Il libro del futuro

shvets olga

Member
Bene, eccoci al punto. Il punto è che per scrivere qualcosa di intenso, significativo, ci vuole il conflitto, con noi stessi, con l'altro, con la società, con qualsiasi cosa, ma ci vuole una rottura, qualcosa che ci ponga davanti un problema. Se non si è coscienti del problema, in alcuni casi questo ci colpisce in pieno viso per cui è facile esserne coscienti, allora non c'è riflessione e non c'è desiderio di approfondire e di tirar fuori ciò che ci turba rendendolo manifesto.
Altra cosa poi è certamente la capacità di esprimerlo in modo poetico/artistico, come lo vogliamo chiamare.
Dunque il libro del futuro, il capolavoro originale (italiano, qui si sta parlando di italia) sarà forse quello che saprà cogliere meglio l'aspetto/gli aspetti conflittuali del nostro presente, e ce ne sono molti più o meno manifesti.



"IL TURISMO VA A GONFIE VELE Ad Haiti, a pochi chilometri dall'epicentro della catastrofe, con le sue decine di migliaia di morti, navi da crociera di lusso continuano ad attraccare in baie dalle acque cristalline dove, in spiagge private, i turisti fanno il bagno, o sorseggiano cocktail, o si divertono con i jet ski, le moto d'acqua. Lo racconta il Guardian, che pubblica in prima pagina l'immagine di una di queste navi alla fonda, accanto a una di un carretto carico di cadaveri che non trovano sepoltura al cimitero di Port au Prince.
La compagnia Usa affitta l'intera penisola nel nord di Haiti, coperta di foresta, con cinque spiagge da sogno: i passeggeri scendono, fanno il bagno, praticano sport, e comprano souvenir prima di tornare a bordo. La decisione di attraccare ha diviso i passeggeri.

Le navi portano anche alimenti per aiutare la popolazione, è stato precisato, e la Royal Caribbean ha detto che donerà tutto quel che spendono i passeggeri durante lo stop alle vittime del terremoto. Ma alcuni hanno detto che non scenderanno. Un passeggero si è detto "disgustato" dalla decisione di scendere a terra ad Haiti, e un altro, sul sito Cruise Critic, ha spiegato che "non mi posso proprio vedere a prendere il sole sulla spiaggia... mentre decine di migliaia di persone morte vengono ammassate lungo le strade e i superstiti cercano cibo e acqua. Era già difficile fare un picnic a Labadee prima del terremoto, sapendo che gli haitiani muoiono di fame. Non immagino come sia possibile ingozzarsi con un hamburger ora".
 

Gian

New member
Bhò !
Se lo dice lei...
Io, purtroppo, non ho la fortuna di conoscere direttamente questa "percentuale di persone". Quindi non mi permetto di giudicare.

Domanda: una persona che soffra la "fame" necesariamente non vive superficialmente ? :?


Questa proposizione è un caso da manuale di inferenza imperfetta (si spera non capziosa:mrgreen:).
Infatti se è vero come è vero che è impossibile tastare determinati tipi di possibile esperienza, non è affatto vera la conseguenza: mancanza di speranze.
Poi se vogliamo giungere a conseguenze così "superficiali"...
Troppo semplice, spiacente. Caro Vincenzoni, ripassi un'altra volta: sarà più fortunato
1- Basta vivere con le persone e fra le persone per rendersi conto di questo, chi a fame pensa a come deve fare per mangiare non ha tempo e modo di pensare ad altro (senza generalizzare):wink:

2- Se una cosa me la dice una persona che è un punto centrale della storia del cinema italiano quantomeno parto con il fatto che possa avere ragione, poi però ci rifletto, e dico che davvero ha ragione. Il fatto di non dare speranze a chi fa film nei giorni d'oggi arriva dopo avere osservato il cinema negli ultimi 20 anni, e quindi si giunge a pensare che non riescono ad inventare niente di buono perchè non stanno vivendo niente di particolare. Questo non vuol dire che non ci siano buoni e ottimi film oggi, ce ne sono, sono fatti dai grandi vecchi del nostro cinema oppure da qualche giovane di vero talento, il cinema in Italia lo sappiamo fare, il problema però sono le idee importanti che mancano, puoi fare un discrto film con una buona storia e basta, puoi fare un discreto film senza una storia ma con un certo stile, ma non potrai mai fare un grande film (per non dire un capolavoro, che non sono mai stati troppi ed ora quasi inesistenti) senza una storia valida ed una valida regia.
Poi è chiaro che i problemi del cinema italiano sono anche altri, ve ne dico uno anche se forse non c'entra niente con la discussione, questa me l'ha detta Carlo Lizzani, e sicuramente ha ragione. Il roblema oggi è che troppo spesso gli autori lavorano in solitudine mentre 50 anni fa si faceva un film in 10 e ci si scambiava le idee, ci si confrontava, i registi e gli sceneggiatori si incontravano per strada (a Piazza del Popolo a Roma) e discutevano di cinema di come fare per realizzare buoni film...(tutto questo sempre senza generalizzare):wink:
 

Dory

Reef Member
Il conflitto è perenne ed ha a che fare con l'essere umano di ogni tempo;su questo concordo. Ma è un conflitto ontologico, non necessariamente sociale. Non è affatto detto, sempre secondo me, che il "conflitto" venga dall'esterno...
Di poi " la capacità di esprimerlo in modo poetico/artistico" non è altra cosa, secondo me, rispetto alla posizione di un'opera d'arte. Banalità: se non c'è artisticità, creatività (originalità) non c'è arte.

