lei, che già due anni fa, per il suo capolavoro La porta (Einaudi) ha ricevuto in Francia il «Femina Prix»: a oltre un quarto di secolo dall’incoronazione in madrepatria (avvenuta dopo un ventennio di silenzio e interdizione alla pubblicazione), nel 1978, con l’assegnazione del «Kossuth» (il più importante premio letterario d’Ungheria) di cui in La porta spietatamente si racconta. Se è vera la storia del romanzo, il voto dei giurati suona come il verdetto di una corte; il «Mondello» le cade addosso come una condanna, un castigo. E, poiché Emerenc - la protagonista della narrazione, abbandonata nel finale alla sua sorte dalla scrittrice troppo impegnata a raccogliere applausi e allori - «come Jahvè punisce fino alla settima generazione», l’acclamata romanziera non può sperare nella pace nemmeno per la sua discendenza.
L’opera La porta è autobiografica. Racconta i vent’anni trascorsi dalla Szabó – «Magda, Magduska», nella pagina più commovente del libro – con colei che è troppo poco definire la sua domestica, non abbastanza definire l’angelo custode della sua casa e della sua intimità, o il demone ispiratore della sua scrittura. È un personaggio epico: per la trasfigurata memoria della storia ungherese che conserva, stretta a sé col fazzoletto che le cinge la testa come un elmo da Valkiria. Fiabesco, per la malìa di strega che emana e la forza che irradia attraendo inesorabilmente a sé persone e animali. Biblico, per il culto religioso del lavoro che osserva e simboleggia. Empio, per lo sdegnato rifiuto che oppone alla chiesa. Tragico soprattutto, per il ruolo che gioca nell’esistenza e nella carriera della sua autrice: grande deuteragonista e antagonista al di là della «porta». Da una parte un’eroina di contemplazione, dall’altra la campionessa dell’azione. Colta, impegnata, beneducata l’una, intuitiva, impolitica, diffidente di mestieri che non comportino fatica l’altra. Devota alla religione familiare, tradizionale e liturgica la scrittrice, signora della misericordia, di magie e riti pagani – il calice della fratellanza, il piatto dell’amicizia – il suo alter ego... Specchiandosi in un personaggio tanto vicino e tanto diverso, però, molto – tutto – ha rivelato di se stessa Magda Szabó: della sua vita e di riflesso della sua arte e del suo Paese.
È vera allora, questa storia? Ed è esistita Emerenc?
«Certo, è tutto vero. Ho vissuto vent’anni con lei, Emerenc era il suo vero nome. Mi sono presa quache libertà d’invenzione, ma è andata davvero così. E lei era davvero così: una donna di grande forza e di fortissimi amori».
Il suo libro è una dichiarazione d’amore o l’espiazione di una colpa?
«È una confessione: d’amore e soprattutto di una colpa. Non avrei più potuto vivere, né scrivere se non avessi raccontato a tutti quanti – al mio Paese e a molti altri Paesi – come era andata. Tutti dovevano saperlo. Lei era completamente diversa da me e io dovevo espiare il mio tradimento, ma un profondo legame ci univa e la mia via è stata un po’ come la sua: lei visse come in una fiaba, con i suoi gatti e suoi segreti, io fui a lungo circondata da uno sgradevole silenzio in Ungheria».
Per un decennio, tra il 1948 e il 1959 non poté pubblicare. Ricominciava appunto a scrivere all’epoca del vostro incontro. Come visse il dopoguerra?
«Devo riconoscere di essere stata fortunata all’inizio, appena arrivata a Budapest. La vecchia generazione era scomparsa: molti erano prigionieri, o morti. La guerra era appena finita, ma non era finita affatto: si aspettavano padri e mariti che non tornavano. C’era un nuovo governo, la voglia di ricostruire il paese distrutto e edificare una nuova patria. Io fui impiegata al ministero della Cultura e dell’educazione. In quegli anni conobbi mio marito, anglista e scrittore, e furono anni di relativa libertà: pubblicavamo perfino una rivista. Poi, nel giro di quattro anni sparirono la rivista e la libertà».
E lei prese a tacere. Quale fu il suo rapporto con il comunismo?
«Potevo parlare, ma dovevo giustificare ogni mia parola. I comunisti avrebbero addirittura voluto fare di me, autrice, una loro rappresentante. Rifiutai, fu la mia resistenza privata. Continuai a scrivere, però, forte della mia fede: il credo protestante. Scrivevo in segreto, incontrando giovani autori cattolici ed ebrei. Le edizioni Corvina, che pubblicavano autori inglesi, francesi e russi vollero leggere un mio manoscritto: ne furono entusiasti, e mi misero in contatto con i tedeschi di Insel e, grazie all’aiuto di Herman Hesse, pubblicai prima in Germania che in Ungheria il primo titolo successivo alla rivoluzione del ’56, Fresko, cioè Affresco, uscito nel ’58».
Da allora, con l’assistenza di Emerenc, iniziò la sua ascesa.
«Sulle prime la vita rimase la stessa per me e mio marito: soli, senza figli, non volevamo mettere al mondo altri schiavi, di qui l’amore per gli animali, appreso da Emerenc e condiviso con lei. Poi iniziarono a cercarmi per le interviste, e viaggiavo molto: Parigi, Berlino, Londra. Solo di recente la Russia, con Putin, mi ha scoperta».
Lei è una donna di fede: scrive di amare le feste religiose e definisce la scrittura «uno stato di grazia».
«Ringrazio sempre Dio alla fine di un lavoro. “Anche stavolta mi hai assistito”, gli dico, “Eri alle mie spalle”».
Ad Emerenc però, che tanto diffidava del suo lavoro, fa pronunciare la più bella definizione della scrittura: gioco inutile ma faticoso, e da prendere terribilmente sul serio.
«Emerenc giudicava molto male tutto ciò che riguardava la cultura. L’uomo della sua vita prestò la sua straordinaria mente di letterato al partito: aveva ben ragione di diffidarne. Non era particolarmente colta, ma aveva un’intelligenza acutissima. Io sono una sciocca in confronto. E non è un caso se, ancora oggi, a 25 anni dalla sua morte, una processione di lettori venga quotidianamente a cercare la sua – non la mia - casa».
Ma sono, appunto, i suoi lettori. Figure così esistono ormai solo nei romanzi?
«Non voglio pensarlo: le nuove generazioni ungheresi promettono bene. Credono nei valori che Emerenc rappresenta e che io esprimo con parole forse antiquate – onore, coraggio, ti aiuto anche se non mi conosci – ma ancora significative».
 
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