Neppure credo che "il capolavoro originale (italiano, qui si sta parlando di italia) sarà forse quello che saprà cogliere meglio l'aspetto/gli aspetti conflittuali del nostro presente, e ce ne sono molti più o meno manifesti".
O meglio: non credo sia necessariamente così.
Prima d'altro, questo (suddetto) fardello potrebbe tranquillamente essere portato a compimento da un buon saggista. Non c'è mica bisogno di scomodare le arti?
Molti capolavori di epoca x o y han colto solo indirettamente (occasionalmente) o non han colto affatto "gli aspetti conflittuali" di un certo "presente": piuttosto raccoglivano le voragini 'interne' di un autore.
Come ho adombrato, spesso un grande libro non "vuole" affatto cogliere alcuna conflittualità di certa qual era.

Evidentemente non ha letto bene quello che ho scritto perché hai detto la stessa cosa.
Infatti ho parlato di "conflitto, con noi stessi, con l'altro, con la società, con qualsiasi cosa",
e ho aggiunto: "ci vuole una rottura, qualcosa che ci ponga davanti un problema. Se non si è coscienti del problema, in alcuni casi questo ci colpisce in pieno viso per cui è facile esserne coscienti, allora non c'è riflessione e non c'è desiderio di approfondire e di tirar fuori ciò che ci turba rendendolo manifesto."

Quindi prima di tutto non mi riferivo solamente a questioni sociali ma anche alle "voragini 'interne' di un autore", che un autore ha se c'è un conflitto dentro di lui. Se una persona sta bene e non ha nessun problema e vive serenamente cosa può scrivere di se stesso? Peace&love!!
In più estendevo la questione ai rapporti con gli altri, ma non nel senso di rapporti sociali, nel senso dei normali rapporti tra le persone che ci sono in ogni era. Questi in ogni tempo e in ogni luogo possono essere della stessa natura, tant'è che molti libri del passato ci appaiono fortemente attuali.
Tuttavia la società in cui viviamo oggi non è quella del carretto e del cavallo, per cui ci influenza in maniera diversa. Per fare un esempio si ha una differente percezione del tempo, dato che le distanze si sono incredibilmente accorciate. Allora questo elemento può modificare il nostro approccio con il mondo, e la freneticità, ad esempio, può diventare un aspetto che crea conflitto nei nostri rapporti con la vita quotidiana. Di questo si può parlare in un romanzo, non ti pare?
 

Sir

New member
Arrivo un po' tardi, avete già detto tutto voi...
Io mi trovo abbastanza in linea con le parole di Mizar (ebbasta però, sembra che ci mettiamo d'accordo prima... urge un thread dove risseggiare con opinioni opposte :mrgreen:): per farla breve, non credo che "Il libro del futuro" sia molto diverso dai libri del passato.
Il problema, da alcuni sollevato, dellignoranza diffusa/scarso interesse per la lettura/poca cultura credo sia da leggere in una chiave più relativa e realistica, che porta a scoprire che è un falso problema: dati alla mano, l'istruzione e la cultura sono diffuse oggi più che mai, tanto che in certi casi è la cultura stessa a "piegarsi" verso una fruizione più popolare. Insomma, non la vedo in pericolo di vita, affatto; casomai, la vera rogna è che in paesi altamente civilizzati non riusciamo a sfruttare a pieno gli strumenti che abbiamo, coi quali potremmo diffondere il sapere in maniera straordinariamente capillare, e magari evolvere un po' tutti quanti insieme.
L'altra questione, quella della "conflittualità": posto che non necessariamente un'opera di grande livello nasce da una "grande" tematica/evento/conflitto, a me pare che comunque la nostra epoca sia tutt'altro che povera di interesse. Il novecento è stato un secolo di grande dubbio e ricerca, il terzo millennio ci ha aperto prospettive ancora più ampie e ci porta già innumerevoli idee per scrivere e fare arte.
E' basilare, in questo contesto, cogliere il forte mutamento dell'arte stessa in tempi recenti (guardandola secondo schemi non più validi si rischiano errori di valutazione): la mia impressione è che dopo essere stata molto tempo in balia di "-ismi" e concetti che la appesantivano, attraverso la sua già citata "popolarizzazione" si stia piano piano reinserendo nella sua dimensione nativa, quella sociale e "artigianale", arricchita però da secoli e secoli di sperimentazione di storia umana.

Un'altra domanda, a mio avviso ancor più interessante, sarebbe questa: e lo scrittore del futuro, invece, come sarà? Lui sì che, secondo me, è già cambiato e cambierà molto, se non nelle intenzioni che lo animano almeno nella figura sociale.
 

Mizar

Alfaheimr
1- Basta vivere con le persone e fra le persone per rendersi conto di questo, chi a fame pensa a come deve fare per mangiare non ha tempo e modo di pensare ad altro (senza generalizzare):wink:
Però senza generalizzare eh ! :mrgreen::mrgreen:


2- Se una cosa me la dice una persona che è un punto centrale della storia del cinema italiano quantomeno parto con il fatto che possa avere ragione, poi però ci rifletto, e dico che davvero ha ragione. Il fatto di non dare speranze a chi fa film nei giorni d'oggi arriva dopo avere osservato il cinema negli ultimi 20 anni, e quindi si giunge a pensare che non riescono ad inventare niente di buono perchè non stanno vivendo niente di particolare. Questo non vuol dire che non ci siano buoni e ottimi film oggi, ce ne sono, sono fatti dai grandi vecchi del nostro cinema oppure da qualche giovane di vero talento, il cinema in Italia lo sappiamo fare, il problema però sono le idee importanti che mancano, puoi fare un discrto film con una buona storia e basta, puoi fare un discreto film senza una storia ma con un certo stile, ma non potrai mai fare un grande film (per non dire un capolavoro, che non sono mai stati troppi ed ora quasi inesistenti) senza una storia valida ed una valida regia.
Poi è chiaro che i problemi del cinema italiano sono anche altri, ve ne dico uno anche se forse non c'entra niente con la discussione, questa me l'ha detta Carlo Lizzani, e sicuramente ha ragione. Il roblema oggi è che troppo spesso gli autori lavorano in solitudine mentre 50 anni fa si faceva un film in 10 e ci si scambiava le idee, ci si confrontava, i registi e gli sceneggiatori si incontravano per strada (a Piazza del Popolo a Roma) e discutevano di cinema di come fare per realizzare buoni film...(tutto questo sempre senza generalizzare):wink:
Sulle professioni di fiducia non mi pronuncio: ognuno faccia e creda in ciò che vuole. Per parte mia, ho sempre avuto più di un problema con fedi, dei o surrogati di dei.
In riferimento al discorso sul cinema italiano, son d'accordo. Non sul riferimento a fantomatiche "storie valide" (chi lo decide quali lo siano ? :? Vincezoni ? Berlusconi? Gli editorialisti di Repubblica? La Academy degli Oscar ? Rocco Siffredi e Belen Rodriguez in collegio? )
Come accade spesso, anche nel cinema la questione della "storia" è molto, molto relativa. Si pensi a Lumet, a certo Kubrick, a certo Hitchcock...non dico altro.

In ogni caso, il pensiero secondo cui i ccciovani "non riescono ad inventare niente di buono perchè non stanno vivendo niente di particolare" mi pare oltremodo superficiale e poco attento.
Prima di tutto non è detto sia così. A meno che non si conosca ogni singola opera dei Sigg. Ccciovani.
In secondo luogo, perché il pensiero che le idee artistiche siano (così) condizionate da ciò che "accade", dalle "particolari" situazioni vissute in una certa epoca è chiaramente una antidiluviana suggestione del peggior positivismo. Insomma, una roba superata da più di un secolo. Possiamo farne allegramente a meno e passare avanti, secondo me.


Evidentemente non ha letto bene quello che ho scritto perché hai detto la stessa cosa.
Infatti ho parlato di "conflitto, con noi stessi, con l'altro, con la società, con qualsiasi cosa",
e ho aggiunto: "ci vuole una rottura, qualcosa che ci ponga davanti un problema. Se non si è coscienti del problema, in alcuni casi questo ci colpisce in pieno viso per cui è facile esserne coscienti, allora non c'è riflessione e non c'è desiderio di approfondire e di tirar fuori ciò che ci turba rendendolo manifesto."

Quindi prima di tutto non mi riferivo solamente a questioni sociali ma anche alle "voragini 'interne' di un autore", che un autore ha se c'è un conflitto dentro di lui. Se una persona sta bene e non ha nessun problema e vive serenamente cosa può scrivere di se stesso? Peace&love!!
In più estendevo la questione ai rapporti con gli altri, ma non nel senso di rapporti sociali, nel senso dei normali rapporti tra le persone che ci sono in ogni era. Questi in ogni tempo e in ogni luogo possono essere della stessa natura, tant'è che molti libri del passato ci appaiono fortemente attuali.
Ho riletto il tutto e credo di aver interpretato abbastanza bene. La mia risposta infatti si riferiva a questo inciso in particolare "il capolavoro originale (italiano, qui si sta parlando di italia) sarà forse quello che saprà cogliere meglio l'aspetto/gli aspetti conflittuali del nostro presente, e ce ne sono molti più o meno manifesti".
Ho già spiegato perché non mi convince.


Tuttavia la società in cui viviamo oggi non è quella del carretto e del cavallo, per cui ci influenza in maniera diversa. Per fare un esempio si ha una differente percezione del tempo, dato che le distanze si sono incredibilmente accorciate. Allora questo elemento può modificare il nostro approccio con il mondo, e la freneticità, ad esempio, può diventare un aspetto che crea conflitto nei nostri rapporti con la vita quotidiana. Di questo si può parlare in un romanzo, non ti pare?
Certo che se ne può parlare. In un romanzo si può parlare di ogni cosa.
Ma allora?
 

Mizar

Alfaheimr
Arrivo un po' tardi, avete già detto tutto voi...
Io mi trovo abbastanza in linea con le parole di Mizar (ebbasta però, sembra che ci mettiamo d'accordo prima... urge un thread dove risseggiare con opinioni opposte :mrgreen:): per farla breve, non credo che "Il libro del futuro" sia molto diverso dai libri del passato.
Il problema, da alcuni sollevato, dellignoranza diffusa/scarso interesse per la lettura/poca cultura credo sia da leggere in una chiave più relativa e realistica, che porta a scoprire che è un falso problema: dati alla mano, l'istruzione e la cultura sono diffuse oggi più che mai, tanto che in certi casi è la cultura stessa a "piegarsi" verso una fruizione più popolare. Insomma, non la vedo in pericolo di vita, affatto; casomai, la vera rogna è che in paesi altamente civilizzati non riusciamo a sfruttare a pieno gli strumenti che abbiamo, coi quali potremmo diffondere il sapere in maniera straordinariamente capillare, e magari evolvere un po' tutti quanti insieme.
L'altra questione, quella della "conflittualità": posto che non necessariamente un'opera di grande livello nasce da una "grande" tematica/evento/conflitto, a me pare che comunque la nostra epoca sia tutt'altro che povera di interesse. Il novecento è stato un secolo di grande dubbio e ricerca, il terzo millennio ci ha aperto prospettive ancora più ampie e ci porta già innumerevoli idee per scrivere e fare arte.
E' basilare, in questo contesto, cogliere il forte mutamento dell'arte stessa in tempi recenti (guardandola secondo schemi non più validi si rischiano errori di valutazione): la mia impressione è che dopo essere stata molto tempo in balia di "-ismi" e concetti che la appesantivano, attraverso la sua già citata "popolarizzazione" si stia piano piano reinserendo nella sua dimensione nativa, quella sociale e "artigianale", arricchita però da secoli e secoli di sperimentazione di storia umana.

Un'altra domanda, a mio avviso ancor più interessante, sarebbe questa: e lo scrittore del futuro, invece, come sarà? Lui sì che, secondo me, è già cambiato e cambierà molto, se non nelle intenzioni che lo animano almeno nella figura sociale.
Concordo su tutto.
Specifico, aggiungo e declino che preziose fonti posson ben essere "grandi eventi" (anche sanguinosi) o confltti, come suggerisce fabio. Ma non si dimentichi che anche la contemporaneità è costellata da una serie decisamente preoccupante di conflittuaismi.
Si pensi solo ai problemi ambientali: è una guerra.
Da una parte i nostri figli ed il futuro; dall'altra gli interessi congiunti della più grande coazzata social-politica oggi immaginabile (proletariato e grande imprenditoria: fatalmente nella stessa direzione).
Si pensi alla caduta del muro di Berlino (soli due decenni), alla ossessiva mobilità sociale, ai pericolosi (o altro) melting di etnie, alla questione ebraica, al terrorismo, alla fame dei sud, all'uomo della folla.

Come al solito, il problema non sono le fonti punto (Euripide, per far un esempio a caso, visse in un periodo di sostanziale pace... e lo stesso vale per tanti altri artisti: greci e non) ma il modo in cui un essere umano scegie di rapportarsi ad esse.
Leopardi visse per anni nel languore totale di Recanati e delle mie terre piroclastiche. Suppongo che non furono né le guerre Napoleoniche né le "magnifiche e progressive" a condurlo verso Ginestre ed incredibili genialità.
 

Dory

Reef Member
Ho riletto il tutto e credo di aver interpretato abbastanza bene. La mia risposta infatti si riferiva a questo inciso in particolare "il capolavoro originale (italiano, qui si sta parlando di italia) sarà forse quello che saprà cogliere meglio l'aspetto/gli aspetti conflittuali del nostro presente, e ce ne sono molti più o meno manifesti".
Ho già spiegato perché non mi convince.

Non ti convince perché leggi le frasi in modo slegato. Io ho fatto un discorso, non ho scritto frasi a casaccio. Se prima intendevo quello, continuo ad intendere la stessa cosa anche dopo. I conflitti sono sempre quelli che ho elencato prima, sono più o meno manifesti perché i nostri conflitti interni nessuno li può sapere a meno che non ne scriviamo, mentre i problemi della società tutti o quasi li possono vedere. I conflitti interni sono legati al nostro modo di vivere per cui potrebbero essere diversi da quelli del passato, oppure simili ma esprimibili in altri modi, insomma c'è una vasta gamma di possibilità.
La conclusione è che c'è materiale su cui lavorare ad un'opera d'arte, forse meno la capacità di averne consapevolezza e di utilizzarlo, perché non colpisce l'occhio in modo violento come l'essere stato in un campo di concentramento ad esempio, oppure semplicemente perché si è troppo presi da altre cose e non si ha il tempo di farlo.
 

Mizar

Alfaheimr
Non ti convince perché leggi le frasi in modo slegato. Io ho fatto un discorso, non ho scritto frasi a casaccio. Se prima intendevo quello, continuo ad intendere la stessa cosa anche dopo. I conflitti sono sempre quelli che ho elencato prima, sono più o meno manifesti perché i nostri conflitti interni nessuno li può sapere a meno che non ne scriviamo, mentre i problemi della società tutti o quasi li possono vedere. I conflitti interni sono legati al nostro modo di vivere per cui potrebbero essere diversi da quelli del passato, oppure simili ma esprimibili in altri modi, insomma c'è una vasta gamma di possibilità.
Ehm..no :mrgreen:
Più rileggo il tuo post, più mi convinco nel non poter concordare su una frase del genere (tanto più se calata nel suo contesto). Ciò che meno mi convince è in grasseto: capolavoro originale (italiano, qui si sta parlando di italia) sarà forse quello che saprà cogliere meglio l'aspetto/gli aspetti conflittuali del nostro presente, e ce ne sono molti più o meno manifesti
Ma già mi son dilungato.


La conclusione è che c'è materiale su cui lavorare ad un'opera d'arte, forse meno la capacità di averne consapevolezza e di utilizzarlo, perché non colpisce l'occhio in modo violento come l'essere stato in un campo di concentramento ad esempio, oppure semplicemente perché si è troppo presi da altre cose e non si ha il tempo di farlo.
Parole tue. Ad ognuno le sue conclusioni :?
 

Dory

Reef Member
Arrivo un po' tardi, avete già detto tutto voi...
Io mi trovo abbastanza in linea con le parole di Mizar (ebbasta però, sembra che ci mettiamo d'accordo prima... urge un thread dove risseggiare con opinioni opposte :mrgreen:): per farla breve, non credo che "Il libro del futuro" sia molto diverso dai libri del passato.
Il problema, da alcuni sollevato, dellignoranza diffusa/scarso interesse per la lettura/poca cultura credo sia da leggere in una chiave più relativa e realistica, che porta a scoprire che è un falso problema: dati alla mano, l'istruzione e la cultura sono diffuse oggi più che mai, tanto che in certi casi è la cultura stessa a "piegarsi" verso una fruizione più popolare. Insomma, non la vedo in pericolo di vita, affatto; casomai, la vera rogna è che in paesi altamente civilizzati non riusciamo a sfruttare a pieno gli strumenti che abbiamo, coi quali potremmo diffondere il sapere in maniera straordinariamente capillare, e magari evolvere un po' tutti quanti insieme.

Ecco questa è un'opinione in risposta al mio primo quesito, in cui ho esposto i fatti ma non ho detto come la pensavo, proprio quello che volevo!!

Sir ha scritto:
L'altra questione, quella della "conflittualità": posto che non necessariamente un'opera di grande livello nasce da una "grande" tematica/evento/conflitto...

Su questo non sono d'accordo e l'ho spiegato.

Sir ha scritto:
... a me pare che comunque la nostra epoca sia tutt'altro che povera di interesse. Il novecento è stato un secolo di grande dubbio e ricerca, il terzo millennio ci ha aperto prospettive ancora più ampie e ci porta già innumerevoli idee per scrivere e fare arte.
E' basilare, in questo contesto, cogliere il forte mutamento dell'arte stessa in tempi recenti (guardandola secondo schemi non più validi si rischiano errori di valutazione): la mia impressione è che dopo essere stata molto tempo in balia di "-ismi" e concetti che la appesantivano, attraverso la sua già citata "popolarizzazione" si stia piano piano reinserendo nella sua dimensione nativa, quella sociale e "artigianale", arricchita però da secoli e secoli di sperimentazione di storia umana.

Su questo sono d'accordo, è più o meno la stessa cosa che volevo dire io. Grazie Sir per essere stato più bravo a spiegarlo, così si può capire meglio. :wink:

Sir ha scritto:
Un'altra domanda, a mio avviso ancor più interessante, sarebbe questa: e lo scrittore del futuro, invece, come sarà? Lui sì che, secondo me, è già cambiato e cambierà molto, se non nelle intenzioni che lo animano almeno nella figura sociale.

Questo credo che sia in qualche modo correlato all'oggetto del thread La voce degli intellettuali.
 

Dory

Reef Member
Ehm..no :mrgreen:
Più rileggo il tuo post, più mi convinco nel non poter concordare su una frase del genere (tanto più se calata nel suo contesto). Ciò che meno mi convince è in grasseto: capolavoro originale (italiano, qui si sta parlando di italia) sarà forse quello che saprà cogliere meglio l'aspetto/gli aspetti conflittuali del nostro presente, e ce ne sono molti più o meno manifesti
Ma già mi son dilungato.

Ehm..no :mrgreen:
Che potresti non concordare è legittimo, ma sul senso di ciò che voglio dire credo che tu stia continuando ad andare fuori strada.
Vabbè... non riesco a spiegarlo meglio di come ho fatto... :boh:
 

Mizar

Alfaheimr
"IL TURISMO VA A GONFIE VELE Ad Haiti, a pochi chilometri dall'epicentro della catastrofe, con le sue decine di migliaia di morti, navi da crociera di lusso continuano ad attraccare in baie dalle acque cristalline dove, in spiagge private, i turisti fanno il bagno, o sorseggiano cocktail, o si divertono con i jet ski, le moto d'acqua. Lo racconta il Guardian, che pubblica in prima pagina l'immagine di una di queste navi alla fonda, accanto a una di un carretto carico di cadaveri che non trovano sepoltura al cimitero di Port au Prince.
La compagnia Usa affitta l'intera penisola nel nord di Haiti, coperta di foresta, con cinque spiagge da sogno: i passeggeri scendono, fanno il bagno, praticano sport, e comprano souvenir prima di tornare a bordo. La decisione di attraccare ha diviso i passeggeri.

Le navi portano anche alimenti per aiutare la popolazione, è stato precisato, e la Royal Caribbean ha detto che donerà tutto quel che spendono i passeggeri durante lo stop alle vittime del terremoto. Ma alcuni hanno detto che non scenderanno. Un passeggero si è detto "disgustato" dalla decisione di scendere a terra ad Haiti, e un altro, sul sito Cruise Critic, ha spiegato che "non mi posso proprio vedere a prendere il sole sulla spiaggia... mentre decine di migliaia di persone morte vengono ammassate lungo le strade e i superstiti cercano cibo e acqua. Era già difficile fare un picnic a Labadee prima del terremoto, sapendo che gli haitiani muoiono di fame. Non immagino come sia possibile ingozzarsi con un hamburger ora".
Grazie per la notizia. Meno male...speriamo nei prossimi mesi le navi aumentino ed aumentino ancora

Ehm..no :mrgreen:
Che potresti non concordare è legittimo, ma sul senso di ciò che voglio dire credo che tu stia continuando ad andare fuori strada.
Vabbè... non riesco a spiegarlo meglio di come ho fatto... :boh:
E te ne sei accorta dalle sottolineature ?:mrgreen:
Vabè, fa nulla...
 

Dory

Reef Member
E te ne sei accorta dalle sottolineature ?:mrgreen:
Vabè, fa nulla...

Certo che me ne sono accorta, e allora?
Prima prendi una frase, poi solo qualche parola staccata... poi che fai? Prendi solo le virgole e i punti? :mrgreen:
Secondo me dovresti essere un po' più elastico... ma come dici tu, in fondo che importa... :??
 

Mizar

Alfaheimr
Certo che me ne sono accorta, e allora?
Prima prendi una frase, poi solo qualche parola staccata... poi che fai? Prendi solo le virgole e i punti? :mrgreen:
Secondo me dovresti essere un po' più elastico... ma come dici tu, in fondo che importa... :??
Un giorno dovrò pur giungere al mistico finale del Pym !:mrgreen:
 

Dory

Reef Member
Comunque a mio parere "le idee artistiche" sono "condizionate da ciò che accade, dalle particolari situazioni vissute" da una certa persona (esteriormente o interiormente).
Questa è la mia opinione.
 

asiul

New member
Leggendo i vostri interventi, senza riportare i vari estratti, mi soffermo su alcune riflessioni e considerazioni fin qui elaborate.
Prima di tutto perchè mai chi ha fame non dovrebbe avere il tempo di pensare all'arte.
Certo che se pensassimo ai popoli dell'Africa ed alla condizione di estrema povertà in cui molti vivono, forse di pensieri non ne vedo molti nella loro mente,ma restando in Italia..penso a Fellini, lui di fame ne ha avuta molta eppure che idee geniali e che arte:ad:

A volte la fame, non quella ceca ovvio, può offrire degli autentici capolavori, penso Chaplin, Bene ed altri.Quando non si ha molto da fare, di tempo se ne ha tanto e chi ne ha le capacità lo sfrutta appieno

Altro aspetto è ciò che si vuol rappresentare.Si è parlato di conflitti e della mancanza di eventi necessari alla creazione artistica.Io di eventi ne vedo molti, forse anche troppi e di ogni genere.Questi non sono mai mancati, semmai cambia il modo di condurre il gioco.
Mi spiego meglio.
In Italia è assente la voglia di rischiare e sperimentare, penso agli anni settanta dove anche nella televisione si assisteva a qualcosa di nuovo che non fossero solo dei format .Oggi si è arrivati ad un punto in cui l'arte è fatta oggetto di solo mercato.
Si fanno dei sondaggi sul gradimento e poi si produce ciò che può piacere alla "massa".
Ma quando mai la massa ha deciso cosa sia l'arte!

L'arte è stata istituzionalizzata.Si decide con vari sovvenzionamenti cosa debba essere prodotto e cosa no.Io credo che lo Stato si debba disinteressare dell'arte.

Si pensa poco al talento come arte e si cerca il talento come accentratore di odience.I numeri contano più del contenuto.L'arte non è più vista e considerata come sviluppo culturale di una Società, ma come mezzo di arricchimento.
Questo succedeva anche ai tempi del neorealismo di De Sica che dovette andare in America per produrre alcuni suoi film e succedeva con il citato Fellini che non riuscì a trovare fondi per alcune sue opere,ma oggi succede più spesso, perchè la risposta a chi tenta di portare vanti un progetto è la seguente: " quanto possiamo ricavarne?"
Ecco forse il punto sta qui e non nella mancanza di idee o nella improbabile superficialità di chi va alla ricerca di un paio di scarpe ( non è un riferimento a te Dory, ma solo al concetto). Anche Wilde amava vestire bene e credo che anche lui avrebbe cercato un bel paio di scarpe magari realizzate da un eccellente artigiano italiano.
 
Ultima modifica:

Gian

New member
Sulle professioni di fiducia non mi pronuncio: ognuno faccia e creda in ciò che vuole. Per parte mia, ho sempre avuto più di un problema con fedi, dei o surrogati di dei.
In riferimento al discorso sul cinema italiano, son d'accordo. Non sul riferimento a fantomatiche "storie valide" (chi lo decide quali lo siano ? :? Vincezoni ? Berlusconi? Gli editorialisti di Repubblica? La Academy degli Oscar ? Rocco Siffredi e Belen Rodriguez in collegio? )
Ho scritto chiaramente che uno deve sempre farsi una propria idea però bisogna sempre essere disposti ad ascoltare chi sicuramente ne sa di più e lo ha dimostrato, e soprattutto chi è inevitabile che le cose le sappia.

Come accade spesso, anche nel cinema la questione della "storia" è molto, molto relativa. Si pensi a Lumet, a certo Kubrick, a certo Hitchcock...non dico altro.

A parte che si parla della situazione italiana, comunque ho detto che ci sono anche oggi quelli che fanno del buon cinema, però sicuramente è più difficile di un tempo, basta guardare i film italiani degli ultimi 20 anni come già ho detto. Troveremo sicuramente dei grandi film, fatti da chi ha una certa età ed esperienza, si troverà qualche grande film fatto dai più giovani e troveremo tanti film che non conteranno mai troppo nello studio del cinema

In ogni caso, il pensiero secondo cui i ccciovani "non riescono ad inventare niente di buono perchè non stanno vivendo niente di particolare" mi pare oltremodo superficiale e poco attento.
Prima di tutto non è detto sia così. A meno che non si conosca ogni singola opera dei Sigg. Ccciovani.
In secondo luogo, perché il pensiero che le idee artistiche siano (così) condizionate da ciò che "accade", dalle "particolari" situazioni vissute in una certa epoca è chiaramente una antidiluviana suggestione del peggior positivismo. Insomma, una roba superata da più di un secolo. Possiamo farne allegramente a meno e passare avanti, secondo me.

Ti assicuro che vedo il cinema dei giovani anzi vedo anche quello di ragazzi che ancora lo stanno studiando, a volte le idee ci sono ma non sono così forti. I I giovani possono inventare cose buone anche oggi, ma è più difficile che questo accada.
 

Mizar

Alfaheimr
Ho scritto chiaramente che uno deve sempre farsi una propria idea però bisogna sempre essere disposti ad ascoltare chi sicuramente ne sa di più e lo ha dimostrato, e soprattutto chi è inevitabile che le cose le sappia.
Ognuno è libero di fare e pensare ciò che vuole :wink:


A parte che si parla della situazione italiana, comunque ho detto che ci sono anche oggi quelli che fanno del buon cinema, però sicuramente è più difficile di un tempo, basta guardare i film italiani degli ultimi 20 anni come già ho detto. Troveremo sicuramente dei grandi film, fatti da chi ha una certa età ed esperienza, si troverà qualche grande film fatto dai più giovani e troveremo tanti film che non conteranno mai troppo nello studio del cinema
Infatti ho scritto che per quanto riguarda il cinema italiano son d'accordo.
Limitarsi alla sola Italia però mi pare limitativo.


Ti assicuro che vedo il cinema dei giovani anzi vedo anche quello di ragazzi che ancora lo stanno studiando, a volte le idee ci sono ma non sono così forti. I I giovani possono inventare cose buone anche oggi, ma è più difficile che questo accada.
Lei mi può assicurare varie cose. Ma, come detto, siamo nel campo delle opinioni.

Altro aspetto è ciò che si vuol rappresentare.Si è parlato di conflitti e della mancanza di eventi necessari alla creazione artistica.Io di eventi ne vedo molti, forse anche troppi e di ogni genere.Questi non sono mai mancati, semmai cambia il modo di condurre il gioco.
Mi spiego meglio.
In Italia è assente la voglia di rischiare e sperimentare, penso agli anni settanta dove anche nella televisione si assisteva a qualcosa di nuovo che non fossero solo dei format .Oggi si è arrivati ad un punto in cui l'arte è fatta oggetto di solo mercato.
Si fanno dei sondaggi sul gradimento e poi si produce ciò che può piacere alla "massa".
Ma quando mai la massa ha deciso cosa sia l'arte!
L'arte è stata istituzionalizzata.Si decide con vari sovvenzionamenti cosa debba essere prodotto e cosa no.Io credo che lo Stato si debba disinteressare dell'arte.
Son d'accordo. In specie sull'evidenziato.

Si pensa poco al talento come arte e si cerca il talento come accentratore di odience.I numeri contano più del contenuto.L'arte non è più vista e considerata come sviluppo culturale di una Società, ma come mezzo di arricchimento.
Questo succedeva anche ai tempi del neorealismo di De Sica che dovette andare in America per produrre alcuni suoi film e succedeva con il citato Fellini che non riuscì a trovare fondi per alcune sue opere,ma oggi sucede più spesso, perchè la risposta a chi tenta di portare vanti un progetto è la seguente: " quanto possiamo ricavarne?"
Ecco forse il punto sta qui e non nella mancanza di idee o nella improbabile superficialità di chi va alla ricerca di un paio di scarpe ( non è un riferimento a te Dory, ma solo al concetto). Anche Wilde amava vestire bene e credo che anche lui avrebbe cercato un bel paio di scarpe magari realizzate da un eccellente artigiano italiano.
Ed ancor più sono concorde su questi punti
 

Gian

New member
Leggendo i vostri interventi, senza riportare i vari estratti, mi soffermo su alcune riflessioni e considerazioni fin qui elaborate.
Prima di tutto perchè mai chi ha fame non dovrebbe avere il tempo di pensare all'arte.
Certo che se pensassimo ai popoli dell'Africa ed alla condizione di estrema povertà in cui molti vivono, forse di pensieri non ne vedo molti nella loro mente,ma restando in Italia..penso a Fellini, lui di fame ne ha avuta molta eppure che idee geniali e che arte:ad:

A volte la fame, non quella ceca ovvio, può offrire degli autentici capolavori, penso Chaplin, Bene ed altri.Quando non si ha molto da fare, di tempo se ne ha tanto e chi ne ha le capacità lo sfrutta appieno

Altro aspetto è ciò che si vuol rappresentare.Si è parlato di conflitti e della mancanza di eventi necessari alla creazione artistica.Io di eventi ne vedo molti, forse anche troppi e di ogni genere.Questi non sono mai mancati, semmai cambia il modo di condurre il gioco.
Mi spiego meglio.
In Italia è assente la voglia di rischiare e sperimentare, penso agli anni settanta dove anche nella televisione si assisteva a qualcosa di nuovo che non fossero solo dei format .Oggi si è arrivati ad un punto in cui l'arte è fatta oggetto di solo mercato.
Si fanno dei sondaggi sul gradimento e poi si produce ciò che può piacere alla "massa".
Ma quando mai la massa ha deciso cosa sia l'arte!

L'arte è stata istituzionalizzata.Si decide con vari sovvenzionamenti cosa debba essere prodotto e cosa no.Io credo che lo Stato si debba disinteressare dell'arte.

Si pensa poco al talento come arte e si cerca il talento come accentratore di odience.I numeri contano più del contenuto.L'arte non è più vista e considerata come sviluppo culturale di una Società, ma come mezzo di arricchimento.
Questo succedeva anche ai tempi del neorealismo di De Sica che dovette andare in America per produrre alcuni suoi film e succedeva con il citato Fellini che non riuscì a trovare fondi per alcune sue opere,ma oggi sucede più spesso, perchè la risposta a chi tenta di portare vanti un progetto è la seguente: " quanto possiamo ricavarne?"
Ecco forse il punto sta qui e non nella mancanza di idee o nella improbabile superficialità di chi va alla ricerca di un paio di scarpe ( non è un riferimento a te Dory, ma solo al concetto). Anche Wilde amava vestire bene e credo che anche lui avrebbe cercato un bel paio di scarpe magari realizzate da un eccellente artigiano italiano.

Sono d'accordo con te asiul per quanto riguarda la situazione della produzione, che anche giustamente forse, non rischia più, e quindi non c'è neanche la possibilità a volte di poter sperimentare, molti film neorealisti purtroppo sono stati rivalutati dopo, ma all'epoca incassavano pochissimo, a parte qualche eccezione tra cui De Santis.
Sono d'accordo anche sul fatto che la fame abbia portato grandi opere d'arte, ed è proprio quello che ho provato a dire in precedenza. Nelle situazioni di difficoltà spesso si trova una risposta valida, appunto nei giorni d'oggi c'è meno possibilità di produrre certi capolavori grazie e a causa di un certo benessere. Io dicevo che chi ha fame non ha tempo di pensare ad altro nel senso che non ha tempo di pensare a cose futili ma piuttosto deve pensare a cose che lo possano risollevare dal fondo.
 

asiul

New member
Sono d'accordo con te asiul per quanto riguarda la situazione della produzione, che anche giustamente forse, non rischia più, e quindi non c'è neanche la possibilità a volte di poter sperimentare, molti film neorealisti purtroppo sono stati rivalutati dopo, ma all'epoca incassavano pochissimo, a parte qualche eccezione tra cui De Santis.
Sono d'accordo anche sul fatto che la fame abbia portato grandi opere d'arte, ed è proprio quello che ho provato a dire in precedenza. Nelle situazioni di difficoltà spesso si trova una risposta valida, appunto nei giorni d'oggi c'è meno possibilità di produrre certi capolavori grazie e a causa di un certo benessere. Io dicevo che chi ha fame non ha tempo di pensare ad altro nel senso che non ha tempo di pensare a cose futili ma piuttosto deve pensare a cose che lo possano risollevare dal fondo.

In parte il tuo pensiero l'ho compreso.E' sul punto di "fame" come concetto che non mi trovo d'accordo o meglio non ho capito bene il senso (ma sono tutt'occhi e attendo volentieri una delucidazione:mrgreen:).

Chi ha fame in Italia c'è sempre stato.Intendo dire che chi non sa come fare per vivere è sempre stato presente nel nostro paese, ma non sono certo stati questi ultimi a produrre arte, non ne avevano il tempo ( come hai giustamente osservato).
Quanto al benessere a volte sono proprio stati i mecenati a produrne,di arte, investendo i loro denari in idee al principio improbabili. Forse si dovrebbe fare come in altri paesi; America, Francia, Inghilterra.... dove l'arte ha ancora un posto ed un senso.

p.s.
Gian hai intervistato un simpaticone come Vincenzoni che bello!:YY
 
Alto